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La nuova sistemazione di piazzale Monte Grappa

2. Dalla tradizione all’innovazione: Varese e provincia

2.1 Gli aspetti general

2.2.2 La nuova sistemazione di piazzale Monte Grappa

La politica dei lavori pubblici impostata dal fascismo prese avvio già nei primi anni del ventennio di amministrazione fascista, ma si concretizzò a partire dalla fine degli anni Venti. All’industria automobilistica in espansione corrispose l’inaugurazione dell’auto- strada Milano-Laghi nel 1924. Oltre alla nuova rete stradale gestita da un’apposita azien- da autonoma, l’Azienda Autonoma delle Strade Statali (A.A.S.S.); molta rilevanza ebbero gli interventi per la trasformazione delle città, compiuti alla luce della politica dei lavori pubblici dopo il 1925.

In nome del “risanamento igienico” e del “decentramento” furono riqualificate importanti porzioni di tessuto urbano all’interno dei centri storici. Tutto questo fu seguito da una politica territoriale di “razionalizzazione” che coinvolgeva anche il potere economico. Lo “sfollamento delle città”, tramite l’eliminazione dei vecchi nuclei urbani che costituivano la città storica, ebbero come conseguenza l’allontanamento delle classi più povere, sosti- tuite dall’élite commerciale e industriale.

Il “piccone risanatore” divenne così un simbolo di “progresso fascista”. Molti terreni fu- rono espropriati, passati in mano pubblica, assegnati a banche e società assicurative che ne ricavarono utili enormi.

La stessa Varese fu coinvolta in queste operazioni per la realizzazione del nuovo centro. La nuova provincia varesina si distinse per lo sviluppo industriale nel settore meccanico e manifatturiero. A questo seguì il settore turistico. La politica di assistenza sociale voluta dal Regime utilizzò nuove aree marine, fluviali e montane.

Un altro aspetto coinvolse la creazione delle opere igieniche, fognature e sistemi di riordi- no delle acque. A Varese questo successe tra il 1927 e il 1928. Furono le opere viarie, nel territorio e nella città, che costituirono l’impresa maggiore alla luce della politica delle opere pubbliche; infatti come già accennato furono proprio i lavori stradali che il fasci- smo, fin dall’inizio, incentivò con notevole propaganda, attraverso la voce di Mussolini che affermò “.. io sono personalmente appassionato della strada. Le strade sono il sistema nervoso di un popolo, sono utili ai fini economici...”.

Fu proprio quest’ultimo aspetto che assunse vasta importanza nella politica proposta; nondimeno fu sempre presente la retorica sulla romanità, sui Romani grandi costruttori di strada; così sulla spesa totale erogata dal Governo per i lavori pubblici tra il 1922 e il 1929, il 20,6% venne destinato alle opere stradali.

Il nuovo assetto urbano fu ridisegnato a partire dalla revisione dei progetti riguardanti la viabilità e il traffico. Il Piano Regolatore, redatto dagli ingg. Piana e Ferrarioolo nel 1911, prevedeva gli sventramenti di Via Rezzano (ora Via Cattaneo) e Verbano (ora Via W.

della città. Fu quest’ultimo che favorì i collegamenti tra le strade provenienti da Como e Milano; le zone turistiche occupavano la parte Nord della città. Nel 1923 fu costruita l’autostrada Milano-Varese, realizzata con l’appoggio del Touring Club Italiano.

Nel 1923 venne deliberato l’allargamento di Viale Magenta, che costituì l’ingresso prin- cipale dall’autostrada alla città.

Nello stesso anno l’ing. AlbertoAlliaud, capo dell’ufficio tecnico comunale, predispose lo studio di massima del Piano Regolatore interno e d’Ampliamento. Il progetto prese spun- to da “un principio pratico per migliorare le condizioni igieniche ed estetiche del centro città di ampliare, migliorare ed ove possibile abbreviare le grandi trasversali cittadine di comunicazione dalle strade provinciali; di stabilire opportuni e migliori allacciamenti tra le castellanze e la città e infine di dare un assetto stradale alla parte esterna con logiche lottizzazioni, nelle zone ove più si sviluppò la fabbricazione, definendo una grande linea perimetrale dei colli, che conferì alla città una nuova attrattiva”.

