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LA FIGURA E IL CONTRIBUTO DI TAHAR HADDAD

CAPITOLO II. LA QUESTIONE FEMMINILE IN TUNISIA ALL’INIZIO DEL XX SECOLO

2.3. LA FIGURA E IL CONTRIBUTO DI TAHAR HADDAD

Una trentina di anni dopo il primo volume di Qasim Amin, fu il tunisino Tahar Haddad (1899-1935) a ripercorrere la strada tracciata dall’egiziano sulla questione dell’emancipazione femminile e a scatenare forti polemiche attraverso i suoi scritti Les

ouvriers tunisiens et la naissance du mouvement syndical e, in particolare, Notre femme dans la législation islamique et la société.226

Egli contribuì in maniera significativa a rivelare la situazione degradante nella quale viveva la donna tunisina musulmana e a contribuire ad una più larga presa di coscienza del problema femminile in Tunisia. Nacque a Tunisi da una famiglia di piccoli commercianti originari della regione del Gabès, nel sud della Tunisia.,227 i suoi studi ebbero inizio nella scuola coranica del kuttab tra il 1905 e il 1906 e dopo 6 anni entrò a far parte della Grande moschea della Zaytunah di Tunisi per seguire gli studi secondari, ottenendo nel 1920 le tatwi‘, il diploma della fine degli studi. In questo periodo, vi era un clima di agitazione all’interno della Zaytunah dovuto agli scontri tra

225 Ibidem.

226 Sulla biografia di Tahar Haddad, si vedano gli studi di B. Hadj Yahya, M. Marzouki, al Tahar al

Haddad, Hayatug Turatuh (Tahar Haddad, sa vie, son oeuvre), Tunis, Maison Bouslama, 1963; A.

Khaled, al-Tahar al Haddad wa-l-bi’a al tunusiyya fi-l-thuluth alawwal min al ichrin (Tahar Haddad

et le milieu tunisien dans la premiers tiers du XXème siècle), Tunis, Maison Tunisienne de l’Edition,

1967.

227 N. Sraieb, Contribution à la connaissance de Tahar el-Haddad (1899-1935), in «Revue de

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78 gli alunni, gli insegnanti e le autorità coloniali e alla necessità di riforme dell’insegnamento.228 Per Haddad fu molto importante questa fase, non solo per la sua formazione scolastica, ma anche per gli stimoli e gli interessi culturali e politici che in quegli anni catturavano l’attenzione dei giovani. Egli frequentò diversi ambienti: i conservatori della Zaytunah, ma anche i modernisti come l’associazione degli ex allievi del Collège Sadiki e la Khaldounia.

Militò all’interno del Partito liberale costituzionale tunisino (Destour), sin dalla sua fondazione nel 1920, e nel 1924 partecipò attivamente alla creazione della Confédération Générale Tunisienne du Travail (CGTT) promossa dal leader del movimento sindacale tunisino Muhammad ‘Ali al-Hami (1890-1928).229 Nel 1927, si dedicò al tema del lavoro e alle questioni sindacali pubblicando un’opera intitolata Les

ouvriers tunisiens et l’émergence du mouvement syndical en Tunisie,230 considerata dal sacerdote Michel Lelong “un document exceptionnel sur la condition des travailleurs et le mouvement ouvrier tunisien dans la Tunisie des années vingt”.231 Le sue riflessioni partivano dalla denuncia delle cattive interpretazioni dell’islam che alcune autorità religiose musulmane avevano imposto alle coscienze dei musulmani negando in questo modo la capacità di evolversi della religione islamica in funzione delle esigenze del momento. Secondo Haddad la verità dell’islam risiedeva nell’essere “une révolte contre l’ancien, un appel à se libérer de l’imitation des ancêtres et des aïeux une incitation à une vie nouvelle et féconde. Mais ce sont les musulmans eux- mêmes qui, en vénérant leurs ancêtres et en se sous-estimant eux-mêmes, en ont fait un barrage entre la vie et eux”.232

Tra il 1928 e il 1929 la condizione femminile divenne un tema di estrema importanza per Haddad: in questi anni egli scrisse vari articoli sulla questione dell’istruzione della donna e della sua emancipazione giuridica e sociale, pubblicati dal giornale «Al-

228 Cfr. M.F. Ghazi, Le milieu Zeitounien de 1920 à 1930 et la formation d’AbduʼlʼQacim ach-Chabbi,

poète tunisien (1909-1934), in «Cahiers de Tunisie», 28, 1959, pp. 437-474.

