Capitolo IV: La costruzione pseudorelativa
5.2 La proposta strutturale
Date le premesse, cominciamo col considerare le frasi causative che contengono il verbo få/fá, in quanto assumiamo tale struttura come quella di base. Riprendiamo dunque le frasi che abbiamo utilizzato nel Cap. III e osserviamo la disposizione dei vari costituenti nella struttura che proponiamo (con il verbo bivalente). Facciamo presente e sottolineiamo che nelle strutture che saranno esaminate non terremo conto del fenomeno del V2 e rappresenteremo pertanto la costruzione causativa così come si presenta prima di tale operazione (centrale nella grammatica di queste lingue ma ininfluente ai fini dell‟analisi).
(1) a. Anna fick Ludvig att tala/stänga fönstret [SVE]
b. Anna fikk Lars til å prate/stenge vinduet [NOR]
c. Anna fik Lars til at tale/lukke vinduet [DAN]
d. Anna fékk Ólaf til að tala/loka glugganum [ISL]
“Anna ha fatto parlare Luigi /chiudere la finestra a Luigi” (2)
Come possiamo osservare, l‟aspetto fondamentale dell‟analisi che proponiamo riguarda il fatto che si assume una struttura di SC per la frase subordinata, inserita come complemento della Testa nominale realizzata dal <causee>. Tale ipotesi strutturale consente di rendere conto della semantica dell‟oggetto complesso: il <causee> non è semplicemente il SOGG della predicazione
vP N° Ludvig/Lars Lars/Olaf CP VP C' NP SC N' DP D' V' IP v' å/að …….. <causatore> Anna SC' AspP stanga/stenge lukke/loka V' tAnna fick/fikk fik/fékk att/til <causee> <Ludvig>/<Lars> <Lars>/<Olaf> fönstret/vinduet glugganum <Ludvig>/<Lars> <Lars>/<Olaf> I' VP AspP'
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espressa del verbo base, bensí un elemento tematico e dato che si relaziona all‟evento causato nella sua complessità. Alla luce della struttura fornita in (2), siamo altresì in grado di spiegare numerosi comportamenti sintattici che emergono nel parallelo con le costruzioni PR (quali ad esempio la codifica della funzione di SOGG da parte del <causee>, la possibilità di coordinazione
con altre strutture di SC, ecc.; vedi sotto: §5.3.1).
In particolare, seguendo il suggerimento di autori come Starke (1995), proponiamo analogamente alle PR (cfr. Cap. IV: §4.4.2) che la SC non possieda una struttura binaria „anomala‟, priva di Testa, bensì sia dotata di una proiezione intermedia (SC'), nonché di un‟area funzionale ridotta (della quale indichiamo genericamente solo l‟AspP e il resto con puntini di sospensione). La suddetta area funzionale „bassa‟ non è correlata con tratti di accordo, modalità o tempo, coerentemente con la forma infinitiva in cui compare il verbo base. Si tratta dunque di una zona strutturale che contiene Teste funzionali quali l‟Aspetto e la Diatesi (cfr. Cinque, 1999), che rende dunque conto della possibile presenza di Avv bassi nelle subordinate causative (cfr. sotto: §5.3.3). Tale analisi è in linea con gli assunti più recenti della teoria, in base ai quali la fase del vP comprende anche una zona funzionale „bassa‟ che ha AspP come suo edge (come proposto, fra gli altri, in Hinterhölzl, 2006 sulla base del fenomeno dello scrambling).
Per quanto concerne l‟analisi dei due attori principali della causatività, notiamo che il <causatore> viene generato come argomento esterno della proiezione verbale „leggera‟ vP più alta nella struttura e funge da SOGG della struttura complessa. Il <causee> invece, analogamente
all‟antecedente di una PR (cfr. Cap. IV: (125)), è soggetto a inserzione multipla per rendere conto delle sue diverse funzioni nella costruzione in esame. Come si osserva, esso viene inserito come argomento interno del verbo causativo få; in tal modo riceve il ruolo-θ di <paziente> e verifica i tratti di Caso ACC in modo standard. Il <causee> introduce poi la struttura frasale
ridotta (sopra descritta), che ha come SOGG la copia silente del <causee> stesso e come
predicato un VP preceduto da un‟area funzionale „bassa‟ (come già detto, presumibilmente ModP, AspP, VoiceP, ecc.) che a sua volta presenta una copia del <causee> nella posizione argomentale dedicata a tale ruolo.1
Questa struttura può inoltre offrire una spiegazione per il fatto che la realizzazione esplicita del <causee> è obbligatoria nelle lingue scandinave nella struttura causativa con få/fá.
