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La valutazione del personale nelle aziende di credito. Il caso Intesa Sanpaolo

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Academic year: 2021

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Università di Pisa

Dipartimento di Economia e Management

Corso di Laurea Magistrale Strategia, Management e controllo

Tesi di Laurea

La valutazione del personale nelle aziende di credito.

Il caso Intesa Sanpaolo

Candidato: Relatore:

Stefania Fina Marco Giannini

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Indice

Introduzione ...3

Capitolo primo: La gestione delle risorse umane nelle aziende di credito ...5

1.1 Considerazioni introduttive ...5

1.2 La rilevanza delle risorse umane nella gestione bancaria ...9

1.3 La gestione del personale in banca ... 14

1.3.1 L’acquisizione e il collocamento... 16

1.3.2 La formazione ... 23

1.3.3 La valutazione del personale (cenni) ... 30

1.3.4 Le politiche di remunerazione e incentivazione... 32

Capitolo secondo: La valutazione del personale nelle banche ... 37

2.1 La relazione esistente tra strategia e risorse umane ... 37

2.1.1 Il ciclo del valore delle risorse umane ... 40

2.2 Il concetto di valutazione delle risorse umane ... 44

2.2.1 Cenni storici ... 45

2.2.2 Gli attori della valutazione ... 48

2.3 Le 3 P della valutazione: posizione, potenziale, prestazione ... 51

2.3.1 La valutazione delle posizioni... 54

2.3.2 La valutazione del potenziale ... 58

2.3.3 La valutazione della prestazione ... 63

2.4 Gli errori di valutazione ... 68

Capitolo terzo: Tecniche e strumenti di valutazione ... 70

3.1 Le metodologie per l’analisi e la descrizione delle posizioni ... 70

3.1.1 I metodi globali e non quantitativi ... 72

3.1.2 I metodi analitici e quantitativi ... 74

3.2 Le metodologie per l’analisi del potenziale ... 77

3.2.1 Assessment Center ... 78

3.2.2 Assessment Questionnaires ed il colloquio ... 85

3.3 Gli strumenti per l’analisi delle prestazioni... 89

3.3.1 Le metodologie... 90

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3.3.3 Il colloquio nel processo di valutazione delle prestazioni ... 97

Capitolo quarto: Il caso Intesa Sanpaolo ... 104

4.1 Il gruppo bancario Intesa Sanpaolo ... 104

4.2 Il sistema di valutazione delle prestazioni del Gruppo ... 106

4.2.1 “Percorsi” ... 108

4.2.2 “PERforMEr” ... 123

4.2.3 PERforMEr 2.0 ... 131

4.3 L’Assessment Center nel Gruppo Intesa Sanpaolo ... 140

Conclusioni ... 146

Bibliografia ... 147

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Introduzione

Il seguente elaborato tende a fornire un quadro d’insieme sulle tematiche principali della valutazione delle risorse umane nell’ambito delle aziende di credito, presupposto per rendere esplicito e per qualificare il valore associato alle caratteristiche personali, ai comportamenti, alle responsabilità di ruolo, ai compiti inerenti alle posizioni organizzative o ai risultati ottenuti.

La valutazione del personale nelle aziende di credito rappresenta uno dei principali punti cardine nella gestione delle risorse umane, in quanto forte leva motivazionale e importante punto di partenza di una crescita professionale e di miglioramento continuo. Il lavoro si compone di quattro capitoli.

Il capitolo primo descrive la gestione delle risorse umane nelle aziende di credito, delineandone i caratteri principali, analizzando in esse il ruolo del fattore umano e le diverse attività di cui il processo stesso di gestione si compone. La gestione del personale riveste un ruolo sempre più strategico, comprende una serie di attività che mirano ad assumere e impiegare in modo efficiente il personale di cui necessita l’azienda per il raggiungimento dei propri obiettivi, tra le quali rientrano l’acquisizione e il collocamento, la formazione, la valutazione, le politiche di remunerazione e incentivazione.

Il capitolo secondo approfondisce il tema della valutazione delle risorse umane, descrivendo innanzitutto il rapporto esistente tra la gestione delle risorse umane e la strategia d’impresa. Si introduce quindi l’argomento della valutazione delle risorse umane come strumento per costruire un vantaggio competitivo sostenibile. Si ripercorre l’evoluzione storica della materia definendone gli “attori” e introducendo le tre dimensioni di analisi della valutazione ovvero le Posizioni, il Potenziale e le Prestazioni. Valutare la posizione significa misurare l’oggetto della relazione di lavoro e cioè la copertura di una posizione prescindendo, sotto certi aspetti, dalla persona. Valutare il potenziale vuol dire invece considerare non solo il ruolo che ricopre l’individuo e quello che fa, ma anche quello che “sa fare”, la sua capacità creativa e innovativa, il suo valore

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aggiunto ai fini dello sviluppo e della crescita aziendale. Infine valutare la prestazione, significa invece misurare i risultati ottenuti, essa è condizionata da tutte le decisioni direzionali, organizzative, retributive volte a migliorare i risultati stessi.

Il capitolo terzo espone le tecniche e gli strumenti impiegati nel processo di valutazione del personale dalle aziende di credito, distinguendo e analizzando le diverse metodologie utilizzate nella valutazione delle posizioni, nella valutazione del potenziale e infine in quella relativa alle prestazioni.

Il capitolo quarto infine descrive un caso pratico incentrato sul sistema di valutazione delle prestazioni adottato ultimamente dal Gruppo Intesa Sanpaolo, con l’intento di proporre un confronto tra l’analisi teorica su cui si sono concentrati i capitoli precedenti e quanto realmente proposto da tale realtà aziendale, approfondendo i diversi sistemi che l’azienda ha impiegato nel corso di 10 anni. Nello specifico si analizza il sistema “Percorsi”, in cui la valutazione delle prestazioni viene realizzata mediante la valutazione dei comportamenti e dei risultati conseguiti rispetto agli obiettivi assegnati; il sistema “PERforMer”, costruito sulla logica dei profili attesi, per cui ogni persona è valutata in modo oggettivo e coerente sulla base dei comportamenti, che agisce in relazione alle complessità e specificità del ruolo ricoperto; e per ultimo il sistema di valutazione “PERforMer 2.0”, una nuova versione del precedente, adottato dal Gruppo negli ultimi due anni. Inoltre ho voluto analizzare per ultimo lo strumento più completo ed efficace adottato da banca Intesa Sanpaolo nella valutazione del potenziale, ovvero l’Assessment Center, descrivendone le tipologie e l’intero processo.

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Capitolo primo

La gestione delle risorse umane nelle aziende di credito

1.1 Considerazioni introduttive

Le attuali tendenze evolutive dei sistemi organizzativi delle aziende, mostrano che è l’uomo, con le sue potenzialità, a rappresentare la principale risorsa su cui posare le fondamenta del benessere dell’azienda. Il valore aggiunto di un’impresa diventa sempre più immateriale, intangibile, per cui la risorsa umana e la sua attiva capacità di apprendere e di adattarsi, diventano il cardine di una nuova società che vuole affrontare le sfide della flessibilità dei mercati e il cambiamento. Sono proprio alcune particolari caratteristiche intrinseche delle risorse umane, come ad esempio l'alta qualificazione dei dipendenti e dei collaboratori, gli elementi chiave per far decollare gli investimenti legati a processi organizzativi o a nuovi prodotti. Attirare persone valide è diventato un fattore di massima importanza per un imprenditore, anche se reperirle non è l’unico problema perché una volta inserite in azienda bisogna anche saperle gestire nel modo migliore, per evitare di perderle e per far sì che sposino completamente la mission aziendale.

