• Non ci sono risultati.

La relazione esistente tra strategia e risorse umane

In questo secondo capitolo si tratterà il concetto della valutazione delle risorse umane nelle banche, presupposto per rendere esplicito e per qualificare il valore associato alle caratteristiche personali, ai comportamenti, alle responsabilità di ruolo, ai compiti inerenti alle posizioni organizzative o ai risultati ottenuti. La valutazione del personale nelle aziende di credito rappresenta uno dei principali punti cardine nella gestione delle risorse umane, in quanto forte leva motivazionale e importante punto di partenza di una crescita professionale e di miglioramento continuo. L’importanza del processo di valutazione è riconosciuta anche a livello normativo, venendone esplicitamente prevista l’attività anche

nel Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) del Settore Credito. Infatti ogni

banca, per contratto nazionale di lavoro, deve dotarsi di un sistema valutativo del personale e portare a conoscenza dei lavoratori la valutazione finale.

L’art. 74 CCNL afferma “gli idonei elementi di valutazione professionale, i cui contenuti vengono opportunamente individuati dalle imprese in relazione alle specifiche figure professionali, alla propria organizzazione, ai propri obiettivi strategici, sono i seguenti: competenze professionali, precedenti professionali, padronanza del ruolo, attitudini e potenzialità professionali, prestazioni”.

In tale paragrafo, in prima analisi, verrà illustrata la relazione esistente tra strategia e risorse umane nelle varie organizzazioni, comprese le aziende di credito, affinché si possa spiegare il collegamento che la valutazione delle risorse umane ha con il raggiungimento di un vantaggio competitivo, e successivamente verrà illustrato il ciclo di creazione di valore delle risorse umane, in cui la valutazione assume un ruolo importante.

Come già accennato nel capitolo precedente, non esiste alcuna organizzazione che non sia costituita da persone, ciascuna delle quali ricopre un ruolo specifico e indispensabile

38

alla sua sopravvivenza, per tale motivo, la gestione delle risorse umane è considerata prima di tutto un’attività necessaria, ma allo stesso tempo essa è un’attività strategica per un’organizzazione, cioè un’attività che contribuisce alla creazione di valore per essa: ogni organizzazione, piccola, media o grande che sia, attua infatti una strategia per poter raggiungere gli obbiettivi di breve, medio e lungo termine che si è precedentemente posta. La letteratura ci fornisce tre approcci con cui è possibile descrivere le relazioni esistenti che intercorrono tra strategia e gestione delle risorse umane: un cosiddetto approccio lineare, un approccio interdipendente e infine un approccio evolutivo.

L’approccio lineare, anche detto sequenziale, vede la scelta del “cosa” produrre affidata alla strategia e del “come”, invece, alla struttura. Tale ripartizione ha dato origine al paradigma strategia-struttura di Chandler in cui la relazione lineare si manifesta nel susseguirsi di fasi a partire dalla definizione della strategia, da parte dell’imprenditore, sulla quale in seguito verrà costruita la struttura più adatta, ed inserite le giuste e necessarie risorse umane. Tale relazione funziona quando l’ambiente in cui si trova ad operare l’organizzazione, è stabile e semplice, e quando il potere decisionale è concentrato nelle mani del solo imprenditore.

L’approccio interdipendente invece trova la sua applicazione in ambienti più turbolenti e complessi rispetto al precedente, in cui le capacità e le conoscenze distintive non sono concentrate nella singola figura dell’imprenditore. In questo caso strategia, struttura e risorse umane si influenzano reciprocamente: si instaura un processo circolare, poiché la struttura si adatta alla strategia e viceversa, di conseguenza la strategia futura sarà il frutto dell’attuale struttura e degli stimoli ambientali recepiti e rielaborati dalle persone che compongono l’organizzazione.

