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L'architettura fra le due guerre in provincia di Varese. Conoscenza e catalogazione

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Academic year: 2021

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Politecnico di Milano

Scuola di Architettura Civile Corso di Laurea in Architettura

Tesi di laurea di Alessandra Saldini matr. 174180

Relatore

Prof. arch. Anna Anzani Correlatori

Arch. prof. Eugenio Guglielmi Arch. prof. Angela Baila

a.a. 2014/2015

L’architettura fra le due guerre

in provincia di Varese

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A Francesco e Diego, ai miei genitori e alla nonna Martina

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Il tema affrontato da questa tesi, per la sua complessità, mi ha condotto ad avvalermi dell’apporto tecnico-culturale di molte persone.

In particolare voglio ringraziare il professor Eugenio Guglielmi per la ricerca storica e la sua metodologia, le professoresse Anna Anzani e Angela Baila per il controllo scientifico del lavoro, l’architetto Marco Offredi per le note estimative sugli edifici e il personale degli Uffici tecnici comunali per la raccolta dei materiali.

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Indice

Abstract 23

Prefazione 25

Premessa 29

1. Varese: dalla città giardino alla città di regime, uno stato dell’arte 31

1.1 Introduzione 31

1.2 La nuova provincia nelle opere di regime 35

1.3 Gli edifici pubblici 43

1.4 Gli edifici dell’architetto Vittorio Morpurgo in Varese 47

1.5 La Casa del Fascio di Mario Loreti 59

1.6 Novecento e Novecentismi 63

1.6.1 Neoclassicismo, Razionalismo e Novecentismo 64 1.7 Le colonie e il rapporto con il territorio 81 1.7.1 L’importanza degli elementi naturali 83 1.7.2 L’organizzazione funzionale delle colonie 84

2. Dalla tradizione all’innovazione: Varese e provincia 87

2.1 Gli aspetti generali 87

2.2 Il Capoluogo 97

2.2.1 Documentazione iconografica 101

2.2.2 La nuova sistemazione di piazzale Monte Grappa 112

2.2.3 Il concorso 114

2.3 Gallarate e Busto Arsizio negli anni Trenta: realtà a confronto 131

2.3.1 Gallarate 131

2.3.2 Busto Arsizio 132

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3. Atlante 167

3.1 Introduzione 168

3.2 Comune di Varese 169

3.2.1 Gli edifici esistenti 170

3.2.2 Edifici che hanno subito trasformazioni o sono stati demoliti 171

3.3 Comune di Busto Arsizio 178

3.3.1 Gli edifici esistenti 179

3.3.2 Edifici che hanno subito trasformazioni o sono stati demoliti 181

3.4 Comune di Gallarate 191

3.4.1 Gli edifici esistenti 192

3.4.2 Edifici che hanno subito trasformazioni o sono stati demoliti 192

3.5 Comuni in provincia di Varese 199

3.5.1 Gli edifici esistenti 200

3.5.2 Edifici che hanno subito trasformazioni o sono stati demoliti 202

Conclusioni 225

Apparati 227

Bibliografia 227

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1. Ingresso del mercato coperto a Varese, ing. Alberto Alliaud, 1931 ...pag.28 2. Scorcio su Piazza Monte Grappa con la Torre Littoria progettata dall’arch. Mario Loreti, 1933 ...pag.34 3. La provincia di Varese secondo la suddivisione territoriale della sua istituzione (1926-1927) ...pag.41 4. Quadro dimostrativo delle opere realizzate dal Regime nei Comuni della provincia di Varese ...pag.42 5. Pianta del quartiere Garibaldi, ing. Donnini (1939), Archivio di Stato di Varese, 1930-1940 ...pag.42 6. “Costruzioni in cemento ed edilizia autarchica” ...pag.43 7. A. Mazzoni, Palazzo delle Poste di Sabaudia, fascio portabandiera, 1934 (foto Anderson) ...pag.44 8. Consorzio Agrario della Provincia di Pavia (Archivio Guglielmi) ...pag.44 9. G. Terragni, Monumento ai Caduti di Como ...pag.44 10. A. Mazzoni, Palazzo delle Poste di Ragusa, 1932 (foto Anderson, Roma) ...pag.44 11. S. Caronia, Consiglio Provinciale delle Corporazioni di Enna (Archivio Guglielmi), 1939 ...pag.45 12. A. Mazzoni, Palazzo delle Poste, Varese, 1933 ...pag.45 13. M. Loreti, Piazzale Monte Grappa, Varese, 1933 ...pag.45 14. A. Mazzoni, Stazione di Firenze, Santa Maria Novella, 1932 (foto Anderson, Roma) ...pag.45 15. A. Mazzoni, Palazzo delle Poste, Grosseto, 1936-1937 ...pag.45 16. O. Aloisio, Casa Littoria, Asti, 1934-1935...pag.45 17. M. Loreti, Palazzo del Litttorio, Varese, 1932-1933 (Archivio Guglielmi)...pag.46 18. Erich Mendelsohn, Haus des Deutschen Metallarbeiter-Verbandes, 1930 (foto Schroeter) ...pag.46 19. G. Ponti, Nuovo Palazzo Montecatini, Milano, 1933-34 ...pag.46 20. Il Convitto civico di Vittorio Morpurgo, veduta generale dell’edificio, 1916 ...pag.49 21. Il Convitto civico, veduta del prospetto posteriore ...pag.49 22. Il Convitto civico, ingresso posteriore ...pag.49 23. Il Convitto civico, veduta del fianco ...pag.50 24. Il Convitto civico, veduta del prospetto posteriore ...pag.50 25. Il Convitto civico, planimetria generale ...pag.51 26. Il Convitto civico, pianta dei piani ...pag.51 27. Fondale per l’ingresso principale dipinto da Giulio Rosso ...pag.52 28. La sala del parlatorio decorata da Giulio Rosso ...pag.52 29. Volta a cassettoni dipinta ...pag.52 30. Decorazioni murali di Giulio Rosso nella sala del refettorio ...pag.53 31. Decorazioni murali di Giulio Rosso nella sala del refettorio ...pag.53 32. Decorazioni murali di Giulio Rosso nella sala del refettorio ...pag.54 33. Decorazioni murali di Giulio Rosso nella sala del refettorio ...pag.54 34. La Casa del Balilla progettata da Vittorio Morpurgo nel 1928, prospetto anteriore ...pag.55

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37. La Casa del Balilla, pianta del piano primo ...pag.56 38. La Casa del Balilla, il salone ...pag.57 39. La Casa del Balilla, il salone ...pag.57 40. Il portale d’ingresso al salone (ferri battuti e decorazioni a colori smaglianti su sfondo avorio) ..pag.58 41. L’abside del salone, pitture di Giulio Rosso ...pag.58 42. Il loggiato nel salone ...pag.58 43. La Casa del Fascio di Mario Loreti, fronte posteriore, 1933 ...pag.60 44. La Casa del Fascio, fronte dell’edificio con l’ingresso principale ...pag.60 45. La Casa del Fascio, pianta del piano terra ...pag.61 46. La Casa del Fascio, pianta del piano primo ...pag.61 47. La Casa del Fascio, pianta del piano secondo ...pag.61 48. La Casa del Fascio, fronte principale ...pag.62 49. Marcello Piacentini, Palazzo delle Poste, Piazza della Vittoria, Brescia, 1932 ...pag.70 50. Giovanni Muzio, Vestibolo della Banca Popolare di Bergamo, 1926-1927 ...pag.70 51. G. Bergomi, L. M. Caneva, Progetto per una casa di campagna ...pag.70 52. Giovanni Muzio, Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano, 1927-1932 ...pag.71 53. Emilio Lancia e Gio Ponti, Casa Torre (Casa Rasini), 1932-1935 ...pag.72 54. Alessandro Rimini, Casa Torre (Torre SNIA), Corso Matteotti, Milano, 1935-1937 ...pag.72 55. Alessandro Rimini, Casa Torre (Torre SNIA), Corso Matteotti, Milano, 1935-1937, interno ...pag.72 56. Alessandro Rimini, Casa Torre (Torre SNIA), Corso Matteotti, Milano, 1935-1937, interno ...pag.72 57. Piero Portaluppi, Palazzo per abitazioni e uffici, Corso Venezia, Milano, 1926-1930 ...pag.73 58. Pier Giulio Magistretti, Fronte di piazza Beccaria della Galleria del Corso, Milano, 1926-1930 .pag.73 59. Bastioni di Porta Venezia, Milano, 1933-1934 ...pag.73 60. Marcello Piacentini, Palazzo di Giustizia, Milano, facciata principale, 1932-1940 ...pag.74 61. Palazzo di Giustizia, Milano, Cortile d’onore ...pag.74 62. Palazzo di Giustizia, Milano, interno ...pag.74 63. Giuseppe Vaccaro, Palazzo delle Poste e Telegrafi, Napoli, 1930 ...pag.74 64. Gino Levi Montalcini, Giuseppe Pagano, Palazzo Gualino, Torino, 1928-1930 ...pag.75 65. Giuseppe Terragni, Studio per la Casa del Fascio, Como, 1933-1934 ...pag.75 66. Alberto Sartorius, Notre Dame du Phare, assonometria, 1931 ...pag.76 67. Mario Radice, “Omaggio a Novalis”, 1938 ...pag.76 68. Luigi Piccinato, Casa della Gioventù Balilla, Benevento, 1936-1937 ...pag.76 69. Istituto Superiore di Ingegneria, Bologna, 1940 ...pag.77 70. Pietro Aschieri, Città Universitaria, Roma, Istituto di Chimica, 1933 ...pag.77 71. Marcello Piacentini, Città Universitaria, Roma, il Rettorato, 1935 ...pag.77 72. Alziro Bergonzo, Casa Littoria di Bergamo, 1938-1940 ...pag.77

