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La questione del formalismo nello spirito soggettivo

Anziché soffermarci sul modo in cui nello stadio fenomenologico viene affrontata la soluzione della contraddizione del desiderio, mediante il rapporto fra le autocoscienze e il lavoro come assimilazione mediata dell‟oggetto, limitiamoci a vedere come nella psicologia venga tolta la finitezza della volontà. La fenomenologia, infatti, sviluppa delle tesi molto originali, peculiarmente hegeliane, a cominciare dal rapporto indissolubile fra desiderio e autocoscienza, mentre ci interessa, come abbiamo detto, giustificare le basi di un confronto con Kant attraverso l‟esame della psicologia, dove viene definito e parzialmente svolto il concetto fondamentale della filosofia pratica: la volontà. Questo esame consiste in una ripresa attiva della cosiddetta metafisica kantiana della volontà (Peperzak), metafisica che Kant definisce come l‟autolegislazione della

ragion pratica secondo il concetto della libertà. Tale caratterizzazione ci è valsa solo come assunto provvisorio, che abbiamo anticipato senza ancora giustificarlo all‟interno del progetto critico di Kant, di cui la Critica del Giudizio, da cui abbiamo tratto la definizione di filosofia pratica, è il culmine e il ripensamento retrospettivo. Dall‟affermazione kantiana abbiamo proceduto a enucleare i due concetti che Hegel „riprende‟ – autodeterminazione e unione di intelligenza e volontà – e il principio fondamentale in forza del quale essi vengono rielaborati: lo spirito come sviluppo di sè stesso. Nel corso dell‟esame dello spirito finito, abbiamo individuato la sua essenza nel formalismo, una condizione generale dello spirito soggettivo, che consiste in un rapporto inadeguato di forma e contenuto. La differenza fra lo spirito come coscienza e lo spirito come produzione, sia pure formale, di sé, ci offre il terzo concetto utile a stabilire la base di un confronto con Kant. Una volta considerato come Hegel sviluppi la sua concezione del formalismo, criticando implicitamente il modo in cui Kant concepisce la forma della ragione, saremo giunti a determinare nel problema della soggettività quel cardine dell‟idealismo, attorno a cui ruota la nostra ricerca. Lo sforzo di pensare una soggettività assoluta e non trascendentale135 rappresenta la „chiave di volta‟ dell‟ordine con cui esporre il metodo della critica di Hegel alla filosofia pratica di Kant in un modo che tenti di rendere giustizia dell‟effettivo contrasto fra la comprensione dello spirito che realizza l‟uno e la critica della facoltà pratica della ragione intrapresa dall‟altro. Ma, prima di concludere la nostra indagine introduttiva, dobbiamo caratterizzare ulteriormente l‟opposizione fra le due etiche idealistiche in questione in relazione alla questione del formalismo, destinata ad accompagnarci durante tutto il nostro lavoro.

Nello spirito pratico la „conciliazione‟ o identità concreta di forma e contenuto è già presente nel concetto di volontà, ma deve svilupparsi – „il cammino della volontà‟ – a partire dalla scissione di forma e contenuto, ossia fra il farsi immediato del contenuto - la soggettività coi suoi momenti formali (sentimento pratico, inclinazioni, impulsi, interesse e così via) – e l‟autodeterminazione pensante o libertà. A motivo della

135 Cfr. B. Longuenesse, Hegel et la critique, 1981,pp.16-46. Nel definire il compito della logica dialettica

sullo sfondo della logica trascendentale, sulla base della comune critica alla tradizione del pensiero rappresentativo, cioè vincolato dalla presupposizione di oggetti che forniscono un contenuto al pensare esistendo al di fuori di esso, l‟autrice osserva che „se Hegel trasforma profondamente la nozione di Assoluto‟ – concependolo come il risultato di un movimento di riflessione interna al pensare e come soggetto – „altrettanto trasforma quella di soggetto. L‟Io penso non è quello di un soggetto finito. Esso è l‟unità di un processo che obbedisce a una necessità indipendente dai soggetti empirici‟ (p.36).

