C APITOLO III IL TEMA DEL MATERNO IN ORLY CASTEL BLOOM
III.2 La critica e il tema del materno in Orly Castel-Bloom
Come abbiamo visto nel secondo capitolo, la ricezione dell’opera di Orly Castel- Bloom è da sempre molto varia e conta sia sostenitori devoti che avversari agguerriti. Il suo affermarsi come una delle voci principali della narrativa israeliana è stato, e continua ad essere, accompagnato da discussioni sul valore letterario della sua opera. Dalla sua prima collezione di racconti Lo raḥok mi-merkaz ha-ʼir (1987) al suo primo romanzo, fino a Doli siṭi (1992) attraverso Ha-Mina Liza (1995) e la collezione di racconti Sippurim bilti-reṣoniyim (Racconti involontari, 1993), il dibattito è andato rinnovandosi, finché romanzi più recenti quali Ḥalakim ʼenošiyim (2002) e Ṭeqsṭil (2005) hanno generato una dilagante delusione per lo svanire di quell’intreccio e di quello stile così peculiari, e così dibattuti, che avevano caratterizzato i lavori precedenti24.
È in particolare Doli siṭi ad aver suscitato moltissime analisi, soprattutto in relazione al modo sconvolgente con cui il tema della maternità viene presentato. La critica è ormai concorde, infatti, nel considerare Doli siṭi come il romanzo che l’autrice ha voluto dedicare alla maternità25. Anche se già Ha-Mina Liza aveva per protagonista una madre, il romanzo finiva col concentrarsi fondamentalmente su altre questioni, quali il il ruolo della scrittura e del matrimonio nella vita di una donna, come ha ammesso la scrittrice stessa26. Inoltre, Mina emergeva come una madre assolutamente convenzionale, che rispettava i crismi della maternità ideale27. In Doli siṭi Orly Castel-Bloom non solo dà la parola in prima persona a una madre, ma grazie all’espediente del ritrovamento e la conseguente “adozione”, ha la
24
Zvia Ben-Yoseph GINOR, Mania, Mother and Zion in Orly Castel-Bloom’s “Ummi fi shurl”, p. 238.
25
Uri COHEN, Lqrwt ’t ’Orli Qasṭel-Blum (Leggere Orly Castel-Bloom), pp. 10.
26
Eilat NEGEV, Close Encounters with 20 Israeli Writers, p. 161.
27
Si veda per esempio i brani citati in questo volume in cui Mina si preoccupa di rientrare a casa in tempo per la cura dei bambini (p. 112) o di trovare un telefono per parlare con la famiglia dopo la partenza con Flora (p. 114).
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possibilità di concentrarsi sul significato della condizione materna escludendo dalla discussione altri elementi che la potrebbero caratterizzare, quali la figura del padre o la fisicità della gravidanza. Una volta aggirato l’“imperativo biologico” della nascita, Castel-Bloom provvede a collocare Dolly in un mondo assurdo e spezzato che garantisce alla protagonista di procedere nell’esperienza materna a prescindere da dinamiche che sarebbero per esempio entrate in gioco in un contesto più reale, organizzato secondo una logica comune e abitudini scontate. Grazie a queste condizioni “fuori dalla norma”, Dolly può smettere di lavorare e continuare a partecipare ad azioni assurde, viaggiando e a vivendo esperienze rocambolesche. Sono, però, soprattutto le operazioni impossibili che infligge a Ben a diventare possibili proprio in ragione del contesto assurdo che li circonda, sia esso il frutto della prospettiva alienata e paranoica di Dolly o un mondo effettivamente alternativo e distopico. La struttura narrativa, certamente, conferendo al testo questa infinita flessibilità, permette all’autrice di concentrarsi sulla questione materna con intensità e costanza, senza pietà.
