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La figura del mediatore linguistico-culturale: sviluppo deontologico e

3.4 Pratiche educative

3.4.2 La figura del mediatore linguistico-culturale: sviluppo deontologico e

Le pratiche e le attività dedicate agli alunni di nazionalità straniera sono spesso coordinate dagli insegnanti delle istituzioni scolastiche; tuttavia, per la pianificazione di tali attività le scuole si affidano e collaborano sempre più spesso con figure esterne all’organico: i mediatori linguistici-culturali.

La figura del mediatore linguistico-culturale e l’importanza dei suoi interventi è, ad oggi, contemplata in tutti i contesti che hanno normative riguardanti la gestione dei fenomeni migratori, ma i mediatori non dispongono ancora di una normativa specifica che ne definisca il profilo deontologico all’interno di un albo professionale appositamente istituito presso il Ministero dell’Interno. Di conseguenza, anche le modalità di conseguimento della qualifica abilitante per esercitare la professione seguono percorsi non uniformati sull’intero territorio.

Data la situazione in cui versa, anche la definizione stessa di mediazione culturale non è univoca101. Qui, decideremo di adottare la definizione di Franca Balsamo (2006), secondo la quale:

Il senso più forte e proprio della mediazione culturale è stato […] quello

dell’interpretariato culturale dei bisogni. Poiché i bisogni (e anche le risorse e i modi

del loro soddisfacimento) – si diceva – sono costruiti socialmente e culturalmente

100 La letteratura in tema di mediazione linguistico culturale è molto ampia. Per la stesura di questo

paragrafo sono state selezionati i testi che rappresentano le tappe principali del suo sviluppo. Per approfondimenti, si consultino le pubblicazioni dell’Osservatorio Regionale per l’Immigrazione e la Multietnicità (Orim) alla pagina: <http://www.eupolis.regione.lombardia.it/>, ultima consultazione 2 giugno 2017. Contributi importanti sono Belpiede (2002), Fabrizi, L., Ranieri, C. e Serra, F. (2009), Luatti (2009) e Pierandrei (2009).

101 Anche la definizione stessa di mediatore linguistico culturale non è definita: mediatore culturale,

mediatore interculturale, mediatore transculturale, mediatore linguistico culturale, mediatore sociale, mediatore socio-culturale, interprete sociale, orientatore socio-sanitario, tecnico aggiunto all’informazione sociale…sono solo alcuni dei tanti nomi con cui spesso è stata definita la figura “professionale” che “rende possibile la comunicazione tra mondi e soggetti culturali differenti, sia per prevenire eventuali conflitti legati alle diverse matrici culturali sia per facilitare la loro interazione”. Come faceva osservare la dott.ssa Mara Clementi (Fondazione Ismu), in occasione di un corso di formazione abilitante per mediatori culturali, rispetto alle cose e ai fenomeni nuovi, la lingua si modella e crea neologismi per definirli. Se una terminologia così ampia dimostra da una parte l’incertezza del ruolo del mediatore e la necessità di creare un codice deontologico professionale meglio definito, dall’altra sottende una ricchezza di pensiero che accompagna lo sviluppo e l’autonomia della nuova figura professionale, i cui tanti nomi sono spesso un tentativo di definirne la dimensione specifica all’interno del campo in cui opera. (Appunti del corso “La mediazione linguistico-culturale”, curatrice dott.ssa Mara Clementi – Fondazione Ismu, Medole, 9 maggio 2015)

all’interno di diversi tradizioni e contesti socio-ambientali, il/la mediatore/mediatrice culturale reinterpreta sostanzialmente i bisogni, ne evidenzia e sostiene la legittimità (non riconosciuta in contesti culturali diversi) alla luce dei codici culturali e comportamentali entro cui si generano e mette in evidenzia anche attraverso la decodifica culturale delle risorse che gli immigrati esprimono, non sempre visibile agli operatori. Così facendo, mettendo in luce e riconoscendo il valore di risorse degli utenti (rese invisibili e inagibili dalla distorsione prodotta dalla frattura culturale propria della dislocazione nello spazio geografico) non si limita dunque a legittimare i bisogni ma contribuisce al manifestarsi delle potenzialità, favorendo il ribaltamento dell’immagine e della posizione dell’immigrato da bisognoso a quella di persona in possesso di risorse culturali sotto o inutilizzate. Il mediatore/la mediatrice, in questa interpretazione, rende agibili i diritti sostanzialmente, non solo formalmente. (p. 73)

