3. Pregi e difetti dello strumento impositivo
3.1 La double dividend hypothesis: sogno o realtà?
La genesi della teoria del double dividend è dovuta agli economisti del secolo scorso251,
secondo i quali il gettito derivante dall’introduzione di tributi ambientali è utilizzabile per ridurre la pressione fiscale su altri fattori di produzione, quali il lavoro e il capitale. Ne discenderebbe un duplice beneficio, vale a dire la protezione dell’ambiente (green dividend) e uno stimolo all’occupazione (blue dividend).
Studi più recenti hanno rilevato che la produzione degli effetti positivi del doppio dividendo è subordinata alla compresenza di una serie di fattori: i) alla riduzione delle imposte distorsive deve corrispondere un significativo aumento di benessere; ii) il presupposto dell’imposta ambientale deve essere fisso o poco mobile; iii) l’imposta deve incidere su un’ampia base imponibile; iv) la riduzione dei contributi sociali conseguente all’aumento di gettito deve diminuire il costo complessivo del fattore lavoro; v) ampio consenso sociale e coordinamento internazionale delle legislazioni in materia252. Sull’ultimo punto, è stato
251 A. Pigou, The economics of welfare, Macmillan, London, 1920; L.H. Goulder, Environmental taxation
and the double dividend: a reader’s guide, in International Tax and Public Finance, vol. 2, n. 2/1995, pagg. 157 e ss.; A. Sandmo, Optimal taxation in the presence of externalities, in Swedish Journal of Economics, vol. 77, n. 1/1975, pag. 86 e ss.
252 Così, M. Villani, Fiscalità ambientale e bilancio in pareggio: l’ipotesi del doppio dividendo, in Rivista di
Diritto Tributario Internazionale, n. 1/2006, pag. 61. Come puntualizzato in F. Picciaredda – P. Selicato, I tributi e l’ambiente, Giuffrè, 1996, dal momento che tra i pretesti generalmente addotti dall’industria per prevenire l’introduzione di imposte ambientali si annoverano proprio le implicazioni negative che esse producono sui prezzi dei prodotti, «solo un coordinamento a livello internazionale degli interventi di carattere impositivo a tutela dell’ambiente ne accrescerebbe l’accettabilità» (pagg. 8-9). È interessante notare l’orientamento di autorevolissima dottrina che, se da un lato concorda sull’efficacia dell’imposta ambientale attuativa del double dividend, dall’altro ritiene opportuno lasciare agli Stati membri la libertà di determinare nuove forme di tassazione ecologica («questa soluzione è infatti non solo corretta dal punto di vista degli obiettivi della salvaguardia ambientale (…) essa è anche la sola praticabile perché la varietà delle condizioni
osservato che la perdita di gettito derivante dalla riduzione della tassazione sul lavoro dovrebbe compensare esattamente il maggior gettito frutto del prelievo ambientale, lasciando invariata la pressione fiscale complessiva gravante sulla collettività253.
Conseguentemente, l’effetto positivo della traslazione dell’onere fiscale sui saldi di finanza pubblica non sarebbe immediatamente percepibile, ma affiorerebbe solo nel medio-lungo periodo, in esito all’auspicato incremento dell’occupazione.
La sussistenza del quarto requisito dovrebbe essere idonea a bilanciare un effetto della tassazione ambientale che, storicamente, rappresenta il “tallone d’Achille” delle green taxes: gravando – anche – su beni di uso quotidiano quali la benzina e l’elettricità, le imposte ecologiche finirebbero per colpire in misura maggiore i soggetti meno abbienti, che destinano a tali consumi una percentuale delle proprie entrate più elevata rispetto ai contribuenti nelle fasce più alte maggiore del proprio reddito, in netto contrasto con i principi costituzionali di uguaglianza e capacità contributiva254. È evidente, in sostanza, il
motivo per cui la regressività delle tasse ambientali costituisce una delle principali obiezioni mosse alla riforma fiscale verde255. A tal proposito, è stata teorizzata l’esistenza
ambientali nelle diverse aree della CEE e le rapide trasformazioni dei processi produttivi connesse allo sviluppo di nuove tecnologie impone l’adozione di strumenti flessibili e diversificati»; così, R. Perrone Capano, op. cit., pagg. 485-486).