1
In questa struttura dunque la SC contiene un IP completo ed è a sua volta dominato da un CP. Sebbene di norma una SC contenga “meno struttura”, di fatto numerose analisi recenti hanno mostrato che anche le SC hanno una periferia sinistra (che qui indichiamo semplicemente con CP); inoltre, il fatto che il complemento della SC introduca (attraverso FP1, ecc.) il VP, è funzionale a dimostrare che il <causee> non è il SOGG del predicato base, bensì il SOGG dell‟intera predicazione. Eliminando la SC si perderebbe la realizzazione formale dell‟oggetto
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Come abbiamo visto infatti (cfr. Cap. III: §3.2), frasi naturali in italiano come Leo ha fatto
lavare la macchina sono del tutto escluse nelle lingue qui in esame. Alla luce della nostra
proposta, ciò può essere correlato al fatto che una delle copie del <causee> è inserita come SOGG della SC: trattandosi di lingue che non ammettono il SOGG nullo, la agrammaticalità del
<causee> nullo è una diretta conseguenza.
Come già discusso in relazione alle PR, ammettere Merge multipli per un costituente non è affatto una soluzione ad hoc ma, anzi, consente di spiegare una serie di fenomeni correlati. Nel caso in esame, ad esempio, assumere questo meccanismo significa stabilire che nelle lingue scandinave la costruzione causativa richiede lo Spell-Out alto delle copie e, al tempo stesso, prevedere che altre lingue del mondo potrebbero avvalersi dell‟opzione bassa (dopo il COMP o la
marca infinitiva; cfr. anche la discussione sulle Frel, Cap. I: §1.5).
Prima di passare alla valutazione del potere esplicativo dell‟analisi proposta in relazione ai vari fenomeni discussi nei capitoli precedenti, osserviamo la struttura delle causative con
låta/late/lade/láta che, come abbiamo detto, assumiamo sia derivata da quella fornita in (2):
(4) a. Anna lät Ludvig tala/stänga fönstret [SVE]
b. Anna lot Lars prate/stenge vinduet [NOR]
c. Anna lod Lars tale/lukke vinduet [DAN]
d. Anna lét Ólaf tala/loka glugganum [ISL]
(5)
Come possiamo notare, la costruzione con låta/late/lade/láta prevede il movimento dell‟intera struttura verbale, contenente il verbo base e l‟area funzionale che la precede immediatamente,
…. AspP V' VP <causee> Ludvig/Lars Lars/Olaf AspP' IP vP NP N° <Ludvig/Lars> <Lars/Olaf> I' CP v' N' C' SC DP D' tFP1 stanga/stenge lukke/loka tAnna låta /late lade/láta <causatore> Anna VP V' OD <Ludvig>/<Lars> <Lars>/<Olaf>
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che, via aggiunzione, va a „completare‟ il vP del verbo causativo, necessariamente vuoto (in quanto “leggero”).2
All‟interno di questa proposta, i fenomeni di “incorporazione” esaminati in letteratura vengono dunque rivisti alla luce di un processo di aggiunzione, in linea con quanto proposto da Ramchand (2008). L‟autrice, infatti, teorizzando l‟area funzionale della struttura eventiva, si esprime in termini di adjunction of the caused event per rendere conto delle causative (cfr. Cap. II: (64)).
La derivazione esemplificata in (5) rende conto in maniera adeguata della distribuzione degli AVV nelle costruzioni causative con låta/late/lade/láta (cfr. Cap. III: §3.4.3): in seguito a
tale movimento l‟AVV – collocato in una proiezione funzionale della SC- precede il <causee>
come atteso (cfr. posizione 3 nelle Tabelle mostrate nella §3.4.3), mentre nel caso lo segua (posizione 4) possiamo supporre un movimento di scrambling del SOGG all‟interno delle proiezioni funzionali, plausibilmente per ragioni di scope (cfr. anche Hinterhölzl, 2006).3
La derivazione proposta in (5) sembra essersi cristallizzata nel tempo in alcune lingue (svedese e islandese), a tal punto da essere più avvertita come un‟operazione di movimento. In altre invece (norvegese e danese), si configura ancora come un‟operazione sintatticamente produttiva che determina interpretazioni diversificate, come abbiamo visto in precedenza (cfr. Cap. III) e come riconsidereremo in dettaglio qui di seguito.