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75. Ludwing Moshamer, Ambasciata del Giappone in Germania, Berlino, 1943 ...pag.78 76. Alziro Bergonzo, Casa Littoria di Bergamo, 1938-1940, atrio ...pag.78 77. Camillo Greco-Nardi, Lorenzo Castelli, Casa della Madre e del Bambino, Genova ...pag.78 78. Marcello Piacentini, il Banco di Napoli, 1940 ...pag.78 79. Alziro Bergonzo, Casa del Fascio, Ponte San Pietro (Bergamo), 1939 ...pag.78 80. Alziro Bergonzo, Casa Littoria di Bergamo, 1938-1940, particolare esterno ...pag.79 81. M. Nizzoli, G. Palanti, E. Persico, L. Fontana, VI Triennale, Sala della Vittoria, 1936 ...pag.79 82. A. Libera, M. De Renzi, Palazzo delle Poste all’Aventino, Roma, 1933...pag.79 83. G. Muzio, G. Paniconi, G. Pediconi, E-42, Roma, veduta dell’esedra, 1939-1940 ...pag.80 84. Ingresso del mercato coperto, ing. Alberto Alliaud, 1931 ...pag.90 85. Il Mercato coperto realizzato dall’ing. Alberto Alliaud nel 1931 ...pag.91 86. Il Palazzo delle poste, Angelo Mazzoni, 1933 ...pag.91 87. Palazzo delle Poste, particolari delle statue in bronzo collocate sulle semicolonne centrali. ...pag.92 88. Rapporto di volumi tra gli edifici retrostanti Piazzale Monte Grappa ...pag.93 89. Palazzo Verga, 1933-34 ...pag.93 90. Soluzione per il sottopasso nella zona retrostante di Piazza Monte Grappa ...pag.94 91. Il Palazzo delle Corporazioni in una foto d’epoca ...pag.94 92. La sistemazione di Piazzale Littorio, 1936-1937, Archivio di Stato di Varese, Cat. X - cart. 55 ..pag.95 93. Architetto Federico Talamona, La nuova Piazza Impero nella sistemazione del 1939 ...pag.95 94. Architetto Mario Loreti, Palazzo Castiglioni, 1937-1939 ...pag.96 95. Architetto Mario Loreti, Palazzo delle Assicurazioni RAS, 1935 ...pag.96 96. Palazzo di Giustizia, architetto Vittorio Morpurgo, 1928-1929, particolare dell’ingresso ...pag.101 97. Palazzo di Giustizia, 1928-1929, particolare del fronte ...pag.101 98. Palazzo di Giustizia, 1928-1929, particolare ...pag.101 99. Palestra O.N.B., 1928-1929 ...pag.102 100. Palestra O.N.B., 1928-1929, particolari del fronte ...pag.102 101. Casa del Balilla, 1928-1929 ...pag.103 102. La Colonia Elioterapica in una foto d’epoca, 1930 ...pag.103 103. Il Palazzo Littorio, vista del retro ...pag.104 104. Archh. Beltrami e Pestalozza, prospettiva del Concorso regionale, 1932 ...pag.104 105. Ingg. Coltro e Bianchi, planimetria generale dell’Ospedale psichiatrico, 1935-1937 ...pag.104 106. Ospedale psichiatrico, ingegneri Filippo Bianchi e Virgilio Coltrio, 1935/37 ...pag.105 107. Ottavio Coletti, Casa del Mutilato, 1939, prospettiva di progetto, Varese, Archivio di Stato ...pag.105 108. L’attuale fronte del Macello Civico realizzato tra il 1935 e il 1939 ...pag.106 109. Macello Civico, visione prospettica del progetto non realizzato, Archivio Comune Varese ...pag.106 110. Varese, entrata dell’Ippodromo, Paolo Vietti Violi, anni Trenta ...pag.107

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113. Varese, Palazzo De Micheli, Ing. Flumiani, 1927/28 ...pag.108 114. Casa Sciarini a Varese tra Corso Roma e via Magatti, Antonio Mazzoni, 1931 ...pag.108 115. Casa Sciarini, la soluzione di aggancio con la Chiesa di San Giuseppe. ...pag.108 116. Casa Antonetti, Alfredo Speroni, 1936, Archivio di Stato di Varese, ed privata, cart 3 ...pag.109 117. Prospetto di casa Bernasconi su via Veneto, A. Pezzani, 1938, Archivio di Stato di Varese ...pag.109 118. G. Muzio, 1939, Oratorio di Sant’Antonio a Varese ...pag.110 119. G. Muzio, Oratorio di Sant’Antonio a Varese: progetto iniziale e finale. ...pag.110 120. L’attuale edificio Sede dell’INAIL, Ing. E. Suardo, 1939 ...pag.111 121. Schema di Piazzale Monte Grappa come si presentava nel 1933 ...pag.123 122. Il Piano Regolatore della zona centrale di Varese. Le aree sottoposte a vincolo di esproprio ...pag.124 123. Proposta dell’arch. Talamona (1925-1926) per il Piano Regolatore della Città di Varese ...pag.124 124. L’evoluzione urbanistica di Varese dalla fine dell’800 ...pag.124 125. Le nuove direttrici di traffico proposte dal Piano Regolatore dell’arch. Morpurgo ...pag.125 126. Piazzale Monte Grappa, planimetria generale dopo gli interventi di concorso ...pag.126 127. La costruzione di Palazzo Verga all’estremità di Piazza Monte Grappa (foto d’epoca) ...pag.127 128. Prospetto dell’edificio per abitazioni e la Torre Littoria, ...pag.127 129. Visione prospettica della sistemazione di P.za Monte Grappa, 1° classificato al Concorso ...pag.127 130. 1° classificato al Concorso di sistemazione di Piazza Monte Grappa, (1933) ...pag.128 131. 1° classificato al Concorso di sistemazione di Piazza Monte Grappa, (1933) ...pag.128 132. Vista dall’alto di Piazza Monte Grappa dopo la sua realizzazione, anni Cinquanta ...pag.129 133. Incontro tra Piazza Monte Grappa e via Bernascone, anni Cinquanta ...pag.129 134. Visioni prospettiche del contesto generale di Piazzale Monte Grappa, anni Cinquanta ...pag.130 135. Visioni prospettiche del contesto generale di Piazzale Monte Grappa. ...pag.130 136. Il Villino Colombo progettato dall’architetto Alessandro Minali, giardino sul fianco destro....pag.134 137. Il Villino Colombo, ingresso principale ...pag.135 138. Il Villino Colombo, pianta del piano terra ...pag.136 139. Il Villino Colombo, pianta del piano primo ...pag.136 140. Il Villino Colombo, porta sul lato destro...pag.137 141. Il Villino Colombo, interno ...pag.137 142. Il Villino Colombo, particolare esterno...pag.138 143. Il municipio di Arcisate, 1930, fronte ...pag.145 144. Il municipio di Arcisate, particolare ...pag.145 145. Il municipio di Arcisate, particolare ...pag.145 146. La Colonia elioterapica di Barasso, 1938 ...pag.146 147. La Colonia elioterapica di Barasso ...pag.146 148. La Colonia elioterapica di Barasso ...pag.147

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151. La Casa del Littorio a Brusimpiano, anni Trenta ...pag.148 152. Particolare della torre ...pag.148 153. La Casa del Fascio a Cairate, anni Trenta ...pag.149 154. Particolare ...pag.149 155. La “Torre Mussolini” a Cairate, anni Trenta ...pag.149 156. Il Campeggio di Laveno Ponte Tresa, ingresso, anni Trenta ...pag.150 157. La Scuola Comunale di Caronno Ghiringhello, particolare della cancellata, anni Venti ...pag.150 158. La Scuola Comunale di Caronno Ghiringhello, particolare della cancellata, anni Venti ...pag.151 159. Castelveccana, La scuola elementare “Bruno Granelli”, anni Trenta ...pag.151 160. Castelveccana, Edificio scolastico, particolare ...pag.152 161. Castelveccana, Edificio scolastico, particolare ...pag.152 162. Cassano Magnago, la Colonia elioterapica, anni Venti ...pag.153 163. Fagnano Olona, muro di cinta, anni Trenta ...pag.153 164. Fagnano Olona, Padiglione della Colonia elioterapica, 1937 ...pag.154 165. Fagnano Olona, Edificio scolastico, 1937 ...pag.154 166. Gavirate, Consultorio comunale, 1937 ...pag.155 167. Gazzada Schianno, ex Casa della G.I.L., particolare ...pag.155 168. La Colonia elioterapica di Germignaga, fronte, 1933 ...pag.156 169. La Colonia elioterapica di Germignaga, lato dello stabile ...pag.156 170. La Colonia elioterapica di Germignaga, ingresso ...pag.157 171. Particolare dell’interno ...pag.157 172. La Chiesa dei Santi Pietro e Paolo a Lonate Ceppino, 1931/32 ...pag.158 173. Pianta della Chiesa dei SS. Pietro e Paolo ...pag.158 174. Luino, ex Casa del Fascio, anni Trenta ...pag.159 175. Luino, Palazzo Comunale, anni Trenta ...pag.159 176. Porto Valtravaglio, “Albergo del sole”, 1930/40 ...pag.160 177. Particolare dell’”Albergo del sole” ...pag.160 178. Samarate, Municipio, 1936 ...pag.161 179. Saronno, Scuola “Ignoto Militi”, 1936 ...pag.162 180. Saronno, Scuola “Ignoto Militi”, particolare ...pag.162 181. Saronno, Edificio della “Cassa di Risparmio”, fronte ...pag.163 182. Saronno, Edificio della “Cassa di Risparmio”, lato ...pag.163 183. Saronno, Fabbrica “LUS” ...pag.164 184. Saronno, Fabbrica “LUS”, ingresso ...pag.164 185. Somma Lombardo, Scuola elementare, 1932 ...pag.165 186. Somma Lombardo, Caserma dei Vigili Urbani, 1934 ...pag.166

