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1. L’innovazione secondo la dottrina

1.5 Knowledge Management

1.5.1 La conoscenza implicita e quella esplicita

Gli elementi, i tempi, gli accadimenti che hanno trasformato i mercati locali in globali, interconnessi e planetari non potevano evitare di generare mutamenti anche nel mondo della conoscenza e del suo governo. In azienda la conoscenza rappresenta quello che il management individua come capitale intellettuale o capitale del sapere aziendale. Un insieme di cose “note” solo in azienda che permettono alla stessa di distinguersi da un concorrente con pari livello di tecnologia e fatturato. In tempi recenti ha avuto un grande successo il modello proposto da Nonaka e Takeuchi25 che formalizza la distinzione tra conoscenza

esplicita e implicita. I primi a studiare la conoscenza e il suo divenire tra le mura di una fabbrica sono stati i due giapponesi. Le conoscenze esplicite sono quelle che si possono esprimere con parole, che si possono descrivere in documenti e report e altri tipi di documentazione con i quali poter fare dei confronti oggettivi su teorie e affermazioni. Quelle implicite invece, dette anche tacite, sono le conoscenze che sulla base esperienziale ognuno di noi si fa e che non sempre può o vuole decodificare rendendole riconoscibili a tutti. La grande popolarità delle teorizzazioni proposte da Nonaka e Takeuchi forse si deve in gran parte al fatto che hanno indovinato il timing giusto incontrandosi con una sensibilità nascente del mondo organizzativo per queste tematiche. La creazione della conoscenza aziendale parte sempre e in ogni caso dalla persona e poi si allarga, con le modalità comunicative più svariate possibili, ma generalmente con una modalità “a macchia d’olio” nel sistema sociale e lavorativo. Tradizionalmente sono due i binari sui quali si crea e si diffonde essa: il primo è un processo top-down e il secondo un processo bottom-up. Entrambi possono presentare vantaggi e svantaggi differenti. Il primo si adatta alla conoscenza esplicita e più teorica, ma porta un’inevitabile lentezza dei livelli più bassi nell’assimilarla. Il secondo risulta invece, più efficace nella trasmissione della conoscenza implicita. L’ottimale sarebbe individuare ruoli intermedi lungo l’organizzazione in grado di fare da facilitatori nella circolazione e ottimizzazione

25 Ikujiro Nonaka e Hirotaka Takeuki, Knowledge Creating Company, Oxford University Press,

della conoscenza tra base e vertice.26In questi casi si parla di “middle-up-down”,

uno stile di management nel quale la creazione di nuova conoscenza dipende dai manager intermedi, i quali operano all’interno di un processo di conversione a spirale che interessa sia i ruoli dirigenziali, ma allo stesso tempo anche i dipendenti di rango inferiore. Il risultato è che i manager intermedi ricoprono un ruolo fondamentale nella gestione della conoscenza, trovandosi all'incrocio tra flussi informativi orizzontali e verticali della società. Con questo modello di management, la visione dell’impresa viene decisa dal top manager, mentre chi si occupa di sviluppare idee e informazioni accessibili ai dipendenti, è il manager intermedio. Quest’ultimo analizza e riassume la conoscenza tacita raccolta tramite il lavoro fatto con il vertice e con il personale della line, allo scopo di renderla esplicita trasferendola in prodotti e programmi appositi.

Gli autori descrivono il modello “middle up-down” come quello da preferire rispetto a quelli detti in precedenza, perché il più efficace nello stimolare la creazione di conoscenza tra le mura di un’impresa.

Non è detto che le conoscenze rimangano sempre implicite o esplicite, i due studiosi giapponesi hanno infatti individuato un circuito virtuoso di trasformazione delle conoscenze.

Figura 5 Il ciclo di vita della conoscenza

Conoscenze tacite a: Conoscenze

esplicite

Fonte: nostra elaborazione da: NONAKA I., TAKEUCHI H., “The knowledge creating company ”, FREE PRESS, New York, 1991

I processi che vediamo nello schema sopra riportato possono essere così brevemente descritti: la conoscenza esplicita dovrà essere impiegata e immagazzinata dal personale, in modo da rendere possibile la costruzione delle basi necessarie per un suo futuro sviluppo attraverso la generazione di nuova conoscenza tacita. Successivamente la conoscenza tacita con l’aiuto di un processo di trasformazione diviene trasmissibile e divulgabile ad ogni livello aziendale.

La figura esposta evidenzia come la conoscenza esplicita, esteriorizzabile e fruibile, attraverso il passaggio della combinazione e la successiva interiorizzazione passa alle persone per poi generare nuova conoscenza tacita.27

Schematicamente raggruppiamo anche gli obiettivi strategici di un impianto di KM.

27L’intero paragrafo è una sintesi di ciò che Nonaka e Takeuchi hanno esaminato nel testo: “The

knowledge creating company ”, FREE PRESS, New York, 1991.

Socializzazione Esteriorizzazione Interiorizzazione Combinazione Conoscenze tacite da: Conoscenze esplicite

Figura 6 Obiettivi strategici di knowledge management

Fonte: Casanova T. e De Vita A. (2007), “La gestione delle conoscenza nelle PMI: il tesoro nascosto”, Franco Angeli, Miliano.

Stiamo parlando quindi, di aumentare le chance che le capacità degli individui possano effettivamente contribuire al successo dell’azienda, coinvolgendo sia soggetti interni ma anche quelli esterni meglio definibili come stakeholders, in modo da favorire il cambiamento attraverso la gestione delle informazioni e per il tramite di nuove strutture cognitive e organizzative.

La creazione e la gestione della conoscenza quindi allo scopo di:

• portare alla luce le conoscenze “tacite” dell’organizzazione e non sfruttate, per renderle disponibili a tutto il sistema impresa;

• diffondere la conoscenza “esplicita” all’interno dell’azienda e fare in modo che venga condivisa dagli stessi dipendenti, alimentando così la creazione di nuova conoscenza tacita.

Il passaggio successivo da compiere è la creazione di un processo formalizzato di raccolta e di diffusione della conoscenza presente nell’impresa, favorendo la nascita e la crescita di una certa cultura aziendale in questo senso, che miri verso uno sviluppo di un processo innovativo.

Obiettivi strategici di un progetto di K. M. INNOVAZIONE Creazione e rinnovamento dei saperi

GESTIONE DELLE CRISI Capacità di utilizzare

esperienze SVILUPPO DURATURO Sviluppare e utilizzare i saperi date le condizioni ambientali del mercato CAPITALE UMANO Sviluppare, capitalizzare e diffondere le competenze chiave FIDELIZZARE I CLIENTI Adottare politiche di qualità per fidelizzare il

cliente

INTELLIGENZA ECONOMICA Conoscere i concorrenti, i sistemi sociali, attuare una

1.5.2 La necessità di una ulteriore articolazione del concetto