L’ing. Alliaud, oltre a riprendere l’obiettivo del risanamento igienico già esposto nel pia- no del 1911, affrontò lo studio per la risoluzione del problema della viabilità e del traffico: egli suddivise in tre linee operative il progetto che previde per il centro cittadino rettifi- che, sistemazioni e l’allargamento delle principali arterie quali Via Manzoni, Via Volta, Via Cattaneo (ex Via Rezzano) e Piazza S. Vittore. Quest’ultimo ottenuto attraverso il prolungamento di Via Como e l’ampliamento di Vicolo Canonichetta, fino a stabilire la costituzione di un anello di circonvallazione intorno al nucleo centrale della città attraver- so il prolungamento di Via Magatti.

Secondariamente l’ingegnere propose una serie di allacciamenti delle castellanze con la città attraverso la costruzione di nuove vie e prolungamento di altre. Infine, e fu questo il punto in cui lo studio assunse maggior rilevanza, il piano espose il progetto per le tra- sversali che dovevano collegare l’autostrada, le provinciali provenienti da Como e Mi- lano con la Valganna, Porto Ceresio, il lago di Varese, Santa Maria del Monte e Laveno. La trasversale verso le ultime due località, implicò gli sventramenti di Via Verbano, Via Veratti, Via Manzoni e Via Volta in quanto detta arteria dovette attraversare, partendo dal Viale Magenta, il centro cittadino per confluire su Viale Aguggiari e via San Vito Silve- stro. Le prerogative per l’attuazione degli sventramenti, trovarono quindi la principale giustificazione del traffico, proveniente dalla zona sud-est di Varese, verso le località suddette, che inclusero le zone di villeggiatura; dove quest’ultime risultarono legate allo sviluppo del movimento turistico preposto nei programmi per l’assetto funzionale della città. In tale contesto non mancarono progetti ambiziosi che prevedevano, in connessione con le esigenze estetiche e di igiene, la distruzione pressoché totale del centro storico con sventramenti, ampliamenti e sostituzione dell’edilizia preesistente.

2.2.3 Il concorso

Nel 1925 l’architetto Federico Talamona studiò il Piano Regolatore della città. L’interven- to principale prevedeva la creazione di un nuovo corso che diveniva “la naturale prosecu- zione” dell’autostrada, demolendo gli antichi edifici prospicienti Via Manzoni sull’intera ala sinistra che doveva essere ricostituita con grandiosi fabbricati a portici; fu previsto inoltre l’allargamento della via sul lato destro fino a quattordici metri, determinando di conseguenza anche l’ampliamento di Via Volta fino all’imbocco di Piazza Monte Grappa. Attraverso questo studio, tutto il lato sinistro della Via Manzoni si presentava come un unico fabbricato suddiviso in quattro lotti. I concetti informatori che guidavano lo stu- dio del piano furono intesi alla prosecuzione dell’autostrada con un grande corso che attraversava la Piazza Monte Grappa ampliata e che proseguiva per Via Verbano, il cui allargamento fino a sedici metri era già stato deliberato. Lo studio di piano regolatore interno fu basato sulle direttive del nuovo corso, potenziando inoltre il calibro statale del Corso Vittorio Emanuele mediante la sistemazione dei quartieri laterali, col presupposto di cambiare il volto alla città. “Il progetto di un nuovo corso da Piazza Mercato e Piazza Monte Grappa si inquadra benissimo in quello della trasversale e lo completa per ciò che riguarda il transito in Varese del movimento automobilistico delle autostrade. Attraverso questo nuovo cono, le automobili arrivano comodamente fino alla Piazza Monte Grappa, da dove proseguono per Lavano passando dalla Via Verbano, o verso Campo dei Fiori, Sacro Monte, la Valcuvia e Luino passando per il Corso Vittorio Emanuele o attraverso la Via Veratti”.

Tali scelte erano dettate ancora dai parametri della città ottocentesca, specchio di ciò che contemporaneamente avvenne a Roma. Le direttive mussoliniane interessarono la mag- gioranza delle città italiane, espressione del rapporto tra la romanità impersonata dalla capitale. Anche Varese fu oggetto di studi da parte di architetti, anche se le scelte operate per la sua elezione a capo-provincia furono in parte realizzate.

Dopo l’archiviazione del Piano Regolatre del Talamona, nel 1926, si deliberò l’allarga- mento di Via Verbano, Via Veratti e Piazza Monte Grappa; nello stesso anno procedettero i lavori per l’ampliamento di viale Magenta, la cui sede stradale venne portata a 16 metri dall’autostrada all’incrocio di Via Piave e a tredici metri da quest’ultima a Piazza Mercato. È evidente in tale contesto, la rilevanza che assunsero le opere stradali, soprattutto nel Nord Italia, nell’ottica dei lavori pubblici, come la città di Varese che offre un’ampia te- stimonianza operativa a partire dal 1927. Da questo momento, si manifestarono in tutta la loro concretezza, i propositi inerenti al cambiamento dell’assetto territoriale e fisico della città nell’ambito dei provvedimenti a carattere pubblico che risultarono essere, per la nuo-