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222. Carta Tecnica Regionale, Regione Lombardia, Scala 1:10.000 ...pag.178 271. Carta Tecnica Regionale, Regione Lombardia, Scala 1:10.000 ...pag.191 302. La provincia di Varese suddivisa per Comuni ...pag.199

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Indice delle opere

Architetture a Varese

Edifici pubblici

189. Casa del Balilla ...pag.172 190. Casa del Mutilato ...pag.172 191. Cine Teatro Impero (ora Multisala Impero) ...pag.172 192. Collegio civico ...pag.172 193. Edificio Scolastico ...pag.172 194. Ippodromo ...pag.172 195. Macello civico ...pag.173 196. Ospedale Psichiatrico ...pag.173 197. Palazzo Castiglioni ...pag.173 198. Torre Littoria ...pag.173 199. Palazzo delle Corporazioni (ora Camera di Commercio) ...pag.173 200. Palazzo delle Poste ...pag.173 201. Palazzo di Giustizia ...pag.174 202. Palazzo Littorio (ora Questura) ...pag.174 203. Palestra O.N.B. ...pag.174 204. Sede dell’I.N.F.A.I.L. ...pag.174 205. Sede I.N.F.P.S. ...pag.174

Edifici privati

206. Casa Antonetti ...pag.175 207. Casa di Civile abitazione ...pag.175 208. Casa De Grandi ...pag.175 209. Casa Mascardi ...pag.175 210. Casa Mera Gorini ...pag.175 211. Casa Sciarini ...pag.175 212. Palazzo Bernasconi ...pag.176 213. Palazzo De Micheli ...pag.176 214. Palazzo Soldati ...pag.176 215. Palazzo Sommaruga ...pag.176

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Architetture a Busto Arsizio

217. Villa Manusardi ...pag.176 218. Palazzo Verga ...pag.177 219. Palazzo di Civile Abitazione ...pag.177 220. Palazzo della Assicurazione R.A.S. ...pag.177 221. Chiesa di S. Antonio ...pag.177

Edifici pubblici

223. Cimitero, Ingresso ...pag.182 224. Colonia Elioterapica e Casa del Balilla ...pag.182 225. Padiglione di isolamento malattie infettive ...pag.182 226. Palazzo Municipale, ampliamento ...pag.182

Case Unifamiliari

227. Casa Bossi ...pag.183 228. Casa Candiani ...pag.183 229. Casa Castiglioni ...pag.183 230. Casa Castiglioni A...pag.183 231. Casa Colombo ...pag.183 232. Casa Gamba ...pag.183 233. Casa Marcora ...pag.184 234. Casa Poggi ...pag.184 235. Casa Pozzi ...pag.184 236. Casa Reguzzoni ...pag.184 237. Casa Rossetti Taverna ...pag.184 238. Casa Solbiati ...pag.184 239. Casa Tosi ...pag.185 Edifici privati

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Case Popolari

256. Casa Popolare Cotonificio Bustese ...pag.191 257. Casa Popolare IABCP ...pag.192 258. Case Operaie Cotonificio Venzaghi ...pag.192 259. Quartiere Giardino ...pag.192

Edifici Industriali

260. Chiosco Uffici Agenzia Trasporti S.A. Della Torre ...pag.192 261. Stabilimento Randi ...pag.192

Edifici di Culto

262. Chiesa di Stra Brughetto ...pag.192 263. Edicola Funeraria Armiraglio ...pag.193 264. Edicola Funeraria Cerana ...pag.193 265. Edicola Funeraria Colombo ...pag.193 266. Edicola Funeraria De Bernardi ...pag.193 267. Edicola Funeraria famiglia Colombo ...pag.194 268. Edicola Funeraria Garavaglia ...pag.194

Case Plurifamiliari

241. Casa Armiraglio ...pag.189 242. Casa Belvisi ...pag.189 243. Casa Colombo ...pag.189 244. Casa Ermete ...pag.189 245. Casa Ferrario ...pag.190 246. Casa Lusardi ...pag.190 247. Casa Macchi ...pag.190 248. Casa Piantanida ...pag.190 249. Casa Piantanida ...pag.190 250. Casa Pozzi ...pag.190 251. Casa Vignati ...pag.191 252. Palazzo S.A. Cotonificio Venzaghi ...pag.191 253. Palazzo Società Anonima A.I.G.A. ...pag.191 254. Palazzo Società Anonima Bramante ...pag.191 255. Palazzo Società Anonima Immobiliare ...pag.191

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Architetture a Gallarate

Edifici pubblici

272. Asilo infantile ...pag.197 273. Asilo “Ponti” ...pag.197 274. Asilo “Principe di Napoli” ...pag.197 275. Battistero e ricostruzione Portico del Faietto ...pag.197 276. Casa del Balilla ...pag.197 277. Casa del Fascio ...pag.197 278. Edificio Scolastico ...pag.198 279. Edificio Scolastico ...pag.198 280. Edificio Scolastico ...pag.198 281. Edificio Scolastico ...pag.198 282. Opera Naz. di Protezione Maternità e Infanzia ...pag.198 283. Palestra della Scuola di Arnate ...pag.198 Edifici privati

284. Abitazioni per impiegati Tintoria di Gallarate ...pag.199 285. Casa d’abitazione a più piani ...pag.199 286. Casa d’abitazione unifamiliare a più piani ...pag.199 287. Casa d’affitto Maino ...pag.199 288. Casa di abitazione a più piani ...pag.200 289. Cotonificio Bellora (ampliamento) ...pag.200 290. Edificio Manifatture Venegoni ...pag.200 291. Fratelli Maino (locale caldaie) ...pag.200 292. Sede Cariplo ...pag.200 293. Suore Canossiane ...pag.200 Edifici religiosi

294. Chiesa di S. Alessandro...pag.201 295. Edicola Funeraria Fam. Bossi ...pag.201 296. Edicola Funeraria Fam. Guenzati ...pag.201 297. Edicola Funeraria Fam. Maino A. ...pag.201 298. Edicola Funeraria Fam. Peroni ...pag.202 299. Edicola Funeraria Fam. Rossini ...pag.202

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Architetture in provincia di Varese

Edifici Pubblici

303. Casa della G.I.L., Angera ...pag.205 304. Edificio scolastico rurale, Angera ...pag.205 305. Municipio, Arcisate ...pag.205 306. Edificio scolastico, Azzate ...pag.205 307. Colonia Elioterapica “Casa del sole Marisa Rossi”, Barasso ...pag.205 308. Asilo infantile, Bardello ...pag.205 309. Casa del Fascio (ora Centro diurno per anziani), Besozzo ...pag.206 310. Colonia Elioterapica (ora proprietà privata), Besozzo ...pag.206 311. Colonia Elioterapica, Bisuschio ...pag.206 312. Casa Parrocchiale, Bodio Lomnago ...pag.206 313. Edificio Scolastico, Bodio Lomnago ...pag.206 314. Edificio Comunale, Bregano ...pag.206 315. Edificio Scolastico e Municipio, Brinzio ...pag.207 316. Casa del Littorio, Brusimpiano ...pag.207 317. Casa del Fascio (ora Biblioteca), Cairate ...pag.207 318. Edificio Scolastico, Cairate ...pag.207 319. “Torre Mussolini” - Acquedotto, Cairate ...pag.207 320. Edificio Scolastico, Cardano al Campo ...pag.207 321. Municipio ed Edificio Scolastico, Carnago ...pag.208 322. Palazzo del Comune, Caronno Pertusella (già C. Milanese) ...pag.208 323. Palazzo del Littorio (con Colonia Elioterapica), Caronno Pertusella (già C. Milanese) ...pag.208 324. Casa del Fascio e Casa della G.I.L., Caronno Varesino (già C. Ghiringhello) ...pag.208 325. Padiglione elioterapico (ora Sede Circolo ARCI), Caronno Varesino (già C. Ghiringhello) ....pag.208 326. Palazzo Comunale e Scuole, Caronno Varesino (già C. Ghiringhello) ...pag.208 327. Colonia Elioterapica (ora Scuola professionale), Cassano Magnago ...pag.209 328. Palazzo Comunale (con annessa Scuola, Teatro e Sede del Fascio), Cassano Valcuvia ...pag.209 329. Casa del Fascio (Sede Organizzazioni di Regime), Castellanza ...pag.209 330. Cinema, Castelveccana ...pag.209 331. Edificio Scolastico, Castelveccana ...pag.209 332. Municipio, Castelveccana ...pag.209 333. Asilo, Castiglione Olona ...pag.210 334. Edificio scolastico, Castiglione Olona ...pag.210 335. Edificio Scolastico, Cislago ...pag.210 336. Palazzo comunale, Cislago ...pag.210