Oggi il progresso tecnologico, le continue e pressanti richieste del mercato, la velocità che accompagna ogni funzione lavorativa e la produzione stessa, connesse alla volontà di raggiungere un prodotto sempre più “appetibile” e altamente specializzato, richiedono al mondo del lavoro e, in particolare, alle organizzazioni, un elevato livello di competitività, che permetta loro di svilupparsi, di tendere a un miglioramento continuo, per sostenere e superare la concorrenza, per ottenere il miglior prodotto per il cliente e raggiungere un vantaggio competitivo.

Le organizzazioni sono gli uomini, i quali lavorano al loro interno, per se stessi e, quindi, per le organizzazioni. Gli uomini fanno sì che le organizzazioni siano quello che effettivamente sono. Esse nascono, vivono, sopravvivono, si sviluppano o muoiono, anche per merito, o demerito della loro risorsa fondamentale: la risorsa umana.

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Utilizzando l’espressione “Risorse Umane” si vuole infatti evidenziare l’aspetto di valore o di capitale insito nel personale, nella sua professionalità e nelle sue competenze e, quindi, il fatto che le spese per lo sviluppo di tali risorse devono essere considerate investimenti. Le diverse interpretazioni di tale espressione possono però risultare contrastanti: da un lato quella in cui si vuole sottolineare l’importanza delle risorse umane nell’ambito aziendale, il loro essere fonte di vantaggio competitivo per l’azienda e per l’intero sistema economico, dall’altro lato quella in cui tale espressione viene letta come riflesso di una concezione che tende a svalutare la dimensione umana del lavoratore per assimilarlo alle altre risorse aziendali.

Nel seguente capitolo, ho voluto delineare i caratteri principali della gestione del personale in banca, analizzando il ruolo del fattore umano nelle aziende di credito e le diverse attività di cui il processo di gestione si compone. Prima di procede con quanto appena detto è utile soffermarsi però sul significato di gestione delle risorse umane, che è possibile definire come quel processo articolato e complesso che comprende un insieme di attività che hanno come riferimento le persone, uomini, donne, giovani e meno giovani con le loro capacità, emozioni, sentimenti. È l’insieme delle decisioni e delle azioni che riguardano l’impiego degli individui nell’ambito del sistema organizzativo in modo da realizzare con efficacia gli obiettivi aziendali, e proprio perché ciò dipende dal comportamento degli stessi individui, è necessario che la gestione delle risorse umane renda compatibili gli obiettivi dell’impresa, prettamente economici, con quelli degli individui che vi collaborano, economici e non economici. Le politiche del personale che tendono a favorire il raggiungimento di tali obiettivi, sono riconducibili alle seguenti categorie:

 Politiche di acquisizione del personale, dirette a procurare all’impresa le persone necessarie per il raggiungimento dei propri obiettivi. Esse riguardano il reclutamento e la selezione del personale;

 Politiche di integrazione del personale affinché si crei il giusto inserimento delle persone nel sistema organizzativo. Concernano l’inserimento, l’assegnazione delle mansioni ed il sistema di ricompensa;

 Politiche di sviluppo del personale, dirette a favorire il miglioramento delle conoscenze e delle capacità tecnico-professionali e manageriali del personale in relazione alle esigenze aziendali. Esse riguardano l’addestramento e la formazione del personale.

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Parlare di gestione del personale, infatti, significa guardare di volta in volta a tali persone secondo un’ottica di pianificazione, reclutamento, selezione, assunzione, valutazione, amministrazione e retribuzione, comunicazione, clima.

L’espressione indica, nel linguaggio manageriale, coloro che lavorano in un’azienda o in un’organizzazione e, in modo particolare, il personale dipendente. Con ciò si vuole evidenziare l’aspetto di valore insito nei lavoratori, nella professionalità e nelle loro competenze e conoscenze, la sua importanza sia nell’ambito aziendale, come fonte di vantaggio competitivo e di competenze distintive. Gestire il personale significa, quindi, aver cura della cultura organizzativa e del clima interno, utilizzare professionalmente strumenti e regole condivise di razionalizzazione, sistematizzazione e condivisione dei valori.

Tale tema interessa tutte le organizzazioni indistintamente, anche se è opportuno evidenziare che nel realizzare le varie attività che riguardano la gestione del personale, le aziende non sono tutte uguali e quindi l’attenzione dedicata a tale gestione è ancora abbastanza diversificata. Ad esempio ci sono imprese per le quali gestire le risorse umane significa semplicemente applicare delle norme, sia di legge che di contratto, che riguardano il rapporto di lavoro, in questi casi quindi è visto come un processo limitato all’indispensabile. Altre invece guardano con occhio di maggiore riguardo le persone che lavorano al loro interno: per queste aziende fare gestione del personale significa considerare le persone in quanto tali, aventi quindi altre esigenze e necessità oltre quella dell’essere amministrate e retribuite1. Questi due atteggiamenti aziendali appena descritti

non sembrano però tenere in considerazione che negli ultimi tempi i fattori di competitività si stanno sempre più allineando. Le materie prime si acquistano nei medesimi posti, le tecnologie nello stesso circuito internazionale, tutti hanno accesso allo stesso tipo di informazioni. Ciò che fa veramente la differenza in termini di competitività del prodotto o servizio è il modo in cui tale prodotto o servizio è confezionato, realizzato, offerto, garantito al cliente, e questo è strettamente connesso al modo di lavorare delle persone. Esiste inoltre una terza categoria di impresa ovvero quella in cui le attività di gestione del personale, ma prima ancora delle politiche, sono in stretto collegamento con gli obiettivi di competitività e di sviluppo dell’azienda stessa. Le politiche sono scelte, implicite o esplicite, di criteri operativi e comportamenti desiderati, all’interno di una

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pluralità di alternative possibili e in coerenza con i valori perseguiti. Tali scelte indirizzano le attività operative ed è proprio in questo tipo di aziende che si fa gestione delle risorse umane, si attivano strumenti nuovi, tali da assicurare alle persone un collegamento stretto e una sintonia continua con gli obiettivi aziendali per consentirne il raggiungimento.

Queste possiamo quindi considerarle, come quelle imprese eccellenti nella gestione del personale e tale eccellenza si riscontra puntualmente nella qualità del prodotto/servizio percepita dal consumatore finale, il cliente esterno, ma anche in termini di soddisfazione, di clima interno, di motivazione delle persone che lavorano in quell’azienda.

La banca è un’impresa come tutte le altre e in essa il ruolo dell’imprenditore è quello classico di organizzare al meglio, in vista del raggiungimento degli obiettivi che si prefigge, i tre fondamentali fattori di produzione, che annoverano il personale, le risorse finanziarie e quelle tecnologiche. È un’azienda di servizi, nell’ambito della quale le capacità professionali e il comportamento del personale preposto alla produzione e distribuzione dei servizi influenzano sensibilmente l’immagine della banca e la qualità delle prestazioni da queste effettuate a favore della clientela. Essa necessita di disporre di personale capace di adattarsi ai rapidi e improvvisi cambiamenti delle esigenze della clientela, che richiedono a sua volta un personale dotato di competenze e attitudini multifunzionali. Inoltre, la natura di azienda divisa sottolinea la necessità che sia prestata particolare attenzione allo sviluppo e alla motivazione dei responsabili delle unità periferiche, quali agenzie, filiali e succursali.

