CAPITOLO IV. LE PRINCIPALI FORZE POLITICHE TUNISINE E IL CONTESTO POLITICO DAGLI ANNI VENTI ALLA FINE
4.1. L’ORIGINE DEL NAZIONALISMO TUNISINO: DAI GIOVANI TUNISINI AL DESTOUR
Come abbiamo visto precedentemente, sulla scena politica tunisina, a cavallo tra il XIX e il XX secolo, si affacciò un’élite di riformatori di stampo borghese formata presso le Collège Sadiki secondo un’educazione bilingue e al passo con i tempi. All’inizio del Novecento, sulla scia dei Giovani Turchi, apparì il movimento nazionalista dei Giovani tunisini, guidato da due ex membri del Sadiki. Bashir Sfar e Ali Bash Hamba, che precedentemente si erano impegnati a favore della nascita della Khaldounia e dell’Associations des anciens elèves du Collège Sadiki. Questa nuova
élite sperava che la collaborazione tra il movimento e la Repubblica francese portasse
a significative riforme in grado di modernizzare lo Stato e la società. Alla base dell’attività dei Giovani tunisini non vi era tanto la mobilitazione popolare per la nascita di un partito moderno, quanto la formazione di un’educazione di stampo moderno e la sensibilizzazione delle coscienze attraverso la stampa e le associazioni culturali.428
Nel frattempo, sul piano politico, il clima era diventato più teso agli inizi del Novecento: come abbiamo visto in precedenza, il malcontento dei riformatori tunisini iniziò a crescere a causa degli effetti della colonizzazione “ufficiale” che, secondo Kenneth Perkins, non aveva portato un significativo miglioramento alla situazione economica della popolazione tunisina. Per questo, Bashir Sfar, deciso ad impegnarsi nella militanza politica, indicò alcune linee da intraprendere per sollevare la condizione della società tunisina, il cui tenore di vita era peggiorato durante i primi venticinque anni dall’istituzione del Protettorato francese. Egli chiese al governo l’introduzione di misure volte a proteggere le terre e gli appezzamenti agricoli della
Letizia Sanna
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148 popolazione dall’atteggiamento avido dei coloni, di risollevare la produzione artigianale e in generale quella industriale e di aumentare il numero di centri e scuole professionali e agrarie aperte ai tunisini.429
Anche Muhammad Lasram, cofondatore della Khaldounia con Sfar, e gli altri Giovani tunisini presenti al Congrès colonial di Marsiglia (1906) chiesero ai francesi di impegnarsi nella promulgazione di leggi dirette allo sviluppo del paese, ad esempio, attraverso misure che, dal punto di vista scolastico, preparassero la popolazione tunisina ai diversi sbocchi professionali.430 Inoltre, egli fece riferimento al coinvolgimento dei tunisini all’interno della Conferenza consultiva, istituita nel 1892 per fornire consigli al Residente generale in materia economica. Composta inizialmente da due collegi (che in sostanza erano la Camera dell’agricoltura e del commercio), nel 1896 fu creato un altro collegio in cui discutere delle diverse questioni e dal quale i tunisini furono esclusi fino al 1907. A proposito, Bash Hamba sosteneva che “l’absence de toute organisation constitutionnelle et politique a privé jusqu’ici les indigènes de toute représentation auprès de pouvoirs publics”.431
Un importante strumento di diffusione delle idee nazionaliste fu il giornale «Le Tunisien», nel 1907, creato dallo stesso Hamba e successivamente la versione in arabo, diretta da Tha‘albi. Come afferma Sammut, “si les Tunisiens n’ont pas pu être admis à la Conférence Consultative comme ils l’avaient réclamé, ils pourront grâce à ce journal représenter la Tunisie devant la France”.432
Fino a quel momento il terreno di scontro a livello politico tra i coloni e i nazionalisti tunisini era sul piano ideologico e riguardava le misure da realizzare per migliorare la situazione della popolazione. Non veniva messa, però, in discussione la presenza francese nel paese e la volontà di collaborare con le autorità del Protettorato per attuare politiche necessarie al benessere del paese.
