• Non ci sono risultati.

La riforma fiscale verde in Italia Lo stato dell’arte

3. Pregi e difetti dello strumento impositivo

3.2 La riforma fiscale verde in Italia Lo stato dell’arte

L’orientamento esposto nell’Olsson report non è stato recepito dalle istituzioni comunitarie in misura soddisfacente. Nel 2010, ben tredici anni dopo l’adozione della prima Comunicazione in materia, l’auspicata evoluzione della normativa europea era ben lontana dal realizzarsi: in quell’anno, infatti, nel delineare una strategia per una crescita sostenibile, la Commissione si ritrovava – ancora – a dover sottolineare la necessità di «evitare di aumentare la pressione fiscale sul lavoro (…) Gli Stati membri dovrebbero piuttosto cercare di spostare il carico dalle tasse sul lavoro alle tasse energetiche e ambientali, nell'ambito di un sistema fiscale più ‘verde’»279. Gli atti successivi sembrano porsi reciprocamente in

contrasto, segnalando una potenziale frattura tra Consiglio Europeo e Commissione: in una proposta rivolta al Parlamento Europeo e al Consiglio, la Commissione parlava genericamente della creazione di «posti di lavoro verdi» e della necessità di «fare maggiore ricorso a strumenti di mercato che includano misure fiscali»280, mentre in una

Comunicazione in materia di economia circolare la Commissione respingeva indirettamente il proprio coinvolgimento nell’attuazione di una riforma fiscale attuativa del doppio dividendo, rimettendo la questione alla discrezionalità degli Stati membri281. Tra i

due atti appena menzionati si collocava una Raccomandazione del Consiglio Europeo, che si rivolgeva all’Italia affinché provvedesse «a trasferire il carico fiscale da lavoro e capitale a consumi, beni immobili e ambiente assicurando la neutralità di bilancio»282. La tendenza

279 Comunicazione della Commissione EUROPA 2020 Una strategia per una crescita intelligente, sostenibile

e inclusiva, Bruxelles, 3.3.2010 COM(2010) 2020 definitivo, pag. 29. A parere della Commissione, tale obiettivo andrebbe perseguito «potenziando il quadro per l’uso degli strumenti basati sul mercato (scambio di quote di emissione, revisione della fiscalità energetica)», e «aiutando le imprese a cogliere le opportunità offerte dalla globalizzazione e dall'economia verde», pagg. 16-17.

280 Proposta di Decisione del Parlamento Europeo e del Consiglio su un programma generale di azione

dell'Unione in materia di ambiente fino al 2020 Vivere bene entro i limiti del nostro pianeta {SWD(2012) 397 final} {SWD(2012) 398 final} Bruxelles, 29 novembre 2012, COM(2012) 710 final 2012/0337 (COD).

281 Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale

Europeo e al Comitato delle Regioni, Verso un’economia circolare: programma per un’Europa a zero rifiuti {SWD(2014) 206 final} {SWD(2014) 211 final}, Bruxelles, 2 luglio 2014, COM(2014) 398 final, pag. 5.

282 Così, Raccomandazione del Consiglio Europeo sul Programma Nazionale di Riforma del 2013 dell’Italia,

pare invertirsi poco prima della diffusione della pandemia: in una Comunicazione adottata in materia di energia e clima, la Commissione sottolineava la necessità di garantire l’accettazione delle riforme fiscali da parte dei cittadini europei mediante politiche sociali e sistemi di protezione sociale, finanziati dallo spostamento dell’onere fiscale e dal reimpiego dei proventi, nonché «consentendo una riduzione della tassazione del lavoro a seguito dell’aumento delle entrate derivanti dalle imposte ambientali»283.

In definitiva, prima del 2020 la posizione delle istituzioni comunitarie sul doppio dividendo appariva ondivaga e contraddittoria. Nel breve periodo, gli entusiasmi iniziali erano sfumati, in parte a causa dell’impossibilità di garantire immediate ricadute positive sull’occupazione, in parte per i rischi “elettorali” derivanti dall’introduzione di nuovi tributi in un’Unione di Stati in cui la pressione fiscale media è pari al 34,3%, con picchi di oltre il 43%. La situazione era senz’altro aggravata dalla mancanza di competenza diretta in ambito fiscale, da un lato, e dall’assoggettamento di qualunque decisione in materia a una procedura dominata dall’unanimità, dall’altro: tali circostanze non consentono di garantire una tassazione ambientale omogenea sul territorio europeo284, aprendo la strada a

comportamenti di concorrenza fiscale aggressiva tra Stati membri. Deve rilevarsi che l’approccio alla problematica in oggetto ha subìto un radicale cambiamento con il sopraggiungere della pandemia: la tutela ambientale ha acquisito enorme rilevanza, al punto che in ciascuna iniziativa intrapresa negli ultimi mesi le istituzioni comunitarie si sono dimostrate coese sulla centralità dell’emergenza climatica e sulla necessità di una Green transition europea285.