I principi generali che devono orientare la gestione delle risorse umane nelle aziende di credito non sono lontani da quelli che dovrebbero indirizzare qualsiasi altra tipologia di azienda, che abbia degli obiettivi di gestione simili a quelli prefissati dalle banche. Nel corso del tempo le logiche di gestione e sviluppo delle risorse umane sono cambiate in seguito all’evoluzione delle strategie e dell’organizzazione delle banche: si è passati infatti da una visione della gestione del personale prettamente verticistica, in cui la funzione del personale aveva un ruolo esecutivo rispetto alle decisioni dei vertici aziendali e il cui scopo era quello di assicurare il rispetto delle regole, ad una concezione in cui, il dipendente viene visto come il primo cliente della banca, colui che è fondamentale nel sistema di produzione/erogazione del servizio e che offre le proprie

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risorse professionali all’interno della stessa azienda, la quale deve saper generare diffondere e potenziare conoscenze, capacità, valori e motivazioni.

1.2 La rilevanza delle risorse umane nella gestione bancaria

Come accennato nel paragrafo precedente, le persone hanno assunto una nuova centralità nell’organizzazione della banca moderna, come del resto in tutte le organizzazioni economiche. La vera competitività aziendale, e quindi il raggiungimento di un vantaggio competitivo sostenibile nel tempo, deriva unicamente dal possedere risorse rare, esclusive e difficilmente imitabili dalla concorrenza. La risorsa che più di ogni altra possiede queste caratteristiche è la risorsa umana: i veri fattori di successo oggi sono l’innovazione, l’iniziativa, la personalizzazione, la capacità di anticipazione e di relazione; tali fattori non sono tanto attribuibili alle imprese o alle strutture, quanto alle persone che, se adeguatamente sostenute da mezzi, autonomia e informazioni, possono contribuire al cambiamento e al successo di un’azienda. Di conseguenza la vera sfida nel contesto competitivo del settore bancario riguarda le persone, in quanto tale settore è attualmente, e ancora di più lo sarà in prospettiva, un ambiente in cui l’intreccio tra profili individuali, sociali e aziendali rende la gestione del capitale umano particolarmente importante. Infatti tale settore è caratterizzato da: intensità di relazione con la clientela, rilevanza della fiducia nei rapporti con il mercato, necessità di rapido adeguamento.

Le persone sono l’elemento distintivo delle organizzazioni, quello che ne determina la qualità. Sono i collaboratori che garantiscono la longevità delle aziende e che le differenziano le une dalle altre. Esse sono importanti per le aziende in quanto molte delle risorse invisibili sono incorporate nelle persone stesse: infatti esse sono accumulatori e generatori di risorse invisibili, che costituiranno la fonte della forza competitiva dell’impresa nel futuro.

Concetti come “valorizzare le risorse umane”, “capitalizzare l’intangibile”, “sviluppare il capitale umano”, sono espressioni e termini che ormai sono entrati nel lessico quotidiano di ogni azienda, in particolare di quella bancaria.

La centralità delle risorse umane deriva dal fatto che nel corso degli ultimi anni la conoscenza è diventata il bene immateriale più ricercato nella nostra società; è indispensabile sia al singolo per sentirsi al passo con i tempi che alle aziende che devono

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vincere le continue sfide poste dal mercato. La conoscenza dunque è la risorsa fondamentale che consente di riordinare quelle tradizionali, cioè capitale e lavoro, e di indirizzarle verso un nuovo modo di servire il mercato. Essa è nella mente degli individui, che decidono imodi di appropriazione, le forme di selezione, gli obiettivi di utilizzo e le modalità per la conservazione e la trasmissione. L’attenzione del mondo organizzativo è dunque rivolta a quelle aree, spesso definite “soft”, nelle quali risiede una possibilità di crescita per l’azienda. La definizione però è ingannevole perché è evidente come di “leggero” in questo tipo di competenze vi sia veramente poco. A ciascuna di esse infatti si accompagnano un’infinità di variabili eterogenee e spesso complesse perché tali sono gli esseri umani. Di conseguenza le aziende che riconoscono il valore delle persone nel perseguimento dei propri obiettivi e che su di esse hanno deciso di investire, devono prepararsi ad un compito molto impegnativo e delicato che comporta l’acquisizione della capacità di gestire “persone” e non genericamente “risorse”.

Si tratta di una sfida molto stimolante a cui le aziende non possono sottrarsi dal rispondere se vogliono mantenere alta la propria competitività.

Gestire le risorse umane nelle aziende di credito è un’attività divenuta negli anni sempre più rilevante, assumendo un ruolo centrale nell’ambito della gestione bancaria, diversamente da quanto accadeva in passato, quando le direzioni bancarie vedevano tale aspetto come una problematica non particolarmente complessa, relegandola ad un ruolo residuale2. Il passato era caratterizzato da una limitata complessità gestionale, dovuta ad

un ambiente relativamente stabile, ad una limitata concorrenza e a strategie di diversificazione poco sviluppate, e la gestione del personale risultava particolarmente “facile”. Le risorse umane costituivano un fattore interno che richiedeva attenzione ma non poneva particolari problemi né dal punto di vista dello sviluppo professionale né da quello dell’integrazione del sistema organizzativo. La selezione e la formazione degli individui erano facilitati dalla semplicità e dalla stabilità dei processi produttivi e delle attività, e le aspettative e gli obiettivi delle risorse umane venivano soddisfatti nell’ambito del sistema organizzativo della banca tramite l’impiego di sistemi di ricompensa incentrati su componenti di natura monetaria e sulle relazioni umane. Inoltre la struttura organizzativa delle aziende di credito era prevalentemente accentrata e di tipo funzionale, in cui l’azienda appare suddivisa in aree omogenee per ambito di attività e quindi

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caratterizzata da una netta ripartizione delle varie attività tra le diverse aree in questione. Il principale vantaggio di queste strutture è la possibilità di raggiungere elevati fattori di efficienza locale, ovvero ottenere una elevata specializzazione nei ruoli e pertanto una maggiore efficienza operativa in ciascuna funzione. Per contro, il principale svantaggio è il rischio di “compartimenti stagni”: ogni funzione opera quasi come se fosse un’azienda a se stante, spesso con il rischio di scarso coordinamento rispetto alle altre e con difficoltà nel perseguire obiettivi comuni. Ciò favoriva le aziende di credito, mediante lo sviluppo di risorse specializzate sia a livello esecutivo che a livello direttivo, con una elevata stabilità dei ruoli.