che trovarono l’attuazione in seno al nuovo ruolo che la città assolse e delle definizioni funzionali attribuitele. Infatti la politica delle opere pubbliche, in particolar modo quelle stradali e assistenziali, venne condotta in base alla legge sui Centri Turistici e di Cura. Questa varrà a Varese il riconoscimento ufficiale di stazione di cura, soggiorno e turismo, avvenuto con D.M. 25 aprile 1929 n. 2635. La realizzazione dei propositi assunti prese corpo tramite il Prefetto Motta e il Commissario straordinario della provincia, Aldo Bon- figlio, i quali affidarono lo studio per il nuovo assetto stradale della provincia, all’ing. Piero Puricelli, personalità rilevante nel settore delle costruzioni stradali e autostradali. Tutto ciò avvenne coerentemente agli interessi economici in atto e al ruolo che giocarono le grandi imprese di costruzioni stradali.

Un’attenzione particolare è dedicata all’opera denominata “Stazione delle Ferrovie dello Stato, Viale Aguggiari”. Il progetto venne così descritto dal podestà Domenico Castellet- ti: “Varese sarà percorsa in tutta la sua lunghezza, da un’arteria ampia, comoda, lungo la quale tutte le provenienze dalle importantissime strade provinciali di Milano e di Como, potranno agevolmente dirigersi verso le altre strade provinciali per i laghi Maggiori e di Lugano e per le zone più alte della villeggiatura varesina (Sant’Ambrogio, Velate, Sacro Monte, Campo dei Fiori); tale arteria dovrà raccogliere il traffico diretto e proveniente dalle mete suddette, ed anche il transito delle autostrade e quello della Stazione delle Fer- rovie dello Stato”. L’intervento che comportò la spesa di L.13.000.00, implicò lo sven- tramento di Via Verbano, Via Veratti, Via Manzoni, Via Volta e Piazza Monte Grappa. L’attuazione del piano procedette parzialmente attraverso varie delibere, in quanto il Co- mune necessitò di un nuove piano regolatore generale ed affidò lo studio di quest’ultimo all’architetto romano Vittorio Ballio Morpurgo.

Sempre nel 1927 il podestà deliberò l’allargamento del primo tratto di Via Veratti; il con- cetto informatore che guidò l’intervento fu quello di sfollare il Corso Vittorio Emanuele, convogliando per la via stessa il movimento automobilistico e tramviario proveniente dalle stazioni ferroviarie e l’autostrada, per dirigerli verso il Sacro Monte e la Valcuvia; l’ampiezza dell’arteria venne portata a tredici metri. L’operazione più rilevante si manife- stò nella primavera del 1928 con lo sventramento sul lato ovest di Via Verbano ampliata fino a diciassette metri. Questa, ubicata tra Piazza Monte Grappa e l’incrocio di Via Sacco e Via Veratti, costituì così la “naturale prosecuzione” della trasversale, un palliativo che nascose la vittoria del potere centrale e di quello economico in esso rappresentato. Grande eco ebbe l’intervento sull’arteria centrale della città “opera veramente del regime, perché malgrado la lontana e lunga preparazione, solo l’accelerato ritmo fascista poteva riportarla dallo stato di progetto a quello di realtà...”. Gli echi della “volontà” e del “ritmo fascista” vennero trasmessi dalla voce dei quotidiani locali che con giustificazioni inerenti

la distruzione del centro cittadino, dove le forze economiche, rappresentate soprattutto da società finanziarie, quali banche, enti assicurativi, ecc.. furono interessate ad appropriarsi delle “appetitose” aree centrali, attuando, così i fenomeni di speculazione edilizia legata al conseguente aumento della rendita fondiaria. Non a caso il progetto della trasversale, venne dichiarato di pubblica utilità in base ad un decreto ministeriale, consentendo così l’esproprio degli antichi stabili ricadenti nelle aree oggetto di sventramenti.