Consideriamo innanzitutto la possibilità di omettere il <causee>, che abbiamo visto essere esclusa nella struttura bifrasale con få/fá. Come notato nel Cap. III (§3.2), tale omissione è invece consentita con låta/láta, ma solo in svedese e islandese. Poiché abbiamo motivato tale obbligatorietà con få/fá alla luce del parametro del pro-drop, analogamente qui proponiamo che l‟omissione è consentita nelle lingue in cui l‟incorporazione non è più un processo sintattico, per cui il SOGG della SC non è di fatto seguito da alcuna predicazione. Esso può dunque essere
omesso. Nelle lingue in cui, invece, la struttura in (5) è ancora originata come struttura bifrasale, l‟omissione del SOGG della SC è esclusa per gli stessi motivi che la escludono con få/fá.
L‟originaria bifrasalità della struttura con late/lade in norvegese e danese spiega anche la maggiore estensione del significato di coercizione (come messo in luce in Cap. III: Tabella 3).4
2 Sebbene l‟incorporazione di un VP di questo tipo possa essere considerata un‟operazione sui generis, essa è
giustificata dal punto di vista dell‟interpretazione (ciò che viene incorporato è l‟evento oggetto della causatività nella sua interezza) e non risulta problematico per l‟interfaccia di FF, in quanto tale IP contiene prevalentemente categorie vuote (dunque si tratta di una struttura frasale prosodicamente leggera).
3 Ringraziamo Verner Egerland per averci fatto riflettere su questo punto fondamentale dell‟analisi.
4 Si noti però, a onor del vero, che la grammaticalizzazione del processo di incorporazione, che è alla base del continuum semantico-strutturale ipotizzato per la struttura in esame, si trova a uno stadio più avanzato in islandese
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Sempre in relazione alle condizioni di Spell-Out, questa struttura mostra che le lingue scandinave richiedono coerentemente la realizzazione della copia più alta. Assumere lo Spell-
Out della copia più alta è in linea con i principi di interpretazione in FL dei movimenti sintattici
(laddove avviene dislocazione, la FF interpreta la struttura nel suo stadio finale). Dunque, giacché il <causee> ha assunto la posizione più alta in seguito al movimento, esso si qualifica come la copia esplicita (mentre le altre rimangono silenti).
Questa derivazione fornisce anche una „veste strutturale‟ al diverso grado di coercizione implicato dai due verbi causativi. Possiamo infatti suggerire che coercizione e distanza strutturale siano direttamente proporzionali. Oltre a ciò, la coercizione risulta essere correlata all‟utilizzo del verbo „leggero‟ “fare” come unico verbo della sua predicazione (e dunque necessariamente dotato di una struttura lessicale più forte, come in (2)), ovvero in unione con il VP contenente il verbo base (andando cosí ad assumere un ruolo di „pseudo-ausiliare‟).
Veniamo ora al nodo cruciale della questione, cosí come era stata posta all‟inizio di questo lavoro (Cap. II), ossia l‟opposizione tra monofrasalità e bifrasalità della costruzione causativa. A questo punto riteniamo di poter rispondere, né l‟una né l‟altra. Questo perché, in primo luogo non vi è alcuna distinzione di base tra le due costruzioni: si tratta della stessa struttura, solo differenziata da un processo di derivazione. In secondo luogo, non ci troviamo di fronte né a una subordinata di tipo frasale (completiva o a Controllo) né di tipo nominale (completiva o relativa). Abbiamo invece, come nel caso delle PR a lungo discusse nel capitolo precedente, quella che possiamo definire una monofrasalità complessa. Vale a dire, un‟unica frase il cui complemento nominale contiene al suo interno una struttura predicativa ridotta, il cui argomento esterno è la copia dell‟argomento interno del verbo causativo. Siamo dunque certamente di fronte a una nominalizzazione, sebbene diversa da quelle finora esaminate in letteratura (cfr. Cap. I: §1.3.2 e §1.4). Che si tratti di una nominalizzazione è peraltro provato anche dal fatto che è presente un marca di infinitivo che non fornisce informazione di tipo modale, ma si qualifica piuttosto come una specie di preposizione che segnala una forma non (più) pienamente verbale (simile alla „preposizione‟ to con i verbi non finiti in inglese).5
5 Di tale elemento non si parla molto in letteratura. Per giungere a tale conclusione abbiamo creato dei test appositi
(cfr. Appendice A), in cui abbiamo potuto rilevare che questa marca non è presente nelle subordinate frasali “classiche” come le completive e le ipotetiche, cosí come manca nelle frasi-aggiunto come le temporali.
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