283 Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio Europeo e al Consiglio, Un

processo decisionale più efficiente e democratico nella politica in materia di energia e di clima dell'UE, Bruxelles, 9 aprile 2019 COM(2019) 177 final, pag. 8.

284 La proposta di introduzione di un’imposta sull’energia (Commissione Europea, Growth, competitiveness,

employment. The challenges and ways forward into the 21st century, White Paper, COM(93)700, 5 dicembre 1993) si è concretizzata in una mera armonizzazione delle aliquote delle imposte sull’energia vigenti negli ordinamenti fiscali degli Stati membri.

Deve comunque segnalarsi che, in taluni Paesi membri, il concetto del double dividend non è passato inosservato. Nel 1994, in Italia, l’allora Ministro delle finanze pubblicava un progetto di riforma fiscale basato, tra gli altri pilastri, proprio sullo spostamento dell’onere impositivo dall’occupazione alla tassazione ambientale286. Più specificamente, si delineava

una riforma fiscale ispirata alla semplificazione (dal centro alla periferia, dalle persone alle cose, dal complesso al semplice) e incentrata sul raggruppamento delle imposte ambientali esistenti all’epoca in un unico tributo (“Tge”, tributo generale sull’energia), la cui applicazione, oltre a generare un sicuro green dividend consistente nella riduzione delle emissioni di gas nell’atmosfera, avrebbe senz’altro consentito un alleggerimento dell’Irpef. A tale scopo, il Ministro individuava due percorsi alternativi: l’incremento delle aliquote del Tge rispetto alle imposte preesistenti, ovvero la fissazione di una tassa sui soli settori civile e dei trasporti, la cui maggiore capacità inquinante rispetto all’industria è dimostrata; la percorribilità di tali strade era corroborata dal fatto che le maggiori aliquote energetiche «non hanno un rilevante effetto inflazionistico implicando un leggero aumento dei prezzi al consumo (0,7 % il primo anno, riassorbito negli anni successivi)» mentre nell’ipotesi di non tassare l’industria l’aumento delle aliquote avrebbe mantenuto i prezzi all’ingrosso sostanzialmente invariati287. Secondo le stime del Ministro, tali misure - mai entrate in

vigore - avrebbero condotto a un maggior gettito di 10.000 miliardi di lire.

Le prospettazioni di Giulio Tremonti venivano rivisitate, ed ampliate, da Vincenzo Visco durante il periodo trascorso alla guida del Ministero dell’Economia e delle Finanze. Nel 2011, l’Italia presentava all’Europa il proprio Piano nazionale delle riforme, all’interno del quale garantiva «la più equa distribuzione del carico tributario, finalizzata a trasferire una pare della tassazione diretta a quella indiretta»288, e «l’introduzione di imposte con minori

286 G. Tremonti, Libro bianco sulla riforma fiscale, 1994, pagg. 105 e ss. 287 G. Tremonti, op. cit., pag. 107.

288 Il fenomeno traslativo in questione è espressamente auspicato dall’Unione Europea. Cfr. sul punto A.

Casarico – P. Profeta, Labour tax reforms: Italy in the European perspective, in Riv. Dir. Fin. Sc. Fin., n. 4/2011, pagg. 540 e ss.

effetti distorsivi sulla crescita, in particolare le imposte ambientali»; in sostanza, nel decennio appena concluso il nostro Paese si impegnava esplicitamente ad applicare nuove forme di imposizione fiscale ambientalmente orientate, utilizzando il gettito ricavato per ridurre la tassazione sui redditi da lavoro dipendente, e rimediando alle distorsioni dell’IRPEF attraverso una sostituzione dell’imposizione diretta con quella indiretta289.