229 N. Sraieb, Contribution à la connaissance de Tahar el-Haddad (1899-1935), cit., p. 106.

230 Cfr. M. Lelong, Tahar Haddad et la civilisation du travail, in «Revue de Institut des Belles Lettres

Arabes», 25, 1962, pp. 31-48.

231 N. Sraieb, Islam, réformisme et condition féminine en Tunisie: Tahar Haddad (1898-1935), cit., p.

77.

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79 Sawab», diretto da Hédi Laabidi.233 Oltre ad aver aperto le colonne del suo giornale agli articoli di Haddad, Laabidi incitò le donne a portare avanti le loro idee emancipatrici e a riunirsi in associazioni e movimenti.234

Nel 1930 Haddad presentò il volume Notre femme dans la législation islamique et la

société, nel quale oltre a denunciare la situazione avvilente della maggior parte delle

donne tunisine, invitava alla riflessione e alla ricerca di una soluzione per l’avvenire. Nell’introduzione egli si mostrò polemico nei confronti di chi considerava la donna come un oggetto del desiderio, non avendo dunque il diritto di prendere una decisione, di avere accesso alla cultura e al lavoro fuori dalle mura domestiche.235 A proposito della condizione di subordinazione della donna nei confronti del padre o del marito, la studiosa Dalenda Larguèche ha ripercorso la storia dell’istituto di reclusione e di rieducazione femminile, Dar Joued, il quale “représentait le lieu privilégié où le système patriarcal déployait ses pouvoirs pour faire revenir celle-ci aux normes de conduite et de moralité prescrites”.236 In particolare, Dar Joued era un’istituzione in cui si affrontavano i conflitti della vita intima e sessuale della coppia: il rifiuto della sposa nei confronti del marito o l'attaccamento ad un amante indesiderato dal padre erano le principali cause di reclusione per mezzo di una sentenza di confinamento pronunciata dal giudice religioso (qadi).

Oltre a condannare questo istituto correttivo e punitivo che permase fino alla nascita della repubblica tunisina, per il sindacalista tunisino era necessario liberare la donna,

233 T. Haddad, kayfa nuthaqif al fatat li-takuna zawjan fa umman (Comment éduquer la fille pour qu’elle

devienne épouse puis, mère), 17 e 31 août, 14 et 18 octobre 1928, ˈAdatuna ˈawaˈiq fi tariq az-zawaj (Nos coutumes sont desostacles pour le mariage), Dhahaya ach-chahwa fi az-zawaj (Les victimes du désir dans le mariage), 20 juillet 1928, Suwwar min hayatuna fi al manzil (Tableaux de notre vie au foyer), 3 août 1928, Tahriir al marˈa at tunusiyya, (Libération de la femme tunisienne), 9 janvier 1929,

in «Al-Sawab», in S. Bakalti, La femme tunisienne au temps de la colonisation (1881-1956), cit., pp. 48-49.

234 Cfr. L. Labidi, Tunisian women’s literature of denunciation, in B. Badri, A.M, Tripp, Women's

activism in Africa: struggles for rights and representation, London, Zed books, 2017, pp. 61-96, p. 69.

235 N. Sraieb, Islam, réformisme et condition féminine en Tunisie: Tahar Haddad (1898-1935), cit., p.

78.

236 D. Larguèche, Dar Joued ou l’oubli dans la mémoire, in «Annuaire de l’Afrique du Nord», tome

XXX, Paris, CNRS éditions, 1991, pp. 177-190, p. 177. Cfr. D. et A. Larguèche, Marginales en terre

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80 sottomessa e incapace di decidere della propria vita e renderla un soggetto di pari diritti con l’uomo.