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339. Edificio Scolastico, Comabbio ...pag.211 340. Municipio, Comabbio ...pag.211 341. Edificio Scolastico, Cunardo ...pag.211 342. Edificio Scolastico (ora Municipio), Cuvio ...pag.211 343. Edificio Municipale, Daverio ...pag.211 344. Acquedotto, Fagnano Olona ...pag.211 345. Asilo infantile, Fagnano Olona ...pag.212 346. Casa del Fascio (ora Banca), Fagnano Olona ...pag.212 347. “Casa del Popolo”, Fagnano Olona ...pag.212 348. Casa di Riposo “Coniugi Cereghini” (ora alloggi per anziani), Fagnano Olona ...pag.212 349. Colonia Elioterapica (Padiglione), Fagnano Olona ...pag.212 350. Edificio Scolastico (ora sede Polizia Locale), Fagnano Olona ...pag.212 351. Muro di cinta, Fagnano Olona ...pag.213 352. Palestra (annessa alla Colonia Elioterapica), Fagnano Olona ...pag.213 353. Consultorio “Casa della madre e del bambino”, Gavirate ...pag.213 354. Casa della G.I.L. (ora Palazzo municipale), Gazzada Schianno ...pag.213 355. Colonia Elioterapica con Solarium (ora abitazione), Gazzada Schianno ...pag.213 356. Edificio Scolastico, Gemonio ...pag.213 357. Colonia Elioterapica “Enzo Galbiati”, Germignaga (già frazione di Luino) ...pag.214 358. Edificio Scolastico, Gorla Minore ...pag.214 359. Mausoleo Castelbarco, Ispra ...pag.214 360. Campeggio, Lavena Ponte Tresa ...pag.214 361. Casa della G.I.L. (ora palestra), Laveno Mombello ...pag.214 362. Chiesa di S. Ambrogio (Chiesa Nuova), Laveno Mombello ...pag.214 363. Edificio Scolastico, Laveno Mombello ...pag.215 364. Palazzo Perabò (Museo Internaz. Design Ceramico), Laveno Mombello ...pag.215 365. Asilo infantile dedicato ai Caduti per la Patria, Lonate Ceppino ...pag.215 366. Chiesa Santi Pietro e Paolo, Lonate Ceppino ...pag.215 367. Palazzo Comunale, Lonate Ceppino ...pag.215 368. Edificio Scolastico, Lonate Pozzolo ...pag.215 369. Casa del fascio (ora sede Guardia di Finanza), Luino ...pag.216 370. Edificio con Bar e Ristorante, Luino ...pag.216 371. Edificio Scolastico, Luino ...pag.216 372. Palazzo Comunale, Luino ...pag.216 373. Palazzo Comunale (ora Edificio Scolastico), Maccagno ...pag.216 374. Palazzo Comunale, Maccagno ...pag.216

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377. Cinema (ora Oratorio), Malnate ...pag.217 378. Ponte sul fiume Olona, Malnate ...pag.217 379. Palazzo Comunale, Montegrino Valtravaglia...pag.217 380. Edificio Scolastico, Morazzone ...pag.217 381. Asilo “Ebe Carugo Giannotti”, Mornago ...pag.218 382. Edificio Scolastico, Oggiona S. Stefano ...pag.218 383. Edificio Scolastico, Olgiate Olona ...pag.218 384. Albergo del Sole, Porto Valtravaglia ...pag.218 385. Asilo infantile, Saltrio (già fraz. di Viggiù) ...pag.218 386. Casa della G.I.L., altrimenti detta “Casa Mauri” (ora Caserma dei Carabinieri), Samarate ...pag.218 387. Municipio, Samarate ...pag.219 388. Cappella S. Antonio da Padova presso l’Ospedale, Saronno ...pag.219 389. Caserma dei Vigili del Fuoco, Saronno ...pag.219 390. Cassa di Risparmio, Saronno ...pag.219 391. Edificio Scolastico, Saronno ...pag.219 392. Edificio Scolastico, Saronno ...pag.219 393. Edificio Scolastico, Saronno ...pag.220 394. Edificio Scolastico, Saronno ...pag.220 395. Campo Sportivo Littorio, Saronno ...pag.220 396. Sottopasso della Ferrovia, Saronno ...pag.220 397. Municipio, Sesto Calende ...pag.220 398. Casa della G.I.L., Somma Lombardo ...pag.220 399. Caserma dei Vigili del Fuoco, Somma Lombardo ...pag.221 400. Caserma Vigili Urbani, Somma Lombardo...pag.221 401. Chiesa di S. Maria Maddalena, Somma Lombardo ...pag.221 402. Macello Comunale, Somma Lombardo ...pag.221 403. Edificio Scolastico, Valganna ...pag.221 404. Asilo infantile, Vedano Olona ...pag.221 405. Casa di Riposo “Angelo Poretti - Angelo Magnani”, Vedano Olona...pag.222 406. Centro di riabilitazione “La nostra famiglia”, Vedano Olona ...pag.222 407. Edificio Scolastico, Vedano Olona ...pag.222 408. Palazzo Comunale e Casa del Fascio, Vedano Olona ...pag.222 409. Casa della G.I.L. (ora Uffici Comunali), Venegono Superiore ...pag.222 410. Palazzo Comunale, Venegono Superiore ...pag.222 411. Caserma dei Carabinieri (ora Palazzo Comunale), Vizzola Ticino ...pag.223 412. Centrale Idroelettrica, Vizzola Ticino ...pag.223

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Edifici Privati

Edificio Privato, Castelveccana ...pag.224 Edificio Industriale (Varese Carni), Induno Olona ...pag.224 Fabbrica Palozzi, Somma Lombardo ...pag.224 Edificio Industriale, Fagnano Olona ...pag.224 Fabbrica LUS, Saronno ...pag.224 Nuove scuole Bonifica Caproni (ora Albergo), Vizzola Ticino ...pag.224

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Abstract

Varese e la sua provincia rappresentano un’eccezione storiografica per la cultura architet-tonica italiana fra le due guerre in quanto si differenziano dalle altre città che hanno subito la presenza del Regime fascista.

Scopo di questo lavoro di Tesi è offrire una nuova chiave di lettura cercando di indivi-duare i rapporti esistenti tra la programmazione edificatoria del Regime e la realtà del territorio di appartenenza, specificatamente a partire dagli anni Venti fino alla fine degli anni Quaranta del Novecento.

La tesi comprende capitoli critici e di rassegna della letteratura esistente, oltre a un Atlan-te che restituisce il risultato di un censimento condotto in città e in provincia di Varese, riguardante le architetture più significative pubbliche e private, sia che risultino ancora conservate sia che abbiano subito trasformazioni o demolizioni.

Dagli esiti del lavoro svolto si è potuto dimostrare che Varese - unico esempio in Italia - costituisce storiograficamente una anomalia rispetto al nuovo modello di Città Fascista in quanto, divenuta Comune in modo anomalo e senza una precedente identità urbanistica, ha conservato l’aspetto dell’ottocentesca “Città giardino” e si presenta come un disomo-geneo agglomerato di piccoli insediamenti sparsi sul territorio e legati tra loro da difficili collegamenti viari.

Il Regime, che voleva dare una nuova immagine alla “neo capitale” di provincia, non ri-uscì ad affermare la propria cifra ideologica nel tessuto urbano come avvenne invece per i più noti casi di Brescia, di Cremona e di altre province italiane.

Questa Tesi di Laurea vuole assumere un significato didattico ma anche interlocutorio circa le riflessioni sulla salvaguardia e la conservazione degli edifici rilevati, sempre sog-getti al pericolo di un immediato degrado e di una loro alienazione speculativa. Dovrebbe invece prevalere l’ottica di conservazione di un patrimonio dichiaratamente storico, per una lettura oggettiva del nostro passato rivolto al futuro.

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Abstract

This Thesis wants to hire an educational significance but also tentative about the reflec-tions on the protection and conservation of buildings detected, always subject to the risk of an immediate degradation and alienation of their speculative. It should prevail optics heritage conservation admittedly historic, for objective reading of our past to the future. Varese and its province represent an exception to the historiographical Italian architec-ture between the two world wars as they differ from other cities that have experienced the presence of the fascist regime.

The aim of this thesis work is to offer a new interpretation trying to identify the relation-ship between the Regime’s building program and the reality of the belonging territory, specifically since the twenties until the end of the forties of the twentieth century.

The thesis includes critical chapters and a review of the literature, as well as an atlas that presents the result of a census carried out in the city and in the province of Varese, on the most significant public and private architectures, whether they are still preserved or they have undergone modifications or demolitions.

From the results of the work carried out, it was demonstrated that Varese - sole example in Italy - constitutes a historiographical anomaly compared to the new model of Fascist cities since, having become a Municipality abnormally and without a previous urban identity, it retained the look of a nineteenth century “Garden City” and consists of a he-terogeneous cluster of small settlements, scattered throughout the territory and linked by difficult road connections.

The Regime, which wanted to give a new aspect to the “new capital” of the province, failed to assert its ideological image in the urban texture as happened instead in the most notorious cases of Brescia, Cremona and other Italian provinces.

This Thesis wants to assume an educational but also an open meaning about possible reflections on the protection and conservation of the detected buildings, always subject to the risk of an immediate degradation and a speculative alienation. Instead, a conser-vation attitude should prevail toward a historic heritage, for an objective reading of our past addressed to the future.

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Prefazione

di Eugenio Guglielmi

Si è molto parlato della “Cultura architettonica italiana tra le due guerre” e dalla fine de-gli anni Sessanta ad oggi sono stati messi a punto numerosi strumenti critici e di ricerca che favoriscono riflessioni ben più ampie e approfondite nei confronti della nostra storia artistica recente.

Un esempio fra tutti è stata l’iniziativa del marzo 1987 sull’E 42 (l’Esposizione Universa-le che doveva tenersi nella capitaUniversa-le nel 1942) organizzata a Roma dall’Archivio CentraUniversa-le dello Stato e dal Ministero dei Beni Culturali e Ambientali in collaborazione con l’Uni-versità di Roma “La Sapienza” 1 .

