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La detenzione a seguito di condanna non definitiva

Prima di procedere con l’analisi della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo con riguardo ai requisiti previsti dagli Stati aderenti per l’adozione ed il mantenimento della misura cautelare in carcere, occorre svolgere un’ultima precisazione.

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Decisione quadro 2009/829/GAI del Consiglio, del 23 ottobre 2009, sull’applicazione tra gli Stati

membri dell’Unione europea del principio del reciproco riconoscimento alle decisioni sulle misure alternative alla detenzione cautelare.

81 Cfr. Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull'attuazione da parte

degli Stati membri delle decisioni quadro 2008/909/GAI, 2008/947/GAI e 2009/829/GAI relative al

reciproco riconoscimento delle sentenze penali che irrogano pene detentive o misure privative della libertà personale, delle decisioni di sospensione condizionale e delle sanzioni sostitutive e delle misure alternative alla detenzione cautelare del 5 febbraio 2014. Gli Stati che hanno recepito la decisione quadro 2009/829/GAI sull’ ordinanza cautelare europea sono l’Austria (1.8.2013) la Repubblica ceca (1.1.2014) la Danimarca (1.12.2012) la Finlandia (1.12.2012) la Croazia (1.7.2013) Ungheria (1.1.2013) Lettonia (1.7.2012) Paesi Bassi (1.11.2013) Polonia (1.12.2012) Romania (25.12.2013) Slovenia (20.9.2013) Slovacchia (1.7.2013).

Per la Corte di Strasburgo la detenzione conseguente ad una decisione di condanna anche non definitiva non rientra nell’ipotesi di cui alla lettera c) dell’art. 5 Cedu bensì nella lettera a) dell’art. 5 § 1 Cedu.

La Convenzione europea legittima la detenzione subita in esecuzione di una decisione giurisdizionale di condanna, ove per condanna, deve intendersi “una pronuncia che contenga una dichiarazione di colpevolezza conseguente all’accertamento legale di un’infrazione e l’inflizione di una pena detentiva o altra misura di privazione della libertà personale”82.

La sentenza non deve essere necessariamente definitiva, essendo sufficiente per giustificare la privazione della libertà personale una decisione emessa a seguito di un giudizio di primo grado83, senza che assuma rilievo l’eventuale proposizione di impugnazioni o, addirittura la successiva riforma della decisione in accoglimento delle stesse impugnazioni84.

Per la giurisprudenza europea è quindi possibile che le sentenze di condanna siano eseguibili prima del loro passaggio in giudicato.

In Italia, in conformità al principio della presunzione di innocenza, nessuna forma di esecutività è invece prevista per le sentenze e i decreti penali di primo grado (art. 650 c.p.p.), sicchè le restrizioni alla libertà personale anteriori alla condanna definitiva sono consentite nei confronti di un imputato solo in presenza dei presupposti cautelari.

La Convenzione europea è in questo senso meno garantista rispetto al nostro ordinamento.

Si è in proposito osservato, che in tal modo si è deciso di non far dipendere l’osservanza delle disposizioni pattizie dalle scelte operate dalle singole discipline nazionali in materia, pervenendo ad una distinzione adeguata tra le ipotesi

82 Definizione risalente alla sent. 24 giugno 1982, Van Droogenbroeck c. Belgio (ric. n. 7906/77), § 35 e tuttora utilizzata.

83 Cfr. sent. 27 giugno 1968, Wemhoff c. Germania, § 9.

84 Cfr. sent. 10 giugno 1996, Benham c. The United Kingdom, Raccolta 1996-III, p. 753, par. 42: “Detention will in principle be lawful if it is carried out pursuant to a court order. A subsequent

finding that the court erred under domestic law in making the order will not necessarily retrospectively affect the validity of the intervening period of detention. For this reason, the Strasbourg organs have consistently refused to uphold applications from persons convicted of criminal offences who complain that their convictions or sentences were found by the appellate courts to have been based on errors of fact or law (cfr. Bozano v. France judgment of 18 December 1986, Series A no. 111, p. 23, para. 55, and the report of the Commission of 9 March 1978 on application no. 7629/76, Krzycki v. Germany, Decisions and Reports 13, pp. 60-61)”.

integrative dall’art. 5 comma 1 lett. a Cedu e quelle di applicabilità dell’art. 5 comma 3 Cedu, escludendo dall’area di incidenza di quest’ultimo la detenzione subita dopo che sia intervenuta una condanna anche solamente di prima istanza85.

La verifica delle misure cautelari adottate o mantenute a seguito di una sentenza di primo grado da parte delle autorità italiane verranno pertanto valutate dalla Corte di Strasburgo alla stregua dell’art. 5 lettera a) Cedu.