scissione, che „sorge‟ dal movimento eterno dello spirito di rendersi finito e ritornare a sé (sapersi) dalla sua manifestazione particolare, il contenuto universale si frantuma in una molteplicità di contenuti „naturali, accidentali, soggettivi‟136. Questo rompersi del contenuto razionale in contenuti limitati è dovuto alla forma, cioè alla soggettività, l‟attività del concetto di trasporre contenuti dalla „guisa‟ soggettiva (das Seinige) a quella „oggettiva‟ (das Seiende). Hegel dice, infatti, che lo spirito „è finito per via della sua immediatezza e, che è lo stesso, per il fatto che è soggettivo, ossia come il concetto‟137

e l‟attività del concetto „consiste nel togliere la forma dell‟immediatezza, cioè della soggettività‟138. La forma è l‟elemento direttivo dello sviluppo, in quanto è insieme la fonte del limite e il suo superamento. Il contenuto indica nella volontà il concetto come scopo, „l‟essere-determinato in sé e per sé‟139

di cui il soggetto deve appropriarsi mediante il sapere. Esso è la base universale che agisce dall‟inizio (in sé) alla fine (per sé) del farsi per sé dell‟in sé, ma il modo di esistenza (Daseinsweise) del concetto determinato nella volontà singola, il farsi stesso, mediante cui l‟esserci (Dasein) si realizza, divenendo da scopo soggettivo (che è in sé ciò che deve essere) uno scopo oggettivo, realizzato e saputo come tale (per sé)140, indica la forma della volontà. Come viene detto dell‟interesse, la forma è „la vitalità del soggetto, secondo la quale il soggetto stesso è nel suo fine e nella relativa attuazione‟141

. Forma e contenuto sono indisgiungibili142, ma se nello spirito infinito è indifferente quale dei due venga

136 Enc. §471 137 Enc. §441 138 Enc. §442 A 139 Enc. §442

140 Il Dasein è categoria più adatta a designare un contenuto finito dello spirito soggettivo, che può essere

accidentalmente una determinatezza soggettiva o realizzata, naturale o razionale. Wirklichkeit esprime meglio, invece, il nesso fra interno ed esterno, la necessità del contenuto di realizzarsi, ossia l‟immanenza della forma nel contenuto nello spirito oggettivo.

141 Enc. §475

142 Nella fondazione logica che forma e contenuto ricevono nella Scienza della Logica, essi sono momenti

del fondamento e precisamente costituiscono l‟esigenza del fondamento assoluto di determinarsi. Come contenuto, il fondamento è identità formata, la cui mediazione è la relazione fondamentale (fondamento- fondato) o „negativa riflessione in sé (in sich)‟ delle determinazioni formali (materia formata e forma materiale) (SdLp.509). La riflessione „in sich‟ è la negazione della reciproca indipendenza – riflessione „an sich‟ – di forma e materia, il „terzo‟ che li pone come suoi momenti. L‟unità negativa è l‟esser-posto ritornante in sé dal su respingersi nei momenti. Solo questa negatività originaria, che è insieme respingersi e conservarsi, ci permette di distinguere la forma dalla materia e, anzi, precisamente il „dominio della forma‟ nella relazione. Cfr. l‟analisi che F. Cirulli svolge del „fondamento assoluto‟,

preso come concetto e quale come realtà del concetto, nello spirito finito (che include sia lo spirito soggettivo che quello oggettivo) essi si trovano in una relazione instabile e per così dire asimmetrica, per la quale se l‟uno ha una determinatezza, l‟altro lo completa con l‟altra: se il contenuto è interno, la forma è l‟attività di trasporlo143

; se il contenuto è universale o infinito, la forma lo determina per sè rispetto ai momenti vitali (bisogni, inclinazioni, interessi etc..) della singolarità; oppure, se il contenuto si è fissato in determinazioni naturali, particolari o egoistiche, la forma lo eleva all‟universalità144. Nello spirito soggettivo questo può significare l‟uguaglianza dello scopo con se stesso nella sua determinatezza soggettiva e oggettiva o distanza riflessiva dalla particolarità degli impulsi, l‟universalità astratta (la rappresentazione indeterminata, da parte di un arbitrio astratto, di un appagamento di tutti gli impulsi) che conclude la trattazione dello spirito pratico: la felicità. Nello spirito oggettivo, l‟elaborazione universale del materiale della volontà naturale è la società civile, basata sul sistema dei bisogni. La ragione che rende il processo economico comparabile con il perseguimento della felicità è la mescolanza di aspetti qualitativi (particolarità degli impulsi) e quantitativi (progressione indefinita di soddisfazioni): produzione, scambio e circolazione delle merci sono possibili solo per il fatto che le qualità dei nostri bisogni sono traducibili in determinazioni sostituibili mediante la forma d‟equivalenza del denaro.

