1.5. La Security
1.5.1. La disciplina a livello internazionale
In considerazione della natura di tali atti che spesso finiscono per coinvolgere più Stati, è sorta l’esigenza di disciplinare la materia della sicurezza del trasporto aereo in termini di security, sul piano internazionale attraverso la sottoscrizione di accordi da parte dei singoli Stati, tra cui è possibile enumerare: la Convenzione di Tokyo del 1963 sui reati e altri atti commessi a bordo di aeromobili114, la Convenzione dell’Aja del 1970 per la soppressione dei sequestri illeciti di aeromobili e la Convenzione di Montreal del 1971 integrata dal Protocollo di Montreal del 1988, sostituita dalla Convenzione di Pechino del 2010 sulla repressione di atti illeciti relativi all’aviazione civile internazionale115. Con le Convenzioni sopracitate si è affrontato anche il problema dell’individuazione dello stato competente a pronunciarsi e sono state dettate norme relative all’estradizione.
In particolare, la Convenzione di Tokyo del 14 settembre 1963 si occupa dei profili di natura giurisdizionale stabilendo le regole relative alla giurisdizione degli Stati firmatari in materia di reati ed atti illeciti commessi a bordo dell’aeromobile. La suddetta Convenzione trova quindi applicazione in tutti i casi di reati puniti dalla legge penale degli Stati firmatari e di atti che, comunque, possono compromettere o pregiudicare la sicurezza dell’aeromobile, delle persone o delle cose, o che compromettono il buon ordine e la disciplina a bordo posti in essere da una persona salita a bordo di un aeromobile immatricolato in uno degli Stati firmatari, esclusi quelli militari, doganali e di Polizia,
113 Senato della Repubblica – Commissione lavori pubblici e comunicazioni, Sicurezza del trasporto aereo/9. Commissione della Camera dei Deputati (trasporti, poste e telecomunicazioni) e 8. Commissione del Senato della Repubblica (lavori pubblici, comunicazioni), Roma, 2003, p. 738.
114 La Convenzione di Tokyo è stata ratificata in Italia con legge dell’11 giugno 1967, n. 468.
115 Le Convenzioni dell’Aja e di Montreal sono state ratificate in Italia con legge del 22 ottobre 1973, n. 906.
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mentre tale mezzo si trova in volo o sulla superficie dell’alto mare o di una regione che non faccia parte del territorio di alcuno Stato (art. 1).
Quanto alla competenza, l’art. 3 riconosce come competente per la conoscenza delle infrazioni e degli atti commessi a bordo lo Stato di immatricolazione dell’aeromobile, il quale prende i provvedimenti necessari. L’art. 4 aggiunge poi a tal riguardo, derogando alla previsione di cui all’art. 3, che “Uno Stato contraente che non sia quello
d’immatricolazione, può impedire il volo di un aeromobile per esercitare la propria competenza penale riguardo a un’infrazione commessa a bordo, soltanto nei casi seguenti: a. l’infrazione di cui si tratta ha prodotto effetto sul territorio dello Stato in questione; b. l’infrazione è stata commessa da o contro un cittadino di questo Stato o una persona che vi risieda in permanenza; c. l’infrazione compromette la sicurezza di questo Stato; d. l’infrazione costituisce violazione di regole o ordinamenti in vigore nello Stato di cui si tratta, concernenti il volo o la manovra degli aeromobili; e. l’esercizio di questa competenza è indispensabile per assicurare l’osservanza di un obbligo che incombe allo Stato in virtù di un accordo internazionale multilaterale.”.