Non c’è dubbio alcuno quindi che Doli siṭi sia evidentemente un romanzo sulla maternità di cui vengono presi alla lettera gli imperativi, in particolare quelli relativi all’ansia e alla dedizione materna, fino al paradosso dando quindi voce anche agli aspetti aggressivi che essa può implicare, nonostante sia una possibilità respinta ai margini della coscienza. Eilat Negev rileva, in un’intervista pubblicata nel volume Close Encounters with 20 Israeli Writers, come Doli siṭi richiami sensazioni vissute in prima persona dalla scrittrice e come il romanzo le sia servito per liberarsi dell’ansia che aveva caratterizzato la sua vita dopo la nascita della figlia28.
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After just three days at the hospital they send you home, and I was in panic. How on earth was I supposed to know what to do? I suffered from over-anxiety. For every cough I would give her a check-up, imagining all sorts of illnesses and deformities. [...] Can someone tell me what is normal concern29?
Dopo solo tre giorni all’ospedale, ti mandano a casa, e ero nel panico. Come diamine avrei dovuto sapere che cosa fare? Soffrivo di un eccesso d’ansia. Per ogni colpetto di tosse, le avrei fatto un check-up completo, immaginando ogni sorta di malattia e deformità.
In un breve articolo intitolato Lamma katavti ’et “Doli siṭi30”, Castel-Bloom evoca eventi autobiografici che costituiscono il fulcro della narrativa del romanzo. Quando ha avuto il primo figlio, aveva venticinque anni e si era trasferita con il marito nell’appartamento di un parente a Bat Yam. Non aveva né un’auto, né un telefono, né denaro. Il secondo giorno nella nuova casa, la bambina mentre mangiava ha inalato un po’ di pappa e non riusciva a respirare. Non sapendo cosa fare, la scrittrice è scesa in strada con la bambina per fermare una vettura che ha accompagnato madre e figlia all’ospedale, dove tutto è stato risolto. Castel-Bloom riporta nell’articolo come questa esperienza abbia lasciato un segno indelebile su di lei. Anche Ofengenden, si riferisce a queste dichiarazioni non per confermare il contenuto autobiografico di Doli siṭi, ma per rafforzare la tesi che il romanzo sia costruito su questa esperienza reale e sull’ansia suscitata dalla maternità, con la responsabilità e il potere di vita o di morte che essa implica31.
29
Questa intervista è stata pubblicata in inglese, anche se è probabile che sia stata fatta in ebraico, dal momento che la scrittrice non è a proprio agio con questa lingua e preferisce il francese, sua prima lingua dall’infanzia.
30
CASTEL-BLOOM, Lmh ktbty ’t “Doli siṭi” (Perché ho scritto “Doli siṭi”), articolo pubblicato su New
Library il 27 Settembre 2012.
31
Ari OFENGENDEN, Language, Body, Dystopia: the Passion for the Real in Orly Castel-Bloom’s Dolly City,
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Castel-Bloom ha dichiarato, infatti, che nei propri romanzi si diverte a giocare con elementi autobiografici per poi cambiarne alcuni dettagli, creando così persone diverse sotto molteplici punti di vista: non solo i personaggi sono infatti diversi tra loro e differiscono dalla scrittrice, ma cambiano anche continuamente all’interno della narrazione, generando instabilità, contraddizioni e frenesia. Eilat Negev fa notare, inoltre, la somiglianza fonetica tra Dolly e Orly, inducendo la scrittrice ad ammettere che Dolly come Orly soffre di quello che definisce “maḥalat he-’efšaruyyot he-’ensofiyyot” (la malattia delle infinite possibilità32), ovvero la capacità di percepire realtà parallele come tutte ugualmente possibili e eventualmente minacciose33. La violenza di Dolly fa parte di questa infinita possibilità del reale, per quando la norma sociale imponga il rifiuto di questi comportamenti che, per quanto naturalmente immediatamente repressi, affiorano talvolta alla superficie dell’inconscio34.