I fenomeni che seguirono, furono la sostituzione dei vecchi edifici con sedi bancarie, sedi assicurative, negozi e appartamenti di lusso favorendo così l’espulsione dei ceti più disagiati e definendo la gerarchizzazione delle aree. Il mito del “piccone risanatore” ri- specchiò la concezione ottocentesca di riqualificazione e rifunzionalizzazione delle città. L’assenso a questo tipo di politica, fu così espressa anche dagli organi ufficiali della città “... si era ventilato un progetto di circonvallazione, evitando così l’attraversamento della città, ma la proposta se attuata, avrebbe portato un duplice danno alla città ritardando il suo rinnovamento edilizio interno e togliendone un movimento che in prossimo avvenire costituirà una delle sue maggiori fortune”, e ancora l’intolleranza verso il preesistente in nome della modernità per uno stato attuale e rivoluzionario, fu chiaramente manifestata di fronte allo “spettacolo” degli sventramenti “impressione aggiungo subito che non può non essere favorevole, come di chi si accorge di entrare in un ambiente vecchio, inadatto ormai a nuove imperiose esigenze e che è messo a soqquadro perché si vuoi sostituire qualcosa di meglio, di più aerato e più moderno”.

Nello stesso anno in cui si eseguì lo sventramento di Via Verbano, il podestà deliberò la parziale demolizione di Piazza Grappa dove, vennero abbattuti due edifici posti all’im- bocco di Corso Vittorio Emanuele. Questo non fu che l’inizio della modifica formale e spaziale della piazza che nel 1936 si presentò in una veste totalmente nuova, rispecchian- te i principi “urbanistici” e i miti del regime.

In attesa della definizione del Piano Regolatore della città, illustrato in relazione al Piano d’Ampliamento, il Podestà Domenico Castelletti, con delibera 7 giugno 1929, approvò il Piano Regolatore del nucleo centrale della città (Piazza Monte Grappa, Via al Campanile, Via Volta). Il progetto, elaborato dall’arch. V. Morpurgo, si presentò come fase interme- dia tra la delibera del 28 Aprile 1928 e la delibera del 2 Novembre 1929. L’architetto Morpurgo, esplicando le medesime premesse illustrate per il Piano Regolatore Generale, riconfermò la linea progettuale impostata precedentemente; infatti, lo studio ripropose la sistemazione originaria prevista per Piazza Monte Grappa sottolineandone il ruolo di “sosta e sfogo al traffico cittadino e a svolgimento di nuove attività a Sud-Est di Varese, attraverso la nuova Via alla Motta in progetto”.

di quest’ultima), nel quale confluirono le maggiori radiali di penetrazione alla città; una piazza, anch’essa rettangolare (nella zona Sud), che costituì lo slargo di Via Bernascone. La nuova Piazza Monte Grappa, secondo le previsioni del progettista, doveva essere de- limitata da edifici monumentali. L’architetto, in sede di studio, progettò l’allargamento e la rettifica di Via Volta, in quanto uno dei principali assi di penetrazione in Piazza Mon- te Grappa. Egli inoltre studiò la “sistemazione”, attraverso sventramenti e allineamenti stradali, del quartiere di Piazza Marsala e Via Leopardi. Fu su quest’ultima direttiva che Morpurgo progettò la trasversale (Via al Campanile) in asse con la nuova piazza, impli- cando contemporaneamente l’isolamento della Basilica di San Vittorie. Un nuovo trac- ciato stradale, ad andamento curvilineo, venne proposto a collegamento tra Via Como e Via Veneto, comportando lo sventramento dell’isolato fra le arterie a Est di Piazza San Vittore. La via progettata costituì il prolungamento di via Magatti che si allacciò più a monte con Via Dandolo. Venne così a costituirsi un anello stradale che cinse il nucleo cen- trale della città. Nel contesto complessivo, il piano per la zona centrale rimase invariato rispetto al progetto originario.

Lo studio per la sistemazione del nucleo centrale di Varese venne sottoposto all’approva- zione della Prefettura, del Genio Civile e alla Sovrintendenza di Arte Moderna e Medioe- vale. Quest’ultima, nell’esaminare il progetto presentato dall’Amministrazione Comuna- le, espresse alcune obiezioni sui programmi di intervento relativi a varie zone del nucleo centrale della città:

- Area di Piazza Monte Grappa. La Sovrintendenza non approvò l’andamento curvilineo (per motivi “estetici”) del nuovo tronco stradale che tagliava l’isolato tra Via Como e via Vittorio Veneto.

- Nuova Via al Campanile. Per la nuova arteria che collegava Piazza Monte Grappa con Piazza San Vittore e che inquadrava la visuale del campanile del Bernascone, la Sovrin- tendenza ritenne opportuno diminuirne l’ampiezza (prevista a mt. 12) evitando così, la subordinazione spaziale di Piazza Monte Grappa alla nuova Via al Campanile.

- Piazza Giovane Italia e Piazza della Canonica. La Sovrintendenza si oppose alla soluzio- ne progettata da Morpurgo che prevedeva l’unione delle due aree per formare un’ampia piazza (a Est di Piazza San Vittore) in quanto l’intervento implicava, secondo l’opinione dell’autorità suddetta, la perdita di un ambiente “pittoresco”.