La detenzione dovrà in ogni caso essere “regolare”, ossia conforme in primo luogo alle previsioni del diritto nazionale, ma anche alle previsioni della stessa Convenzione europea.

Si tratta, com’è stato già precedentemente analizzato, della esplicitazione di quel controllo di legalità sostanziale e processuale che la Corte opera sia nella adozione quanto nel mantenimento della misura privativa della libertà personale.

Per quanto concerne il vaglio preliminare di conformità del provvedimento coercitivo all’ordinamento nazionale, la misura detentiva priva di una valida base legale nel diritto interno risulta automaticamente contraria all’art. 5 Cedu.

Per quanto riguarda l’Italia verrà, quindi, comunque verificata la sussistenza dei presupposti cautelari previsti dalla nostra legislazione interna.

La Corte, ha poi stabilito che l’esecuzione di una pena detentiva inflitta in esito ad un processo giudicato contrario al contenuto della Cedu, diviene illegittima ai sensi dell´art. 5 § 1 lett. a Cedu, con conseguente obbligo per le autorità giudiziarie nazionali di far cessare immediatamente l´esecuzione della pena, in forza dell´art. 5 § 4 Cedu.

In questo senso, nella pronuncia Stoichkov c. Bulgaria86 del 2005 la Corte ha riscontrato una violazione dell’art. 5 § 1 lett. a Cedu dal momento che il ricorrente era stato mantenuto in stato di detenzione dalle autorità bulgare, nonostante la Corte europea avesse accertato che la condanna nei suoi confronti era stata pronunciata in violazione delle regole del giusto processo, sancite dall’art. 6 Cedu, e avesse riconosciuto il diritto del medesimo ad ottenere la rinnovazione del giudizio.

85 Così G. UBERTIS, Principi di procedura penale europea, 2009, p. 102, che consta come sia irrilevante che l’eventuale privazione della libertà sofferta in pendenza dell’impugnazione alla decisione di primo grado venga reputata dal diritto interno come custodia cautelare.

La detenzione fondata su una sentenza emessa a seguito di un processo dichiarato non equo dalla Corte EDU diviene illegittima e conseguentemente il giudice deve dichiarare l’ineseguibilità della detenzione87.

Le “regolarità” della detenzione presuppone, infine, che sussista un nesso causale tra la condanna e la privazione della libertà.

Per la Corte, infatti, non ha rilevanza la specifica natura della sanzione applicabile, potendo trattarsi sia di una sanzione detentiva, sia di una qualsiasi misura comportante il venir meno della libertà personale, a condizione che tra la condanna e la privazione della libertà sussista un nesso di causalità sufficiente.

La Corte è in particolare costante nel ribadire che la “regolarità” voluta dalla Convenzione presuppone il rispetto non solo del diritto interno, ma anche – l’articolo 18 lo conferma88 – del fine della privazione della libertà autorizzata dal comma a) dell’articolo 5 § 189.

L’espressione “in seguito a condanna” non indica, in questo contesto, una mera successione cronologica tra condanna e detenzione: la seconda deve risultare dalla prima, verificarsi “in seguito e in conseguenza” – o “in virtù” – di questa. Insomma, deve esistere tra esse un nesso di causalità sufficiente90.

87 Corte e.d.u., 3 marzo 2005, Stoichkov c. Bulgaria (ric. n. 9808/02 § 51) “the Court has also held

that if a “conviction” is the result of proceedings which were a “flagrant denial f justice”, i.e. were “manifestly contrary to the provisions of Article 6 or the principles embodied therein”, the resulting deprivation of liberty would not be justified under Article 5 § 1”.

88 Per l’art. 18 Convenzione europea dei diritti dell’uomo “Le restrizioni che, in base alla presente

Convenzione, sono poste a detti diritti e libertà possono essere applicate solo allo scopo per cui sono state previste”.

89 Cfr. Corte e.d.u. Bozano c. Francia, sentenza del 18 dicembre 1986, § 54, serie A n. 111.

90 Cfr. Corte e.d.u., Van Droogenbroeck c. Belgio, cit.. Il principio è stato poi ribadito e precisato in alcune decisioni contro la Gran Bretagna riguardanti la compatibilità con l’art. 5 § 1 Cedu delle

discretionary sentences of life imprisonment: cfr. sent. 2 marzo 1982, Weeks c. Regno Unito (ric. n.

9787/82), § 46-51 e sent. 28 maggio 2002 (Grande Camera), Stafford c. Regno Unito (ric. n. 46295/99), § 68. Cfr., sul punto, B. EMMERSON-A. ASHWORTH-A. MACDONALD, Human

Rights, cit., p. 677; R. VAN ZYL SMIT-A. ASHWORTH, Disproportionate sentences as human rights violations, in Modern law review, 2004, p. 541.

CAPITOLO II

LA CUSTODIA CAUTELARE