In quest’ottica,

[…] il mediatore/la mediatrice rende agibili i diritti sostanzialmente, non solo formalmente. (ivi.)

Il discorso si arricchisce dalle considerazioni di natura politica del sociologo Adel Jabbar,

Il sociologo attribuisce alla mediazione culturale il ruolo di ‘accompagnamento’ al processo di cambiamento prodotto dalla migrazione’, di ‘promozione dei diritti sociali, dalla realizzazione di pari opportunità alla valorizzazione delle risorse soggettive’ (p.74)

I mediatori, secondo questa interpretazione, sono:

‘agenti di sviluppo che attraversano diversi contesti culturali creando processi e percorsi di cambiamento’, che ha luogo entro e fintanto che siamo in una situazione di ‘integrazione subalterna’ che caratterizza le attuali politiche migratorie e gli interventi istituzionali. (Ivi.)

L’interesse sulla figura del mediatore linguistico culturale e il dialogo intorno al suo riconoscimento risalgono agli anni novanta del secolo scorso.

Il termine “mediazione culturale” viene citato, per la prima volta in un contesto legislativo nel decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, recante disposizioni in materia di “Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero”102, nel rispetto dell’Art. 3 della Costituzione italiana che prevede la realizzazione delle pari opportunità nell’accesso ai servizi.103 (D.Lgs. 286/1998) Nel testo di legge sopra citato si afferma la possibilità di disporre in contesti scolastici di una figura qualificata per la comunicazione con le famiglie degli alunni stranieri (D.Lgs. 286/1998). Si tratta di una prima embrionale definizione delle funzione svolte, in cui non si forniscono ancora le linee applicative per la realizzazione di questa figura, che vengono invece demandate, genericamente, agli enti locali. (D.Lgs. 286/1998)

La prima indagine a livello nazionale sull’argomento è stata svolta nel 2004 dal Comitato Internazionale per lo Sviluppo dei Popoli (CISP) e l’Unione delle Università del Mediterraneo (Unimed) con il contributo del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali – Direzione generale per l’immigrazione.104 (CISP e Unimed, 2004)

102 Cfr. D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, in materia di “Testo unico delle disposizioni concernenti la

disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero”, capo II, art. 38, comma 7/b. “Con regolamento adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono dettate le disposizioni di attuazione del presente capo, con specifica indicazione: […] b) dei criteri per il riconoscimento dei titoli di studio e degli studi effettuati nei paesi di provenienza ai fini dell'inserimento scolastico, nonché dei criteri e delle modalità di comunicazione con le famiglie degli alunni stranieri, anche con l'ausilio di mediatori culturali qualificati.” e ancora D. Lgs. 286/1998, capo IV, art. 42: “Lo Stato, le regioni, le province e i comuni, nell'ambito delle proprie competenze, anche in collaborazione con le associazioni di stranieri e con le organizzazioni stabilmente operanti in loro favore, nonché in collaborazione con le autorità o con enti pubblici e privati dei Paesi di origine, favoriscono: […]

d) la realizzazione di convenzioni con associazioni regolarmente iscritte nel registro di cui al comma 2 per l'impiego all'interno delle proprie strutture di stranieri, titolari di carta di soggiorno o di permesso di soggiorno di durata non inferiore a due anni, in qualità di mediatori interculturali al fine di agevolare i rapporti tra le singole amministrazioni e gli stranieri appartenenti ai diversi gruppi etnici, nazionali,

linguistici e religiosi;

2. Per i fini indicati nel comma 1 è istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per gli affari sociali un registro delle associazioni selezionate secondo criteri e requisiti previsti nel regolamento di attuazione.

