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MANOUBIA OUERTANI E HABIBA MENCHARI, PIONIERE DEL FEMMINISMO TUNISINO DEGLI ANNI VENT

CAPITOLO V: L’IMPEGNO DELLE DONNE E I MOVIMENTI FEMMINILI TUNISIN

5.1. MANOUBIA OUERTANI E HABIBA MENCHARI, PIONIERE DEL FEMMINISMO TUNISINO DEGLI ANNI VENT

Se all’inizio del Novecento il dibattito sulla condizione della donna nel mondo arabo era stato alimentato per lo più da uomini, a partire dagli anni Venti dello stesso secolo si registrò la nascita di movimenti di donne organizzati (l’Egitto e la nascita dell’Unione femminista egiziana ne sono l’esempio).

In Tunisia le prime spinte per la nascita di un movimento femminile si ebbero negli anni Trenta del XX secolo. L’effervescenza del mondo arabo dal punto di vista intellettuale e culturale e la comparsa di alcuni scritti a favore dell’emancipazione della donna favorirono la formazione di queste associazioni femminili. Le donne tunisine, inoltre, subirono sicuramente l’influenza dei movimenti femministi orientali, in particolare l’esempio egiziano dell’UFE.

Dai documenti conservati all’Archives Diplomatiques di Nantes si evince l’esistenza di contatti tra Huda Sha‘rawi e le donne impegnate nella causa femminista ma soprattutto emerge l’atteggiamento dei francesi sulla questione femminile tunisina. In una corrispondenza del 27 maggio 1927 il Residente generale francese in Tunisia dal 1921 al 1929, Lucien Saint, scriveva a Felix Gaillard, ministro plenipotenziario francese al Cairo affermando:

Je suis informé que des personnalités appartenant à des groupes féministes de la Métropole se proposeraient d’inviter Madame Sha‘rawi, chef des féministes égyptiennes, à venir faire un séjour en Tunisie où sa présence contribuerait, dans la pensée des organisateurs, à hâter l’émancipation de la femme musulmane.

La venue de Madame Sha‘rawi à Tunis me paraît comporter de nombreuses et considérables difficultés. Elle est nettement indésirable à l’heure actuelle.

Letizia Sanna

L’emancipazione della donna in Tunisia dal Protettorato francese a Bourguiba Tesi di dottorato in Archeologia, Storia e Scienze dell’uomo – curriculum storico

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171 Je vous serais obligé, dans ces conditions de bien vouloir refuser à Madame Sha‘rawi le passeport qu’elle serait éventuellement amenée à vous demander pour la Tunisie.496

Il soggiorno della femminista egiziana non era gradito dalle autorità francesi a causa dell’impegno a favore della causa nazionalista da parte dell’UFE. In particolare, la visita di Sha‘rawi avrebbe potuto “contribuer à lancer les femmes tunisiennes dans le destour et à accroître nos difficultés”.497

Inizialmente in Tunisia le prime voci femminili che si elevarono per denunciare la condizione della donna, la sua sottomissione e degradazione e che si espressero per l’abolizione di alcuni usi come il velo e la segregazione provennero da un ristretto numero di donne che avevano potuto beneficiare di un’istruzione moderna, appartenenti al ceto borghese, aperto ed attratto dalla cultura europea.498

Le due pioniere del movimento femminile in Tunisia furono Manoubia Ouertani e Habiba Menchari, le quali si espressero pubblicamente contro la decadenza sociale della donna e l’uso del velo.

I due episodi significativi riportano al gesto compiuto dalle femministe egiziane, Huda Sha‘rawi e Sizah Nabarawi, apparse senza velo alla stazione del Cairo, mentre tornavano dalla conferenza dell’International Women Suffrage Alliance.