Era in nome della religione e della morale che, da un lato, gli uomini agivano per giustificare i loro comportamenti e, dall’altro, che Haddad respingeva le interpretazioni dei dotti. Il punto di partenza del suo lavoro era dimostrare l’estraneità dell’islam rispetto alla condizione attuale della donna musulmana. Occorreva, infatti, fare una distinzione tra ciò che era essenziale nella religione, come il dogma dell’unicità divina, e ciò che poteva essere sottomesso ai cambiamenti se le circostanze e l’evoluzione della società lo avessero richiesto.237

L’islam non era, per Haddad, un elemento di oppressione per la donna ma anzi rappresentava una religione in grado di evolversi ed adattarsi alle trasformazioni e al progresso. La paralisi di fronte all’evoluzione storica della società era collegata all’ignoranza dei dotti (les doctes) i quali impedivano ai musulmani di sviluppare un giudizio indipendente dalle interpretazioni da loro prescritte. La maggior parte dei dotti, infatti, faceva riferimento a ciò che era stato detto dai predecessori senza tener conto dell’evoluzione storica. I richiami fatti da Haddad alla storia dell’islam e al rapporto di uguaglianza tra l’uomo e la donna ai tempi di Maometto ci dimostrano il suo giudizio sulla religione islamica, giudicata da lui estranea rispetto alla condizione ostile nella quale la donna riversava.238 Ai tempi del Profeta la donna poteva occupare posizioni di rilievo, come quella di giudice e partecipare alla guerra assumendo un ruolo attivo nella comunità.

L’emancipazione della donna si sarebbe potuta realizzare attraverso la liberazione della mentalità del popolo dai giudizi sbagliati e contrari allo spirito dell’islam. Pertanto la presa di posizione di Haddad sulla questione femminile s’inscriveva nel quadro di riforma generalizzata della società tunisina che, al suo interno, prevedesse il miglioramento della condizione della donna e la sua partecipazione effettiva alla vita del paese. Di conseguenza, per poter esser in sintonia con l’evoluzione della società,

237 C. Lamourette, Polémique autour du statut de la femme musulmane en Tunisie en 1930, in «Bulletin

d’études orientales», XXX, 1978, pp. 11-31, p. 14.

238 N. Sraieb, Islam, réformisme et condition féminine en Tunisie: Tahar Haddad (1898-1935), cit., p.

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81 la donna doveva avere il diritto di agire in tutti i campi allo stesso titolo dell’uomo di poter prendere coscienza del proprio ruolo grazie a due strumenti fondamentali: l’educazione e l’istruzione.239

Nelle prime pagine del testo Notre femme dans la législation islamique et la société, Haddad mise in luce la distanza che intercorreva tra l’Europa e l’Oriente mediante una comparazione tra la condizione della donna occidentale e di quella orientale:

En Europe, l’instruction de la femme et son éducation sont acceptées à l’unanimité; l’accord s’est fait en d’éduquer ses enfants tout en lui accordant ses droits civiques pour tirer profit de ses dons naturels dans les activités matérielles ou morales profitables pour sa famille et pour la société, et enfin pour qu’elle ait sa part dans la vie […]. Mais en Orient, la femme continue encore à vivre sous un voile, ceux d’entre nous qui la défendent considèrent que son éducation et son instruction suffisent à améliorer sa condition sociale […]. Par contre les adversaires de ces idées considèrent que cette attitude priverait la femme de la sollicitude dont elle est l’objet et l’exposerait à l’émancipation absolue de la tutelle de l’homme […]. Et voilà la situation telle qu’elle se présente en Orient.240

L’educazione, considerato dal tunisino il primo bisogno umano, era un diritto naturale concesso a tutti senza distinzioni di sesso. L’evoluzione della società era strettamente legata all’istruzione degli uomini e delle donne che dovevano cooperare e camminare insieme per dar vita ad un avvenire migliore. “C’est cette éducation qui doit être dispensée équitablement à la femme et à l’homme. Il s’agit d’ailleurs d’un droit naturel qui n’est limité que par les aptitudes de l’individu. Empêcher la femme de faire éclore ses aptitudes naturelles, sous prétexte que nous avons le droit de décider de sa volonté, relève de l’ignorance et de la bêtise, voire d’un passe-droit primitif”.241

239 Haddad sottolineò il ruolo degli intellettuali in merito all’educazione delle masse popolari che

avrebbero dovuto prendere coscienza della gravità dei problemi che avevano di fronte a sé. “Le peuple moribond, c’est celui qui réclame sa nourriture quotidienne comme les bêtes et ne demande rien d’autre. Quanta au peuple vivant, c’est celui qui se fixe un idéal suprême auquel il aspire pour améliorer sa vie. Il ressent plus le besoin de cela que de son pain quotidien”, ivi, p. 81.