Peperzak, nel commento di questi paragrafi della psicologia, intende principalmente la forma come il concetto astratto – perché lo spirito è sviluppato ancora solo in sé o per noi, ma non per sé - della volontà e il contenuto come la realizzazione del concetto, l‟oggettivazione145

. Da parte nostra, riteniamo che questa lettura concentri soprattutto l‟attenzione su come il contenuto appare nello spirito finito e su una implicita equivalenza fra volontà universale, come è definita al §469, e concezione kantiana della forma come legge della ragione, legge pura e quindi formale, che determina la volontà immediatamente, senza la mediazione di un fine, come oggetto dell‟arbitrio. Il contenuto ha sì a che fare con l‟oggettività, e tuttavia, come abbiamo visto, questa può avere un significato infinito, per cui vale come l‟essere-determinato in

collocando le sue categorie nel contesto di una critica implicita a Schelling, in Hegel‟s Critique of

Essence,2006,pp.73-88.

143 Anche se tale trasposizione è nello spirito soggettivo ancora solo un „passaggio formale‟ (§442) o

„attività della razionalità formale‟ (§475), perché la forma finita o immediata non produce il suo contenuto.

144

Cfr. Enc. §444

sé e per sé dello spirito o come il suo concetto – libertà. Al livello della volontà considerata come spirito infinito, è indifferente ciò che viene a determinarsi come concetto e ciò che, invece, viene determinato come realtà di tale concetto. Se la forma – soggettività – è considerata come concetto, allora la realizzazione del concetto è il contenuto universale e la realtà della soggettività consiste nell‟appropriazione del contenuto, come avviene nell‟educazione del singolo soggetto alla vita etica. Se il contenuto oggettivo, universale o infinito viene posto come concetto della volontà, allora la realtà è la forma, cioè l‟attività di configurare quel contenuto. Se non che, osserva Hegel, la volontà in generale può essere qualcosa di reale solo mediante la sua attivazione da parte della volontà singola e perciò immediata; solo limitando, quindi, la struttura dell‟Idea che è principio del suo movimento146

.

Nello spirito finito, d‟altra parte, il contenuto può avere due significati: nello spirito pratico, indica il fine del soggetto, il momento della Cosa nell‟interesse147

; nello spirito oggettivo, i rapporti di diritto e di dovere fra volontà singole „autocoscienti di sé come di volontà diverse e particolari‟148. L‟oggettività, inoltre, indica il Dasein del concetto (soggettività), un che di indifferente, di posto come base e risultato: rispetto alla logica dell‟essenza, chiameremmo questo suo aspetto sostanzialità, o, rispetto alla logica del concetto, universalità. Ma l‟elemento attivo della volontà razionale, quello che determina il processo dell‟oggettività, ossia l‟oggettivazione, è il modo di esistenza (Daseinsweise)149, la forma che pone e configura quell‟esserci. Lungi dall‟essere solo „concetto astratto‟, o struttura definitoria che sussume sotto di sé contenuti diversi della volontà, la forma è il movimento del togliere della propria astrazione, il momento della soggettività che rende finito il contenuto universale e insieme determina lo svolgimento di figure superiori a partire dalla contraddizione di forma e contenuto delle figure

146

Cfr. Enc. §444 Z; FD, §13 Z.

147

Cfr. Enc. §475: „Nella misura in cui il contenuto dell‟impulso viene distinto come Cosa (Sache) da questa sua attività, la Cosa, che si è attuata, che implica il momento della singolarità soggettiva e della relativa attività, è l‟interesse‟. E infine, come prova dell‟immanenza della forma nel contenuto, valga questo passo dell‟Annotazione:„Un‟azione è un fine del soggetto, ed è anche l‟attività – aggiungiamo noi: l‟attività della razionalità formale – del soggetto tesa ad attuare questo fine‟. Rispetto a questa fondazione, sia pure formale, del concetto di azione nella figura dell‟interesse, ci sorprende che Hegel affermi, in sede di partizione della psicologia, che il prodotto „verso fuori‟ dello spirito soggettivo nell‟ambito pratico sia il godimento, non ancora atto (Tat) o azione (Handlung) (§444).