Il 15 gennaio 1924, a Tunisi, fu organizzata una conferenza sul tema Pour ou contre

le féminisme en pays d’Occident, en pays d’Orient da parte de l’Essor, l’associazione

culturale animata dai socialisti tunisini. In quest’occasione Manoubia Ouertani, apparsa senza velo, pronunciò un discorso pubblico attraverso il quale richiedeva l’abolizione del velo e si batteva per l’emancipazione della donna.

Nelle pagine del quotidiano «Tunis Socialiste» venne dato risalto all’evento e alle sue parole:

C’est alors que se produisit une intervention que nous pouvons qualifier sensationnelle. Une dame musulmane monta à la tribune le visage découvert pour exposer les revendications des

496 CADN, Tunisie, Fonds Grandchamp, 1893-1937, 1TU/126-45, Lettera del Residente generale a

Tunisi Lucien Saint al ministro plenipotenziario francese al Cairo Felix Gaillard, 27 maggio 1927.

497 Ibidem.

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172 “désenchantées”. Avec une simplicité touchante, où l’on sentait un grand désir de convaincre, elle décrivit le sort des femmes arabes. Elle dit leur ignorance et leur sujétion, elle protesta contre la domination absolue que l’homme prétend exercer sur elles. Certains musulmans assurent que la situation de la femme musulmane est déterminée par le Coran. Textes en main, elle prouva la fausseté de cette assertion. Rien dans ce livre saint n’oblige la femme à se voiler, rien ne lui interdit de sortir librement. Et s’adressant aux musulmans, la vaillante oratrice eut ce mot délicieux lorsque les Turcs réalisent une amélioration sociale, vous à Tunis, vous vous réjouissez, vous faites la fête, vous feriez mieux de les imiter.499

La comparsa di Manoubia Ouertani sulla scena pubblica e il suo intervento suscitarono reazioni favorevoli e contrarie: il Destour espresse disapprovazione e accusò la donna di esser complice delle forze distruttrici della religione e dell’identità tunisina mentre, tra i suoi sostenitori, intervenne il militante sindacalista Ahmed Ben Miled il quale, oltre ad esortare le femministe a dare l’esempio alle altre donne di uscire liberamente, affermava: “Comme il est douteux que l’homme accorde la liberté à son épouse de son plein gré, la tunisienne doit elle-même conquérir cette liberté par le travail comme l’ont fait les Turques. La libération de la musulmane dépend de son affranchissement économique”.500

Tra il 1924 e il 1929 la stampa riportò la querelle che la battaglia sul velo e le richieste di emancipazione avevano scatenato: in particolare da parte del quotidiano in lingua francese «Tunis Socialiste», diretto dal partito socialista francese, favorevole all’abolizione del velo mentre su posizioni contrapposte il giornale «En-Nahdha», in lingua araba diretto dal partito riformista tunisino.501

Sulle colonne di «Tunis Socialiste» apparvero anche alcuni articoli scritti da donne come quello intitolato De la part d’une dame musulmane à sa sœur d’infortune qui a

pris la parola à la Tribune Libre de l’Essor nel quale veniva espressa ammirazione

per il discorso della Ouertani: “Nous sommes profondément émues et nous admirons votre courage […]. Vous êtes la première qui avez osé dire tout haut ce que vos pauvres

499 CADN, Tunisie, Fonds Granchamp, 1893-1937, 1 TU/126-45, Presse, «Tunis socialiste», 17 gennaio

1924.

500 Ibidem.

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173 soeurs murmurent tout bas. Et avec une audace admirable vous avez exposé l’etat pitoyable dans lequel vit actuellement la Musulmane. Nous demandons une instruction, un métier pour devenir la vie. Affranchissons-nous de l’homme qui peut nous laisser mourir de faim si cela lui plaît. Ayons de l’éducation pour que les hommes futurs, par nous soient plus justes, plus humains”.502

Cinque anni dopo, l’8 gennaio 1929, Habiba Menchari, membro della sezione femminile della Section française de l’Internationale ouvrière (SFIO) prese la parola in pubblico, a viso scoperto, durante la conferenza su La femme musulmane de demain.

