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4. I punti salienti della disciplina normativa come modificata con le riforme del

4.2. La prosecuzione del rapporto oltre la scadenza

Il favor legislativo per la maggiore diffusione del contratto a termine è stato riscontrato in diversi punti della disciplina del d.lgs. n. 368/2001, come aggiornata agli interventi normativi degli anni 2012 e 2013: sullo sfondo delle finalità di natura occupazionale, hanno avuto attuazione an- che scelte che, prima facie, si ritengono dirette a migliorare il grado di razionalità applicativa dell’istituto, sebbene tale requisito abbia effetti po- sitivi anche sulla promozione della fattispecie.

Sotto questo profilo va analizzato uno dei temi tipici delle trattazioni ri- guardanti la disciplina normativa del contratto a tempo determinato, quello cioè delle misure sanzionatorie applicabili quando l’attività lavorativa pro- segue di fatto oltre la scadenza del termine iniziale o successivamente pro- rogato.

Con la disciplina introdotta dalla legge Fornero tale questione è stata ana- lizzata alla luce della necessità di rendere ragionevole l’applicazione delle sanzioni previste, soprattutto per le organizzazioni imprenditoriali com- plesse in cui la semplice dimenticanza della scadenza del termine finale del contratto, con la successiva prosecuzione di fatto dell’attività lavora- tiva, poteva penalizzare ingiustamente il datore di lavoro, imponendogli la conversione del rapporto come a tempo indeterminato. E’ stato dato soste-

237 Per un’analisi aggiornata degli interventi della contrattazione collettiva, in tema di contratto a tempo determinato e, nello specifico, in relazione al requisito della a-causalità del rapporto introdotta dalla fonte sindacale si rinvia a M. Lozito, Tendenze della contrattazione collettiva in

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gno a quelle tesi che professavano una maggiore tolleranza quando il rap- porto prosegue di fatto per una durata relativamente breve238 con l’ammis-

sibilità, ai sensi dell’art. 5 co.2 d.lgs. n. 368/2001, modificato dalla n. 92/2012, di cd. periodi “cuscinetto” sino a trenta o a cinquanta giorni (per i contratti iniziali rispettivamente inferiori o superiori a sei mesi)239, intesi

come limiti temporali entro cui la violazione del termine stabilito per la conclusione delle attività non procura l’effetto dirompente della conver- sione. Nelle ipotesi di violazioni meno gravi, anche al fine di ristorare il nocumento che ne deriva per il lavoratore, dallo svolgimento non pro- grammato delle attività, per periodi maggiori rispetto a quelli pattuiti, ri- manevano vigenti le sole sanzioni economiche, relative alla maggiora- zione retributiva del 20% per ogni giorno di lavoro svolto oltre la scadenza del termine finale, sino al decimo, e del 40% per i giorni ulteriori (v. comma 1 art. 5 d.lgs. n. 368/2001).

In assenza di espresse esclusioni, i limiti di tolleranza entro i quali alla prosecuzione di fatto può non essere connessa la conversione del contratto a tempo indeterminato sono stati applicati a tutte le tipologie di contratti a tempo determinato, compresi i nuovi modelli di assunzione a termine a- causale di cui alla stessa l. n. 92/2012240, in base ad un orientamento che

ha avuto conferma nelle successive modifiche della l. n. 99/2013, nella

238 Sino alla riforma del 2012, i limiti di tolleranza erano stabiliti in venti giorni, in caso di rap- porto inferiore a sei mesi (limite temporale ammesso anche per la prosecuzione del rapporto oltre la durata massima di trentasei mesi di cui all’art. 5 comma 4 bis del d.lgs. n. 368/2001), e trenta giorni, per i contratti stipulati per periodi superiori, con l’obbligo per il datore di lavoro di corri- spondere soltanto delle maggiorazioni retributive, rapportate al numero di giorni nei quali si fosse realizzata la protrazione.

239 V. art. 5 comma 2 del d.lgs. n. 368/2001, come modificato dall’art. 1 comma 9 lett. e) della l. n. 92 del 28 giugno 2012.