253 Così, A. F. Uricchio, Le politiche tributarie in materia ambientale, op. cit., pag. 484. Cfr. M. Skou
Andersen, S. Speck, O. Mautone, EEA Staff Position Note (December 2011), SPN11/01, Environmental Fiscal Reform – illustrative potential in Italy. Prepared for the conference “Environmentally‐related taxation and fiscal reform”, Rome, December 15th 2011: «Environmental fiscal reform has in those countries which implemented such tax policies in the past (for example Sweden, Denmark, Finland, Netherlands, Slovenia, Germany and UK) been designed to be fully revenue neutral (i.e. increasing revenues from environmentally‐ related taxes in order to reduce revenues from labour and capital taxes), or partially so, thus relieving the pressure on labour as a tax base».
254 Cfr. T. Barker – J. Kohler, Equity and ecotax reform in the EU: achievin a 10 percent reduction CO2
emissions using excise duties, in Fiscal Studies, 1998, 4, 375 ss.; N. Johnston – J. Alavapalati, The distributional effects of environmental tax reform, in IIED – International Institute for Environment and Development, Discussion Paper, 2008, 98-01.
255 Cfr. sul punto T. Barker – J. Kohler, Equity and ecotax reform in the EU: achievin a 10 percent reduction
CO2 emissions using excise duties, in Fiscal Studies, 1998, 4, 375 ss.; N. Johnston – J. Alavapalati, The distributional effects of environmental tax reform, in IIED – International Institute for Environment and Development, Discussion Paper, 2008, 98-01.In ambito nazionale, si vedano R. Perrone Capano, op. cit., pag. 494, A. E. La Scala, I principi fondamentali in materia tributaria in seno alla Costituzione dell’Unione Europea, op. cit., pag. 331 e F. Picciaredda – P. Selicato, op. cit., pagg. 125-126 («è ben noto che i maggiori consumatori di energia sono i componenti dei ceti più agiati; e pertanto, l’introduzione di imposte indirette su tali tipi di consumi, che non sempre consente di introdurre agevolmente fasce di esenzione o di riduzione per i consumi ‘vitali’, andrebbe a incidere maggiormente su tali soggetti. A tale specifico riguardo, è stato
di un «triplo dividendo»256: se il gettito derivante dalle imposte ambientali fosse indirizzato
verso obiettivi sociali, ossia il sostentamento di famiglie a basso reddito, si realizzerebbe un miglioramento di tipo ambientale, produttivo e sociale. In altre parole, l’effetto regressivo sarebbe “neutralizzato” in due modi: la traslazione dell’onere fiscale dai redditi di lavoro a comportamenti inquinanti, e la destinazione di una parte delle entrate ai meno abbienti. Tale sistema è volto a perseguire un obiettivo di equità sociale, in quanto l’aumento del reddito derivante dal maggior lavoro e dai trasferimenti specifici creerebbe benessere257, che porterebbe a sua volta a un aumento dei consumi e allo sviluppo delle
imprese. Il triplo quoziente corrisponde, dunque, a i) maggiore qualità ambientale, maggior salute, meno spese ii) maggiore produttività, derivante dal costo ridotto del lavoro iii) maggiore competitività, a vantaggio di imprese e lavoratori. Si ritiene infatti che le imprese sarebbero incentivate a investire in tecnologie produttive sempre meno inquinanti, per evitare di subire una tassazione particolarmente gravosa; ne godrebbero sia i lavoratori che i ricercatori e i produttori di tecnologie all’avanguardia, oltre alla qualità dell’ambiente258.