Pour ou contre le voile.

«Tunis socialiste» riportò un dettagliato resoconto della serata: erano presenti circa 900 persone e tra queste circa 400 erano donne musulmane velate appartenenti alla borghesia.503

Il discorso di Menchari toccò diverse questioni fondamentali: essa fece prima riferimento alla condizione della donna in Turchia e ai diritti che questa aveva acquisito in seguito alle riforme di Atatürk e poi alla situazione egiziana.

La plus complété réhabilitation de la femme turque vient d’ailleurs d’être consacrée par leur président Mustafà Kemal Pasha et le gouvernement républicain qui pour consacrer l’introduction des mœurs Européennes en Turquie ont décidé l’an passé que désormais seraient interdites formellement la polygamie et la répudiation de la femme au bon plaisir de l’homme. Cet événement à une grande répercussion sur la vie de la femme au foyer qui se sent alors maitresse d’elle-même. Elle n’est plus le jouet de l’homme rôle auquel on avait voulu la confiner jusqu’alors. La jeune fille turque contractant mariage a conscience qu’elle fonde un foyer et que la volonté de l’homme ne pourra rien pour le briser. La loi a aussi prévu le divorce mais il dépend désormais comme en Europe d’un jugement qui le rend assez difficile à obtenir. Les Egyptiens eux aussi ont suivi peu à peu la bonne voie qui a était tracée en Turquie. Cette évolution se fait surtout sur le banc des écoles et aurait pour base l’instruction. Car l’instruction qu’elles reçoivent leur permet de prendre part à n’importe quelle conversation et savent

502 CADN, Tunisie, Fonds Granchamp, 1893-1937, 1 TU/126-45, Presse, «Tunis socialiste», 29 febbraio

1924.

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174 parfaitement y faire valoir leurs connaissances. Grâce au Ministre de l’instruction publique Chamsy Pasha un grand mouvement s’opéré à l’heure actuelle.504

In Tunisia, invece, la condizione femminile restava immutata:

Nous autres pauvres nord-africaines qui pouvons-nous assimiler facilement à ce genre de vie Européenne – affermava Mechari - sommes séquestrées, dominées, par nos maris qui malgré l’instruction donnée par la France adapte encore ces coutumes. Ce qui est le plus comique c’est que tous reconnaissent leurs torts et conviennent de ces aveuglantes vérités; tous sans exception mais dans leur for intérieur quand à dire à proclamer leur opinion une frousse intense les empêche.505

L’elemento necessario per far uscire la donna da questa condizione di ignoranza era, ancora una volta, l’istruzione:

Dans le monde musulman on doit se rendre compte que l’instruction n’est pas un danger, et que l’ignorance est aussi bien pour l’homme que pour la femme la pire des infirmités et fait de nous de créatures inférieures.

Il faut que nos hommes nous aident nous ouvrent les portes et puis leur assurez dès lors qu’ils trouveront en nous leur idéal non de véritables machines à plaisir, mais de véritables femmes, des mères capables qui seront les premières éducatrices de leurs enfants car la bonne éducation des enfants dépend des qualités intellectuelles et morales de la mère, qui ne peut arriver à un résultat satisfaisant qu’en ayant reçu elles-mêmes une éducation pratique. Ils trouveront en nous de bonnes compagnes, leur alter égo.

Donc pour émanciper la femme musulmane, il faut briser les liens qui l’empêchent de se développer normalement, l’entourer des égards qui lui sont dûs, en faire une force bienfaisante au service des siens et de la société au lieu de continuer à être par la faute des institutions qui l’y maintiennent, parfois, une agente de démoralisation.

