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La figura del protagonista: Valentino e Palazzeschi

una forza che rivive un poco, un lembo di vita dissepolto solo per marcare l’ultima traccia del suo cammino.

(p. 15)

Non posso, non posso ora pensare allo stridore di quelle due chiavi nella loro toppa! E s’elleno non stridessero? Il loro silenzio sarebbe anche peggiore, ed io le sentirei girare nel mezzo del mio cuore orribilmente spugnoso ma non ancora del tutto riarso.

(p. 17)

E finalmente, appunto, troverà il coraggio di girare quelle chiavi,

in un gemito ch’io ò sentito ripercuotersi dentro di me come avessi girata la chiave nella toppa della mia anima ormai tanto arrugginita.

(p. 31)

Una presa di coraggio emblematica, girare le chiavi ed aprire la porta del proprio destino, come quella della villa, nel finale, alla festa della vita, alla libertà.

La presenza dell’autore in questa spirale di narcisismo introspettivo si nasconde, senza troppo celarsi né esibirsi, forse ancora intrappolata ai modi passati ma già decisamente proiettata sui passi futuri della propria gioventù. Molti altri ripensamenti, decisioni e cambiamenti di prospettiva emergeranno dalle opere, dentro cui tuttavia si riconosce la medesima personalità.

4.1.3. La figura del protagonista: Valentino e Palazzeschi

Come identificare il rapporto tra creatura e creatore278? Innanzitutto, nella Premessa alle Opere Giovanili279, l’autore lo definisce il proprio romanzo «liberty», opera conforme al gusto del tempo e perciò non adeguata all’espressione della propria personalità ma, ammette, rispecchiante invece una giovinezza turbata e quasi disperata. Nella Premessa Palazzeschi vuol proprio prendere le distanze dal suo primo romanzo, ascrivendolo al gusto letterario del tempo e non alla propria officina artistica di inventio narrativa ed ideologica quale sarà invece la vera essenza della sua scrittura, dopo la prima redazione di :riflessi280: all’epoca delle prime poesie e del primo testo narrativo il giovane autore, infatti, era ancora impaurito dalla vita fuori della porta, non era ancora riuscito a sviluppare un senso di equilibrio interiore281 mediante lo sguardo umoristico sulla vita e su di sé (come non era ancora riuscito Valentino,

278 Creatura come romanzo e il suo protagonista.

279 Palazzeschi 1958, in cui il romanzo viene ristampato per l’ultima volta, autore in vita, sempre con il titolo Allegoria di

novembre all’interno della collezione I Classici Contemporanei Italiani.

280 Stabilimento Tipografico Aldino, 1908, Editore Cesare Blanc, Via Calimara 2: il volume viene qui pubblicato in cinquecento copie a spese dell’autore, il quale inserisce in frontespizio il nome del proprio gatto come editore e una variazione della via della propria abitazione di Firenze (Calimala), come afferma Luciano de Maria nella Nota al testo (cfr De Maria 1990). Vallecchi ristampa l’opera con il titolo di Allegoria di novembre (Firenze, 1943) e in una forma testuale profondamente rielaborata (in particolare, i segnali omoerotici del protagonista nei confronti dell’interlocutore epistolare John vengono sensibilmente attenuati) all’interno del volume Romanzi straordinari, contenente gli altri romanzi palazzeschiani

Il Codice di Perelà e La Piramide.

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appunto). E come un misterioso miracolo, dice Palazzeschi, l’umorismo lo aveva liberato dalla disperazione.

Siamo di fronte ad un romanzo «liberty»282, dunque: ma Luciano De Maria283 precisa comunque come il termine “liberty” si dimostri adeguato solo per taluni aspetti del romanzo poiché nel complesso calza meglio l’etichetta di “decadente”: fascinazioni crepuscolari, liberty, simboliste impregnano le lettere del principe Valentino, con particolari rimandi a Wilde e D’Annunzio. La prima parte del romanzo si ascrive infatti, come riporta sempre Luciano De Maria284, alla temperie stilistica della formazione dell’autore, poi prontamente superata nell’iter del romanziere ormai proiettatosi nel Novecento: nella prima parte dell’opera si è di fronte ad una prosa lirica simbolica, allusiva, che ben si conforma all’essenza psicologica ed esistenziale del personaggio principale. Gli schizzi popolari, cronachistici della seconda parte del volume però già proiettano nella temperie avanguardistica in cui sarà trascinato lo scrittore da Marinetti negli anni immediatamente successivi285: se ne riportano in questo paragrafo alcuni esempi dal testo.

La grafia insolita del titolo (:riflessi) suggerisce una sorta di equivalenza, afferma Luigi Baldacci286, un rapporto di rispecchiamento dove uno dei due termini appare e l’altro no, resta sommerso, nascosto: strategia simbolista anche questa, che rimanda ai giochi d’acqua poetici287. Luciano de Maria ha ristampato la prima redazione e ha sottolineato l’originalità del titolo288, che pare alludere a qualcosa di profondo che vuol emergere.

Ed è proprio una tormentosa tensione interiore ad essere celata nell’anima dello scrittore e immortalata in modo sfuggente nelle pagine del romanzo, come credo si possa vedere chiaramente già ad una prima lettura del testo: una tensione di ricerca di un significato di vita, delle contraddizioni del mondo, i riflessi del proprio dolore nel mondo e dal mondo, tramite Valentino.

Baldacci coglie un collegamento con Il principe scomparso di Poemi289 perché questi appare una confessione “in maschera” dell’autore (come può esserlo :riflessi), né seria né comica; ma la risonanza del successivo romanzo, Il Codice di Perelà, oscura il valore confessorio di :riflessi, dove peraltro emerge per l’unica volta in modo diretto, ma non in termini di riferimento personale, il tema dell’omosessualità; nel successivo Palazzeschi, fa notare De Maria, l’argomento emergerà290, edulcorato, smorzato, solo in alcune novelle, nella figura di Remo di Sorelle Materassi, in Celestino Cuccoli. Ma anche da altre opere si possono ricavare spunti riconducibili.