Sembra opportuno assumere proprio questa malattia del “possibile” che l’autrice trasferisce alla sua protagonista come cornice interpretativa del testo. Il romanzo è infatti il risultato del connubio tra questa tendenza all’iperbole immaginativa e il naturale sentimento dell’ansia materna che, mescolati, generano quella miscela esplosiva all’origine di momenti di paranoia e di follia letteraria. Per questo la scrittrice ha definito i materiali che sono stati raccolti nel libro come “pericolosi e velenosi”, non perché effettivamente volesse riferirsi a un desiderio represso di violenza sui figli, ma perché al fine di ridurre la preoccupazione a un
32
NEGEV, Close Encounters with 20 Israeli Writers, p. 162; il riferimento è a un brano in Doli siṭi, p. 39 nell’edizione originale e p. 54 nell’edizione italiana.
33
NEGEV, Close Encounters with 20 Israeli Writers, p. 162.
34
Il tema del “mostruoso” è molto dibattuto nel panorama teorico contemporaneo, soprattutto in relazione alla letteratura fantastica e post-moderna, per esempio nella teoria sul fantastico sviluppata da Tzvetan Todorov. Nel contesto del presente lavoro, però, si riprende la modalità con cui il termine viene usato da Elisa Carandina nella sua discussione su Dolly come figura anomala e terribile. In questa prospettiva quindi “mostruoso” implica la sua definizione d’uso nel contesto della lingua italiana come “un essere vivente reale o immaginario a cui sono attribuite una o più caratteristiche per le quali si discosta enormemente dalla
norma, con una connotazione in genere negativa” (Francesco SABATINI, Vittorio COLETTI, Dizionario della
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livello “normale”, era necessario liberarsi di una parte di questa ansia attraverso un delirio immaginativo che si spingesse fino agli estremi del possibile, sconfinando nell’impossibile ed esorcizzandone il terrore35.
Il pensiero di Castel-Bloom, per cui la maternità non costituisce in nessun modo una garanzia di un comportamento secondo buoni precetti36, può causare indignazione e suscitare proteste, ma è solamente una lucida analisi dei fatti, scevra di quei retaggi culturali che sono stati brevemente descritti nel paragrafo precedente. Senza alcuna esitazione, la scrittrice stessa conclude che Doli siṭi è stato concepito come un romanzo sulla maternità, sull’ansia che può generare e su come una protettività ansiosa e paranoide possa infine condurre alla deteriorazione, alla pazzia e alla violenza37.
Certamente, quindi, Doli siṭi è da considerarsi un romanzo sulla maternità ed in particolare sull’ansia che questa può causare in una donna. Partendo da questo presupposto, tantissimo è stato scritto sul testo, letto spesso in senso femminista. Pur concordando sul considerare Doli siṭi un libro sulla maternità, Feldman ha suggerito, per esempio, un’interpretazione secondo cui Orly Castel-Bloom avrebbe nel romanzo proposto una revisione sarcastica della storia di Abramo, definendo la protagonista nei termini di una parodia sull’idea di madre abramitica sviluppata in alcune frange della critica femminista38. Effettivamente, in contraddizione con quanto affermato nel contesto di questa teoria, il materno immaginato da Orly Castel-Bloom non offre alcuna forma di riparazione alla paternità manchevole esemplificata dall’‘aqeda e da altre narrazioni sul figlicidio39: nel
35
Eilat NEGEV, Close Encounters with 20 Israeli Writers, p. 165.
36
Ibidem, p. 162.
37
Ibidem, p. 163.
38
FELDMAN, Yael, Glory and Agony, p. 301.
39
Si veda per esempio: KARTUN, Blum, Profane Scriptures: Reflections on the Dialogues with the Bible in
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mondo kafkiano strutturato dalla scrittrice, è proprio a causa di una preoccupazione materna ossessiva e aggressiva che il bambino finisce sul tavolo operatorio, aperto e richiuso, in uno sforzo mostruoso messo in atto per garantire il suo benessere.