240 S. Bakalti, La femme tunisienne au temps de la colonisation (1881-1956), cit., p. 49.

241 T. Haddad, Notre femme dans la législation islamique et la société, Tunis, 1935, in A. Chabchoub,

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82 In merito alla situazione tunisina, specificò: “Nous nous distinguons du reste des pays par notre inaction devant ce grave problème de l’émancipation de la femme, jusqu’à présent, nous n’avons dispensé que des mots, et la majorité du peuple semble se désintéresse de la question”.242 La responsabilità della situazione che la società tunisina viveva era da imputare allo stesso popolo tunisino, accusato da Haddad di essere disinteressato alla questione: “Je dis toujours, et je le pense, que nous ne pouvons imputer qu’à nous-mêmes la responsabilité de l’état où nous nous trouvons; un état d’ignorance et d’immobilisme qui sont encore pour nous les premières choses que nous aimons et chérissons. Et si nous ne tendions les mains pour avoir du miel ou que nous ne voulions pas les tendre, le gouvernement, en tant que gouvernement ne nous donnerait pas du miel à boire tandis que nous dormons”.243

Il suo lavoro era composto da due parti: la prima affrontava il tema sotto il profilo giuridico mentre la seconda si fondava sull’analisi sociologica.

Dal punto di vista giuridico, la sua riflessione prendeva in considerazione il Corano e la Sunna ed era orientata a dimostrare che l’islam era estraneo alla sorte ingiusta che la donna musulmana subiva, che i diritti concessi dalla legge coranica non avevano niente a che vedere con la condizione attuale e che la sua situazione degradante era dovuta ad una interpretazione sbagliata dei precetti coranici. Occorreva, quindi, adottare riforme che seguissero le nuove esigenze dell’epoca, adatte al contesto sociale che si era modificato nel tempo. Allo stesso tempo, la sua riflessione intendeva dimostrare che l’islam, al suo avvento, aveva voluto realizzare riforme sociali senza offendere le sensibilità dato che “les Arabes n’étaient pas encore disposés à accepter des changements aussi profond dans ce domaine particulièrement sensible”.244

La religione islamica concedeva alla donna il diritto di vivere e “des jouir des biens de la vie […]. C’est-à-dire qu’elle doit jouir de la lumière du soleil, des exercices physiques en plein air et du spectacle de la nature en tout saison, au lieu de rester enfouie dans les nombreux voiles qui l’enveloppent”; i diritti civili secondo i quali la donna era titolare di incarichi giudiziari e aveva la facoltà di stipulare contratti e di

242 S. Bakalti, La femme tunisienne au temps de la colonisation (1881-1956), cit., pp. 49-50. 243 N. Sraieb, Contribution à la connaissance de Tahar el-Haddad (1899-1935), cit., p. 126. 244 S. Bakalti, La femme tunisienne au temps de la colonisation (1881-1956), cit., p. 51.

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83 acquistare vendere liberamente; i diritti ereditari che concedevano alla donna ad una parte dell’eredità.245