La Convenzione di Tokyo risulta inoltre fondamentale nella parte in cui disciplina i poteri conferiti al comandante al fine di impedire e bloccare i reati e gli atti che mettano in pericolo la sicurezza del volo dedicandogli l’intero Titolo III. L’art. 6 della convenzione riconosce al comandante che abbia ragioni sufficienti per ritenere che una persona ha compiuto un’infrazione o un atto comunque in grado di compromettere la sicurezza, la facoltà di adottare nei suoi confronti i provvedimenti adeguati, compresi quelli coercitivi, necessari: a. per garantire la sicurezza dell’aeromobile, delle persone o dei beni a bordo; b. per mantenere l’ordine e la disciplina a bordo; c. per consentire la consegna di tale persona alle autorità competenti o lo sbarco di essa, conformemente alle disposizioni del titolo presente. Inoltre, il comandante dell’aeromobile potrà anche chiedere ed autorizzare l’aiuto da parte degli altri membri dell’equipaggio e, sollecitare e autorizzare quello dei passeggeri.
Nel caso in cui il comandante abbia poi sufficienti ragioni di ritenere che una persona ha compiuto o è sul punto di compiere a bordo dell’aeromobile un atto illecito, questi può sbarcarla sul territorio di uno Stato qualsiasi nel quale l’aeromobile atterra, avvertendo le autorità di tale Stato dello sbarco e delle ragioni che l’anno motivato (art. 8).
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Infine, l’art. 10 contiene una norma di garanzia di esonero della responsabilità per cui “Se
l’applicazione dei provvedimenti previsti nella presente convenzione è conforme a quest’ultima, né il comandante dell’aeromobile né un altro membro dell’equipaggio, un passeggero, il proprietario o il padrone dell’aeromobile e tanto meno la persona per il cui conto è stato esercitato il volo, possono essere dichiarati responsabili in una procedura intentata per pregiudizio subito dalla persona oggetto dei provvedimenti.”
La Convenzione dell’Aja si caratterizza per aver affrontato alcune questioni lasciate
irrisolte dalla Convenzione di Tokyo,116 per avere garantito l’esercizio della giurisdizione
da parte di più Stati contraenti nei confronti dei colpevoli e per aver imposto un’uniforme qualificazione degli atti illeciti diretti contro la sicurezza della navigazione aerea.117 La suddetta Convenzione del 1970 si occupa specificamente degli atti di cattura illecita dell’aeromobile, dandone peraltro una definizione più compiuta rispetto a quella riportata dalla convenzione di Tokyo118, e prevede una più ampia definizione di aeromobile in volo119 al fine di consentire di estendere il suo ambito di applicazione ad un maggior numero di fattispecie criminose.
Quanto al campo di applicazione, l’art. 3 par. 3 della Convenzione prevede la sua applicabilità limitatamente ai casi in cui il luogo di decollo e di atterraggio effettivo dell’aeromobile a bordo del quale è commesso l’atto illecito si trovi al di fuori dallo Stato di immatricolazione di detto aeromobile, indipendentemente dal carattere internazionale o nazionale del volo.
La questione relativa al campo di applicazione della Convenzione si intreccia con quella relativa all’esercizio dell’azione giurisdizionale da parte dei singoli Stati firmatari della convenzione stessa. In particolare, la Convenzione adotta il principio della giurisdizione
116 F.DI MAIO, La “security” dell’aviazione civile tra la Convenzione di Chicago, la regolamentazione
europea e il diritto interno, in U.LA TORRE,A.L.M.SIA (a cura di), La sicurezza nel trasporto e nelle
infrastrutture della navigazione marittima ed aerea, Soveria Mannelli (CZ), 2011, p. 115.
117 G.MARCHIAFAVA, La Convenzione di Pechino del 10 settembre 2010 sulla repressione di atti illeciti relativi all’aviazione civile internazionale, Dir. Trasp., 2012, p. 109.