103 Cfr. La Costituzione della Repubblica Italiana, art. 3, testo digitalizzato consultabile alla pagina

http://www.quirinale.it/qrnw/statico/costituzione/costituzione.html: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. [..] è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.

104 In questi anni, l’Italia non è l’unico paese a indagare su tale concetto. Nel 2005 il Centre National de la

Dall’indagine emergeva che, già nel 2004, circa 2.500-3.000 persone in Italia esercitavano la “professione” di mediatore linguistico-culturale: tra questi, il 74% era di sesso femminile, aveva un’età media intorno ai 39 anni, lavorava per il 92% attraverso enti, cooperative o associazioni ed erano principalmente di nazionalità albanese, romena, marocchina e cinese. (Ibid.)

Tra le caratteristiche dei mediatori linguistici-culturali compariva un alto livello di scolarità e la permanenza media in Italia di almeno 8 anni. (Ibid.) La ricerca mostrava altresì la tendenza ad avere mediatori “tuttofare” nei centri medio-piccoli e mediatori specializzati in un settore specifico nelle grandi città. (Ibid.) I principali settori di impiego erano la scuola, il servizio sanitario e il servizio sociale. (Ibid.)

Successivamente, il dialogo a livello nazionale è stato sviluppato dal Consiglio Nazionale per l’Economia e il Lavoro (CNEL) e l’Organismo Nazionale di Coordinamento per le politiche di integrazione sociale agli stranieri (O.N.C) con la redazione di Mediazione e Mediatori interculturali: indicazioni operative. (2009)

Il documento rappresenta il risultato di un percorso partecipato e condiviso con le istituzioni e le associazioni che vantano le esperienze più significative di formazione e di impiego dei mediatori linguistico-culturali. (CNEL, 2009) L’obiettivo finale del progetto è quello di individuare le linee progettuali per la realizzazione di un percorso di mediazione univoco. (CNEL, 2009) Per questo motivo, il documento sollecita tutti i livelli di governo all’adozione di un comune indirizzo, che sappia recepire e sintetizzare le diverse indicazioni e i diversi orientamenti; promuove, altresì, un impiego organico dei mediatori linguistici culturali, soprattutto presso organi che erogano servizi alla persona. (CNEL, 2009) Infine, il testo indica sulla base delle esperienze maturate i fattori di successo che possono diventare criteri-guida per costruire l’attività di mediazione. (CNEL, 2009)

I risultati emersi dall’analisi dell’argomento intraprendono l’iter parlamentare solo alla fine degli anni duemila.

Il 2 febbraio 2009, il Coordinamento nazionale dei mediatori linguistico- culturali e il sindacato Sei-Ugl presentarono alla Camera dei Deputati la Proposta di legge n. 2138, recante disposizioni in materia di “Delega al Governo per l’istituzione dell’Albo dei mediatori interculturali”. (P.d.l 2138/2009) Nella redazione del testo si questo documento sono stilate le caratteristiche principali della mediazione e i requisiti fondamentali su cui si fonda la pratica operativa. (Favaro e Fumagalli, 2004)

ravvisava che “il riconoscimento della figura del mediatore culturale operata dal citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, non comporta, peraltro, ancora una definizione univoca di questa nuova figura professionale”. (P.d.l 2138/2009) Il documento prevedeva, inoltre, l’istituzione di un albo professionale e di un elenco di associazioni di mediazioni culturali accreditate presso il Ministero dell’Interno, nel tentativo di conformare le esperienze regionali maturate negli anni precedenti, nonché disciplinare il percorso formativo e i criteri di assunzione del mediatore interculturale. (P.d.l 2138/2009) La citata proposta di legge stabiliva altresì una laurea in discipline giuridiche, umanistiche, sociali, linguistiche o di un titolo equipollente e la conoscenza della lingua e cultura italiane e di una lingua e cultura di un paese rappresentato dalle minoranze stabilitesi regolarmente nel territorio nazionale come requisiti base per esercitare la professione di mediatore culturale. (P.d.l 2138/2009) La proposta stabiliva, in ultimo, l’istituzione di un Fondo speciale di dieci milioni di euro per l’amministrazione dell’Albo, demandando al Ministro dell’Economia eventuali variazioni di bilancio. (P.d.l 2138/2009)