Si aggancia a questo punto al tema dell’attrazione omosessuale quello della bellezza classica ideale espressa dall’arte greca e rinascimentale secondo J. J. Winckelmann (e che Goethe assegna all’omosessualità dell’antiquario tedesco291: alla bellezza della statuaria classica infatti rimandano alcune descrizioni espresse da Valentino nel ricordare l’amico interlocutore del romanzo epistolare e le cui radici risiedono nella temperie culturale ottocentesca; qui in particolare, in :riflessi, ciò si coniuga ai toni decadenti della prima parte del romanzo. La tematica omoerotica della bellezza maschile emergerà ad esempio, come afferma ancora Dario Trento, nel romanzo Sorelle Materassi depurata dai toni decadenti, all’interno delle accurate e implicitamente sensuali descrizioni che Palazzeschi riserva al giovane Remo. Un particolare culto del corpo maschile emerge sempre in Sorelle Materassi e in Fratelli Cuccoli in ambito 282 Dei 2004, CXXXII. 283 Cfr De Maria 1990. 284 Cfr De Maria 1990, 139. 285 Cfr De Maria 1990, 139. 286 Baldacci 2004, XXXII. 287 Baldacci 2004, XXXII. 288 Baldacci 2004, XXXII. 289 Baldacci 2004, XXXIV. 290 De Maria 1990, 138. 291 Trento 2006, 152.

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sportivo, nella dedizione all’attività fisica, nell’esercizio della palestra e dei muscoli, che si ritrova in molteplici zone della narrazione: un’eccessiva attrazione ai nuovi valori tutti moderni coevi della fisicità, della salute del corpo che quasi porta alla loro caricatura.

In :riflessi dalle epistole la tematica omoerotica emerge appunto in relazione al profondo rapporto di fratellanza, amicizia, “amore spirituale” che lega il narratore-protagonista al destinatario John Mare292. Un rapporto, il loro, che è causa apparente, ma comunque “profonda” ed intensa, del loro distaccamento avvenuto per decisione del protagonista e che dà avvio alla storia, come affermato nel paragrafo precedente, alla ricerca di un equilibrio interiore. Un equilibrio non da ristabilirsi ma forse da trovare definitivamente.

Le conseguenze, volute e cercate, di questa decisione si svilupperanno e verranno comprese, non tanto dal lettore subito ma dal protagonista/autore – ed è questo l’elemento più importante –, con l’evolversi del romanzo epistolare; si capiranno le ragioni dell’impossibilità di proseguire quel loro “amore” celate nelle profondità dell’animo: un trauma insoluto. Un trauma sia di Palazzeschi che del suo personaggio, che il talento inventivo dell’autore ha reso diverso dal trauma biografico dell’autore stesso trasformandolo in complesso edipico irrisolto per Valentino, ma che avvicina i due destini (quello di Palazzeschi e quello del protagonista) nella liberazione da esso grazie alle proprie forze.

Valentino si è coraggiosamente e spontaneamente assunto le proprie responsabilità nei confronti di sé stesso: Palazzeschi lo accompagna per poi riderci su, nel finale e ancor più nella seconda sezione dell’opera. Ma ci ride sopra anche subito in realtà, nella prima parte: l’autore ride velatamente sul vittimismo ultrasensibile della parte di sé che si crogiola tutta nella sofferenza per la propria diversità e da cui vorrebbe definitivamente prendere le distanze (parte di sé che corrisponde alla figura del protagonista, ovviamente): amore omosessuale, nobiltà d’animo. Carte che, da sole, fanno perdere inesorabilmente nel gioco della vita. La sua carta vincente la scoprirà, o forse l’ha già scoperta insieme a Valentino: il riso.

Dolore, da esplorare per poi riderne, come fonte della sua comicità; come afferma Tellini293 «una forma di terapia personale, per trasformarsi nella straordinaria metafora d’un disincantato rovesciamento del tragico».

Una guarigione quindi auto-indotta che non vuol dimenticare la sofferenza da cui parte: in questo si differenzia profondamente dall’umorismo pirandelliano (un inevitabile confronto): ad esempio, come precisa sempre Tellini nella stessa pagina del saggio sopra citato, Pirandello prende le mosse dall’elemento comico, dal riso, per penetrarlo, umanizzarlo e mostrare l’altra sua faccia tragica, nascosta: il sentimento del contrario. Tutt’altra storia, quindi, esattamente l’opposto rispetto all’auto-guarigione palazzeschiana che intende sbucare fuori dal dolore.

Prima di dare la propria definizione di umorismo, come spiega nel dettaglio Maria Grazia Accorsi294, Pirandello afferma che la propria risata letteraria non si origina da una situazione comica ma da una «riflessione sulla condizione tragica dell’uomo» – come, del resto, avviene in Palazzeschi –, da cui lo scrittore afferma di trarre la propria ispirazione per scrivere. Le finalità della scrittura umoristica per Pirandello, analizzate dalla Accorsi, differiscono da Palazzeschi il quale, come ad esempio illustra in modo approfondito Tellini295, si riconosce poeta «solo a patto di auto deridersi. Si direbbe che senta la

292 È quest’ultimo figura emblematica e sfuggente, ma importante con la sua presenza come termine di confronto e di riferimento del protagonista per ciò che sta affrontando e per ciò che accade dopo la scomparsa del Principe, nella seconda sezione dell’opera.

293 Tellini 2006, 16.

294 Accorsi 2006, 260.