L’evoluzione ambientale, i cambiamenti nella domanda di servizi bancari e l’intensificarsi della concorrenza, hanno influenzato negli anni la gestione delle aziende di credito, sollecitandole a ridefinire o addirittura riorientare le loro strategie, a dare maggiore enfasi alle politiche di marketing, ad avviare processi di diversificazione delle attività, a migliorare le tecnologie produttive e distributive, ad adottare politiche gestionali più orientate ad un attento controllo della redditività aziendale, e a prestare una particolare attenzione anche alle variabili del sistema organizzativo e alla gestione del personale. Le nuove strategie hanno via via richiesto sistemi organizzativi di tipo “organico”, in grado di adattarsi ad un contesto, interno ed esterno, sempre più dinamico, complesso ed incerto. In questo modo la banca, non funziona più come una macchina, ma assomiglia ad un organismo ad alto livello di complessità, in cui le diverse parti operano come sistemi aperti svolgendo le diverse attività operando in base ad ambiti di autonomia: gli individui diventano parte del sistema. L’evoluzione dei mercati bancari e le strategie di diversificazione invece, hanno imposto alle alte direzioni bancarie una maggiore attenzione alla definizione e alla gestione strategica delle varie attività: ciò determina una trasformazione delle tradizionali strutture funzionali accentrate in più articolate e flessibili strutture decentrate. Tutti questi caratteri hanno determinato la nascita di nuovi ruoli organizzativi e di conseguenza una copertura degli stessi, determinando così un fabbisogno di risorse umane con nuove e specifiche competenze tecniche e manageriali e una coerente attività di formazione per le risorse interne.

Oggi, quindi, anche nelle banche, la gestione delle risorse umane è considerata una componente di primo piano della strategia aziendale. Questo diverso atteggiamento è legato a cambiamenti intervenuti sia nelle variabili interne di natura strategica ed organizzativa, sia in quelle esterne, ambientali e di mercato che hanno messo in crisi i

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tradizionali sistemi di gestione del personale, evidenziando la necessità di una loro progettazione coerente con le nuove variabili di contesto.

La banca, come intermediario finanziario, offre al mercato strumenti finanziari il cui utilizzo determina, in rapporto alle caratteristiche economiche e al supporto tecnologico ed organizzativo impiegato, il soddisfacimento dei bisogni finanziari della propria clientela. Nonostante il mondo dell’automazione sia oggi in grado di proporre e di produrre servizi alternativi molto validi rispetto a quelli realizzati dagli uomini, la maggior parte dei servizi bancari viene ancora svolta mediante l’ausilio dell’uomo. L’esempio più semplice di automazione è quello relativo all’utilizzo del bancomat, ma non è l’unico, basta infatti pensare che negli anni le banche hanno cercato in diversi modi di ridurre le file agli sportelli, mediante l’erogazione di carte di credito, domiciliazioni delle utenze, home banking, trading-on-line e altri servizi ancora. Nonostante ciò, però, basta entrare in un’azienda di credito per accorgersi che la gente in coda allo sportello è ancora una realtà. È evidente quindi che il rapporto personale fiduciario ha ancora una grande rilevanza, e di conseguenza la qualità dei servizi e la produttività sono strettamente legate al fattore umano e l’efficienza produttiva tende a poggiare sulla gestione ottimale dell’intero personale, considerato oggi come fattore critico di successo. Infatti la qualità dei servizi offerti dall’organizzazione viene percepita dall’utente e da esso valutata, non soltanto in termini economici e finanziari, quali scadenze, tassi di interesse o garanzie, ma anche sulla base delle caratteristiche e le modalità con cui vengono gestite le relazioni con la clientela. L’importanza della gestione delle risorse umane non emerge quindi soltanto per il rapporto di fiducia che si crea tra la banca e il cliente, ma anche in relazione al fatto che la natura dei processi di produzione e di erogazione dei servizi implica un contatto diretto tra l’utente e il personale bancario, i cui comportamenti e capacità professionali, inevitabilmente tendono ad influenzare l’immagine della banca e la qualità della prestazione che si offre al cliente.

La criticità delle risorse umane è però anche legata alle particolari caratteristiche della domanda di servizi bancari: la banca ha l’esigenza di predisporre di personale capace di adattarsi ai rapidi e spesso improvvisi mutamenti delle esigenze della clientela, a livello di sportello per esempio ma non solo, l’ottimizzazione dell’impiego del personale implica una elevata mobilità e un’alta qualificazione professionale affinché si risponda in maniera efficiente all’andamento discontinuo delle richieste della clientela, sia ai cambiamenti strutturali della domanda. La flessibilità delle risorse interne richiede che il personale sia

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dotato di competenze e attitudini multifunzionali, anche se non sempre tale flessibilità viene riscontrata a causa di politiche di impiego del personale orientate a produrre un’elevata specializzazione delle competenze tecniche, che risulta essere una scelta per certi versi obbligata. La diversità delle operazioni e delle tecniche spesso richiede una divisione rigida del lavoro e lo sviluppo di competenze e capacità sulla base soprattutto dell’esperienza.

Possiamo quindi affermare che i continui mutamenti, l’elevata concorrenza, la diffusione di nuove tecnologie, le attenzioni maggiori alla clientela, il miglioramento continuo, hanno spinto sempre più le banche ad orientarsi al modello della Learning Organization, ovvero un’organizzazione che apprende, caratterizzata da strutture maggiormente adattabili, decentrate, orientate ad intensi flussi informativi, comunicativi.Per parlare di Learning Organization sono necessarie due condizioni: l’organizzazione infatti apprende soltanto attraverso gli individui, ma l’apprendimento individuale non è condizione sufficiente per l’apprendimento organizzativo. L’evoluzione verso la Learning Organization coinvolge in modo integrato diverse variabili organizzative quali le politiche di sviluppo delle risorse umane, il profilo culturale aziendale, il modello di gestione e sviluppo delle competenze presenti in azienda, il tutto con l’obiettivo di costituire un ambiente di lavoro che consenta alle persone di esprimere le proprie potenzialità di apprendimento a tutto vantaggio dell’azienda stessa. I principi alla base della Learning Organization sono:

 la necessità di gestire le correlazioni tra apprendimento e cambiamento: solo una organizzazione che apprende in modo continuativo può sopravvivere, evitando di non essere al passo con le richieste del mercato di riferimento;

 la necessità di collegare conoscenza e azione: l’organizzazione apprende solo quando le conoscenze vengono trasformate in comportamenti operativi;

 la verifica di quali competenze, capacità e qualità sono in grado di sostenere l’apprendimento.

Un’azienda che si basa sui principi della Learning Organization è un’azienda che cerca costantemente di accumulare conoscenze che le permettano di anticipare i cambiamenti, di avere sempre chiara la situazione del mercato in cui si trova ad operare e la flessibilità sufficiente per riuscire ad adattarvisi.

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Tra le varie aziende, le banche sono quelle più innovative dal punto di vista dei processi di conoscenza, hanno imparato a governarla diventando una rete internazionale, commerciale e tecnologica. Possiamo affermare che le banche non scambiano più soldi ma informazioni e dati, molto più di ogni altro istituto.

1.3 La gestione del personale in banca

Dagli inizi degli anni Ottanta, si è andata sempre più diffondendo la consapevolezza che il lavoratore nell'impresa rappresenta una variabile strategica, da non considerare un costo quanto piuttosto una risorsa attiva su cui investire e su cui poter contare alla pari del capitale finanziario e dell'apporto delle tecnologie. Il lavoratore tende ad essere considerato come una persona, con un suo sistema di valori e aspettative, ma anche un patrimonio di competenze e di esperienze: una risorsa per l’organizzazione, da valorizzare, potenzialmente decisiva per la sopravvivenza e la crescita delle imprese, fondamentale nell'acquisizione, nel mantenimento e nello sviluppo del vantaggio competitivo nei confronti dei competitors.

