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Come precedentemente affermato, la garanzia di cui all’art. 5 § 1 Cedu non opera nei confronti delle misure che comportano una mera restrizione della libertà personale, la cui legittimità va pertanto vagliata alla stregua dei criteri fissati dall’art. 2 Prot. n. 4 Cedu. posto a tutela della libertà di circolazione.

Se il divieto di trasferire la residenza in un comune diverso70, l’obbligo di presentarsi al commissariato di polizia una volta al giorno71 e il divieto di espatrio, nel diritto di Strasburgo vengono pacificamente considerate mere restrizioni della libertà di circolazione, il problema si pone, invece, con riferimento all’imposizione dell’obbligo di soggiorno nella propria abitazione.

La nostra giurisprudenza ritiene che l'obbligo di dimora, strutturato nel divieto, per il sottoposto alla misura, di allontanarsi dal territorio di un determinato comune, è istituto ontologicamente diverso e contrapposto rispetto alle misure coercitive detentive degli arresti domiciliari e della custodia carceraria.

In quest’ottica è stato stabilito che il "divieto di allontanarsi dalla propria abitazione in alcune ore del giorno", senza pregiudizio per le normali esigenze di lavoro, che il giudice può prescrivere ex art. 283, comma 4, c.p.p., non possa avere ad oggetto un numero tale di ore, nell'arco della giornata, talmente elevato da renderla assimilabile agli arresti domiciliari con facoltà di allontanamento per poter svolgere l’attività lavorativa72.

70 Cfr. C.edu, 20 aprile 2010, Villa c. Italia (ric. n. 19675/06), in Riv. it. dir. proc. pen., 2010, p. 1297.

71 Nella decisione C.edu, sent. 30 marzo 2010, Cipriani c. Italia (ric. n. 22142/07), § 3, la Corte ha escluso che l’imposizione nei confronti del ricorrente della misura di prevenzione dell’obbligo di

presentarsi settimanalmente alla polizia giudiziaria e del divieto di allontanarsi dal comune di residenza avesse comportato una privazione della sua libertà personale.

72 Per Cass. Pen., sez. I, 19 gennaio 2012, n. 3664: “Ai fini della determinazione della pena

detentiva da eseguire a seguito di condanna per un determinato reato, la misura cautelare dell'obbligo di dimora subita in relazione ad esso, qualora sia accompagnata dall'arbitraria imposizione all'imputato di obblighi tali da renderla assimilabile al regime degli arresti domiciliari

Al di là delle etichette, quindi, se nell’ordinamento interno le prescrizioni imposte con l'obbligo di dimora risultano così stringenti da renderle analoghe al regime degli arresti domiciliari, saremo in una ipotesi di privazione della libertà personale ai sensi dell’art. 5 Cedu.

Negli altri casi la valutazione dovrà essere compiuta con riguardo alla libertà di circolazione e alla sfera di tutela dell’art. 2 Prot. n. 4 Cedu.

Per la Corte di Strasburgo, non è per se stesso discutibile che lo Stato possa applicare varie misure che restringono la libertà di un accusato per assicurare il corretto ed efficiente esercizio di un'azione penale. Tuttavia, occorre verificare che tali misure, ed in particolare la loro durata, siano proporzionate agli scopi richiesti73.

Secondo il diritto di Strasburgo, infatti, le autorità nazionali non sono legittimate a mantenere restrizioni sulla libertà di circolazione del ricorrente per un lungo periodo di tempo senza procedere ad accertamenti periodici della loro giustificazione74.

La Corte europea non è invero pervenuta sempre alle medesime conclusioni nella valutazione del rispetto del requisito della proporzione nel caso di varie misure finalizzate a garantire la presenza dell’imputato al processo.

Così nella sentenza Fedorov e Fedorova c. Russia75 del 2005 – relativa all’imposizione nei confronti del ricorrente, imputato in un procedimento penale, del divieto di allontanarsi dal comune di residenza per un periodo di sei anni – i giudici europei hanno escluso una violazione della suddetta norma convenzionale affermando che la durata della misura non poteva considerarsi sproporzionata rispetto allo scopo legittimo di assicurare la presenza dell’imputato al processo.

Diversamente, nella sentenza Bessenyei c. Ungheria76, in cui la Corte europea ha ritenuto che il divieto imposto al ricorrente, imputato per il delitto di

(nella specie, la previsione del divieto di allontanarsi dall'abitazione estesa all'intera giornata) è fungibile con la pena inflitta”. Nello stesso senso v. Cass. pen., sez. I, 28 novembre 2007 n. 47428.