La successiva Proposta di Legge n. 2185, recante disposizioni in materia di “Disciplina della professione di mediatore interculturale e delega al Governo in materia di ordinamento dei corsi di formazione per il suo esercizio”, presentata il 10 febbraio 2009, introduce nuove considerazioni e sviluppa i punti già esaminati dalla precedente Proposta di Legge n. 2138. (P.d.l 2185/2009)

Agli articoli 1 e 2, si traccia una definizione univoca di mediatore interculturale e la finalità ultima del suo ruolo, quale “operatore sociale che, in possesso di determinate competenze e attitudini, favorisce i contatti degli stranieri immigrati, extracomunitari, rom e sinti, di seguito denominati ‘stranieri’, con le istituzioni pubbliche e private, nonché interagisce come interprete delle esigenze e delle necessità degli stranieri, agevolando i rapporti interindividuali, favorendo la parità di accesso ai servizi pubblici e privati, fornendo assistenza nel collegamento con i settori dell’istruzione, della formazione culturale e professionale e con il mondo del lavoro”, svolgendo un’“attività indispensabile al processo di integrazione”. (P.d.l 2185/2009) La citata Proposta di Legge stila, inoltre, una lista completa di funzioni di competenza del mediatore culturale e l’ambito d’impiego di tali mansioni. (P.d.l 2185/2009)

Rispetto alla Proposta di legge n. 2185, la nuova Proposta di Legge n. 3525 del 3 giugno 2010, in materia di “disciplina della professione di mediatore interculturale”,

pone la figura del mediatore come colui che “più di altri si pone sul versante dell’integrazione e che in stretta collaborazione con altre figure del sociale […] può favorire processi virtuosi di coesione sociale, di integrazione e di tutela delle pari opportunità nel godimento dei diritti e nella possibilità di accesso ai servizi di cittadinanza”. (P.d.l 3525/2010, p. 2) Per la prima volta, si introduce, inoltre, il concetto di “riconoscimento della figura”, e cioè il “riconoscimento e la dignità del ruolo di mediatore in primo luogo nell’auto-percezione dei mediatori stessi, ma anche nella percezione degli operatori dei servizi e della loro stessa utenza immigrata” (P.d.l 3525/2010, p. 2) Indipendentemente dal ruolo che riveste il mediatore a seconda della natura dell’intervento e dell’ambiente in cui opera, è importante che tutta l’utenza coinvolta nel suo operato riconosca la figura, per evitare il rischio di fomentare ulteriore diffidenza verso le istituzione e smontare l’autoreferenzialità di ruolo.

A distanza di tre anni, il 19 marzo 2013, i senatori Di Biagio, Dalla Zuanna e Romano hanno presentato il Disegno di Legge n. 230, recante disposizioni in materia di “Delega al Governo per l’istituzione dell’Albo dei mediatori interculturali”, in cui, senza grosse differenze rispetto all’ultima Proposta di Legge, si calca la necessità di adottare “un percorso formativo codificato e organico”. (Disegno di legge, 230/2013)

Il Disegno di legge conferisce una delega al Governo per l’istituzione dell’Albo dei mediatori linguistici-culturali, definisce i requisiti per l’esercizio della professione e traccia la copertura finanziaria per la realizzazione di quanto stabilito fino all’anno 2015. (Disegno di legge, 230/2013)

Nonostante gli sforzi delle istituzioni nell’intraprendere il percorso parlamentare, il termine ultimo per l’approvazione della legge è decorso e la figura del mediatore culturale manca, ad oggi, di una disciplina organica che ne legittimi il profilo deontologico e professionale.