Nel solco del triple dividend, la teoria originaria del doppio dividendo è stata ulteriormente sviluppata in uno studio confluito nell’Economists’ Statement on Carbon Dividends259,
pubblicato sul Wall Street Journal il 17 gennaio 2019. Nel punto I dello Statement, si sostiene che il tributo ambientale, più che concretizzare un nuovo prelievo, mirerebbe sostanzialmente a correggere un fallimento del mercato: il maggior onere fiscale si rifletterebbe sul costo del bene, fornendo un segnale di prezzo per indirizzare il
proposto di realizzare la progressività attraverso l’integrazione tra imposizione diretta ed imposizione ambientale di tipo indiretto, prevedendo l’introduzione di franchigie e deduzioni dall’imposta personale sul reddito in grado di compensare con una più accentuata progressività di tale tributo il carattere regressivo del prelievo ambientale indiretto».)
256 Si veda sul punto R. Alfano, Tributi ambientali, op. cit., pag. 44, e G. De Maio, op. cit., pag. 289. 257 O, quantomeno, compenserebbe il maggior onere fiscale legato al consumo di beni gravati dalle green
taxes.
258 Così F. Osculati, La tassazione ambientale, CEDAM, 1979, pag. 11 e pagg. 90 e ss.
259www.econstatement.org. Sul punto, si richiamano le osservazioni di A. Majocchi, Carbon pricing. La
nuova fiscalità europea e i cambiamenti climatici, Il Mulino, 2020, pagg. 118 e ss.; Id., Per un “dividendo ambientale” di cittadinanza, in Centro Studi sul Federalismo, Commenti, n. 140, 5 febbraio 2019.
comportamento di produttori e consumatori verso condotte più ecologiche. Posti gli evidentissimi influssi della teoria di Pigou260, ai fini della presente analisi occorre
focalizzarsi sul contenuto del punto v): il gettito del tributo ambientale dovrebbe confluire nella ricchezza complessiva del Paese, garantendo a tutti i cittadini la percezione di una somma, in misura fissa ed eguale per tutti, a prescindere dal livello di redito e senza condizioni. Tale somma, che prende il nome di carbon dividend, compenserebbe i cittadini del danno cagionato dagli utilizzatori di combustibili fossili, causa principale dei cambiamenti climatici e del deterioramento di risorse naturali che, in quanto tali, appartengono a tutti261.
La teoria del double dividend è stata oggetto di varie contestazioni, basate sostanzialmente sul menzionato carattere regressivo delle tasse ambientali (la maggiore imposizione conseguente all’introduzione di imposte ambientali finirebbe per aumentare il prezzo di acquisto dei beni; ne deriverebbe una contrazione dei consumi, che ostacolerebbe la riduzione della tassazione sul lavoro e sostanzialmente impedirebbe di conseguire l’obiettivo di incrementare l’occupazione262, oltre a incidere negativamente sulla
competitività delle imprese a livello internazionale). In risposta a tali osservazioni sono stati condotti studi empirici su alcuni Paesi OCSE che hanno adottato imposte ambientali: è emerso che, effettivamente, «shifting the tax burden away from labour to pollution» si è riverberato positivamente sull’occupazione, mentre migliori risultati sono stati ottenuti nei Paesi in cui il gettito prodotto dai tributi ambientali è stato utilizzato per ridurre i contributi previdenziali263. Peraltro, traslare l’onere fiscale dal lavoro a condotte e prodotti inquinanti
260 Cfr. Cap. 1, par. 3.
261 Così, A, Majocchi, op. cit., pag. 120.
262 A.L. Bovemberg, R.A. De Mooj, Environmental Policy, Public Finance and the Labor market in a Second-
best World, in International Tax and Public Finance, 1995, pagg. 7-39; L.H. Goulder, op. cit.
263 Cfr. Greening tax mixes in OECD countries: a preliminary assessment, COM/ENV/EPOC/DAFFE/CFA
(99)112/FINAL, 2000, pagg. 20-28; S. Barrios – J. Pycroft – B. Saveyn, The marginal cost of public funds in the EU: the case of labour versus green taxes, in Taxation Paper – Working paper, 2013, 35; P. A. Moreno Valero, Fattori economici scatenanti, fiscalità e politiche del cambiamento climatico, in Rivista di Diritto Tributario Internazionale, 2010, pagg. 289 e ss. Nell’ambito della dottrina nazionale, l’efficacia di tale strumento è sostenuta, tra gli altri, da R. Perrone Capano, L’imposizione e l’ambiente, op. cit., pag. 486; G.