73 Cfr. Corte e.d.u., Nagy v. Hungary 6 July 2004, n. 6437/02; Corte e.d.u., Fedorov and Fedorova, § 41; Corte e.d.u. Petre c. Romania, 27 June 2006, n. 71649/01, § 47. “The Court reiterates that it

is not in itself questionable that the State may apply various preventive measures restricting the liberty of an accused in order to ensure the efficient conduct of a criminal prosecution, in so far as such a measure, and in particular its duration, is proportionate to the aims sought”.

74 Cfr., sul punto, sent. 21 dicembre 2006, Bartik c. Russia (ric. n. 55565/00).

75 Sent. 13 ottobre 2005, Fedorov e Fedorova c. Russia (ric. 31008/02).

contraffazione, di lasciare il paese per tutta la durata del procedimento penale avesse costituito una interferenza ingiustificata e sproporzionata nella libertà di circolazione del medesimo in quanto tale divieto veniva mantenuto automaticamente per un periodo di più di due anni, senza nuovi accertamenti periodici della sua giustificazione.

Nella successiva sentenza Rosengren c. Romania77, al ricorrente, imputato per bancarotta fraudolenta, era stato proibito di allontanarsi dal comune di residenza per tutta la durata del procedimento penale (protrattosi per sei anni e tre mesi), benché il periodo massimo di durata della misura fosse di 5 anni.

La Corte ha quindi riconosciuto una violazione dell’art. 2 Prot. n. 4 Cedu, per superamento della sua durata massima e perché le corti nazionali non hanno offerto comunque alcuna ragione pertinente per applicare o prolungare la misura, benché il richiedente l'impugnasse ripetutamente78.

Attesa la riconosciuta importanza di limitare la custodia cautelare in carcere, all’interno dell’Unione europea si è fatta largo l’esigenza di dare reciproco riconoscimento alle varie misure alternative alla custodia cautelare contemplate all’interno dei singoli Stati79.

Attualmente, infatti, le misure cautelari non detentive (ad esempio l'obbligo di presentarsi alla polizia giudiziaria o il divieto di espatrio) non possono essere recepite né eseguite al di là delle frontiere, poiché gli Stati non riconoscono i provvedimenti giudiziari stranieri emessi in materia.

La persona non residente nello Stato del processo corre il rischio di essere posta in custodia cautelare in attesa di processo, laddove un residente non lo sarebbe.

77 Corte edu, 24 aprile 2008, Rosengren c. Romania (ric. n. 70786/01).

78 Con riferimento all’imposizione dell’obbligo di soggiorno, cfr. sent. 22 novembre 2005,

Antonenkov e altri c. Ucraina (ric. n. 14183/02); sent. 7 dicembre 2006, Invanov c. Ucraina (ric. n.

15007/02). Con riferimento al divieto di lasciare il territorio nazionale, cfr. sent. 23 maggio 2006,

Riener c. Bulgaria (ric. 46343/99); sent. 31 ottobre 2006, Földes e Földesné Hajlik c. Ungaria (ric.

n. 41463/02).

79 Cfr. Libro verde sul reciproco riconoscimento delle misure cautelari non detentive, COM(2004) 562, in www.europa.eu .

La decisione quadro del 2009 sulle misure cautelari in quanto alternativa alla custodia cautelare (ordinanza cautelare europea)80 consente agli Stati membri dell'UE di effettuare questo riconoscimento, permettendo ad una persona residente in uno Stato membro, ma sottoposta a procedimento penale in un secondo Stato membro, di essere sorvegliata dalle autorità dello Stato in cui risiede in attesa del processo.

In tal modo, si conseguono notevoli risparmi di denaro, si riduce il numero di detenuti in attesa di giudizio nell'Unione europea e si rafforza il diritto alla libertà e la presunzione d'innocenza nell'Unione europea, diminuendo il rischio di disparità di trattamento nei confronti degli indagati che non risiedono nel paese in cui sono avviate le indagini.

All'apertura del giudizio, l'indagato che rifiuti di comparire volontariamente può essere trasferito a forza nel paese in cui ha luogo il procedimento.

Agli Stati membri era stato dato tempo fino al 1 dicembre 2012 per recepire questo strumento nelle loro disposizioni legislative nazionali, attualmente però solamente dodici Stati hanno provveduto, e tra questi non figura l’Italia81.