Sono emersi in particolare tutti quegli aspetti che non trovano un plausibile riferimento culturale se non all’interno di una vasta indagine critica condotta su materiali originali. Materiali in grado cioè di confermare o sfatare quello che dal dopoguerra ad oggi si è sedimentato all’interno delle varie tendenze critiche, purtroppo molte volte di parte o dichiaratamente ideologiche. A questo ci siamo riferiti nella attuale ricerca finalizzata alla Tesi, individuando in Varese una sorta di “campione” che nell’ambito della città lombar-da di provincia abbia quasi cristallizzato nel tempo un passato ancora leggibile e solo in parte perduto, addirittura anomalo rispetto ad altre realtà lombarde e italiane in generale. Il censimento sul patrimonio edilizio del “Novecento” in Lombardia, operato tra il 1982 e il 1985 dalla Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano, nell’ambito delle Cattedre di Storia dell’Architettura I° e II°, insieme a quelli più recenti della provincia di Berga-mo e di Lecco, ha messo in evidenza alcune aree urbane che meglio hanno perpetuato nel tempo un’immagine specifica di determinati valori culturali che dagli anni ‘30 sono sopravvissuti pressoché intatti fino al primo dopoguerra (ricordiamo i casi di città come Bergamo, Brescia, Cremona, Como, Lecco).

Le cause di questa situazione sono molteplici: un’economia che ha saputo riconfermare le sue capacità dinamiche anche al di là della crisi bellica, l’assenza di devastanti bombarda-menti, la presenza attiva di numerose personalità che nel campo della cultura, delle arti e dell’architettura, hanno proseguito la loro attività con il supporto della grande tradizione artigianale e industriale locale, ricreando il rapporto tra la vecchia e nuova committenza. I risultati di questi lavori sono stati resi pubblici tramite dispense, tavole rotonde, semi-nari, presso la stessa Facoltà di Architettura, in particolare quelli sulla figura e l’opera dello scultore Salvatore Saponaro, anche con la mostra tenutasi al Chiostro di Voltorre nel 1984; non ultima la mostra “Bergamo 1935/55, maniera e simbolo dell’Architettura”

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anche nella verifica dei materiali raccolti tramite schede, Tesi di laurea, ricerche.

Tutte queste premesse hanno evidenziato come la città capoluogo sia ricca di un patri-monio architettonico del periodo in esame, ancora oggi parte viva del tessuto urbano. I riferimenti di partenza giustificano questo interesse, dalla tradizione Liberty al Piano Re-golatore 1908/11, fino al suo ampliamento nel 1916, così con la nascita dei primi IACP, fino al nuovo clima culturale delle Mostre e delle Esposizioni.

Varese con la sua promozione a Provincia (1927) diventa baricentro di un’area molto avanzata economicamente che tende a spostarsi dal modello di “città giardino” per iden-tificarsi sempre di più con quello economico imprenditoriale.

Significativi a questo proposito sono il Piano Regolatore del 1927 dell’architetto Vittorio Morpurgo e la sistemazione del nuovo centro civico, con la creazione di Piazzale Monte Grappa dell’architetto Mario Loreti, tutti e due esponenti della Scuola Romana.

Aver sottolineato nel titolo della Tesi il periodo storico tra le due guerre vuole significare la ricerca di un arco di tempo determinante per il nuovo ruolo che Varese-provincia ebbe, non solo a livello locale, ma anche in ambito nazionale, grazie alle sue capacità organiz-zative.

Partendo da comuni esperienze “scolastiche” sostanzialmente di taglio eclettico, arrivan-do talora a scelte anche molto diverse tra “classicismo” e “razionalismo”, l’ambiente varesino denota una sensibile disomogeneità, legata forse a una cultura “di provincia” che però non deve essere intesa in senso restrittivo, ma come fattore accomunante.

Gli unici interventi “diversi” possono così solo essere identificati nelle opere del Palazzo delle Poste di Angiolo Mazzoni e del Palazzo Littorio del Loreti che non a caso sono architetti “importati” dalla scuola romana e che non lasceranno sostanziali tracce succes-sive.

Questa Tesi di Laurea assume perciò un significato didattico ma anche interlocutorio circa le riflessioni sulla salvaguardia e la conservazione di queste opere. Infatti l’attuale censimento confrontato con quello del 1992 realizzato in occasione della mostra 3 ha

do-cumentato l’alienazione di importanti edifici.

Questo aspetto sottolinea come la conservazione dell’architettura del Novecento sia un problema non ancora del tutto risolto, soprattutto nei piccoli centri di provincia.

Tra le opere ancora censite ma non più esistenti in questa Tesi voglio ricordare il Mercato coperto di Varese, opera dell’Alliaud, del 1931, gli sconsiderati abbattimenti a Saronno della Sede dei Vigili del Fuoco, la Centrale del latte a Busto Arsizio, la Casa del fascio di Caronno Pertusella. Non ultime la Colonia elioterapica di Lonate Pozzolo e la caratteri-stica “Torre acquedotto” di Lonate Ceppino, simbolo sia ideologico che civico di grande impatto visivo e culturale. Molte volte dietro a queste alienazioni si scopre la presenza di

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come esempio i casi di Alberto Alliaud, di Edoardo Flumiani e di Paolo Vietti Violi, del quale in questo periodo è in corso una vera e propria opera di rivalutazione 4 . Ricordo

inoltre a Busto Arsizio l’importante presenza di Alessandro Minali tra i fondatori del “Club degli urbanisti”, esponente del Neoclassicismo lombardo.

Le schede dell’Atlante dovrebbero perciò servire a valorizzare le architetture più signifi-cative ancora conservate, sia pubbliche che private, ma sempre soggette al pericolo di un immediato degrado e di una loro alienazione speculativa. Dovrebbe invece prevalere l’ot-tica di conservazione di un patrimonio dichiaratamente storico, per una lettura oggettiva e non camuffata del nostro passato rivolto al futuro.

Note

1. E. Guglielmi, La grande avventura del mito in “Habitat Ufficio” n. 43, Milano ott/nov 1980.

2. Da questa esperienza si segnalano gli ultimi fondamentali studi divulgati attraverso diverse rassegne espositive tra le quali ricordiamo:

“Bergamo, l’immagine della città”, catalogo in occasione della mostra a cura di E. Guglielmi, Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Bergamo, Consiglio Nazionale Archi-tetti, Consulta Regionale lombarda dell’Ordine degli ArchiArchi-tetti, Regione Lombardia, Provincia di Bergamo, organizzata presso l’Ateneo Scienze, Lettere ed Arte, Bergamo, marzo 2003.

“Architettura e ideologia, 1930/1945”, Catalogo in occasione della mostra a cura di E. Guglielmi, Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Bergamo, Consiglio Nazionale Architetti, Consulta Regionale lombarda dell’Ordine degli Architetti, Provincia di Bergamo, Bergamo, di-cembre 2004

“Salvatore Saponaro e Leone Lodi, scultori tra gli architetti del Novecento Lombardo” Catalogo in occa-sione della mostra a cura di E. Guglielmi, Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Bergamo, Ministero dei Beni Culturali e Ambientali, Consulta Regionale Lombarda dell’Ordine degli Architetti, Sovrintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio Regione Lombar-dia, Bergamo 2005

“Architetti e architetture fra le due guerre in provincia di Lecco”, Catalogo in occasione della mostra a cura di E. Guglielmi, Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Lecco, Galbiate, Villa Bertarelli aprile-maggio 2009

3. “Varese 1926-1940, l’apoteosi della Provincia”, Provincia di Varese, Regione Lombardia, Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano, Catalogo in occasione della mostra a cura di E. Guglielmi, Ferrari Editore, Clusone, 1992

4. In particolare ricordo l’attuale dibattito sulla salvaguardia dell’Ippodromo di San Siro edificato nel 1923 e della Colonia elioterapica Sciesopoli di Selvino (Bg), realizzata nel 1928. Nelle opere di Varese ritro-viamo anche la presenza del suo collaboratore ungherese Gjata Benko, che dimostra l’internazionalità dei rapporti intessuti dal Violi durante la sua attività.

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Premessa

Scopo di questo lavoro di Tesi è rileggere la cultura architettonica italiana tra le due guer-re a Vaguer-rese e in provincia e censiguer-re gli edifici che ancora ne costituiscono una consistente testimonianza.

L’indagine sul territorio tiene conto di precedenti lavori analoghi eseguiti nella provincia lombarda, in particolare per le città di Bergamo, Cremona, Brescia, Lecco, Como, con-dotti per individuare i rapporti esistenti tra la programmazione edificatoria del Regime e la realtà del territorio di appartenenza specificatamente a partire dagli anni Venti e la fine degli anni Quaranta del Novecento1 .

Dagli esiti del lavoro svolto si evidenzia che Varese mette a confronto due realtà, quella della più nota “Città giardino” (città diffusa senza uno specifico inurbamento) e quella nata dall’ideologia del Regime che vuole dare una nuova immagine alla “neo capitale” di provincia.

E’ importante considerare che il Novecento architettonico lombardo può essere sostan-zialmente suddiviso in tre periodi2 :

- Neoclassicismo lombardo, a partire dagli anni Venti da un gruppo di architetti raccolti intorno al motto “Forma Urbis” in occasione del progetto del Piano Regolatore milanese. Molti di loro provenivano dai territori veneti, avendo prestato servizio durante la Pri-ma Guerra mondiale, entrando direttamente in contatto con le architetture palladiane. I maggiori esponenti sono Alberto Alpago Novello, Mino Fiocchi, Giovanni Muzio, Ales-sandro Minali, Ottavio Cabiati, Piero Portaluppi, Tommaso Buzzi e inizialmente Emilio Lancia e Gio Ponti;

- Razionalismo, legato alla Scuola di Como, rifacendosi al Movimento Moderno Euro-peo che tendeva ad eliminare qualsiasi ornamento e citazione storicistica in architettura. Vi aderirono Giuseppe Terragni, Figini e Pollini, Alberto Sartoris, i BBPR (Banfi, Belgio-ioso, Peressutti e Rogers), Cesare Cattaneo, Marcello Nizzoli.

- Novecentismo, chiamato anche “Monumentalismo”, rappresenta la corrente ufficiale del Regime. Si manifesta soprattutto nelle opere pubbliche, tramite gli interventi di Marcello Piacentini e di alcuni esponenti della scuola romana. Tra i più noti ricordiamo Angiolo Mazzoni, Giuseppe Vaccaro, Alziro Bergonzo, Mario Loreti.

