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Precedenti prese di posizione da parte di entità internazionali

RIFLESSI SUL RUOLO DEL PUBBLICO MINISTERO

4.3 Precedenti prese di posizione da parte di entità internazionali

La definizione della posizione istituzionale del pubblico ministero è stata caratterizzata, a partire dai primi anni '90 del secolo scorso, da una serie di atti e di prese di posizione da parte di varie entità internazionali, ciascuna delle quali solo negli ultimi anni ha cominciato, se non a dialogare con le altre, almeno a tener in più esplicito conto le altrui posizioni.

Tali riflessioni hanno prodotto documenti politico-culturali, ma anche decisioni, atti aventi efficacia vincolante.

Il primo approccio organico a questo problema è rappresentato da un documento delle Nazioni Unite. Parliamo delle “Linee guida della Nazioni Unite sul Ruolo dei Pubblici Ministeri”331, risalenti al 1990, le quali stabiliscono che:

4. Gli Stati membri devono assicurare che i pubblici ministeri siano in grado di svolgere le loro funzioni professionali senza intimidazioni, impedimenti, molestie, interferenze indebite o ingiustificate esposizione a responsabilità civile, penale o altro. (omissis)

7. La promozione di pubblici ministeri, laddove tale sistema esiste, si basa su fattori oggettivi, in particolare le qualifiche professionali, la capacità, l'integrità e di esperienza, e decisa in conformità con le procedure eque e imparziali.

329 La justice au 21ème siècle il cui programma si può leggere sul sito del ministero della Giustizia

330 Cfr. E. ALT, Conseiller référendaire alla Cour de cassation, cit..

331 Adottate dall’8^ Congresso delle Nazioni Unite sulla prevenzione del crimine ed il trattamento

Un approccio, importante ma generico, cui è seguito a distanza di un decennio il documento che maggiormente ha analizzato questi problemi, quello che ha formulato le indicazioni più dettagliate.

Si tratta della Raccomandazione del Consiglio d’Europa n. 19 del 2000332 che, fin dal Preambolo, definisce il pubblico ministero come un organo imparziale, segnandone così le distanze dal potere esecutivo, dalle posizioni delle singole maggioranze politiche333.

Parla, infatti di una “autorità incaricata di vigilare, a nome della società e nell’interesse generale, sull’applicazione della legge quando quest’ultima è sanzionata a livello penale, in considerazione da un lato dei diritti degli individui e d’altro lato della necessaria efficacia dell’ordinamento penale”.

Nel Memorandum esplicativo della Raccomandazione 19, si sottolinea come i sistemi giudiziari europei siano divisi fra ordinamenti che preservano la totale indipendenza del Pubblico Ministero nei confronti dei poteri legislativo ed esecutivo, e quelli in cui il Pubblico Ministero rimane subordinato all’uno o all’altro di questi poteri, pur beneficiando di un margine di autonomia più o meno ampio.

Troviamo quindi pubblici ministeri che godono di una situazione di indipendenza quasi identica a quella dei giudici (è il caso dell'Italia, ma anche di Inghilterra e Irlanda), ad ordinamenti in cui il pubblico ministero si trova in una posizione di totale dipendenza dai ministri della giustizia (come accade in Francia , Germania, Austria, Danimarca).

A catena si pone, quindi, il problema di stabilire se i governi possano impartire sempre e comunque ordini o istruzioni ai pubblici ministeri, ovvero se debbano sottostare ad esplicite giustificazioni derivanti da esigenze di politica criminale; se debba trattarsi di istruzioni generali o anche relative a casi specifici.

Un altro essenziale profilo di differenza è quello che riguarda l'azione penale: obbligatoria in alcuni Paesi, discrezionale in altri.

332 Raccomandazione 19(2000) del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa sul Ruolo del pubblico ministero nel sistema della giustizia penale.

333 Cfr. V. MONETTI, Il problema del pubblico ministero. Le linee di tendenza più recenti nel

dibattito internazionale, in Il nodo gordiano tra diritto nazionale e diritto europeo, a cura di E.

E, per completare lo schema degli aspetti qualificanti, si deve ricordare la questione della archiviazione dei procedimenti.

E qui i problemi essenziali sono se essa è decisa ed effettuata dal pubblico ministero oppure se debba essere sottoposta alla decisione di un giudice, con l'ulteriore alternativa se l'intervento del giudice sia previsto sempre e comunque oppure solo su iniziativa di una parte interessata.

La Raccomandazione 19, posta di fronte alla pluralità di situazioni istituzionali in cui si trovano i pubblici ministeri nei singoli Stati del Consiglio d'Europa, ha preferito tracciare delle linee guida che ne assicurassero quanto più è possibile il ruolo di organo di giustizia, un organo imparziale, come si precisa nel preambolo quando si scrive che il pubblico ministero agisce a nome della società e nell’interesse generale.

Un organo, pertanto, che deve essere organizzato in modo trasparente sia sul piano interno, quindi con regole di funzionamento chiare; e con obblighi di renderne pubblici i contenuti; sia per quanto riguarda i rapporti con Governi e Parlamenti, quindi con la previsione che eventuali “ordini o istruzioni” siano impartiti sulla base di criteri generali e comunque in forme pubbliche; sia con riferimento alla sua attività ed ai rapporti gerarchici interni, a proposito dei quali si precisa che la sua attività deve essere garantita da norme altrettanto chiare, anche per quanto riguarda la carriera dei suoi membri.

Per quanto riguarda l'esercizio trasparente dei poteri dei singoli procuratori, e in particolare con riferimento al delicato problema dell'archiviazione, si postula un principio generale di controllabilità: la vittima del delitto deve essere abilitata ad ottenere una revisione dell'archiviazione, da parte di un giudice o mediante rimedi interni; con chiaro riferimento ai delitti commessi da pubblici esponenti, si precisa che la revisione può essere richiesta anche da una “persona interessata”.

Ancor prima della Raccomandazione 19, la Comunità internazionale prendeva in considerazione questi problemi nella Convenzione di Roma del 17 luglio 1998, che ha istituito la Corte penale internazionale.

Lo Statuto della Corte può considerarsi come l’Atto internazionale verso cui si è manifestato il massimo di legittimazione da parte della Comunità internazionale, dal momento che ad oggi hanno aderito alla Corte 115 Stati, con riferimento alla posizione ed ai compiti di questi organi di giustizia.

All'articolo 40 dello Statuto si afferma, in particolare, il principio di indipendenza oggettiva e soggettiva, ma anche quello di imparzialità dei giudici della Corte334.

Questi stessi principi sono poi ribaditi nell’articolo 42 anche a proposito del Procuratore e del suo ufficio, stabilendo che: “1. L'Ufficio del Procuratore opera indipendentemente in quanto organo distinto nell'ambito della Corte. ... I membri di questo Ufficio non sollecitano né agiscono su istruzioni provenienti da fonti esterne”335.

Un pubblico ministero , dunque, indipendente ma anche imparziale, come si ricava dalla disposizione di cui all’articolo 54, 1.a)336, secondo cui l’attività di inchiesta del Procuratore: mira alla determinazione della verità e, a questo fine, implica l’obbligo di raccogliere anche elementi a discarico.