Infine l’approccio evolutivo mostra l’organizzazione come un sistema che apprende e interagisce con i cambiamenti ambientali tramite tutte le persone che la compongono. In questo caso l’efficacia della strategia si misura con la capacità di creare e sfruttare alternative che generano valore, permettendo di dominare piuttosto che subire le complessità ambientali. La strategia che si adatta a tale ultimo approccio, nel modo migliore, è la teoria definita Resource Based View, la quale presume che il vantaggio competitivo sia costruito su risorse differenziate e distintive, difficilmente replicabili dai concorrenti, ovvero il sapere, le conoscenze, le abilità, le capacità operative formatesi all’interno dell’impresa attraverso un processo di apprendimento specifico. L’ insieme di

39

tali risorse si trasforma in competenze distintive difficilmente trasferibili all’esterno del contesto in cui si sono formate.

Affinché si raggiunga una coerenza tra gestione delle risorse umane e strategia, Camuffo e Costa4, evidenziano fondamentalmente due approcci: uno strumentale e l’altro

costitutivo.

L’approccio strumentale è tipicamente associato al rapporto lineare tra strategia e gestione delle risorse umane, in cui la stessa risorsa umana viene vista come soggetto passivo, sul quale si interviene per far sì che le sue caratteristiche e comportamenti siano in linea con i bisogni dell’azienda.

L’approccio costitutivo, invece, si basa sull'idea che le risorse umane possano costituire parte attiva del vantaggio competitivo: la risorsa umana viene in questo caso considerata come un soggetto portatore di valore, in grado di apportare e generare competenze e relazioni capaci di soddisfare le esigenze del cliente interno ed esterno. Tale approccio è quindi coerente con la Resource Based View e include tra le risorse quelle che vengono indicate come “intangibili” o “invisible assets”: ovvero il sapere tecnologico, l’immagine aziendale, le conoscenze accumulate sul mercato e sui consumatori, il controllo e il potere di influenza esercitati sul sistema distributivo, le competenze del management, la cultura d’impresa, tutte risorse basate sull’accumulo di informazione e conoscenza. Il valore di tali risorse non è sottoposto all’usura nel corso del tempo, come invece avviene per le immobilizzazioni tecniche, è difficile da quantificare, ma se gestito in maniera corretta, è soggetto ad un aumento nel tempo. Per questo motivo risulta più utile ricercare il vantaggio competitivo nella struttura organizzativa, capace di elaborare la conoscenza per alimentare continuamente la strategia, piuttosto che nel contenuto della strategia, soggetto al rischio di obsolescenza tipicamente dovuto a cambiamenti di mercato, tecnologici e alle innovazioni dei concorrenti. Nella Resource Based View, una risorsa per essere definita distintiva, e dar luogo quindi ad un vantaggio competitivo, deve essere eterogenea, deve generare valore, essere rara, inimitabile o difficile da imitare, insostituibile.

È possibile affermare quindi che il vantaggio competitivo si basa su due fattori principali: la presenza di risorse che rispettino i requisiti descritti e la capacità dell’organizzazione di acquisire tali risorse in un assortimento tale da creare sinergie e complementarità che

40

determinino il cosiddetto portafoglio di risorse, competenze e capacità organizzative; in questo senso si può affermare che la gestione delle risorse umane assume un ruolo costitutivo nella determinazione della strategia.

Una delle maggiori problematiche relative a questo contesto riguarda la sostenibilità di una tale strategia, specialmente nei casi in cui le abilità e le competenze critiche siano in possesso di un limitato numero di persone. Infatti il rischio è quello che gli individui “chiave” lascino l’organizzazione.

Quando invece il vantaggio competitivo è attribuibile a una pluralità di persone o alle competenze dell’intera organizzazione anche la problematica della sostenibilità della strategia si riduce notevolmente. È vero che le imprese si trovano a competere tanto nel mercato dei prodotti quanto in quello delle risorse per poter attrarre le competenze migliori sulle quali costruire il proprio valore, ma il vantaggio competitivo non è attribuibile alla singola risorsa o pratica eccellente ma alla loro integrazione e coerenza con l’infrastruttura manageriale e le esigenze e le priorità del business.

2.1.1 Il ciclo del valore delle risorse umane

Le risorse umane sono state al centro di una evoluzione di pensiero che le ha lentamente portate ad occupare un ruolo centrale nelle politiche organizzative. I cambiamenti storici e culturali che hanno caratterizzato il secolo scorso (il secondo conflitto mondiale, l’avvento della democrazia, la crescita culturale della popolazione, le lotte sindacali) hanno accompagnato l’evoluzione di un percorso di riscoperta degli uomini e delle risorse umane come valore.