Ma, nel 1911, l’episodio avvenuto presso il cimitero musulmano di Jellaz determinò un cambiamento nei rapporti tra i francesi e la popolazione locale, alzando
429 K.J. Perkins, Tunisia. La via pacifica all’indipendenza, cit., p. 83.
430 C. A. Julien, Colons français et Jeunes-Tunisiens (1882-1912), cit., p. 136.
431 C. Sammut, La genèse du nationalisme tunisien: le mouvement Jeunes-Tunisiens, cit., p. 162. 432 Ibidem.
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149 decisamente i toni dello scontro.433 Nell’autunno di quell’anno i residenti della capitale tunisina vennero a conoscenza della volontà del Consiglio municipale di fare una perizia e dei rilevamenti nel cimitero di Jellaz, con l’intenzione di ottenerne la proprietà. Un membro del Consiglio, esponente anche dei Giovani tunisini, si oppose alla scelta dichiarando che la realizzazione del progetto avrebbe scatenato la rabbia dei musulmani. La stessa municipalità, a quel punto, abbandonò l’idea ma, nel frattempo, l’annuncio della perizia si era diffuso rapidamente e la popolazione non fu messa al corrente di questo passo indietro. Di conseguenza il giorno previsto per l’inizio delle operazioni, una grande folla si radunò davanti al cimitero per protestare.
La situazione degenerò rapidamente quando i manifestanti trovarono il cimitero chiuso: iniziarono così una serie di scontri tra loro e le truppe francesi che aprirono il fuoco sulla folla. Spinta dentro il quartiere italiano di Tunisi, si verificarono scontri e uccisioni anche tra la comunità italiana e i tunisini.
I rappresentanti francesi fecero ricadere le responsabilità della vicenda sui Giovani tunisini ritenendoli colpevoli di aver architettato l’esplosione di violenza urbana e, perciò, misero in atto una repressione contro il movimento. In seguito al processo, tra le persone condannate per l’accaduto non vi era alcun leader dei Giovani tunisini. L’episodio, che provocò una decina di vittime, rappresentava il primo scontro tra i nazionalisti, le autorità del Protettorato e le comunità straniere. Esso fu anche alla base delle ostilità tra i tunisini e la comunità italiana che risiedeva a Tunisi a seguito dell’invasione italiana in Tripolitania cominciata quello stesso anno e mal vista dalla popolazione tunisina.434 La tensione tra loro aumentò qualche mese dopo, quando un tram guidato da un conducente italiano investì accidentalmente un bambino tunisino. Dopo l’episodio, Bash Hamba e i Giovani tunisini organizzarono un’ampia mobilitazione politica attraverso il boicottaggio dei servizi pubblici della città. La protesta e le richieste della popolazione tunisina si concentrarono anche sulla rimozione dei lavoratori italiani dipendenti dalla Compagnia nazionale dei tram e la loro sostituzione con personale locale. Le prime due condizioni per porre fine allo
433 K. J. Perkins, Tunisia. La via pacifica all’indipendenza, cit., pp. 86-87.
434 Cfr. N. Labanca, La guerra italiana per la Libia, 1911-1931, Bologna, Il Mulino, 2012; F. Cresti,
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150 sciopero riguardavano gli impiegati nei trasporti mentre la terza mirava a far eleggere i componenti tunisini all’interno della Conferenza consultiva a suffragio universale, fino a quel momento nominati dal Residente generale.435
Agli occhi dei funzionari francesi, l’azione dei Giovani tunisini aveva assunto un carattere politico: l’istigazione della popolazione conteneva i semi della ribellione e per questo era necessario intervenire e mettere fine allo sciopero. In seguito al rifiuto dei nazionalisti tunisini di arrendersi, nel marzo del 1912 il Residente generale Alapetite proclamò lo stato d’emergenza e fece arrestare alcuni membri mentre altri furono inviati al confino a sud. L’azione del movimento aveva preoccupato i francesi che temevano l’influenza dei Giovani tunisini sul resto della popolazione, le cui aspirazioni sembravano coincidere con le rivendicazioni manifestate dai nazionalisti tunisini.436
Il boicottaggio dei tram rappresentava una vera e propria azione di dissenso organizzato per fini politici: come afferma Stefano Torelli “gli episodi del febbraio- marzo 1912 rappresentarono il vero spartiacque tra un sentimento di malcontento popolare diffuso e una maggiore e sviluppata coscienza politica in grado di convogliare questo malcontento verso un’azione politica più strutturata”.437
Allo scoppio della Prima guerra mondiale, la situazione politica era mutata: molti rappresentanti del nazionalismo tunisino si erano rifugiati a Istanbul, contribuendo allo sforzo bellico ottomano e tedesco e impegnandosi nella propaganda antifrancese. Nel 1916 Muhammad Bash Hamba, fratello di Ali, fondò in Svizzera il periodico «La Revue du Maghreb»: la rivista, facendo riferimento ai quattordici punti elaborati dal presidente Woodrow Wilson nel 1918 e in particolare al concetto dell’autodeterminazione dei popoli, chiedeva che dopo la guerra si svolgesse un referendum per determinare il futuro della Tunisia.438
Durante la guerra il paese aveva goduto di un momento di prosperità dovuto al miglioramento delle condizioni di vita della popolazione locale, in particolar modo
435 K. J. Perkins, Tunisia. La via pacifica all’indipendenza, cit., p. 87.
436 C. Sammut, La genèse du nationalisme tunisien: le mouvement Jeunes-Tunisiens, cit., p. 166. 437 S. M. Torelli, La Tunisia contemporanea. Una repubblica sospesa tra sfide globali e mutamenti
interni, cit., p. 26.