La gestione del personale è una delle più importanti strategie di medio-lungo periodo che si inserisce all'interno della programmazione aziendale di qualsiasi organizzazione, comprese le aziende di credito, e come accennato nei paragrafi precedenti, la crescente competitività e la necessità di far fronte ad una domanda sempre più diversificata e mutevole, ha spinto tali aziende a modificare le proprie strategie puntando maggiormente sulla qualità e sull'innovazione. Il fattore umano diventa fondamentale nella ridefinizione dei processi aziendali. Il management del personale si propone, quindi, di ricercare, formare, gestire ed amministrare le risorse umane dell'azienda. Nel settore creditizio la gestione delle risorse umane è stata per molto tempo trascurata, diversamente da oggi in cui la banca percepisce che per raggiungere i propri obiettivi finali di profitto deve combinare in modo efficace le sue risorse umane, finanziarie e tecnologiche3.

La funzione di gestione delle risorse umane nelle banche, così come in tutte le altre imprese, è svolta da varie categorie di unità organizzative. Accanto agli organi specialistici della Direzione del Personale, con ruoli rilevanti operano infatti nel settore

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anche gli organi di alta direzione e in generale tutti i capi delle unità organizzative di linea. Non raramente esistono poi i contributi esterni di società di consulenza, di istituti di formazione.

La gestione del personale riveste quindi un ruolo sempre più strategico, comprende una serie di attività che mirano ad assumere e impiegare in modo efficiente il personale di cui necessita l’azienda per il raggiungimento dei propri obiettivi, tra le quali rientrano:

 L’acquisizione e il collocamento:riguarda la ricerca diretta di nuove risorse sul mercato del lavoro, può essere compiuta dall'azienda stessa, dalle agenzie per il lavoro o da studi di consulenza, e il loro collocamento in azienda. La scelta delle fonti e dei canali di reclutamento più idonei (inserzioni, banche dati, siti web, ecc.) risulta in ogni caso fondamentale per una buona ricerca. Essa può essere effettuata anche all'interno dell'organizzazione; in questo caso è necessario eseguire periodicamente una valutazione delle competenze e delle prestazioni dei dipendenti e naturalmente delle loro potenzialità;

 La formazione: processo attraverso cui viene fornita, mantenuta o migliorata la preparazione professionale dei lavoratori. Non riguarda solamente l'acquisizione di competenze tecniche, ma anche di competenze relazionali e di capacità utili per affrontare situazioni nuove ed impreviste.

L'attività di formazione viene svolta da agenzie specifiche, studi di consulenza o centri di formazione aziendale interi; è importante per promuovere l'occupazione dal punto di vista "qualitativo" e per favorire la competitività economica dell'azienda;

 La valutazione: attività che consente di quantificare ed esplicitare il valore delle risorse umane, associato alle loro caratteristiche, ai comportamenti delle persone, al ruolo ricoperto, ai risultati ottenuti. Tale valutazione riguarda:

1) La posizione, ciò significa misurare l’oggetto della relazione di lavoro e cioè la copertura di una posizione prescindendo, sotto certi aspetti, dalla persona;

2) La persona, ovvero si considera non solo il ruolo che ricopre e quello che fa l’individuo, ma anche quello che “sa fare”, la sua capacità creativa e innovativa, il suo valore aggiunto ai fini dello sviluppo e della crescita aziendale;

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3) La prestazione, cioè si misurano i risultati ottenuti; essa comprende tutte le decisioni direzionali, organizzative, retributive volte a migliorare i risultati stessi.

 Le politiche di remunerazione e incentivazione: insieme di scelte che tendono ad influenzare o contribuire a determinare una vasta serie di fattori e obiettivi aziendali, quali in particolare lo sviluppo ad un orientamento al risultato e la crescita delle competenze dei dipendenti.

1.3.1 L’acquisizione e il collocamento

L’acquisizione e il successivo collocamento delle risorse umane si pongono come primo step del processo di gestione del personale in azienda, anche se in realtà tali attività sono precedute da un ulteriore fase, la pianificazione del personale, che analizza i bisogni degli individui e l’offerta potenziale delle risorse disponibili: l’acquisizione e il collocamento ne rappresentano l’applicazione. Il sistema di pianificazione del personale è infatti un insieme di scelte e di processi, integrati sia tra di loro che con le strategie di business, tramite i quali vengono definite le necessità della banca nel tempo, attivate le azioni e monitorati costantemente i risultati. Pianificare il personale vuol dire prevedere in termini qualitativi e quantitativi, la necessità di personale, significa analizzare quali risorse sono presenti in azienda rispetto a quelle che servono e come si presenta l’offerta all’esterno. L’attività di pianificazione delle risorse umane ha quindi l’obiettivo di assicurare la disponibilità quantitativa e qualitativa di persone necessarie per raggiungere gli obiettivi di business. Attraverso questo strumento e con le opportune procedure di elaborazione, si può costruire un quadro di verifica delle caratteristiche del personale che vanno dalla distribuzione per sesso, età, all’anzianità del personale, oppure controllare l’andamento delle assenze, il turnover e infine determinare i costi del personale.

Il processo di pianificazione delle risorse umane può attuarsi come un modello lineare, ed è composto dalle seguenti fasi:

 Identificazione delle strategie che la banca si prospetta di attuare e le conseguenze che ne seguono in termini di assetti organizzativi, ponendo soprattutto attenzione a quelli che sono più influenzati e influenzanti delle risorse;

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17  Valutazione delle risorse esistenti;

 Individuazione del gap tra risorse necessarie e disponibili;

 Formulazione di politiche in grado di adeguare le risorse esistenti alle necessità;  Elaborazione dei piani operativi;

 Predisposizione e utilizzo di strumenti per il monitoraggio e la valutazione dei risultati.

Nell’azienda creditizia tale modello deve essere arricchito da prospettive nuove e attente ai nuovi fattori di competitività, pianificare le risorse deve voler dire pianificare i comportamenti, le competenze, i valori, la cultura della banca, che rappresentano quindi gli elementi chiave capaci di contraddistinguere una banca dall’altra. È necessario quindi riconoscere, nel corso delle diverse fasi del processo, la centralità delle competenze, dei comportamenti e dei valori, identificandole, misurando quelle di cui l’organizzazione dispone e che sono per essa distintive, formulando obiettivi di investimento e di disinvestimento e monitorando di continuo le varie competenze per verificarne lo sviluppo nel tempo.

Il primo problema che tutte le organizzazioni, e non solo nello specifico le aziende di credito, devono trovarsi ad affrontare, in tema di gestione del personale, è quindi quello di realizzare la migliore integrazione e coerenza tra gli obiettivi da raggiungere e le risorse professionali disponibili, che deve essere ricercata continuamente in un ambiente sempre più soggetto a cambiamenti spesso turbolenti e non prevedibili. Le organizzazioni quindi si devono chiedere quali sono le risorse di cui dispone, o di quali invece si dovrebbe disporre per conseguire meglio gli obiettivi prefissati e quali sono le capacità manageriali che deve possedere la dirigenza per indirizzare le risorse.

Dopo aver accennato cosa si intende per pianificazione del personale, è possibile focalizzare l’attenzione sull’aspetto dell’acquisizione e del collocamento delle risorse in azienda, descrivendo tali processi in un’ottica organizzativa, sottolineando l’aspetto critico delle fasi a monte di determinazione dei fabbisogni quantitativi e qualitativi e a valle di inserimento del personale.