Se pensiamo infatti all’impostazione taylorista e fordista del lavoro, fiorita negli anni venti, che considera l’uomo come un puro ingranaggio e che nel processo produttivo, essendogli negata qualunque autonomia, perde ogni carattere di persona umana, capiamo quanta strada è stata fatta nella riscoperta dell’uomo.

Ma questa evoluzione non assume soltanto il carattere del riscatto sociale, essa ha una valenza centrale anche in termini di incremento della performance, infatti una gestione scrupolosa delle persone produce incrementi di valore del prodotto/servizio che difficilmente è raggiungibile agendo su altre leve organizzative.

41

In accordo con la Resource Based View, le risorse umane quindi contribuiscono alla creazione di una parte del valore dell’organizzazione, dunque diventano protagoniste di un ciclo virtuoso che se ben gestito può autoalimentarsi e produrre un incremento delle prestazioni.

Il ciclo del valore delle risorse umane è un modello analitico-descrittivo che studia le dinamiche che legano in sequenza le attività di gestione delle risorse umane e la strategia. Tale ciclo passa attraverso quattro punti fondamentali: le persone, le relazioni, le prestazioni e la valorizzazione.

Il modello fondato sul ciclo del valore offre uno strumento prezioso per la progettazione e la gestione dei processi relativi al personale, è importante però che i professionisti delle risorse umane, non perdano mai di vista le esigenze del cliente esterno e interagiscano in modo continuativo con la linea operativa, per garantire politiche e sistemi di gestione del personale concreti ed efficaci.

La figura seguente (figura 1) mostra nel dettaglio tale modello, che spinge a considerare la risorsa umana come protagonista di un ciclo virtuoso, le frecce indicano appunto la direzione di percorrenza del ciclo stesso:

Figura 1 Ciclo del valore delle risorse umane,fonte: G.Costa, M.Gianecchini, Risorse Umane persone, relazioni, valore, McGraw-Hill, Milano, 2009

42

Il modello del ciclo del valore delle risorse umane non può che iniziare dalle persone, portatrici di conoscenze, capacità, competenze, abilità professionali, che insieme costituiscono il cosiddetto capitale umano, il quale si crea e incrementa attraverso l'istruzione e la formazione professionale, ma anche con altre forme di apprendimento nella vita quotidiana o nei luoghi di lavoro e attraverso contatti con la famiglia, i colleghi, le reti sociali e civili. La funzione di apprendimento, e quindi l'accumulazione di capitale umano, si concentra nelle fasi più giovanili ma si protrae anche lungo tutto l'arco della vita individuale.

Ogni persona è caratterizzata dalla sua unicità: essa infatti non apporta in azienda soltanto le proprie conoscenze e competenze ma anche i propri connotati caratteriali, i propri comportamenti e il modo d’essere. Le persone possiedono peculiarità fisiche, psicologiche e sociali diverse tra loro che ne influenzano il comportamento lavorativo e, di conseguenza, il valore potenzialmente apportabile all’organizzazione.

Non è comunque corretto considerare le persone solo per questo, anche perché il valore che apportano è funzione del coinvolgimento dell’individuo nella sua interezza. L’unicità della persona, insieme alle sue abilità, può essere considerata come il potenziale umano, l’apporto che teoricamente una persona può dare all’organizzazione. Le persone vengono in contatto con le aziende attraverso il mercato del lavoro, lo strumento che le rende visibili e ne consente, se capace di apportare valore nell’organizzazione, l’allocazione presso le aziende.

Ma “l’esistenza di competenze all’interno e all’esterno dell’impresa costituisce una semplice potenzialità. Non significa ancora che esse possano essere utilmente impiegate e valorizzate. È necessario entrare in relazione”5. Infatti affinché una persona entri a far

parte dell’organizzazione è necessario istituire delle relazioni tra essa e l’organizzazione. Le relazioni che si istaurano tra queste ultime fanno sì che la persona possa entrare a far parte dell’azienda e possa contribuire al business di quest’ultima. Le relazioni possono essere individuali, collettive, sociali e organizzative. La direzione delle risorse umane attraverso le sue attività più classiche di reclutamento, selezione e inserimento, ha un ruolo fondamentale nella creazione della relazione, che lega le persone all’organizzazione.