Anche in questo caso, il giornale «Tunis socialiste» evidenziò le parole pronunciate da Menchari: “Elle parla de l’évolution et de l’état d’âme de la fille de l’Islam […]. Elle démontra que le voile ne constituait nullement une protection de la femme indigène

504 Ivi, p. 172. 505 Ivi, p. 173.

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175 bien au contraire, qu’il n’était pas également, conformément à une légende communément acceptée par la grosse majorité de la population musulmane d’origine religieuse puisque du temps du prophète, les femmes sortaient le visage découvert et exerçaient comme les hommes tous le métiers”. Dopo aver fatto riferimento alla rivoluzione kemalista, citando l'esempio della Turchia dove le donne avevano entusiasticamente intrapreso la strada del progresso ed esortato i musulmani a vivere una vita moderna che garantiva pace e felicità soprattutto per le future generazioni, rivolse un vigoroso appello ai giovani dell'élite intellettuale chiedendo loro di essere gli artigiani dell'emancipazione delle loro sorelle.506 Menchari infatti aveva concluso il suo appassionato discorso esortando le figure più influenti ad attivarsi per realizzare il suo programma poiché “nous n’avons plus le temps de rêver, il faut que les rêveurs soient aujourd’hui l’exception”.507

Anche un altro tema venne ripreso dalla donna tunisina che si soffermò sul velo e sul suo significato:

Nous ne voulons plus de ce voile que l’arbitraire des hommes de notre sang nous oblige à porter. Nous n’en voulons plus, parce que, s’il est un symbole, c’est le symbole de la servitude dans laquelle nous vivons et de la misère matérielle et morale qui décime nos familles et qui nous met à la merci de l’étranger.508

Sulla stampa apparvero diversi articoli firmati dalla stessa Menchari incentrati sulla questione femminile tunisina. Nel giornale «Petit matin» del 20 marzo 1932 fu pubblicato il suo articolo La femme tunisienne aujourd’hui et demain. La sua riflessione partiva da due premesse in base alle quali non era possibile “isolare” la situazione della donna musulmana tunisina dalla condizione generale della donna araba mentre, dal punto di vista religioso, sottolineava come l’islam avesse migliorato la posizione della donna citando, ad esempio, le prescrizioni che riconoscevano alla donna, già da tredici secoli, il diritto di disporre liberamente dei propri beni al pari dell’uomo mentre alcune legislazioni occidentali ancora non lo garantivano.

506 CADN, Tunisie, Fonds Granchamp, 1893-1937, 1 TU/126-45, Presse, «Tunis socialiste», 10 gennaio

1929.

507 S. Bessis, Les Valeureuses. Cinq Tunisiennes dans l’Histoire, cit., p. 176. 508 Ivi, p.177.

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176 Purtroppo, nel corso dei secoli il ruolo della donna era stato relegato alle funzioni di moglie e madre, staccato sempre più dalla vita sociale all’interno della quale essa aveva il diritto di partecipare attivamente. “Les pays musulmans – sosteneva Menchari– se rendent compte même que la moitié de la population, si elle ne constitue un poids mort pour l'autre moitié, elle n'est pas pour le moins l'agent actif qui devrait aider à cette évolution à laquelle tout le monde aspire”.509 La ragione principale che aveva portato alla decadenza della donna era la condizione di ignoranza nella quale essa si trovava.

Le due pioniere appartenevano alla borghesia occidentalizzata della società tunisina degli anni Venti e facevano parte di una minoranza di cittadine che avevano accesso all’istruzione: il pubblico al quale i loro discorsi erano stati rivolti era formato da giovani musulmani condizionati dalla cultura occidentale e convinti del fatto che il paese doveva affrontare bisogni importanti e vitali come quello dell’emancipazione femminile.

D’altro canto, la parte più conservatrice della società che considerava l’emancipazione strettamente legata all’assimilazione, rimproverava alle due donne di essere intervenute in un contesto francese (il club de l’Essor), utilizzando la lingua francese, davanti a un pubblico favorevole alle loro idee e ritenendo il carattere del loro gesto estraneo al contesto sia nella forma che nel contenuto.510 Di conseguenza il loro invito pubblico all’abbandono del velo, percepito come un attentato ai fondamenti della società, scatenò una graffiante campagna d’opposizione tramite la stampa.