Purtroppo, l’Italia non ha compiuto passi avanti lungo il cammino intrapreso da Giulio Tremonti, relegando la green tax reform in un futuro ipotetico. Una prima possibilità sembrava essersi profilata nel 2003, con la presentazione del disegno di legge intitolato Delega al Governo in materia di fiscalità etica e di promozione dello sviluppo sostenibile290. La proposta, contenente un progetto di riforma volto ad implementare e

valorizzare il regime fiscale di favore applicabile a imprese e attività ecosostenibili, poggia su due colonne portanti: la revisione della disciplina di diversi tributi (Ires, Iva, tasse automobilistiche e di circolazione, imposte di fabbricazione, l’ex Ici e altri) e l’introduzione di agevolazioni fiscali per le condotte ecologiche (sistemi di certificazione ambientale EMAS ed ECOLABEL, attività nel settore delle fonti rinnovabili, attrazione degli investimenti privati in campo ambientale), nell’ottica di «una più compiuta strutturazione» della fiscalità verde. Purtroppo, questo interessante progetto risulta tuttora sottoposto all’esame della commissione.

Un secondo tentativo di ingresso delle green taxes nel nostro ordinamento ha avuto luogo con l’entrata in vigore della legge 11 marzo 2014, n. 23291: con l’art. 15, il Parlamento

289 Così, V. Visco, Prospettive di riforma fiscale in Italia, in Riv. Dir. Fin. Sc. Fin., n. 2/2012, pagg. 178 e ss. 290 Presentato il 2 luglio 2003 dall’On. Vittorio Emanuele Falsitta, Atto Camera 4130, XIV legislatura. 291 Significativamente rubricata Delega al Governo recante disposizioni per un sistema fiscale più equo,

trasparente e orientato alla crescita. Sulla scorta di tale delega, l’anno successivo i Radicali Italiani presentavano un disegno di legge in materia energetica e ambientale, rubricato Revisione fiscale a salvaguardia della tutela dell’ambiente, dell’equità e della defiscalizzazione dei redditi: l’aspetto di maggior interesse consisteva in un progetto di revisione della tassazione sulle componenti ambientali, impostato sul modello del double dividend («Tra gli effetti positivi di una scelta di modifica della fiscalità in una direzione ecologica come quella proposta vi è l’orientamento dei mercati verso modi di produzione e consumi più sostenibili come previsto nella delega fiscale , lo strutturale disincentivo all’uso delle fonti fossili, la maggiore trasparenza e migliore concorrenza grazie all’eliminazione di sussidi nascosti e rendite dovute ad assegnazioni senza gare, ma anche l’incremento della competitività attraverso la riduzione delle imposte sui

delegava il Governo a introdurre «nuove forme di fiscalità (…) finalizzate a orientare il mercato verso modi di consumo e produzione sostenibili (…) prevedendo, nel perseguimento della finalità del doppio dividendo, che il maggior gettito sia destinato prioritariamente alla riduzione della tassazione sui redditi, in particolare sul lavoro generato dalla green economy»; la norma sottolineava, altresì, la necessità di «rivedere la disciplina delle accise sui prodotti energetici e sull’energia elettrica, anche in funzione del contenuto di carbonio e delle emissioni di ossido di azoto e di zolfo». L’attuazione della delega mirava a tradurre in realtà il sistema teorizzato dagli economisti del secolo scorso, trasferendo il maggior onere fiscale dai redditi da lavoro alle condotte ecologicamente dannose, al fine di incentivare le tecnologie e i prodotti a basso contenuto di carbonio e finanziare modelli di produzione e consumo sostenibili. Sarebbe anche stata modificata la disciplina delle accise in senso conforme alle indicazioni della Commissione: un’imposizione modulata «in funzione del contenuto di carbonio» e delle emissioni dannose, ossia sulla capacità di deteriorare l’ambiente, anziché sul consumo o sul valore della sostanza utilizzata, ricalca lo schema del tributo in senso stretto delineato dalla più volte menzionata Comunicazione del 1997. Peraltro, la revisione delle accise avrebbe presumibilmente condotto alla progressiva eliminazione dei sussidi ambientalmente dannosi292. Non era meno rilevante la

previsione contenuta nell’art. 4 della legge delega in oggetto, mirata a prevenire l’erosione fiscale in generale e le spese fiscali in particolare293. Come è accaduto nel 2003, anche

redditi delle aziende»). L’art. 6, comma 2, lett. a), del disegno di legge, stabiliva infatti che «La revisione di cui al comma 1 dovrà prevedere: a) Una riduzione delle aliquote di imposizione sui redditi di persone fisiche e giuridiche finanziata attraverso una pari riduzione dell’erosione fiscale sulle imposte ai consumi e in particolare l’abolizione di tutte le esenzioni alle accise sui prodotti energetici. b) La rimodulazione delle accise sui prodotti energetici, a parità di aliquota media, con una componente proporzionale al contenuto energetico e una componente proporzionale alle emissioni climalteranti». Il ddl non è stato approvato.