- Piazza San Vittore. La Sovrintendenza non approvò il progetto per la nuova soluzione planimetrica e architettonica della piazza, imponendo il mantenimento dei caratteri plani- metrici originari (si ribadirono i motivi espressi per Piazza Giovane Italia e Piazza della Canonica).

modifiche relative all’ingegnere Alberto Alliaud, capo dell’Ufficio Tecnico Comunale. Quest’ultimo, per l’elaborazione del nuovo piano, partì dalle considerazioni già espres- se dall’architetto Morpurgo e, in sostanza, l’elaborazione del progetto non variò nelle linee essenziali programmate da quest’ultimo. L’ingegnere Alliaud previde, riferendosi al vecchio piano, l’ampliamento di Via Manzoni (operazione ritenuta necessaria al com- pletamento del progetto per la sistemazione di Piazza Monte Grappa e l’ampliamento di Via Volta). Con l’intervento su Via Manzoni, venne completata la grande trasversale a collegamento tra Viale Magenta (che riuniva le provenienze da Milano e Gallarate) e Via Verbano e Veratti (che dirigevano verso Laveno, Luino e Campo dei Fiori). Seguendo le direttive imposte dalla Sovrintendenza, l’ingegnere Alberto Alliaud, previde un tracciato rettilineo tra Corso Roma e Via Volta.

In concomitanza di ciò fu modificata l’ampiezza di Piazza Monte Grappa. Sempre in base a quanto esplicitato dall’autorità, l’ingegnere riprese in esame la sistemazione di piazza della Canonica e di Piazza Giovane Italia (situate a Nord del nucleo urbano); per quest’ultima, Alliaud elaborò una modifica planimetrica attraverso l’allineamento e la ret- tifica degli edifici che la racchiudevano; per Piazza della Canonica fu invece elaborato il progetto per l’allargamento sui due fianchi, verso Sud e Nord, in modo da isolare Palazzo della Canonica. In Piazza San Vittore si previde la costituzione di due palazzi di modesta mole ai lati della piazza. Le linee generali del nuovo Piano Regolatore, come preceden- temente citato, trovarono così la propria base progettuale nello studio del 1928-29, dove Morpurgo esplicitò le proprie radici ideologiche nell’ambito dell’esperienza romana e delle teorie sull’urbanistica di Gustavo Giovannoni.

L’ing. Alberto Alliaud manifestò la propria adesione al piano Morpurgo tramite lo studio elaborato nel 1930, nel quale limitò gli interventi alle direttive poste dalla Sovrintenden- za, non andando oltre queste e quelle definite dall’architetto romano.

Il piano Alliaud venne approvato dal Podestà con delibera 26 gennaio 1931. Dopo com- plesse vicende il 6 aprile 1933 venne approvato il piano regolatore edilizio della zona centrale della città.

Il Podestà di Varese bandì quindi un pubblico concorso nazionale per tale sistemazione, in modo da poter scegliere, attraverso l’esame degli elaborati presentati dai concorrenti. “il professionista al quale possa sicuramente essere affidata l’esecuzione dei progetti dei vari prospetti dei nuovi edifici fronteggianti la piazza Monte Grappa e la relativa direzione artistica dei lavori, così da poter ottenere una sistemazione organica e bella della nuova piazza”. Nel bando-programma si leggeva: “lo studio dovrà seguire una concezione di nobilità e di senso d’arte tale che, segnando l’epoca presente, si inspiri però a gusto e tradizioni italiane. II progettista dovrà forzatamente tener presente, nel suo studio, l’esi-

della piazza o in contiguità della stessa o in costruzione e il cui progetto fu già approvato, possono in qualche modo influire sul complesso architettonico”.

Oltre alla richiesta di creare opportuni passaggi sotterranei, i portici della parte centrale della piazza, i progetti dei palazzi furono indicati con apposite lettere: A, B, D, F, (case di abitazione con negozi), C (palazzo del consiglio provinciale dell’economia), E (casa di abitazione o palazzo per pubblici uffici). Inoltre nella piazza si dovette studiare la sistemazione di una civica torre campanaria alla quale si potesse trovare posto, sia incor- porandola nel palazzo del consiglio di economia, sia ricavandola in uno dei lotti per case di abitazione, sia anche nella stessa piazza, a giudizio del concorrente. Per l’ammissione al concorso gli architetti e gli ingegneri dovettero dimostrare di essere iscritti ad uno dei

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