È importante, affinché si ottenga un clima orientato al cliente e al dipendente, che le banche impostino le politiche di gestione del personale in un’ottica dell’organizzazione e non più della mansione, come invece avveniva nel passato, quando la gestione del

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personale tendeva a concentrarsi più sulla selezione, adattando il soggetto alla mansione, tralasciando invece l’adattamento all’organizzazione.

Il sistema di acquisizione e collocamento del personale è composto da differenti fasi, quali: il reclutamento, la selezione, l’accoglimento e per ultimo l’inserimento in banca. Con il termine reclutamento si intende la fase iniziale del processo di acquisizione del personale, attraverso la quale si raccoglie un certo numero di candidature, al fine di avere a disposizione un bacino di soggetti selezionabili già tendenzialmente rispondenti ai requisiti di base richiesti. Proprio perché rappresenta la fase precedente alla selezione, e rappresenta il primo filtro dell’offerta di lavoro riducendo l’insieme di candidati sui quali si andrà poi ad operare la selezione definitiva, il reclutamento assume una notevole importanza al fine dell’assunzione di personale valido e capace. L’azione di reclutamento vuole dunque costituire il momento in cui si raccolgono possibili candidature utilizzando criteri operativi che derivano dall’analisi della posizione di lavoro e del profilo professionale. Il modo di reclutare il personale dovrebbe essere conseguente ad una politica aziendale e ad una strategia di comunicazione ben precisa ma, nel contempo, dovrebbe con flessibilità, adattarsi alle diverse figure professionali che vengono ricercate in quel preciso momento temporale e in quella determinata area geografica.

La fase di reclutamento prevede prima di tutto una individuazione dei fabbisogni quantitativi e qualitativi di organico, ovvero sia in termini di numero di individui da ricercare che di professionalità richieste, dalla quale dipende la correttezza dell’intero processo di acquisizione del personale. Non sono pochi i casi infatti in cui, a chiusura del budget annuale, ci si accorge di aver assunto personale in sovrannumero o situazioni in cui sono state assunte persone il cui inserimento risulta particolarmente difficile, non tanto per carenza di caratteristiche professionali, ma per eccesso o quanto meno per ovvia diversità da quelle richieste dalla mansione.

È quindi chiaro che capire quante persone bisogna assumere e quali posizioni debbano essere ricoperte, è molto difficile nelle aziende di credito: la banca è il tipo di azienda in cui sono molto alte le possibilità di gestire il processo di acquisizione del personale in maniera errata, con obiettivi tutt’altro che chiari, a causa del contesto in cui si trova ad operare che crea cambiamenti di professionalità, di situazioni organizzative e di strumenti di esecuzione dei compiti. In caso contrario, se la determinazione dei fabbisogni viene svolta in maniera corretta, l’individuazione dei profili di reclutamento risulterà

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notevolmente semplificata, esaminando da una parte la mansione e dall’altra le caratteristiche professionali e personali necessarie ad essa: definire i profili di reclutamento consiste quindi in un’attività deduttiva, che partendo dalle caratteristiche della mansione giunge ad individuare le variabili individuali necessarie per ricoprire la posizione stessa.

L’ultima decisione da prendere, nella fase di reclutamento, è quella relativa all’accesso al mercato del lavoro: è necessario tenere presenti due elementi, le fonti e i canali di accesso. Le fonti rappresentano il contesto sociale ed organizzativo in cui sono presenti risorse potenzialmente disponibili, e si distinguono in interne ed esterne, mentre per canali di accesso si intendono le modalità e le occasioni con cui l’azienda giunge a contattare la risorsa. Il mercato interno definisce le procedure all'interno di un'organizzazione per spostare gli occupati da un posto ad un altro, e per stabilire dei percorsi di carriera, mentre il mercato esterno è il vero e proprio mercato del lavoro sul quale si offrono, in concorrenza tra loro, persone non ancora occupate o in cerca di un posto migliore. Ricercare la risorsa all’interno dell’azienda significa verificare se nell’organico in dotazione, in quel determinato momento, esiste un soggetto che risponda alle caratteristiche richieste e che possa ricoprire quella determinata posizione. Il reclutamento di personale dall’interno rappresenta una modalità molto utilizzata dalle aziende. Permette, infatti, di avere una rosa di candidati già conosciuti dall’organizzazione, che a loro volta, conoscono l’organizzazione e sono quindi maggiormente in grado di comprendere bene le caratteristiche delle posizioni vacanti e che sono, in genere, in grado di ricoprire tale posizione immediatamente o dopo un limitato periodo di formazione e addestramento. I canali di accesso tipici della ricerca interna sono rappresentati dai metodi di valutazione del potenziale e dalle candidature interne spontanee o autocandidature. Il reclutamento interno permette quindi di ottimizzare gli investimenti di formazione, di mantenere e rafforzare all’interno dell’azienda la cultura e le consuetudini e, di ridurre i costi di selezione e inserimento, consente di incrementare la motivazione del lavoratore che vede per se stesso, maggiori possibilità di carriere e di sviluppo professionale e al tempo stesso, permette anche di incrementare le motivazioni degli altri lavoratori che apprezzano il comportamento dell’azienda che tende a “premiare” le risorse interne piuttosto che quelle esterne. Ma a fronte di questi vantaggi ci sono anche degli svantaggi legati al rischio di obsolescenza

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professionale, in quando le risorse ruotano, ma non si rinnovano, ai costi amministrativi di gestione della mobilità e ai costi per l’attività di programmazione del personale. L’altra fonte di reclutamento delle risorse umane è rappresentata dal mercato esterno, il cui ricorso può nascere da numerose ragioni: limiti del mercato interno in termini quantitativi e qualitativi, mancanza di personale che abbia tempo e risorse per gestire il reclutamento, costi del processo. Alcune volte, infatti, può accadere che all’interno dell’azienda potrebbero non essere disponibili candidati interni idonei a ricoprire le posizioni vacanti o potrebbe essere necessario l’inserimento di personale proveniente dall’esterno; personale che ha modi di gestire e idee diverse e innovative rispetto al personale interno, determinando una sana competizione tra gli stessi, un’esternalizzazione dei costi di formazione e un’ibridazione della cultura aziendale. Tutto ciò è possibile solo attraverso il sostenimento di costi legati alla raccolta e diffusione delle informazioni, ai costi legati al reclutamento e selezione e ai costi di formazione e inserimento dei nuovi assunti. Quando l’azienda decide di rivolgersi al mercato esterno, può farlo in modo diretto o indiretto. Ricerca diretta significa che è l’azienda stessa ad investire tempo e risorse per il reclutamento di possibili candidature, mentre si parla di ricerca indiretta se l’azienda si rivolge ad una società esterna. I motivi che spingono l’azienda di credito a scegliere questa seconda via sono molteplici: carenza di personale interno con esperienze e competenze sufficienti per destreggiarsi nell’alta quantità di offerte che si incontrano sul mercato e che siano in grado di compiere una scelta così critica; carenza di tempo; relazioni consolidate e vincenti con società esterne specializzate. La scelta della modalità indiretta non preclude anche l’utilizzo di quella diretta, per cui l’azienda si riserva il diritto di preselezionare candidati reperiti autonomamente, eventualmente incaricando la società esterna nella fase di selezione. I canali di accesso al mondo esterno sono: le domande di assunzione, le segnalazioni interne, le scuole, vecchie candidature, il ricorso a consulenti, internet, annunci.