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151 della classe media. Questa situazione ebbe delle ripercussioni anche sul clima politico e sociale che, in quel momento, non era caratterizzato da forti opposizioni e ostilità nei confronti del Protettorato.
In quegli anni la borghesia tunisina aveva potuto acquistare gran parte delle terre (circa 80.000 ettari furono messi in vendita e la classe media tunisina ne acquistò i tre quarti) poiché i coloni, costretti a partire al fronte, non erano in grado di coltivarle o di pagare il mutuo. I nuovi proprietari investirono nella meccanizzazione agricola per aumentare la produttività degli appezzamenti. L’allontanamento dei francesi giovò ad avvocati e professionisti ma anche alla classe operaia e agli artigiani e inoltre, a livello salariale, la scarsità di forza lavoro portò a ricevere retribuzioni più alte rispetto al passato.439 Alla fine della guerra, la situazione economica peggiorò e il malcontento verso la Francia tornò a inasprirsi: oltre all’aumento delle importazioni e dei prezzi al consumo, l’introduzione di nuove imposte introdotte per finanziare la costruzione di infrastrutture (dighe, strade e linee ferroviarie) colpì in particolar modo la popolazione tunisina che, inoltre, avrebbe beneficiato di queste opere in misura minore rispetto ai coloni. Per di più, l’istituzione di un supplemento al salario dei funzionari francesi contribuì ad incentivare la ricerca di posti nella pubblica amministrazione da parte dei coloni, riducendo i posti disponibili per i tunisini e incrementando le disparità tra gli impiegati locali e quelli francesi.440 La situazione si acuì quando Etienne Fladin, Residente generale dal 1918 al 1920, emanò una serie di decreti in cui si ordinava la coltivazione di tutti i terreni arabili e ancora incolti, l’emissione di un prestito diretto a finanziare l’acquisto di nuove terre e la costruzione di infrastrutture.
Perciò, tra il 1919 e il 1920, il malcontento della popolazione sfociò in scioperi e proteste. In quegli stessi anni, sulle ceneri del movimento dei Giovani tunisini sciolto dalle autorità francesi tra il 1911 e il 1912, alcuni vecchi responsabili decisero di riorganizzarsi. Il ritorno in patria di Tha‘albi e di altri esiliati e la liberazione di alcuni condannati fu determinante ma anche altri eventi contribuirono alla ripresa dell’azione del movimento nazionalista: la conferenza di pace di Parigi, i quattordici punti di
439 Ivi, pp. 92-93. 440 Ivi, p. 94.
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152 Wilson e la nascita del partito nazionalista Wafd in Egitto che aspirava all’indipendenza dall’Inghilterra.441
La prima espressione politica, frutto delle istanze dei Giovani tunisini, fu le Parti tunisien sotto la guida di Tha‘albi che, nel 1920, pubblicò La Tunisie martyre, il riferimento ideologico del partito: l’opera conteneva, da una parte, una serrata critica alla Francia in merito all’azione colonizzatrice e allo sfruttamento economico ai danni dei tunisini e, dall’altra, idealizzava il passato prospero e glorioso degli anni della Costituzione (1861).442 Alcune copie dell’opera, della quale ne era stata vietata la diffusione dalle autorità francesi, riuscirono comunque a circolare nel Protettorato nonostante il libro fosse destinato principalmente al pubblico francese. A Parigi Tha‘albi cercò il supporto della sinistra francese, la cui influenza si era però ridotta in seguito alle elezioni del 1919 che avevano visto la vittoria delle destre del Blocco nazionale. Perciò l’isolamento a livello internazionale spinse i nazionalisti tunisini a cercare consenso e ad intensificare l’azione in patria. 443
Nel febbraio del 1920 nacque il Parti libéral constitutionnelle tunisien, più noto con il nome Destour (Costituzione) che andava a soppiantare le Parti tunisien. Il termine “Costituzione” rappresentava l’obiettivo e il principale riferimento del partito: occorreva organizzarsi per ottenere una carta costituzionale che garantisse al paese la sua autonomia in conformità ai principi di equità di tutte le nazioni civili.