Ne sono esempio il Palazzo di Giustizia di Milano, la Casa del Fascio di Bergamo, il Pa-lazzo INA di Brescia, il PaPa-lazzo delle Poste di Bergamo e di Brescia.

Attraverso il censimento in città e nella provincia di Varese è stato possibile verificare che il capoluogo ed il suo territorio rappresentano una eccezione storiografica perché Varese

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sa di diverse motivazioni, non riuscì ad affermare la propria cifra ideologica nel tessuto urbano come avvenne invece per i più noti casi di Brescia, di Cremona e di altre province italiane.

Varese infatti ha mantenuto, nonostante tutto, la sua caratteristica ottocentesca di “svi-luppo puntiforme” e disaggregato rispetto ad un organico piano regolatore, tipico invece dei programmi urbanistici del Regime rivolti sia verso le città di antica formazione sia verso quelle di nuova edificazione che, in questo caso, si concretizzò sostanzialmente nel Concorso per il nuovo centro civico.

L’eccezionalità di Varese consiste nell’essere divenuto Comune in modo anomalo, senza una precedente identità urbanistica, ma come disomogeneo agglomerato di piccoli inse-diamenti sparsi sul territorio e legati tra loro da difficili collegamenti viari derivati dalla ottocentesca “Città giardino”.

Nemmeno la centralità di Piazzale Monte Grappa, realizzata secondo i canoni ideologici mussoliniani, riuscì a diventare un ideale centro di unificazione. Solo alcuni interventi, sorti sull’asse viario principale tra l’ingresso alla città e Piazza Monte Grappa, riescono ad essere effettuati, anche a livello speculativo, soprattutto per l’intervento delle principa-li Compagnie di Assicurazione nazionaprincipa-li e di imprenditori privati locaprincipa-li.

Mussolini infatti, conscio di questi aspetti, aveva pensato di nominare Capoluogo di Pro-vincia Busto Arsizio, realtà industriale dalle caratteristiche urbane, sociali ed economiche più omogenee.

Furono invece le spinte degli industriali locali che sollecitarono la scelta su Varese, in previsione di una espansione edilizia nelle grandi aree verdi presenti. La città apparteneva infatti alla provincia di Milano, di cui rappresentava un importante luogo di villeggiatura. Il minuzioso censimento condotto durante il lavoro di tesi si è tradotto poi in uno specifi-co Atlante, specifi-consistente in una mappatura geografica sia delle architetture anspecifi-cora esistenti sia di quelle non più esistenti, con il quale si è potuto dimostrare che Varese - unico esem-pio in Italia - costituisce storiograficamente una anomalia rispetto al nuovo modello di Città Fascista.

Note

1. Si veda in particolare il censimento del patrimonio edilizio del “Novecento” in Lombardia, operato tra il 1982 e il 1985 dalla Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano, nell’ambito delle Cattedre di Storia dell’Architettura I° e II°, eseguito tramite apposito finanziamento dell’allora Ministero dell’Istruzione, in-sieme a quelli più recenti della provincia di Bergamo e di Lecco.

2. L’argomento è stato affrontato da E. Guglielmi in “Architettura e ideologia, 1930/1945”, Catalogo in occasione della mostra organizzata a Bergamo dall’Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Con-servatori della Provincia di Bergamo, Bergamo, dicembre 2004.

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1. Varese: dalla città giardino alla città di regime, uno

stato dell’arte

1.1 Introduzione

L’arco di tempo che va dal 1920 al 1940 è stato motivo di svariati studi e di mostre di successo. Il Fascismo tentò, non sempre riuscendovi, di imporre un’Arte di Stato ma le “risposte” furono molteplici e distinte tra loro. Gli ambiti culturali milanesi e torinesi, infatti, si mostrarono particolarmente autonomi ed originali, mentre quello romano venne più condizionato dal regime.

Le motivazioni di queste diversità sono da annoverare in una serie di cause:

1) la formazione culturale. Tra la fine dell‘800 e il primo decennio del‘900 in Italia si susseguono straordinarie trasformazioni economico/sociali e di progresso tecnologico/ scientifico. In questi anni si confrontano e “scontrano” varie forme artistiche: dall’eclet-tismo (che condiziona le Università e le Accademie) alle innovazioni legate agli studi “ingegneristici” e ai nuovi materiali (ferro-vetro-cemento armato), alla fantasia decora-tiva del movimento “Liberty” diffuso a livello europeo. Movimento di totale rottura per l’Italia è quello futurista (legato al “mito” della velocità, del progresso...) in aperto rifiuto ad ogni legame con la tradizione;

2) la guerra mondiale (1914-18) rappresenta un momento di crisi e di ripensamento gene-rale. Vi è la necessità di un “ritorno all’ordine” che sembra possibile riavvicinandosi alla tradizione e ai principi (non tanto alle forme) della classicità e cercando un equilibrio tra tecnologia e cultura. Molti architetti ed artisti verranno in contatto, traendo ispirazione, dell’ambiente veneto, profondamente permeato dalla scuola del Palladio.

3) gli architetti e artisti milanesi rivendicano la continuità con la propria storia e il valore morale del richiamarsi alla cultura classica (Muzio). In altre zone viene accolto il Movi-mento razionalista, già diffuso a livello europeo (Le Courbusier - Bauhaus), esempi sono Terragni e il Gruppo 7;

4) I protagonisti del Novecento milanese, di cui la maggior parte non lombardi, sono spesso contemporaneamente tecnici, artisti, letterati, storici dell’arte, con un chiaro rife-rimento alla molteplicità di interessi degli umanisti rinascimentali. Per loro l’architettura dei Greci, la pittura di Piero della Francesca, la musica di Bach, l’architettura razionale sono arti “esatte”. La “forma mentis” dei loro creatori è una formula matematica. Non è ammesso di pensare ad un’arte senza avere conoscenza delle basi necessarie a possedere

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che i giovani laureati al Politecnico, gli architetti-ingegneri, siano considerati quasi sem-pre migliori di quelli usciti dalle Accademie di Belle Arti 1 ;

5) a fianco della produzione architettonica nasce l’attenzione verso i problemi più com-plessi del territorio e della città. Si fanno scelte architettoniche su larga scala, progetti in cui la qualità ha il privilegio su immediati problemi di economia, di tecnica o di funzione. Un esempio è quanto espresso dalle teorie della cosiddetta “Forma urbis” (progetto per il piano regolatore di Milano del 1926, Club degli Urbanisti), strettamente collegate alle teorie di Camillo Sitte.

In questi decenni Milano viene completamente trasformata. Un esempio è la copertura dei Navigli, scelta di tipo viabilistico/speculativa profondamente avversata dal Club degli Urbanisti. Si ricordi ancora per il periodo in esame l’importanza e la risonanza di alcuni grandi concorsi come quello per il Monumento ai Caduti del 1926 e quello per la siste-mazione della piazza del Duomo con la costruzione dell’Arengario (1937-42). Particolar-mente significative sotto il profilo culturale sono le Biennali di Monza. Tra queste spicca quella del 1933, in cui il Direttorio era formato da Ponti, Alpago-Novello, Sironi, e che denota larghe aperture e convergenze con i razionalisti.

Lo stesso avviene nelle seguenti Triennali di Milano, nel palazzo dell’Arte costruito da Giovanni Muzio, alla fine degli anni Venti e soprattutto negli anni Trenta.

Il divario mentale tra l’area milanese e quella romana va accentuandosi: i principali pro-tagonisti del Novecento milanese disertano i concorsi del Regime e sembrano appartarsi nella committenza privata, con una sorta di “aristocratico distacco”, mentre i grandi pro-getti sono d’appannaggio della classe politica.

Assistiamo così ad un’accentuazione del “monumentalismo” dei novecentisti, derivato direttamente da un’interpretazione ufficiale del processo di semplificazione di tipo “ra-zionalista”. Nonostante ciò il Regime tentò sempre di trovare una forma di equilibrio tra la tradizione e le Avanguardie, senza però riuscirvi pienamente.

Queste caratteristiche generali toccarono solo marginalmente la città di Varese, già parte del grande complesso metropolitano lombardo.

Tra i fenomeni più evidenti del suo territorio si collocano le realizzazioni in campo ur-banistico ed architettonico, sia nel campo pubblico che in quello privato; in particolare a Busto Arsizio e Gallarate, poli fondamentali dell’industria e del commercio. Una spe-cifica attenzione va riservata al concorso per la sistemazione di piazza Monte Grappa a Varese, che fu affidata dopo articolate vicende all’architetto romano Mario Loreti; mentre non partecipano curiosamente i maggiori architetti milanesi, soci del già ricordato “Club degli Urbanisti”2 .

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L’aspetto formale di numerose opere similari, a partire anche dalle città di nuova fonda-zione, non può prescindere da un’estetica che nasce dal confronto con lo spirito metafisi-co che De Chirimetafisi-co aveva ben rappresentato già a partire dal 19113 .

Altri esempi che possono fare riflettere sull’effettiva situazione del periodo sono le pia-centiniane sistemazioni di Bergamo bassa, degli inizi del Novecento, e di piazza della Vit-toria di Brescia, del 1932, a cui seguirono i più devastanti effetti del “piccone risanatore” applicato in via della Conciliazione e in via dei Fori Imperiali a Roma.

Note

1. F. Melotti, “Il Milione” n.40, 24 maggio 1935.

2. L’importanza dell’intervento è ben sintetizzata nelle parole riportate nel numero del 1 luglio 1934 del quotidiano “Secolo Sera”: “Varese ricordati che la responsabilità al tuo verdetto resta il, stampata sui muri, a gloria o a disdoro quasi eterno delle viventi generazioni”.