La fase successiva a quella del reclutamento è la selezione del candidato: l’obiettivo del processo di selezione è la ricerca del soggetto che maggiormente rispecchi, in termini di capacità, attitudini e conoscenze, il profilo disegnato sulla base delle caratteristiche del ruolo. Durante le fasi di selezione si confrontano i requisiti di un certo numero di candidati con il profilo definito in prima analisi, aggiungendo a volte alcune competenze che emergono durante i colloqui e che permettono di fare delle distinzioni fra i candidati stessi. Dopo aver cercato candidati per una potenziale assunzione, bisogna individuare tra

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gli stessi, quelli che dispongono delle conoscenze, competenze, capacità e altre caratteristiche necessarie per contribuire al raggiungimento degli obiettivi aziendali e per ricoprire al meglio la posizione vacante. L’iter di selezione, in una comune azienda di credito, prevede diversi passaggi, finalizzati a promuovere la conoscenza reciproca e a misurare le competenze di maggior interesse per le attività che l’azienda stessa svolge, tra le quali, capacità di analisi, ragionamento logico, negoziazione, problem solving, orientamento alla relazione.

Le fasi del processo di selezione sono le seguenti:  Screening dei curricula;

 Test;

 Assessment di gruppo;  Colloquio individuale finale.

La fase di screening, intesa come una vera e propria preselezione, permette di fare un primo bilancio sulla mole di lavoro da predisporre e del numero di candidati da contattare. Lo screening è necessario per eseguire un’analisi dei curricula professionali dei candidati al fine di verificare alcuni requisiti di base necessari per ricoprire una determinata posizione, quali per esempio esperienze precedenti, età, titoli di studio, conoscenze linguistiche e informatiche, e per poi poter selezionare quelli maggiormente corrispondenti, almeno sulla carta, alla posizione da ricoprire. Analizzando i curricula dei soggetti da convocare è possibile quindi eseguire una prima valutazione. Gli elementi principali di valutazione dei curricula sono, ad esempio, la completezza, la concisione, la chiarezza, l’originalità, l’impostazione formale, l’orientamento al lavoro e, ovviamente, il contenuto. Se i curricula sono stati già codificati ed archiviati in un’apposita cella del sistema informativo del personale, o se provengono da una preventiva scelta operata dai consulenti esterni, il lavoro può essere molto veloce e scorrevole. Altrimenti la lettura integrale delle lettere richiede un certo tempo e molta attenzione.

I test, invece, sono strumenti standardizzati, sia nelle procedure di somministrazione che nell'interpretazione dei risultati, che misurano alcuni aspetti del comportamento umano, necessari per valutare aspetti del funzionamento emotivo ed intellettuale dell'individuo, inclusi anche tratti di personalità, atteggiamenti, motivazioni. Esistono diverse tipologie di test, ognuno dei quali misura aspetti diversi, quali la personalità, l’intelligenza, le abilità, gli interessi, ecc.

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I colloqui di gruppo o assessment center, trovano la loro utilità nel fatto che sono predittivi, risultano molto efficaci per capire come l’individuo si comporta quando si trova ad agire in un gruppo e/o in un contesto organizzativo al quale è stato affidato un obiettivo. Il selezionatore durante queste prove funge da osservatore e non interviene nella discussione, ma semplicemente annota su appositi moduli il comportamento di ciascuno e le dinamiche di gruppo e di interazione che si instaurano tra i componenti. Infine i colloqui individuali sono momenti finalizzati ad approfondire le varie aree che costituiscono l'oggetto di valutazione di tutto l'iter selettivo. Offrono la possibilità di verificare, in modo più specifico, ulteriori aspetti del curriculum di ciascun candidato, non necessariamente rilevanti per la posizione da ricoprire, ma ugualmente interessanti, perché tesi ad arricchire la conoscenza della persona. Lo scopo principale del colloquio individuale è quello di far giungere candidato e selezionatore ad una reciproca conoscenza. Inoltre, solo per alcune particolari posizioni, è previsto che il candidato effettui un ulteriore colloquio individuale con il manager o responsabile di funzione. Conclusa la fase di selezione si distinguono le fasi di accoglimento, in cui si orienta il neoassunto all’azienda, e quella di inserimento, nella quale si facilita il suo ingresso nella mansione. Esse completano e concludono il processo di selezione.

In particolare l’attività di accoglimento, comprende l’acquisizione delle informazioni necessarie al soggetto per orientare il suo comportamento prima dell’insorgere di minime necessità operative: è un’attività utile affinché si evitino errori e imbarazzi iniziali del neoassunto, per il quale immettersi in ambiente nuovo e sconosciuto può essere spesso fonte di stress. L’obiettivo di tale fase è quello di inserire quindi l’individuo nella cultura organizzativa, più che nella mansione: le informazioni che si tende a trasferire al neoassunto riguardano l’azienda, la funzione di appartenenza e l’unità di prima assegnazione. Durante tale fase il neoassunto ha la possibilità di conoscere le persone con le quali si troverà a collaborare in futuro, potrà conoscere meglio l’ambiente in cui è entrato, l’unità e le mansioni cui è destinato, nonché i diritti e doveri inerenti alla posizione che andrà a ricoprire.

Mentre tale fase mira soprattutto a fornire informazioni di tipo generale, e si esaurisce nel giro di pochi giorni, quella relativa all’inserimento consiste in un complesso programmato di azioni di formazione, addestramento e assistenza, tendenti a consentire al nuovo assunto la conoscenza e l’adeguamento alle procedure, ai metodi di lavoro, alle prassi

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organizzative dell’azienda, e si estende normalmente per un determinato periodo di tempo, in cui il neoassunto viene affiancato da un tutor. Il tutor è un punto di riferimento e di sostegno nel percorso di crescita e di apprendimento di un lavoratore, sia egli un neo-assunto che una persona già inserita in azienda e chiamata a svolgere diversi compiti, è il soggetto che si occupa di “formare” altri individui, sviluppando in loro competenze decisive per i conseguimento di risultati aziendali positivi e per consentire la crescita professionale e personale del discente stesso. Dal punto di vista puramente operativo il tutor, che generalmente è una persona di staff con adeguate competenze relazionali, organizzative e con una solida esperienza professionale, in qualità di soggetto esperto, fornisce contributi in grado di rafforzare le conoscenze di base e di rispondere alle domande di sostegno, suggerisce le fonti informative in possesso di altre persone appartenenti all’organizzazione. La peculiarità dell’attività di tutoring dunque, non è tanto incentrata sullo sviluppo di capacità relazionali e di comunicazioni, ma proprio sulle competenze lavorative e sulle specifiche capacità richieste dal ruolo che si svolge in azienda. Lo scopo, nella fase di inserimento in azienda, è quindi quello di aiutare il neoassunto, affinché esso acquisisca determinati livelli di sicurezza e autonomia necessari per lo svolgimento della mansione conferita, sviluppi nel tempo un’identità professionale e di appartenenza, in modo tale che acquisisca i valori necessari per poter operare in un ambiente in continuo cambiamento e poter crescere con l’azienda e per l’azienda.