292 L’argomento dei sussidi ambientali dannosi sarà oggetto di trattazione nel cap. 3.

293 L’anno successivo a quello di emanazione della legge delega, il Governo costituiva la Commissione Marè,

con lo scopo di revisionare il rapporto sulle spese fiscali allegato alla manovra di bilancio. Cfr. D. Lgs. n. 160 del 2015, Stima e monitoraggio dell’evasione fiscale e monitoraggio e riordino delle disposizioni in materia di erosione fiscale, in attuazione degli art. 3 e 4 della legge 11 marzo 2014, n. 23, pubblicata in GU n.233 del 07-10-2015 - Suppl. Ordinario n. 55. Vigente al: 22-10-2015.

questa delega non ha mai ricevuto attuazione; per l’Italia si tratta dell’ennesima occasione perduta294.

Il double dividend è tornato alla ribalta in tempi recenti grazie all’attenzione dell’attuale Presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron. Nel discorso tenuto dinanzi a studenti e docenti della Sorbonne295, il presidente Macron ha presentato la propria proposta

di introduzione di una carbon tax uniforme su tutto il territorio europeo: la sua applicazione dovrebbe concretizzarsi nell’assegnazione di un prezzo per ogni tonnellata di CO2 non

inferiore a 25/30 euro296, che genererebbe un gettito stimabile tra i 45 e i 55 miliardi di

euro; se il prezzo fosse innalzato a 50 euro per tCO2 , il gettito finale complessivo

equivarrebbe a 91,75 miliardi di euro. Tale cifra sarebbe parzialmente destinata all’abbassamento delle imposte sul lavoro, favorendo l’occupazione e riducendo, così, la povertà, mentre l’effetto disincentivante per le imprese deriverebbe sia dal maggior onere fiscale sopportato che dall’ostilità dei consumatori verso produzioni non ecologiche297.

294 La rinuncia del Governo è stata motivata dal fatto che la Legge di delega al Governo, così come voluta

dal Parlamento, subordinava la riforma nazionale all'approvazione della proposta della Commissione Europea di riforma della Direttiva sulla fiscalità dei prodotti energetici (2003/96/EC), un passaggio che non è avvenuto a causa delle forti divergenze a livello europeo. Con il rinnovo delle istituzioni comunitarie, il nuovo Presidente della Commissione Europea Junker ha rinunciato a portare avanti il progetto di riforma europeo, basato sull’armonizzazione dei livelli minimi di accisa in base sia al contenuto energetico che al contenuto di carbonio dei prodotti energetici.

295 Initiative pour l’Europe. Discours d’Emmanuel Macron pour une Europe souveraine, unie, démocratique,

Paris, 26 settembre 2017. Si richiamano sul punto le osservazioni di A. Majocchi, op. cit., pagg. 98 e ss.; Id., Macron e il finanziamento del bilancio europeo, in Centro Studi sul Federalismo, Commenti, n. 116, 3 ottobre 2017.

296 Si tratta di una stima superiore all’attuale prezzo medio annuo, pari a 23,64 euro per EUA (European

Emission Allowance). Secondo Majocchi, ult. op. cit., pag. 2, è il prezzo minimo per promuovere la trasformazione dell’economia europea, per sostenere i settori in difficoltà a fronte della transizione ecologica e per accompagnare i territori che soffriranno della trasformazione delle strutture produttive.