Elisa Carandina si è concentra proprio su questo aspetto “anomalo” della maternità in Doli siṭi, introducendo appunto l’idea del “mostruoso” come categoria di interpretazione del romanzo e conducendo una riflessione che si avvale del tema della maternità “mostruosa” così come è stato presentato da Julia Kristeva all’interno della sua discussione sulla funzione materna quale possibilità di un processo ibrido tra il simbolico e il semiotico, tra pulsione e linguaggio40. Secondo questo punto di vista, associando la figura della madre al concetto di abject, Elisa Carandina offre una lettura del materno come una condizione che può costituire una forte minaccia all’identità, all’ordine e al sistema costituito, stabilendo un parallelo letterario tra l’opera della scrittrice inglese Mary Shelley,
Frankenstein, e Doli siṭi di Orly Castel-Bloom41. Secondo Carandina, il contenuto della storia di Dolly è mostruoso perché il personaggio rappresenta l’incarnazione di tutte le possibili varianti della pazzia femminile, da Cassandra a Lilit a Medea, e del dirompente potere destabilizzante che queste hanno per l’ordine costituito.
Come abbiamo visto, attraverso la descrizione dell’accanimento fisico e psicologico sul bambino da parte di Dolly, con le torture che gli infligge a fin di bene e i reiterati tentativi di infanticidio, Castel-Bloom rompe certamente un tabù culturale e psicologico fondamentale per le convenzioni alla base della nostra società. Secondo Carandina, però, questa rottura non è causata dall’intenzione consapevole e polemica di scalzare categorie sociali da parte
Isaac in Contemporary Israeli Poetry; KARTUN, “Where does this wood in my hand come from?” The
Binding of Isaac in Modern Hebrew Poetry.
40
Noëlle MCAFEE, Julia Kristeva, pp. 76-81.
41
Elisa CARANDINA, Manifestazioni mostruose del materno: il mostro di Frankenstein di Mary Shelley e
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dell’autrice, dal momento che, effettivamente, Dolly nella sua aspirazione ad essere la migliore delle madri possibili, segue alla lettera luoghi comuni attribuiti alla madre in generale, e in particolare a quella ebrea e israeliana42.
Sulla base di questa osservazione e le precedenti considerazioni, si può concludere definitivamente che due sono quindi le dominanti che danno forma al testo: una è costituita innanzitutto dall’ansia materna, concreto e vivo risultato di un costante terrore per le sorti del bambino da un lato e per la paura di non saper rispondere alle aspettative sociali e emotive della maternità dall’altro43; l’altra è rappresentata dalla tendenza a un’immaginazione
iperbolica e l’impossibilità, tipicamente post-moderna, di stabilire scale di valore e misura del reale, quella che Castel-Bloom definisce la “malattia del possibile44”. Si possono quindi identificare anche altri elementi che certamente costituiscono le sottodominanti del testo, per usare ancora la terminologia proposta da McHale e Jakobson, introdotta nel secondo capitolo di questo volume.
Analizzando il brano che contiene le riflessioni di Dolly nel momento in cui accetta di assumere la responsabilità che deriva dalla decisione di “tenere il bambino”, si può rilevare come, insieme all’ansia di protezione, emerga anche l’euforia di aver ottenuto un nuovo potere. Orly Castel-Bloom si avvale, infatti, di un lessico che suggerisce l’idea di un nuovo inizio e trasmette la sensazione che Dolly senta improvvisamente di essere in possesso di un potere straordinario che la avvicina, nel suo delirio, a Dio.
,קסשה ץע ירוחאמ תומוהת ,תיתחת אלל תורוב אלמ ,תורומהמ אלמ םלועהש ימצעל יתרמא
42
CARANDINA, Manifestazioni mostruose del materno: il mostro di Frankenstein di Mary Shelley e quello di
Dolly City di Orly Castel-Bloom, pp.25-26.