240 In senso analogo cfr. V. Speziale,La riforma del contratto a termine nella legge 28 giugno

2012, n.92, cit. 17; R. Voza, Il lavoro a tempo determinato dopo la Riforma Fornero, cit., 1147; contra S. Chiusolo, La riforma Fornero e il contratto a termine in RCDL, 2012, n. 2, 311;

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quale, a scanso di equivoci, è stato precisato che tali limiti sono applicabili anche ai rapporti a-causali instaurati «ai sensi del comma 1 bis»241.

Come è emerso da diverse delle modifiche adottate dalla legge Fornero, in tema di contratti a termine, le scelte effettuate sono state sollecitate da una permanente tensione tra la volontà di arginare gli abusi e quella di fare dell’istituto una forma occupazionale evoluta e, in tal senso, l’eterogeneità dei fini ha giustificato la qualificazione delle disposizioni della riforma come forme di «regolamentazione ossimoric[he]»242.

Nel caso specifico della prosecuzione di fatto, il maggior favore dimo- strato ai datori di lavoro, con l’allungamento dei termini di tolleranza, è stato contemperato con l’obbligo in capo ad essi di comunicare ai Centri per l’impiego la continuazione del rapporto entro la scadenza del termine originariamente pattuito243, nel tentativo così di arginare eventuali abusi,

ma con il conseguente forte appesantimento burocratico che ne deriva. Sotto questo profilo, la finalità garantista si connetteva alla volontà di ren- dere più trasparente l’individuazione dei casi in cui applicare il regime di tolleranza che procura, come effetto della protrazione del rapporto, l’ap- plicazione al datore di lavoro delle sole sanzioni economiche; di fatto, però, le modalità applicative concepite hanno fatto emergere più problemi di quanti esse siano state capaci di risolverne visto che, l’onere di comu- nicare ai CpI la prosecuzione delle attività, prima della scadenza del ter-

241 Nonché per le assunzioni temporanee effettuate dalle imprese start up innovative ai sensi dell’art. 28 della l. n. 221/2012 cfr. amplius, par. 5, qst. capitolo; a favore dell’applicabilità dei limiti di tolleranza anche al rapporto a-causale, nel regime della l. n. 92/2012, cfr. P. Tosi, Il

contratto a tempo determinato dopo la legge n.92/2012, cit., 5; V. Speziale, La riforma del con- tratto a termine nella legge 28 giugno 2012, n. 92, cit., 17; contra G. Franza, La riforma del lavoro a tempo determinato in (a cura di) G. Pellacani, Riforma del lavoro. Tutte le novità intro- dotte dalla legge 28 giugno 2012, n. 92, Milano, Giuffrè, 2012, 63.

242 Cfr. L. Zappalà, Flexicurity e valorizzazione delle capability: l’impulso alla ri-regolamenta-

zione del lavoro a termine in WP “Massimo D’Antona” 97/2012, 41.

243 Secondo le modalità definite nel d. m. 10 ottobre 2012, pubblicato in GU n. 251 del 26 ottobre 2012, ed entrato in vigore il 25 novembre 2012.

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mine finale, ha ridotto i casi di tolleranza alle sole prosecuzioni program- mate, quando cioè il datore di lavoro è consapevole della necessità di im- piegare il lavoratore per un periodo ulteriore, escludendo, per l’effetto, le altre ipotesi (che pur sembravano motivare l’allungamento dei limiti tem- porali di tolleranza), in cui l’impresa si rende conto solo ex post che il rapporto è proseguito oltre la scadenza244. Inoltre, a detrimento della con-

creta efficacia della disposizione, vi era la mancata previsione di una san- zione capace di incentivare la sua corretta applicazione245: per tali ragioni,

la l. n. 99/2013 ha svolto un ruolo “correttivo”, rispetto alle disposizioni introdotte sul tema con la legge Fornero, lasciando in vigore i limiti tem- porali “allungati”, entro i quali è ammesso far proseguire il rapporto di fatto, ma abrogando il riferimento alla comunicazione obbligatoria al CpI246.