3. Si veda in particolare il quadro “L’enigma dell’ora”, olio su tela, Milano collezione privata, che fu utiliz-zato anche come modello sia per la città di Pomezia che per alcuni prospetti della romana E42, ora EUR.

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1.2 La nuova provincia nelle opere di regime

Dieci anni dopo l’istituzione della provincia di Varese, avvenuta nel 1926, si traevano già i risultati di un’intensa attività edilizia e programmatoria dei 116 comuni che la costitui-vano. L’occasione era offerta dall’VIII Censimento generale della popolazione, pubblica-to dall’Istitupubblica-to Centrale di Statistica nel 1936.

Tutto viene inquadrato nel grande progetto programmatorio e ideologico che il Regime si era prefisso nell’ambito della gestione dei molteplici problemi di ordine sociale, econo-mico e morale lasciati ancora insoluti al termine del primo conflitto mondiale: dalle opere di viabilità a quelle dell’edilizia, della bonifica e dei collegamenti.

Nasce l’esigenza da parte della classe dirigente di una particolare cura verso tutti quei fat-tori esteriori che condizionano in modo rilevante la stessa società cui vengono indirizzati. Varese, insieme ad altre cittadine di provincia decentrate come Bergamo, Como e Cremo-na, tanto per citare quelle con caratteri più similari, diventa un’occasione unica di manife-stazione della volontà politica di segnare in modo profondo una comunità e un territorio 1.

La nuova provincia di Varese fu costituita per una circoscrizione di 1.196,69 kmq. Nel 1936 assommava una popolazione di 395.896 unità con una densità di circa 326 per kmq. I 116 comuni venivano così suddivisi per numero di abitanti: 4 con popolazione dai 20.000 ai 50.000; 1 con popolazione dai 10.000 ai 20.000; 11 con popolazione dai 5.000 ai 10.000; 34 con popolazione dai 2.000 ai 5.000; 66 con popolazione inferiore alle 2.000 unità.

Poco tempo prima, nel 1933, si erano già delineati i consuntivi che, nel primo decennio di opere pubbliche realizzate a Varese e provincia, vedevano delinearsi i risultati di quella che veniva considerata una “radicale e moderna trasformazione edilizia”, richiamandosi ai “criteri urbanistici intonati ad una giusta e sana modernità” per arrivare a rendere la città “più degna del suo nuovo ed altissimo ufficio, facendola così allineare senza fatica con le città più evolute e moderne della penisola”.

Ma al di là dei toni trionfalistici, bisogna tenere presenti alcune considerazioni molto più complesse che non le sommarie conclusioni a cui è arrivata molta critica storica nell’af-frontare queste problematiche. Innanzi tutto il necessario superamento del generico con-cetto di “provincia” come termine limitativo. In realtà, negli anni in questione, fu proprio questa entità, con le sue particolari e vivaci esperienze, a formare quella serie di operatori culturali che ebbero la capacità di influenzare profondamente la cultura del momento. Per quanto riguarda l’architettura, basterebbe ricordare che buona parte dei protagonisti del cosiddetto “Novecento” milanese vengono proprio dalla provincia e alla provincia guardano nella loro attività progettuale. Personaggi come Giovanni Muzio o Alberto

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Al-molte delle loro opere. Lo stesso “Movimento Moderno”, che si affacciò nel nostro paese quando il Fascismo era già al potere, trovò la sua espressione più diffusa in diverse realtà provinciali. Da qui perciò l’interesse e la necessità storiografica di allargare l’attenzione anche ai centri minori dell’area lombarda, esperienza indispensabile per una conoscenza globale e integrata della vera cultura di “Novecento”.

Solo in questi ultimi anni sono stati superati alcuni equivoci che permanevano nel valu-tare complessivamente il ventennio fascista, trattato in modo troppo “di parte” per potere davvero formulare un giudizio scientifico o quanto meno onestamente storico. Nel caso della provincia poi la situazione si fa più complessa. Gli stessi problemi emersero nel 1987 nel presentare un’analoga ricerca, circa la situazione bergamasca, culminata con una mostra intitolata “Bergamo 1935-55, maniera e simbolo dell’architettura”.

Bergamo e Varese possono venire accostate come prototipo di quelle realtà italiane che furono rappresentative di un consenso al Regime che andò al di là del solo fatto ideolo-gico, per diventare accettazione di atteggiamenti sociali e culturali più ampi, sostenuti da un netto rafforzamento della presenza di una ricca classe borghese, favorita da quel positivismo populista che si fuse con l’esangue aristocrazia locale. 2

Anche Varese raccoglieva una condizione ideale per assurgere a ruolo di città simbolo: la sua tradizione artigianale, lo sviluppo industriale, la presenza di un’importante tradizione artistica e, soprattutto, la sua collocazione geografica, cerniera tra la provincia di Como e Milano, (alle quali apparteneva in precedenza il suo territorio), cuscinetto con il Piemonte lungo l’asse del lago Maggiore con la provincia di Novara, e confine con la Svizzera. L’amenità dei luoghi fu subito esaltata con la creazione del mito della “provincia giar-dino”, definizione che andava naturalmente a sovrapporsi allo stesso capoluogo, quasi a creare una simbolica continuità d’immagine tra città e suo territorio.

A questo proposito veniva tentato un curioso rapporto tra prodotto industriale e sua area di appartenenza, sottolineando come le industrie varesine, invece di essere concentrate in grandi complessi come nel milanese e lungo l’Olona, erano sparse in modo armonico, integrate nell’ambiente.

Dietro a questa idealizzazione che sconfinava tra l’immaginario e il reale si muoveva però una grande massa di capitali che veniva riassunta nei cento milioni di opere pubbliche realizzate tra il 1922 e il 1938 tra Varese e provincia. L’ambizioso programma prevedeva la risoluzione dei problemi urbanistici, igienici, il potenziamento dei servizi pubblici e la creazione della rete fognaria che ancora non esisteva. Ben sessanta milioni furono spesi solamente in opere per il comune3.

Sotto il motto di “lavorare e costruire” veniva così rafforzata l’identità della città capo-luogo e della stessa provincia, rivalutata dalle “opere di regime”, dalle vie modernamente

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fino all’apoteosi monumentale di Piazzale Monte Grappa. I problemi amministrativi e burocratici non furono da sottovalutare: si resero necessarie ben sessanta espropriazioni private in aree urbane altamente remunerative, intervenendo in tutti i rioni con nuovi edifici scolastici, case popolari e la sistemazione delle relative opere di urbanizzazione. In particolare fu dato ampio spazio alle opere stradali che possono raggiungere il maggior utile nel rapporto costo-realizzazione. In Varese la situazione viaria era particolarmente carente: al principio del decennio fascista la pavimentazione consisteva infatti in pochi ciottolati e in massicciate per la raccolta delle acque. La ex Piazzetta del Podestà risultava lastricata nel 1915 con granito porfiroide di Cuasso al Monte e solo due erano le strade asfaltate, quella di Masnago e quella per Sant’Ambrogio. Successivamente si raggiunsero i quindici chilometri, arrivando ad una sistemazione di circa il 30% di tutta la superficie stradale.

Per valutare correttamente queste cifre bisogna ricordare che la provincia di Varese, per densità di popolazione, si collocava al quarto posto fra le province italiane, superata solo da quella di Napoli e di Genova. Dai dati raccolti nelle tabelle statistiche del periodo questa prerogativa si evidenzia fortemente nel privilegiare la realizzazione e la gestione delle opere igienico-sanitarie, quelle che venivano pomposamente definite come “le rea-lizzazioni del Regime nel campo sociale”.

Solamente una profonda propaganda ideologica poteva sostenere uno sforzo economico ed amministrativo così rilevante, facendo convergere il consenso popolare con la parteci-pazione di enti pubblici statali, provinciali, opere pie ecc.

Molti punti programmatici erano divulgati in numerosi opuscoli propagandistici dell’epo-ca che incentravano l’attenzione allo sviluppo del “villaggio” come rifugio della famiglia, offrendo tutto ciò che avrebbe dovuto servire per l’educazione del corpo e della mente; scuole, palestre, assistenza, servizi igienici e assicurazioni sui rischi sociali e fisici. 4

Una rapida analisi degli interventi, eseguiti come si evidenzierà poi nel settore dedicato alla schedatura degli edifici, conferma tutto questo.

Ogni paese si arricchirà della Casa del Fascio, della Casa della G.I.L. (Gioventù Italiana del Littorio), di nuovi o riadattati edifici scolastici, di case comunali più funzionali, di asili infantili, case di riposo, mattatoi pubblici, serbatoi d’acqua potabile, colombari e ossari nei cimiteri.

Questo stretto legame tra ideologia e realizzazione di opere assume una grande importan-za perché determinato da particolari spinte di ordine culturale che avevano come riferi-mento gli uomini politici del tempo attraverso le direttive centrali.

Queste sostenevano la necessità di operare in modo diretto nella società, tenendo conto delle esigenze delle nuove generazioni.

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porto tra uomo e ambiente, cogliendo le “numerose e reciproche interferenze, per cui le soluzioni adottate e gli interventi effettuati determinano nuovi sistemi di vita; da ciò la coscienza dell’importanza che assume l’attività architettonica e la preoccupazione soprat-tutto etica che guida l’architetto nel suo operare”5.