43
Uno dei dubbi che affliggono Dolly oltre a quello sulla salute del bambino è anche quello di non essere all’altezza del ruolo, cui più volte reagisce riasserendo con rabbia la convinzione di essere dalla parte del giusto.
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161 תולוח תוער רופסניא ינפמ הזה דליה לע ןגהל החרכומ ינא ,תורצה לכב םחליהל תבייח ,םאכ ,ינא לבא קרבה וב הכי אלש ,ותוא רומשל תבייח ינא .עבט יעגפו .ותוא יל עלבת אל המדאהש ,םערה וב םולהיו לע תיארחא ינא םאש םיהולאל יתרמאש וליאכ היה הז .םלועה ראש דגנ ילוד : המרוח תמחלמ יתזרכה הזה דליה - שודק דוהמ אל ללוכ ,דחא ףאמ תובוט הצור אל ינא .וילע תיארחא ינא זא ת הצור אל ינא ,ו דובעה תא יל השעי דחא ףאש ה .
Mi avvolsi la testa nell’asciugamano, e giunsi all’irrevocabile conclusione che avrei cercato di dominare questa terribile paura di perdere il mio bambino, e perciò avrei fatto tutto il possibile per difenderlo dalle malattie, dovunque si annidassero. Sapevo che non sarei mai riuscita a tener testa al destino, nondimeno decisi di combatterlo. Mi dissi che il mondo era pieno di crepacci, di pozzi senza fondo, di baratri dietro un nespolo, ma io, come madre, dovevo lottare contro tutte queste minacce, avevo l’obbligo di difendere questo bambino da un’infinità di brutti guai e calamità naturali. Dovevo proteggerlo, che su di lui non si abbattesse la folgore o il tuono, che la terra non lo inghiottisse. Dichiarai una guerra senza esclusione di colpi: Dolly contro il resto del mondo. Era come se avessi voluto dire a Dio che se ero responsabile di questo bambino – allora ne sarei stata responsabile io. Non volevo favori da nessuno, nemmeno da Sua Santità, non volevo che nessuno facesse il lavoro al posto mio45.
Ovviamente il testo gioca sulla parodia del testo biblico: il riferimento è reso esplicito attraverso un preciso uso di parole-chiave nella descrizione della creazione46, come “tehom”,
“l’abisso senza fondo”, e di immagini naturali associate alla manifestazione del potere divino, come il lampo (“baraq”) e il tuono (“ra‘am”). Le immagini ed il lessico biblico sono incapsulate in una lingua che continuamente scivola in toni colloquiali incarnando un contrasto crescente che trova nell’opposizione tra Dolly e Dio (“hod qodošto”, letteralmente “sua santa gloria”) il suo sviluppo finale. Nonostante lo sguardo irriverente e delirante che il brano implica, è evidente come esso descriva un momento fondamentale per comprendere non
45
Doli siṭi p. 18; Dolly City, pp. 24-25.
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solo il tema dell’ansia materna su cui il romanzo si sviluppa, ma anche lo stato mentale di Dolly, continuamente incerto e, allo stesso tempo, in opposizione a ogni forma di autorità che non derivi da se stessa. Secondo Ofengenden, la tendenza di Dolly a imporre un dominio totale sulla vita di Ben è da leggersi come un tentativo di impugnare, nelle parole di Michel Foucault, il potere di “far vivere o lasciar morire” che rivela il desiderio di ottenere pieno controllo sul senso dell’esistenza e, solo marginalmente, risponde a questa incredibile ansia materna nei confronti del caos che governa il mondo47.