148

Enc. §483

149

Mi servo di un‟espressione di Peperzak (1991, p.58), che denota, non a caso, le forme di attuazione del concetto di volontà: sentimento pratico, impulsi e inclinazioni, passione e così via.

inferiori. La forma, abbiamo detto, è la fonte dell‟immediatezza con cui il contenuto appare e insieme il percorso della sua mediazione, cioè dell‟uscita dalla relazione contraddittoria fra forma e contenuto verso la loro identità concreta. La loro contraddizione non consiste, come in Kant, nella violazione dell‟identità di una regola150, o nel fatto assurdo che viene voluto un contenuto particolare e insieme un

150 Consideriamo l‟esempio kantiano del deposito (KpV A 49): La regola empirica è un giudizio che

stabilisce una particolare connessione fra causa ed effetto, per la quale se esiste l‟istituzione del deposito, ne consegue che questo deposito deve essere restituito; la sua versione pratica è la massima in prima persona: „se voglio ricevere in prestito un deposito, devo anche restituirlo‟. Se, poi, la volontà del soggetto agente riconosce la regola di questa prassi empirica come il caso o l‟esempio (Exempel) della legge morale, allora la massima precedente si completa in un ragionamento che può essere di questo genere: „Voglio seguire questa regola empirica perché (motivo) mi faccio una regola a priori, cioè una legge, di compiere azioni le cui ragioni siano massime qualificate dalla relazione con una legge che sia insieme un fine valido per tutti: l‟autonomia‟. Assumendo, ora, la massima di non restituire il deposito ricevuto – persino astraendo dalla questione della sua figura giuridica, dalla sua connessione con le altre leggi della società civile e dalla legge di una volontà pura, che giudicando le sue categorie della libertà giudica insieme sia le leggi della società che le massime degli individui – io mi rappresento implicitamente la possibilità della mia azione secondo una regola diversa – fondata sull‟amor proprio - da quella in forza della quale detengo il deposito. Quindi finisco in una opposizione logica – per l‟astrazione dall‟eventuale contenuto morale della regola di una certa prassi – secondo la quale l‟oggetto dell‟azione, cioè lo scopo di non restituire il deposito per accrescere le proprie sostanze, rende impossibile (nihil

irrapraesentabile) il concetto dell‟azione, cioè l‟unità di causa ed effetto pensata nella regola empirica.

Come abbiamo astratto dalla contraddizione della volontà con se stessa, così il concetto di causa è stato preso teoreticamente, cioè come categoria applicata alla conoscenza di una situazione sociale del mondo. Da qui traiamo la connessione dell‟esistenza del diverso, per cui posto A (la ricezione del deposito), è contraddittorio non porre nell‟esperienza anche B (la restituzione del medesimo). Ma dobbiamo tener presente che la vera conoscenza del deposito non è quella il cui funzionamento è descritto nella prima Critica, ma la conoscenza pratica (KpV A 36, 80-81, 116), cioè quella che determina con un motivo l‟arbitrio a produrre l‟azione come mezzo in vista di un fine. Secondo questa relazione, la causalità della volontà è una causalità secondo cause finali, quella in cui sussiste un rapporto non successivo ma di interazione reciproca fra causa ed effetto (cfr. KU §65), perché l‟effetto vale qui come fine. La finalità è la causalità di un fine e questo è „l‟oggetto di un concetto, in quanto questo è considerato come la causa di quello‟ (KU §10). Nel caso del deposito, l‟oggetto non è immediatamente la determinazione della volontà stessa né la restituzione, ma lo scopo per cui il deposito è stato fatto. Se il deposito mi è stato affidato affinchè tenessi fede, poniamo, alla promessa di investirlo nella costruzione di una scuola o lo tenessi al sicuro, l‟effetto come scopo rappresentato è la causa di sé stesso come scopo realizzato. Le azioni che compio per impiegare il deposito o per proteggerlo sono il mezzo che permette la traduzione dello scopo soggettivo (concetto) nello scopo realizzato (oggetto del concetto). L‟interazione reciproca di causa ed effetto consiste in ciò: da una parte si può dire che il deposito è causa (meccanica) dell‟investimento o

altro (per es.: voglio bere e non voglio bere), ma nella inseparabilità di momenti che si sforzano di adeguarsi (la sete è un bisogno, il sentimento di una mancanza: questa mancanza è il contenuto, il negativo del soggetto, l‟esserci di una soddisfazione, che può rimanere inattuata: ma la mancanza può essere tale solo se viene sentita, quindi se viene posta come affermazione del soggetto, cioè della forma, l‟attività infinita -l‟unità negativa- di riferirsi a sé mediante la relazione all‟altro e il suo superamento come altro.)