Accanto alla politica di costruzione di edifici destinati a servizi pubblici e rappresentativi si deve anche ricordare quella delle abitazioni popolari che si perfezionò via via partendo dalla Legge del 1919 che regolamentava la costituzione, il funzionamento degli Enti auto-nomi, delle Cooperative edilizie, provvedendo alla concessione dei contributi. Il Governo Fascista, con la legge dell’ottobre del 1923, regolò in modo più omogeneo l’elargizione degli stessi fino ad arrivare, con i provvedimenti del 1926, alla distribuzione “una tantum” di un contributo a fondo perduto di 100 milioni, rendendo così possibile ad Enti e Co-muni la realizzazione di circa mezzo miliardo di costruzioni con finanziamenti di diversa origine e, attutendo i privilegi corporativi precedenti. Ma la frammentazione di più uffici impegnati nella stessa attività, con conseguente dispersione di energie e disparità nella diffusione regionale degli interventi, portò alla riforma del 1935 con cui si costituiva in ogni Provincia un Ente capace di sviluppare un’efficace attività edilizia a favore delle classi più bisognose, creando anche un organismo centrale di direzione, di controllo e di raccolta di tutti i mezzi da destinare all’edilizia popolare.

Sorse così nel 1936 l’“Istituto Fascista Autonomo Provinciale per le Case popolari”. Tra le provincie dotate vi compariva per la Lombardia Varese, insieme a Bergamo, Mantova, Milano.

Già nel 1909 erano sorti a Varese i quartieri Ripamonti e Mac Mahon per opera della So-cietà Umanitaria e dell’allora I.C.P. E’ prima della nomina di Varese a provincia però, nel 1923, che viene inaugurato l’intervento forse più interessante in questo settore, il quar-tiere Belfiore, in asse col viale omonimo, progettato dall’ingegnere Edoardo Flumiani. Sorgono così 40 costruzioni dalla caratteristica tipologia a “villino” a tre piani, composta da 4 a 6 unità abitative. Nel 1924 nasce invece, sempre ad opera dello stesso progettista, il quartiere Vittoria che definisce un’area urbana sostanzialmente assegnata a classi sociali miste, come operai e impiegati.

Tra il 1926 e il 1927 lo Stato interviene stanziando la cifra di 1.000.000 di lire per la co-struzione di case popolari, cifra che però non raggiunge lo scopo di fare fronte al globale bisogno abitativo.

Anzi, l’alienazione dei nuovi alloggi e la loro assegnazione “in fittanza”, secondo nuove norme governative, ha come risultato di favorire la piccola borghesia nell’acquisto delle abitazioni anche tramite l’Ente I.N.C.I.S. (Istituto Nazionale Case agli Impiegati dello Stato) fondato nel 1924.

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a dove far fronte all’arrivo dei nuovi funzionari, così come a trovare adeguate risposte ai bisogni abitativi degli sfrattati per gli sventramenti operati nella creazione del nuovo centro civico.

Vengono previste 24 nuove abitazioni progettate nel 1929 dall’ingegnere Flumiani. Il complesso è collocato a sud della città, in un’area di ottimale valore ambientale.

Un altro intervento è progettato nel 1933 dall’architetto Mario Loreti in viale Campigli. L’ultimo intervento consistente avviene nel 1939. Situato lungo la via Belforte è rappre-sentato dall’attuale Quartiere Garibaldi, al tempo dedicato a Costanzo Ciano.

Il progetto dell’ingegnere Sergio Donnini prevedeva 128 alloggi in blocchi di edifici di 4 piani, richiamandosi ad evidenti esempi realizzati nella capitale lombarda alla luce della lezione razionalista.

Il segno del Regime si evidenzia però negli edifici pubblici che, attraverso la ricerca della monumentalità, tendono a dare al capoluogo l’immagine del nuovo centro civico, in con-trasto con interventi sul tema di natura minore sparsi nella provincia.

Ancora una volta vengono richiamate tutte le simbologie ormai sperimentate in quello che è stato definito “Novecentismo”, movimento cioè in cui la lezione razionalista viene fagocitata dall’ideologia del regime. 6

Verticalismi accentuati, sviluppi lineari trilitici, soluzioni d’angolo, volumi squadrati, marcati rapporti di vuoti e di pieni caratterizzano le nuove opere. Il tutto viene legato dall’uso di materiali nuovi come il klinker, di importazione come il travertino o di riuti-lizzo come i materiali lapidei tradizionali: granito, serizzo, ceppo, ecc.

I rapporti di verticalità vengono maggiormente utilizzati nell’ingresso dell’Ospedale psi-chiatrico, al quale può venire accostato il Palazzo Littorio, oggi sede della Questura, e la Torre Littoria di Piazzale Monte Grappa.

Un esempio più contenuto ma molto interessate è quello dell’allora Casa del Mutilato, progettata dall’architetto Ottavio Coletti, costruita in travertino e litoceramica, con la torre quadrata segnata da una profonda scanalatura e l’ingresso contrassegnato da un co-lonnato di serpentino verde scuro paragonato per la sua austerità “ad un tempio”.

Più tradizionale il richiamo piacentiniano al Palazzo delle Corporazioni, oggi “Camera di Commercio Industria e Agricoltura”, al quale possiamo affiancare la sede della Compa-gnia assicuratrice “Riunione Adriatica di Sicurtà”, la ex Casa dei lavoratori dell’industria e il corpo centrale dell’Orfanotrofio Vittorio Emanuele III.

Un discorso a parte meriterebbe il Palazzo delle Poste progettato da Angiolo Mazzoni, che esalta in modo equivoco alcuni valori formali e contenutistici forse troppo divergenti fra di loro. Molto diverso invece è il problema relativo alla scelta per l’allora Palazzo del Go-verno, attuale sede della Provincia e della Prefettura. Siamo nell’ambito del recupero di

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ebbe nella storia varesina. È infatti questo un caso piuttosto singolare, considerato che il Regime preferiva per le sue sedi ufficiali opportuni edifici “ex novo” dalle caratteristiche completamente diverse. Il Palazzo veniva definito “una superba villa di stile barocco”, costruita alla fine del settecento dai Marchesi Recalcati. Fu frequentata da Giuseppe Pa-rini e, passata poi in proprietà ai conti Morosini, divenne ritrovo di patrioti e dello stesso Giuseppe Verdi che, trascorrendo le vacanze, vi scrisse fra l’altro parte de “I Lombardi”. Nel 1874 la villa fu trasformata in Grand Hotel, ospitando sovrani e principi. Il suo ac-quisto e ristrutturazione comportò la spesa di circa 4.000.000 di lire e l’edificio conservò “le linee monumentali e la sontuosità degli ambienti”. Interessante il paragone economico con il vicino Palazzo Littorio, sede della Federazione Provinciale Fascista, che per la co-struzione e l’arredamento del quale fu spesa la cifra nettamente inferiore di lire 2.500.000 nonostante la mole e la qualità dell’opera.

Alla fine del 1939 Varese poteva ben dire di avere raggiunto lo scopo che si era prefissa. Nei palazzi, nelle vie e negli edifici produttivi era evidente l’impronta della nuova città ancora in pieno sviluppo nonostante le nubi che si andavano ad addensare sul futuro. La precedente “città Liberty”, sorta quasi come sfogo alla villeggiatura dei milanesi più abbienti, stava ormai assumendo un ruolo autonomo minore, che trovava le sue motiva-zioni nella nomina a capoluogo di provincia delle stesse città.

Lo strumento decisivo a questo risultato fu il Piano Regolatore di cui si dotò, realizzato dall’architetto Vittorio Morpurgo tra il 1928 e il 1929. Questo individuerà le linee strate-giche di questo cambiamento che, data l’esiguità del precedente tessuto urbano, si risol-sero sostanzialmente nel ridisegno del nucleo centrale con la creazione di un’area che fu oggetto, nel 1933, di un Concorso nazionale per la sua realizzazione.

Note

1. E. Guglielmi, in “Varese 1926/1940, l’apoteosi della Provincia”, catalogo in occasione della mostra, Ferrari editrice, Varese, 1992

2. E. Guglielmi, “Il Novecento a Bergamo”, raccolta di lezioni tenute presso il Corso Monografico dedicato al “Novecento” nell’area lombarda e milanese, Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano, dispensa n. 8 Milano 1982/1983.

3. C. Ferri, L. Pinti (a cura di), “Panorama di realizzazioni fasciste”, S.A.E.G., Roma 1940. 4. M. Casalini, “Le realizzazioni del Regime nel campo sociale”, I.E.M.I.A., Roma 1938.

5. M. Melli, “La piazza Monte Grappa di Varese”, ricerca effettuata presso la Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano, Milano 1965.

6. E. Guglielmi, “Novecento e Novecentismi” (The Interwar Years and their Movements in Milan) in “Ha-bitat Ufficio” n. 34, Milano 1988.

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4. Quadro dimostrativo delle opere realizzate dal Re-gime nei Comuni della provincia di Varese

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1.3 Gli edifici pubblici

A partire dagli anni Trenta l’attività edilizia raggiunge il suo culmine con la realizzazione di opere di carattere rappresentativo e sociale. Si costruiscono i Palazzi delle Poste e dei Telegrafi, le Stazioni ferroviarie e le diverse case delle strutture organizzative del Regime come quelle Littorie, della G.I.L., delle Corporazioni, insieme alle Scuole.

Proprio in questo ambito l’architettura esprime l’ideologia alla quale si sono formati e tendono gli architetti della nuova generazione. Al “Neoclassicismo” di maniera che ave-va le sue radici negli anni Venti si contrappone la nuoave-va ventata razionalista e quella del cosiddetto “Novecentismo”. Nei grandi concorsi romani si cimentano anche i migliori architetti dell’epoca.

Seguono alcuni esempi significativi delle principali tipologie architettoniche che mettono in evidenza il rapporto su scala territoriale dell’architettura di Stato.

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7. A. Mazzoni, Palazzo delle Poste di Sabaudia,

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12. A. Mazzoni, Palazzo delle Poste, Varese, 1933

14. A. Mazzoni, Stazione di Firenze, Santa Maria Novella, 1932 (foto Anderson, Roma)

13. M. Loreti, Piazzale Monte Grappa, Varese, 1933

11. S. Caronia, Consiglio Provinciale delle Cor-porazioni di Enna (Archivio Guglielmi), 1939

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