implica ridurre la tassazione sul reddito: gli economisti hanno dimostrato che i Paesi con elevata imposizione sul reddito presentano una crescita del PIL più bassa rispetto agli Stati che applicano il prelievo fiscale prevalentemente su proprietà, consumo e deterioramento delle risorse naturali264, mentre un recente studio dell’Università di Århus ha evidenziato
che spostare le tasse dal lavoro all’ambiente potrebbe portare alla generazione di entrate extra per complessivi 89 miliardi di euro nel 2018, suscettibili di salire fino a 183 nel 2030265. Tali studi hanno dimostrato di avere riscontri positivi nell’esperienza concreta: ci
si riferisce alla Svezia, che nel 1991 introdusse un’imposta sulle emissioni di carbonio (carbon tax) e una sull’anidride solforosa (sulphur tax), per un gettito complessivo pari a 2,4 miliardi di dollari (ossia l’1,9% del gettito totale annuale); oltre alla comprovata diminuzione dell’utilizzo di agenti inquinanti, tali somme furono utilizzate per ridurre l’imposizione fiscale sui redditi266. Un esempio altrettanto virtuoso è rinvenibile
nell’ordinamento tedesco, dove i tributi ambientali gravanti sulle imprese hanno generato entrate per un valore di 57,5 miliardi di euro (oltre il 9% del gettito complessivo), e sono imposti al duplice scopo di ridurre l’inquinamento e indirizzare le imprese verso condotte e beni green267; in questo caso, l’effetto positivo sul lavoro costituisce una conseguenza
indiretta della tassazione, nel senso che gli investimenti in tecnologie ecocompatibili stimolano la creazione di nuovi posti di lavoro.
De Maio, op. cit.; A. Majocchi, Carbon pricing. La nuova fiscalità europea e i cambiamenti climatici, op. cit.; V. Ficari, Nuovi elementi di capacità contributiva ed ambiente: l'alba di un nuovo giorno ... fiscalmente più verde?, in Rivista Trimestrale di Diritto Tributario, n. 4/2016, pag. 1; M. Villani, Fiscalità ambientale e bilancio in pareggio: l’ipotesi del doppio dividendo, op. cit.
264 Così A. Johannson – C. Heady – B. Brys – L. Vartia, Taxation and economic Growth, in OECD Economic
Department Working Papers, 2008, 620; D. Prammer, Quality of taxation and crisis: tax shifts froma growth perspective, in Taxation Paper – Working paper, 2011, 29.
265 Eunomia Research and Consulting, IEEP, Università di Århus, ENT (2016).
266 Sul punto si richiama l’analisi di B. Westberg, Rapporto nazionale – Svezia, in A. Di Pietro (a cura di),
La fiscalità ambientale in Europa e per l’Europa, Cacucci, 2016, pagg. 415 e ss. Un esempio nostrano di traslazione dell’onere tributario connesso a scopi di tutela ambientale è riscontrabile nelle leggi finanziarie regionali della Regione Toscana, che a partire dal 2004 garantiscono una riduzione dell’aliquota IRAP alle imprese munite di certificazione ambientale ISO 14001 (sul punto C. Buratti, La tassazione ambientale a livello locale, in L’imposizione ambientale nel quadro del nuovo federalismo fiscale, op. cit., pag. 130).
Le istituzioni comunitarie hanno recepito le indicazioni dei citati studi economici: nel 1993 il Libro bianco su crescita, competitività e occupazione tracciò un collegamento tra tassazione ambientale e produzione, asserendo che se la pressione fiscale sul lavoro fosse stata alleggerita proporzionalmente al maggior prelievo sull’ambiente si sarebbe innescato un circolo virtuoso di cui sia ambiente che produzione avrebbero egualmente beneficiato268.
Più specificamente, la strategia europea finalizzata a contenere le emissioni di CO2 si
basava sull’introduzione di una carbon/energy tax – previa approvazione di una direttiva - pari a 10 dollari per barile di petrolio: il relativo gettito sarebbe stato utilizzato per ridurre i contributi sociali a carico di imprese e lavoratori, ottenendo così un effetto di “doppio dividendo”269.