43

L’aspetto della relazione è quindi rappresentato dal vincolo che lega la persona all’azienda: attraverso il contratto di lavoro la persona entra formalmente a far parte dell’organizzazione; esso è l’insieme di condizioni economiche, comportamentali e morali che vincolano il lavoratore e il datore di lavoro. Tale vincolo può essere rappresentato da un contratto giuridico, dal tradizionale contratto di lavoro subordinato fino all’outsourcing, o psicologico, relativo alle attese reciproche e all’implicazione emotiva stabilita tra la persona e l’organizzazione.

Il terzo punto del ciclo del valore delle risorse umane è rappresentato dalle prestazioni, che le stesse persone forniscono all’organizzazione: il lavoratore infatti viene assunto in azienda per ricoprire un ruolo e svolgere delle mansioni specifiche. La prestazione dipende dalle competenze del lavoratore che la eroga e dagli strumenti tecnologici e non, messi a disposizione dall’organizzazione, dai processi aziendali e dalle modalità di organizzazione del lavoro.

Compito della direzione risorse umane è quello di garantire che la prestazione sia fornita con spirito di collaborazione tra i lavoratori. Lo spirito di collaborazione, la lealtà della prestazione, l’orientamento al risultato sono aspetti che il contratto giuridico non riesce a regolare; esso infatti, seppur legittima il rapporto di subordinazione e regola alcuni comportamenti da tenere durante il rapporto di lavoro, non riesce a regolare e a rendere controllabili tutti questi aspetti. È in tale prospettiva che si sottolinea ancora una volta l’importanza del contratto psicologico e di una progettazione delle mansioni che renda ben definiti i ruoli da ricoprire e di conseguenza l’entità delle prestazioni da erogare. La qualità della prestazione dipende da quanto il lavoratore si identifica nell’organizzazione: più il lavoratore si sente coinvolto e parte integrante dell’organizzazione, più userà le proprie energie per raggiungere gli obbiettivi che gli sono stati assegnati.

L’ultimo nodo del ciclo del valore delle risorse umane è rappresentato dalla valorizzazione, fase in cui l’impresa incontra il cliente e la persona riceve la remunerazione del proprio apporto.

È il momento in cui l’organizzazione incontra il mercato e i propri clienti e ha la possibilità di trasformare le proprie attività in valore economico e di migliorare componenti intangibili del suo valore come la reputazione e l’immagine aziendale. Il valore prodotto dalle risorse umane deriva dal capitale umano e dalle relazioni che esse

44

hanno instaurato con il cliente, nonché dalla qualità della prestazione, accuratamente valutata dalla direzione delle risorse umane.

La valorizzazione ricopre un ruolo molto importante all’interno dell’organizzazione poiché consente un ritorno economico e non economico di tutte le attività aziendali, consente di sviluppare e valorizzare le persone che, con il patrimonio di relazioni costruite internamente ed esternamente all’azienda e con le loro prestazioni, danno un contributo importante al valore dell’organizzazione.

Dunque l’azienda “valorizza” una persona attraverso la valutazione, con l’obiettivo di coglierne la capacità di trasferire valore al cliente finale e dunque per portarne alla luce i limiti e i punti di forza, ma soprattutto per guidarlo verso un percorso di miglioramento continuo. E’ anche vero, d’altra parte, che la valorizzazione ha implicazioni importanti anche dal punto di vista del lavoratore. Esiste infatti un filo diretto che tiene unita la valutazione ad aspetti come la retribuzione, l’opportunità di carriera e, soprattutto, la gratificazione personale che consegue da tutti questi aspetti.

È quindi evidente come, attraverso il nodo del valore, il ciclo si chiuda e ritorni sulle persone e su di esse determini effetti frustranti o virtuosi a seconda delle varie situazioni che possono presentarsi. La fase della valutazione è dunque particolarmente delicata e fondamentale per qualsiasi tipo di azienda.