297 Nel settore alimentare le vendite dei prodotti ecologici registrano un aumento pressoché ininterrotto da

dieci anni. Secondo un’indagine di Coldiretti/Ixè relativa al primo quadrimestre del 2018, le vendite di prodotti alimentari biologici in Italia sono aumentate del 10,5%; la crescita della domanda ha spinto l’aumento delle produzioni nazionali su 1,8 milioni di ettari tra bio e conversione. La coltura che ha registrato maggiormente incremento è quella degli ortaggi (+48,9%), seguita dai cereali (+32,6%), la vite (+ 23,8%) e l’olivo (+ 23,7%). I consumatori hanno modificato le loro abitudini, preferendo prodotti compatibili con la salvaguardia delle risorse naturali, sebbene allo stato attuale i prodotti ecologici siano mediamente più costosi rispetto a beni analoghi “inquinanti”. Ne discende che, se i consumatori privilegiano beni e servizi ecosostenibili rispetto ad altri inquinanti, analoghi ma meno costosi, l’innalzamento del costo di questi ultimi derivante da un’imposizione ambientalmente orientata accentuerebbe il consumo di beni ecologici, indirizzando in quella direzione anche i consumatori meno sensibili alla tematica. Cfr. Cap. 1, par. 2.

Il tempismo del presidente francese non potrebbe essere più riuscito. Nell’attuale contingenza storica l’Italia convive con tre pressanti esigenze, collocate a livello locale, europeo e globale: l’urgenza di avviare radicali riforme strutturali del lavoro e della fiscalità, la menzionata necessità di reperire risorse con le quali restituire i prestiti concessi dall’Unione Europea con il Recovery Fund, e l’emergenza del cambiamento climatico. Queste tematiche e le rispettive interazioni saranno analizzate nell’ultimo capitolo; per ora, è sufficiente osservare che la realizzazione di una riforma fiscale green oriented può rappresentare la risposta a tutte e tre le problematiche in oggetto. Il buon esito del progetto dipende dalle concrete modalità di attuazione: il nuovo sistema fiscale dovrebbe ispirarsi realmente alla correzione delle esternalità, alla conservazione delle risorse naturali298 e alla

redistribuzione del gettito coerente con la logica del double dividend. In altre parole, è necessario abbandonare la tradizionale prospettiva del tributo come mero mezzo disincentivante delle condotte inquinanti, e inquadrarlo come strumento di attuazione di un sistema fiscale equo, verde ed etico: orientando l’imposizione verso prodotti deterioranti secondo lo schema del tributo in senso stretto, e assicurando regimi fiscali di favore alle tecnologie environment friendly, si può raggiungere l’obiettivo perseguito299. Tuttavia, nel

298 Così L. Castellucci, op. cit., pag. 121 e ss.

299 Questa prospettiva è stata ribadita, da ultimo dalla Commissione Europea, all’interno della Comunicazione

dedicata al Green deal europeo («Riforme fiscali ben concepite possono stimolare la crescita economica, migliorare la resilienza agli shock climatici, contribuire a una società più equa e sostenere una transizione giusta, inviando i giusti segnali di prezzo e incentivando produttori, utenti e consumatori ad assumere comportamenti sostenibili. A livello nazionale il Green Deal europeo creerà un contesto adatto a riforme fiscali su larga scala che aboliscano le sovvenzioni ai combustibili fossili, allentino la pressione fiscale sul lavoro per trasferirla sull'inquinamento e tengano conto degli aspetti sociali. Occorre garantire la rapida adozione della proposta della Commissione sulle aliquote dell'imposta sul valore aggiunto (IVA), attualmente all'esame del Consiglio, che consentirà agli Stati membri di fare un uso più mirato delle aliquote IVA per riflettere la maggiore ambizione dei traguardi ambientali, ad esempio sostenendo i prodotti ortofrutticoli biologici»; cfr. Bruxelles, 11.12.2019 COM(2019) 640 final Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni Il Green Deal europeo). Cfr. anche il documento emanato dalla Commissione Horizon 2020, in cui si sottolinea che l’attuazione della green economy richiede di traslare l’onere fiscale dai redditi da lavoro al consumo delle risorse naturali (Commission staff Working Paper Impact Assessment - Accompanying the Communication from the Commission Horizon 2020 - The Framework Programme for Research and Innovation COM(2011) 808 final}{SEC(2011) 1428 final: «For greening the economy, for instance, recycling will need to be stepped up, business incentives will need to be changed (by, for instance, shifting taxation from labour to resource use)»).

momento in cui si scrive non sembra che il gettito di nuove imposte ambientali possa essere destinato alla compensazione delle perdite derivanti da una riduzione del costo del lavoro: appare più probabile che le nuove entrate saranno orientate verso la restituzione dei debiti contratti con l’Unione Europea nell’ambito del Recovery Fund e verso il finanziamento delle misure individuate nel Piano nazionale di ripresa e resilienza300.