L’indirizzo è stato successivamente ribadito da numerosi atti di soft law270, tra i quali vanno
ricordate le conclusioni del Consiglio europeo di Madrid del dicembre 1995, che affermava
268 «Al fine di ottenere un ‘doppio dividendo’, che consiste nel compensare le riduzioni dell’imposizione sul
lavoro, con l’aumento delle tasse sull’uso delle risorse naturali sono stati decisi dei provvedimenti nazionali. Ad esempio, nel Regno Unito, sono state recentemente introdotte l’IVA (Imposta sul Valore Aggiunto) sull’energia, una nuova tassa sui rifiuti accompagnata da una riduzione dei contributi dei datori di lavoro per la sicurezza sociale. In Danimarca si prevede di elevare le tasse ecologiche all’1,6% del PIL. Il Lussemburgo ha introdotto tasse sul consumo di energia. La Spagna ha introdotto una tassa sugli scarichi di affluenti. Infine, nei Paesi Bassi si sta studiando un’imposta sul consumo di energia, per finanziare le riduzioni del carico fiscale»; così J. Delors, Libro bianco su crescita, competitività e occupazione, Pubblicazioni Ufficiali Comunità Europee, 1994.
269 Il progetto in questione non fu mai approvato. Attualmente, l’Europa gestisce il 43% delle emissioni
mediante l’applicazione dell’Emission Trading System, ma restano fuori le emissioni prodotte dal trasporto, l’edilizia, l’agricoltura e dalle piccole e medie imprese (cfr. sul punto A. Majocchi, Carbon pricing. La nuova fiscalità europea e i cambiamenti climatici, op. cit., pag. 97 e ss.).
270 Si veda sul punto la menzionata Comunicazione della Commissione Tasse e imposte ambientali nel
mercato unico, 1997, in G.U.C.E., 23/7/1997, 97/C, 24/04. Nei pareri successivamente resi sull’argomento, le commissioni relatrici si sono espresse con favore sull’introduzione di tasse ambientali proprio alla luce degli effetti del doppio dividendo: cfr. Parere della commissione per i problemi economici e monetari e la politica industriale, destinato alla commissione per la protezione dell’ambiente, la sanità pubblica e la tutela dei consumatori (Rel. On. W. Kuckelkorn), 31 ottobre 1997: «un elemento necessario per la riforma del sistema fiscale ai fini della lotta alla disoccupazione sarebbe quello di riorientare la fiscalità tra i fattore di produzione ‘lavoro’ e ‘ambiente’. La fiscalità ambientale potrebbe in tal modo contribuire alla creazione di nuovi posti di lavoro»; Parere della commissione per la ricerca, lo sviluppo tecnologico e l’energia, destinato alla commissione per la protezione dell’ambiente, la sanità pubblica e la tutela dei consumatori (Rel. On. U. Holm), 10 dicembre 1997: «la commissione… auspica che la Commissione si occupi del problema del vasto impatto economico delle tasse e delle imposte ambientali, incluso il loro effetto sulla creazione e la soppressione di posti di lavoro; si compiace degli sforzi compiuti dalla Commissione per favorire un più largo ricorso a strumenti fiscali nel quadro della politica ambientale». Si vedano anche La politica tributaria nell’Unione Europea-Relazione sullo sviluppo dei sistemi tributari, Comunicazione della Commissione al Consiglio, COM (96) del 22 ottobre 1996; Una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva, Comunicazione della Commissione, COM (2010) del 3 marzo 2010; Un processo decisionale più efficiente
«per sfruttare le possibilità di creazione di posti di lavoro offerte dalla tutela dell’ambiente, tali politiche [ambientali] dovrebbero, in misura maggiore di quanto lo sia attualmente, essere fondate su strumenti imperniati sul mercato, compresi gli strumenti fiscali», nonché le analoghe esortazioni formulate dal Consiglio europeo di Firenze del giugno 1996. L’elemento di maggior interesse della menzionata dichiarazione risiede, a parere di chi scrive, nell’istituzione che l’ha pronunciata: il Consiglio Europeo è composto dai capi di Stato o di governo degli Stati membri, ai quali si aggiungono il presidente del Consiglio europeo e il presidente della Commissione europea271; compito precipuo dell’organo è
definire le priorità e gli orientamenti politici generali dell’Unione, mediante l’adozione di «conclusioni» che individuano le questioni problematiche e le azioni da intraprendere. È significativo, dunque, che in un determinato momento storico sia le principali istituzioni comunitarie che i rappresentanti degli Stati membri fossero convinti delle potenzialità delle riforme fiscali verdi sul piano dell’occupazione e del lavoro; l’Europa intera pareva convergere sulla necessità di traslare il double dividend dal piano teorico a quello reale, ponendolo al centro dell’agenda politica europea.