Il potere che scaturisce dal ruolo materno è certamente una delle tematiche-chiave della critica femminista più recente: secondo Julia Kristeva, per esempio, la maternità rappresenta infatti il punto di congiunzione non solo tra individualismo e etica, ma anche tra continuità ed estinzione della specie48. Nell’ambito del romanzo, diventare madre “suo
malgrado49” forza Dolly a relazionarsi con le nuove condizioni che essa le impone. Dopo
l’immediato senso di potere, inizia a svilupparsi una nuova ansia che la protagonista non è in grado di gestire e che deriva non solo dal senso di responsabilità sulla vita di Ben, ma anche dalla nuova percezione dell’altro che questo causa in Dolly, una figura estremamente individualista.
L’ansia materna si colora in Doli siṭi di una tinta fosca per la particolare condizione israeliana su cui ci si è soffermati nel paragrafo precedente. La paura per le sorti del figlio si dilata infinitamente in Doli siṭi attraverso il riferimento allo stato di minaccia militare della società israeliana: nonostante non sia possibile rintracciare elementi che permettano una sistematica identificazione di Doli siṭi con Tel Aviv numerosi elementi nel
47
OFENGENDEN, Language, Body, Dystopia: the Passion for the Real in Orly Castel-Bloom’s Dolly City, p.
258-259.
48
Julia KRISTEVA, Women’s time, p. 16-17.
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testo spingono infatti in questa direzione, creando le condizioni per l’interpretazione dei pericoli a cui spesso Dolly si riferisce nei temini di “guerre esplosioni e pallottole” come della peculiare situazione che affligge la società israeliana50. Temi relativi allo sviluppo e alle
conseguenze del movimento sionista sono indissolubilmente legati, attraverso varie scene, alla questione della maternità e, per questo, il romanzo è stato anche letto come un’opera post- sionista in cui, diversamente dagli altri romanzi, Castel-Bloom non dimostra un atteggiamento di indifferenza o disinvolta irrisione nei confronti della storia del sionismo. Parodia e ironia sono ancora presenti, ma tinte di una carica violenta e rabbiosa che sono comprensibili solamente dalla prospettiva di una madre, come dimostra il brano sulla questione dell’ “arabofobia51”. היבופ לש שדח ןז יטיס ילודב יתיליג - היבופוברע - םידחפה םע הלא תא .הלאכ אלמ יל ויה .םיברעמ דחפ תא םא ,םיברע םע ןיידזהל אקווד ,דחפה לע תכלל ךירצש םעפ יתארק יכ ,הברה יכה תרטרטמ יתייה םייתייפכה דזמ תא .םהמ תדחפמ םתיא תניי - .םלוכ ומכ טושפ םה ,ארונ ךכ לכ אל דשהש האורו
Ho scoperto a Dolly City una nuova specie di fobia – arabofobia – la paura degli arabi. Pieno. Quelli con queste paure ossessive li perseguitavo di più, perché avevo letto una volta che bisogna affrontare la paura, fottere con gli arabi se si ha paura di loro. Fotti con loro – e ti accorgi che il demonio non è poi così tremendo, che sono come tutti gli altri52.
La condizione materna e l’ansia a cui sottopone Dolly, a prescindere dall’indole violenta e isterica che Castel-Bloom le attribuisce, conferiscono alla questione della condizione militare israeliana una nuova valenza, non solo in quanto fattore scatenante di un pericolo costante per ogni bambino nato, ma anche in quanto percepito come un’assurda
50
Si veda per esempio il riferimento all’aeroporto Ben Gurion nel brano citato a p. 109 o all’educazione scolastica nel brano a p. 168 di questo volume.
51
A questo proposito è anche molto significativa la scena in cui Dolly incide “nel sangue” e “nella carne” di Ben la mappa di Israele del periodo biblico, che poi si scoprirà essere tornata ai confini pre-1967, cioè prima delle controverse conquiste seguite alla Guerra dei Sei Giorni del 1967. Il brano è citato e discusso in dettaglio più avanti nel presente paragrafo.
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conseguenza storica di cui le nuove generazioni non sono responsabili.