118 La Convenzione dell’Aja definisce all’art. 1 il configurarsi di un’ipotesi di cattura illecita dell’aeromobile quando “a bordo dell’aeromobile in volo una persona illecitamente e con violenza o
minaccia di violenza si impadronisce di tale aeromobile e ne esercita il controllo o tenta di commettere uno di tali atti, oppure è complice di una persona che commette o tenta di commettere uno di tali atti”. 119 Ai senso dell’art. 3 della Convenzione dell’Aja, “un aeromobile è considerato in volo dal momento in
cui, terminato l’imbarco, tutte le porte esterne sono state chiuse, fino al momento in cui una di queste porte viene aperta per lo sbarco. In caso di atterraggio forzato, si presume che il volo continui finché l’autorità competente non avrà preso in consegna l’aeromobile, le persone e i beni a bordo.”
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cd. universale, applicabile limitatamente agli Stati contraenti, in base al quale ciascuno Stato deve porre in essere tutte le misure ritenute necessarie al fine di stabilire la propria competenza a conoscere le condotte criminose commesse. Ulteriore principio introdotto, è quello della non obbligatorietà della estradizione per cui ciascuno Stato contraente è tenuto a esercitare l’azione penale nei confronti del responsabile dell’illecito qualora non sia stata concessa l’estradizione.
La convenzione di Montreal del 23 settembre 1971 trova applicazione nel caso di atti di violenza nei confronti di perse a bordo dell’aeromobile o all’interno di infrastrutture aeroportuali, di danneggiamento di aeromobili in servizio, di impianti o servizi di navigazione aerea e nel caso di comunicazione di false informazioni in grado di porre in pericola la sicurezza del volo.
Infine, con la Convenzione di Pechino del 10 settembre 2010, si ha un’estensione dell’ambito di applicazione, rispetto alle precedenti Convenzioni, con riferimento alle fattispecie di reato ed alla competenza giurisdizionale dei singoli Stati contrenti.
Pertanto, rispetto l’estensione dell’ambito applicativo delle fattispecie di reato, la Convenzione del 2010 contempla quali reati perseguibili dagli Sti aderenti, non solo quelli previsti dalla Convenzione di Montreal del 1971 ma anche l’uso dell’aeromobile come arma, l’uso di sostanze pericolose contro l’aeromobile o altri obiettivi posti a terra, il trasporto abusivo di armi biologiche, chimiche, radioattive, e dei rispettivi materiali, l’organizzazione, la direzione e il finanziamento di atti di terrorismo contro un aeromobile o un aeroporto, avvenuti intenzionalmente (art. 1).
Con riferimento alla competenza giurisdizionale, invece, la Convenzione di Pechino conferma il principio della giurisdizione universale ma amplia le giurisdizioni concorrenti obbligatorie, ossia il numero degli Stati contraenti obbligati ad esercitare la propria giurisdizione nei riguardi del responsabile della condotta illecita, obbligando ciascuno Stato contraente ad esercitare la propria giurisdizione anche quando autore della condotta criminosa è un suo cittadino ovvero tale condotta è stata commessa contro un proprio cittadino o un apolide residente abitualmente nel suo territorio (art. 8).
Rispetto al tema dell’estradizione, ferma restando l’applicazione del principio aut dedere
aut punire di cui alla Convenzione di Montreal, l’art. 13 della Convenzione di Pechino
impedisce allo Stato cui è stata richiesta l’estradizione o l’assistenza giudiziaria, di poter rigettare suddetta richiesta per il solo motivo che essa riguarda un reato politico, un reato
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ad esso connesso o un reato ispirato da moventi politici. L’art. 14, invece, consente allo Stato richiesto di negare l’estradizione laddove vi sia ragione di ritenere che la richiesta sia stata presentata al fine di punire o danneggiare una persona per motivi di razza, religione, nazionalità, etnia, opinione politica o sesso.
La Convenzione di Pechino, nonostante l’estensione del proprio ambito di applicazione a fattispecie di reato che precedentemente non venivano prese in considerazione, non è comunque idonea ad esaurire tutte le possibili ipotesi di condotte criminose contro l’aviazione civile. Manca, in tal senso, una norma a carattere residuale che sia in grado di
disciplinare tutte le condotte criminose contro la sicurezza della navigazione aerea.120