Tra i più significativi atti di soft law in materia occorre citare, oltre alla citata Comunicazione sulle tasse e le imposte ambientali nel mercato unico del 1997, il noto Olsson report272, che da essa trae origine. Nella seduta del 23 aprile 1997, il Presidente del
Parlamento Europeo deferiva la menzionata Comunicazione alla Commissione per la protezione dell’ambiente, la sanità pubblica e la tutela dei consumatori per l’esame di
e democratico nella politica in materia di energia e di clima dell’UE, Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio Europeo e al Consiglio, COM(2019) del 9 aprile 2019.
271 Cfr. art. 16, TUE, e artt. da 237 a 243, TFUE.
272 Relazione sulla comunicazione della Commissione intitolata Tasse e imposte ambientali nel mercato unico
(COM(97)0009 - C4-0179/97). Commissione per la protezione dell'ambiente, la sanità pubblica e la tutela dei consumatori. Relatore: on. Karl Erik Olsson. 26 maggio 1998, DOC_IT\RR\354\354417 PE 223.454/def.
merito. L’anno successivo veniva approvato, all’unanimità, il progetto di risoluzione legislativa basato sulla detta Comunicazione273.
Il rapporto assolveva, in primo luogo, allo scopo di statuire in via definitiva un concetto a lungo dibattuto. Si affermava, infatti, che «la principale ragione economica del ricorso alle tasse nel quadro della politica ambientale consiste nell’inserire i costi dell’inquinamento ed altri costi di carattere ambientale chiamati ‘costi esterni’ nei prezzi dei beni e dei servizi prodotti dall’attività economica.Detti costi creati dall’inquinamento sono chiamati esterni poiché costituiscono effetti collaterali dell’attività economica e i loro costi non formano parte dei prezzi pagati dai produttori o consumatori direttamente interessati (…). Poiché i prezzi pagati dai produttori e dai consumatori di elettricità non comprendono questi costi esterni, essi emettono segnali di mercato errati. Quando questi costi esterni non sono inclusi nei prezzi creano vaste distorsioni nel mercato, incoraggiando attività dispendiose per la società, anche se i benefici privati sono cospicui. Una tassa ambientale corretta dovrebbe far rientrare questi costi esterni nei prezzi». Adottando uno schema di tributo che ricalca la teoria pigouviana, il rapporto sgombrava il campo da qualunque dubbio sul nesso tra imposta ambientale e polluter pays principle, del quale la prima è diretta attuazione274.
Ma il cuore dell’Olsson report è costituito, senza dubbio, dalle osservazioni relative alla realizzabilità del doppio dividendo come conseguenza dell’applicazione di una tassazione ambientale il più possibile uniforme sul territorio europeo. Si prendeva atto, infatti, della
273 Nelle riunioni del 3 febbraio, 22 aprile e 20 maggio 1998laCommissione per la protezione dell’ambiente,
la sanità pubblica e la tutela dei consumatori per l’esame di merito ha esaminato la comunicazione della Commissione nonché il progetto di relazione. In quest’ultima riunione ha approvato il progetto di risoluzione legislativa all’unanimità.
274 «Uno dei vantaggi fondamentali delle tasse ambientali è che esse possono correggere falsi segnali di prezzo
nel mercato incorporando i costi dell'inquinamento ed altri costi ambientali nei prezzi - un processo che