L‟attività della forma è il superamento della parvenza della diversità o indifferenza di forma e contenuto. Da questa tesi dipende la comprensione della concezione hegeliana del formalismo. La forma infinita, come unità di forma e contenuto151 è in sé o per noi: essa si rende finita nel formalismo, nell‟astrazione della forma dal contenuto, per la quale appaiono una forma immediata e un contenuto limitato.La figura (Gestalt) è la loro unità singolare: la sintesi di un fine (Dasein) e di un modo (Weise) di attuazione: Daseinsweise. La serie delle figure consiste nel cammino della volontà. Il suo sviluppo è la chiave del superamento del formalismo. La forma è il momento determinante; il contenuto il momento determinato. La figura è la forma stessa, vista come l‟attività di porre l‟identità di determinante e determinato. L‟interesse è la figura più chiara che possa mostrare il carattere finalistico dell‟autodeterminazione della volontà.

Hegel critica il modo in cui Kant concepisce il formalismo, che per lui corrisponde alla verità della forma finita: il fatto di essere in realtà l‟autofinitizzazione necessaria della volontà. Il formalismo è per il Kant di Hegel, invece, il principio fondamentale o l‟orizzonte ultimo della sua filosofia pratica. Siccome la forma è una legge universale che prescinde dai fini di ciascun soggetto e non può produrne di propri per via della purezza della legge, essa si applica al molteplice accidentale delle massime

della costruzione di una cassaforte che custodisce il deposito, dall‟altra il progetto di realizzare una scuola o di costruire un luogo sicuro dove tenere il denaro è la ragione (causa finale) o il fondamento dell‟ istituzione e recezione del deposito. All‟interno della causalità finale, infine, bisogna distinguere, secondo l‟oggetto della volontà, quella degli imperativi ipotetici da quella dell‟imperativo categorico. Non è escluso che tra di essi non possa realizzarsi una sintesi nei cosiddetti doveri di virtù, che permettono di collegare la forma del dovere con un fine universale. Nel caso del deposito, dunque, l‟imperativo ipotetico può dire: „Se vuoi costruire la scuola, devi impiegare il deposito affidatoti‟; il dovere di virtù: „Se vuoi rimediare all‟analfabetismo del quartiere, devi costruirci quella scuola‟. In una catena di ragionamenti che subordina fini ad altri fini, gli imperativi ipotetici vengono resi mediatamente oggetto dell‟imperativo categorico.

possibili. Il problema di questa famosa critica è che il modo in cui Hegel critica Kant non è l‟analisi circostanziata del suo sistema e l‟osservazione di una sua incoerenza, ma l‟ esposizione del cammino della volontà, il cui formalismo è presente sia nell‟ambito dello spirito pratico che in quello della moralità – l‟analisi del diritto della soggettività come principio essenziale del mondo moderno. Nel proprio sistema, il formalismo è superato gradualmente mediante lo sviluppo delle opposizioni che lo spirito a) eredita dalla coscienza152 e b) ha in sé.

Forma e contenuto sono in una relazione contraddittoria fra la loro indipendenza – il loro presupporsi – e la loro identità: trovata, come nel sentimento, o posta, come nelle figure successive degli impulsi, inclinazioni, etc… Il dover-essere (Sollen) è il modo generale di manifestazione di tale contraddizione153. Hegel parla di un duplice dover essere, strutturato implicitamente secondo le determinazioni del concetto: singolarità, particolarità e universalità.

Il primo dover-essere rende esplicita l‟opposizione fra la volontà singola e la sua condizione particolare („l‟essere determinato immediato‟), distinta nel „suo esserci e nel suo stato‟154. La volontà singola è l‟autodeterminazione immediata, l‟elemento di attivazione senza il quale la volontà razionale rimarrebbe indeterminata. La particolarità riguarda i contenuti che la volonta eredita innanzitutto dalla coscienza e dall‟anima155

, i quali devono essere resi suo oggetto: l‟esserci (Dasein) è il mondo esterno, l‟epoca storica data cui la coscienza si rapporta per toglierne la pretesa indipendenza; lo stato (Zustand) sono le determinazioni psico-fisiche.

Il secondo dover essere riguarda la contraddizione fra la „prima autodeterminazione‟ della volontà immediata o singola e „l‟universalità del pensare‟, che – osserva Hegel – „costituisce in sé il dover-essere secondo la forma, così come può costituirlo secondo il contenuto‟. Questo significa che il pensare fonda la vera libertà, il cui „concetto determinato‟156

è quello della volontà che si conferisce da sé il suo contenuto. In quanto la forma è infinita, il suo contenuto non può che essere se stessa: il

152 Enc. §§443,470 153 Enc. §470 154 Ibid. 155

Cfr. ibid. , il primo dover- essere oppone la determinatezza posta dalla volontà stessa (forma) contro l‟essere-determinato immediato (contenuto), che – sottolineamo noi – qui „fa daccapo il suo ingresso‟