Tra coloro che criticavano gli interventi di Ouertani e Menchari troviamo il giovane Habib Bourguiba, in quel momento membro del Destour, il quale sosteneva la necessità di proteggere i caratteri culturali che contraddistinguevano l’identità di un gruppo sociale da un altro. Il futuro presidente al quale le donne tunisine devono la loro emancipazione era, all’epoca, un fervente difensore dello status quo e uno dei principali protagonisti della polemica che si creò sul tema.511 L’hijab era, per lui, un

509 CADN, Tunisie, Fonds Granchamp, 1893-1937, 1 TU/126-45, Presse, «Petit matin», 20 marzo 1932. 510 I. Marzouki, Le voile des colonisées, Tunisie, 1924-1936, in «Revue de l’Institut des belles lettres

arabes», 51, 1988, 161, pp. 59-89, p. 61.

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177 segno distintivo ed occorreva difenderlo: “Avons-nous intérêt à hâter, sans ménager les transitions, la disparition de nos mœurs, de nos coutumes, bonnes ou mauvaises et de tous ces petits riens qui forment par leur ensemble quoi qu’on en dise, notre personnalité? Ma réponse, étant donné les circonstances toutes spéciales dans lesquelles nous vivons, fut catégorique: non”.512

Di conseguenza tutto quello che avrebbe provocato cambiamenti alla moralità del popolo tunisino avrebbe portato all’indebolimento e alla frammentazione della sua personalità.

Era questo il punto sul quale Bourguiba insisteva maggiormente: “Tant que la femme musulmane sortira dans les rues la figure couverte d’un morceau d’étoffe noire ou brune, tant que les touristes, la contemplant, diraient: tiens c’est une femme arabe! Tant que chaque mâle pourra répudier son épouse, lui adjoindre une seconde, une troisième et une quatrième, achetées à leurs pères, il n’y aura rien à craindre pour notre individualité, et personne au monde n’osera y mettre le pouce ou l’index”.513

L’argomentazione principale per Bourguiba era legata alla volontà di mantenere e preservare, in quel preciso momento storico, l’individualità del popolo tunisino. Come ha sottolineato Sophie Bessis, la posizione del leader politico del Néo-Destour non era legata ad una concezione statica sul piano dei princìpi e dei valori ma era piuttosto connessa ad una questione di opportunità politica come si evince dalle parole di Bourguiba:

Est-ce à dire que, pour maintenir notre individualité, il faille repousser tout progrès, faire figure d’être préhistoriques […]? Pas davantage. L’évolution doit se faire, sinon c’est la mort […]. Le jour où la femme tunisienne, en sortant sans son voile n'éprouvera plus cette impression étrange qui est comme le cri de révolte de son atavisme inconscient, ce jour-là le voile disparaitra de lui-même, sans danger, car ce dont il était le symbole aura disparu”.514

512 «L’Étendard tunisien», 11 gennaio 1929, in I. Marzouki, Le voile des colonisées, Tunisie, 1924-1936,

cit., p. 71.

513 S. Chater, La femme tunisienne, citoyenne ou sujet?, cit., p. 77.

514 L’Étendard tunisien, 11 gennaio 1929, cit. in S. Bessis, Les Valeureuses. Cinq Tunisiennes dans

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178 Nonostante il significato simbolico e l’eco a livello giornalistico delle azioni delle due donne, esse rappresentarono comunque due fatti isolati che non ebbero effetti trainanti presso la maggioranza della popolazione femminile tunisina. Queste prime manifestazioni erano di carattere individuale e affrontavano il simbolo esteriore dell’oppressione femminile, il velo. Successivamente saranno le organizzazioni femminili a svolgere una funzione sociale di grande rilievo e ad occuparsi di diversi aspetti concernenti lo status della donna tunisina.

5.2. LE ASSOCIAZIONI FEMMINILI DAGLI ANNI VENTI AGLI ANNI