In merito al matrimonio, visto da Haddad come “l’union de deux cœurs dont le but est de s’entr’aider pour résoudre les problèmes de la vie”, egli sosteneva che alla base vi era la libertà di scelta dei coniugi poiché si fondava sull’amore, sull’accoppiamento e sulla procreazione.246 La poligamia, invece, non era permessa liberamente dall’islam ed era limitata a quattro donne. Per Haddad esistevano alcune conseguenze spiacevoli sulla vita familiare come i conflitti fra le spose e i bambini e per questo ne raccomandava la sua interdizione. Tuttavia la poligamia non era una pratica diffusa in tutta la Tunisia: già molto prima della sua abolizione, introdotta nel 1956 dal Codice promulgato da Habib Bourguiba, si era consolidata in una delle città sacre dell’islam, Kairouan, una prassi giurisprudenziale a favore della monogamia. All’interno del contratto matrimoniale kairouanais era prevista, infatti, una clausola in base alla quale il marito si impegnava a sposare una sola donna cosicché la moglie aveva il diritto di chiedere il divorzio qualora il marito non avesse rispettato questa condizione.247 In merito al ripudio, dopo aver messo in evidenza che l’islam non gradiva il divorzio, Haddad esortò i mariti a trattare bene le loro donne, precisando che, in caso di discordia fra gli sposi, la legge musulmana prevedeva il ricorso a due arbitri per le pratiche di conciliazione. La rottura definitiva del legame coniugale si aveva dopo le due possibilità di riconciliazione affinché le donne non fossero soggette agli abusi dei mariti “qui n’ont d’autre but dans la vie que de satisfaire leur désir sensuel en changeant fréquemment de femme”.248 Per questo motivo, Haddad avanzò l’idea di istituire tribunali competenti in materia di divorzio, che decidessero sulle controversie e che risarcissero la donna ripudiata senza motivo con una indennità pecuniaria (una sorta di dono di consolazione come previsto nel Corano).

245 Ivi, p. 50.

246 N. Sraieb, Islam, réformisme et condition féminine en Tunisie: Tahar Haddad (1898-1935), cit., p.

80.

247 D. Larguèche, Monogamy in Islam: The case of a Tunisian Marriage Contract, Institute for

Advanced Study, 39, 2010 (consultato sul sito https://www.sss.ias.edu/files/papers/paper39.pdf); Id.,

Monogamie en Islam. L’exception kairouanaise, Université de Manouba, Centre de publications

universitaires, Laboratoire régions et ressources patrimoniales de Tunisie, 2011.

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84 All’interno della seconda parte del testo, egli propose un programma di riforme teso a migliorare la condizione della donna tunisina e la crescita intellettuale dei suoi figli, imprescindibile per lo sviluppo della società. Grazie all’analisi della società tunisina urbana e rurale degli anni Trenta, fornì un quadro della situazione prendendo in considerazione tutti gli elementi che caratterizzavano la condizione femminile (velo, poligamia, ripudio, educazione). Proprio le pratiche legate al matrimonio erano oggetto di forti critiche da parte di Haddad: l’ingerenza dei genitori nella scelta del coniuge o nella gestione del matrimonio, i matrimoni prematuri, la poligamia e le sue conseguenze sulla famiglia, la segregazione sessuale e l’uso del velo che “fait penser à l’usage de la muselière que l’on impose au chien afin qu’il ne morde pas les passants”.249

Per migliorare la situazione delineata da Haddad, l’istruzione rappresentava l’elemento fondamentale: in quel campo “c’est en vain que l’égoïsme masculin essaie de trouver des excuses dans la religion. Celle-ci au contraire, prône la nécessité de l’instruction de la femme à l’instaurer de l’homme. Quant à l’argument selon lequel il faut d’abord instruire les hommes, il est proprement absurde, puisque les femmes représentent la moitié de l’humanité”.250 Egli propose un insegnamento “officiel pour filles musulmanes”, “un enseignement national, selon un programme conçu par nous- mêmes” che costituisse un’alternativa a quello offerto dalla Chiesa cattolica o dal Protettorato, ritenuto troppo francesizzato e inadatto per la società tunisina. Il contenuto dell’insegnamento predisposto dai francesi avrebbe allontanato le ragazze dal loro ambiente di provenienza, cosicché “le fossé se creuse encore davantage entre une société qui n’est pas encore prête à accepter le changement et la jeune tunisienne éduquée à la française qui, sans discernement, adopte ce que lui apporte l’enseignement reçu, entrant ainsi en conflit avec son milieu d’origine”.251 Per questo motivo era necessaria l’istituzione di un insegnamento nazionale fondato su un

249 Ivi, p. 53.

250 S. Chater, La femme tunisienne, citoyenne ou sujet?, cit., p. 71.

251 N. Sraieb, Islam, réformisme et condition féminine en Tunisie: Tahar Haddad (1898-1935), cit., p.

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85 programma stabilito dallo stato tunisino e rispondente alle norme morali della società musulmana.

Il modello a cui auspicava il tunisino era “un enseignement professionnel afin que le