1.3.2 La formazione

L’attività di formazione rappresenta l’insieme di attività pianificate per facilitare l’apprendimento da parte dei dipendenti, di comportamenti, abilità e conoscenze che si riconducono alla mansione svolta, per perseguire gli obiettivi aziendali e per crescere professionalmente. Le banche vedono nell’implementazione di interventi formativi mirati, la chiave di successo per la sopravvivenza dell’azienda e, nel corso degli anni, sono stati diversi i modelli formativi attuati, a seconda del grado di mutabilità delle variabili esterne alla banca. Dunque la formazione nelle banche è stata nel tempo soggetta ad evoluzioni derivanti dai cambiamenti dell’ambiente esterno in cui le stesse operano. Il processo grazie al quale si realizza un’iniziativa di formazione si articola nelle seguenti fasi:

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24 1) L’analisi dei fabbisogni formativi; 2) La progettazione dell’intervento; 3) L’erogazione dell’intervento; 4) La valutazione dei risultati.

La prima fase del processo di progettazione formativa consiste nel verificare l’effettiva necessità di un programma di formazione: il bisogno di avviare un processo di formazione nasce dalla percezione che le risorse umane esistenti sono, o diventeranno, inadeguate rispetto alle conoscenze, capacità e attitudini necessarie affinché si realizzino gli obiettivi che l’azienda si è prefissata. È possibile distinguere tre motivi legati alla nascita di un processo formativo: sollecitare o implementare dei processi di cambiamento organizzativo; migliorare le performances in relazione a quelle attese o soddisfacenti; supportare i processi di sviluppo del personale.

Nella seconda fase del processo formativo invece, si attua la progettazione dell’intervento, nella quale vengono:

 definiti gli obiettivi specifici sulla base del ruolo futuro che dovrà ricoprire la risorsa umana e della combinazione di conoscenze e capacità professionali richieste da tale nuovo ruolo;

 individuati, valutati e selezionati i destinatari: i potenziali destinatari vengono scelti dalle aziende tra quelli che possiedono caratteri il più possibile vicini a quelli richiesti. L’attività di identificazione dei destinatari implica anche un processo di valutazione, è importante valutare non solo il profilo attuale del potenziale partecipante, ma anche la sua attitudine all’apprendimento e la sua motivazione;  determinati i contenuti dell’intervento, essi sono diversi in relazione all’obiettivo

da raggiungere;

 scelti e predisposti i metodi didattici e definiti i docenti: è importante che i metodi didattici prescelti siano coerenti con le finalità dell’intervento formativo.

Descriviamo di seguito alcuni dei metodi didattici maggiormente utilizzati:  la lezione: metodo didattico con il quale si trasmettono le conoscenze dal

docente all’allievo, è idoneo per far apprendere a quest’ultimo concetti basilari, ricorrendo ad modello di apprendimento cognitivo, fondato principalmente sull’ascolto e sull’attenzione: è l’insegnante ad assumere un ruolo attivo rispetto all’allievo;

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 il seminario: permette l’approfondimento di tematiche in parte già conosciute dall’allievo e si basa su una comunicazione a due vie fra il formatore e gli allievi e su un processo di interazione tra gli allievi stessi, i quali rispetto al metodo precedente assumono un ruolo più attivo;  il metodo dei casi: lo scopo è quello di incentivare la capacità di

organizzazione e l’utilizzo di conoscenze già possedute. Consiste nell’esposizione scritta di un caso aziendale, ovvero di una situazione strutturata in maniera problematica ma contenente gli stimoli per far sì che i partecipanti al processo formativo, trovino le possibili soluzioni al problema. L’efficacia di tale metodo dipende ovviamente dalla selezione accurata del “caso” e dalle competenze del formatore. Anche se tale metodo risulta abbastanza valido, diversi sono i limiti da sottolineare, quali la poca attenzione posta all’apprendimento di conoscenze e al fatto che si tende a generalizzare situazioni che in realtà hanno diverse sfaccettature;  il metodo degli incident: è una variante del metodo dei casi, e ne supera i

limiti, in quanto il caso è spiegato in modo più specifico e la partecipazione dei soggetti risulta più attiva. Consiste nel proporre un caso ai partecipanti al corso di formazione, chiedendo loro di ricostruirlo, di individuare dati e informazioni necessarie, e di proporre delle soluzioni. È usato in interventi formativi finalizzati al miglioramento delle capacità comportamentali;

 il role playing: è un metodo didattico in cui i partecipanti assumono il ruolo di attori in una situazione simulata. Viene usato per la discussione di un caso, produce un maggiore coinvolgimento dei soggetti e tende a far sviluppare nei partecipanti l’apprendimento delle capacità decisionali;  il metodo “in basket”: è una tecnica di simulazione operativa poiché

prevede la risoluzione di problemi legati alla quotidianità lavorativa riguardanti aspetti dell’intervento formativo. L’allievo riceve determinate informazioni (documenti, lettere, ecc.) in base ai quali deve trovare una soluzione ad un certo problema;

 i business game: si tratta di una simulazione sequenziale, in cui gli allievi vengono divisi in gruppi, ognuno dei quali rappresenta un’azienda inserita in un determinato contesto concorrenziale. Tale metodo tende a far sì che

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gli allievi prendano determinate decisioni per poter raggiungere un obiettivo stabilito;

 i training group: si tratta di metodi in cui sono i partecipanti del corso a decidere l’oggetto della discussione e a definire i rapporti collaborativi nella ricerca delle soluzioni ai problemi posti come oggetto della discussione. Lo scopo è quello di incentivare le capacità di diagnosi, le abilità nei rapporti interpersonali e di gruppo. I membri del T-Group sono allo stesso tempo “investigatori” e soggetti dell’esperienza di apprendimento. Il conduttore ha un ruolo di stimolo e di interpretazione delle dinamiche, ma in nessun caso ha il ruolo di insegnare qualcosa: non è suo compito dire al gruppo ciò che deve o non deve fare;

 l’action-learning: gli interventi formativi che si basano su questa metodologia mirano a sviluppare le capacità comportamentali e concettuali durante le fasi di cambiamento organizzativo. I partecipanti sono portati a riesaminare criticamente le loro esperienze, sotto gli stimoli di situazioni nuove, ad accettare le critiche dagli altri membri del gruppo e a far accettare agli altri le proprie considerazioni;

 il brainstorming: alla lettera significa “scuotere la mente”, "tempesta di cervelli", è un metodo che si realizza individualmente o in gruppo, intorno ad una questione specifica, e si basa sul principio che, lasciando le persone libere di esprimere le immagini e i sentimenti che nascono sul momento, senza giudizi e condizionamenti, si innesca un circolo virtuoso che porta ognuno ad ascoltare e migliorare le idee degli altri. Durante la sessione di Brainstorming, ogni persona è stimolata a produrre più idee possibili, a sviluppare quelle degli altri e solo in una seconda fase si provvede a vagliarle e criticarle;

 l’e-learning: rappresenta una modalità di formazione realizzata tramite l’ausilio della rete. Viene utilizzato dalle banche, ormai in modo consolidato, poiché consente di garantire lo sviluppo delle risorse umane anche in un contesto ambientale turbolento e dinamico come quello attuale, dove le aziende di credito che vogliono competere devono essere assolutamente proattive e rispondere in modo tempestivo alle esigenze del mercato. L’e-Learning infatti, ha la caratteristica di essere flessibile,

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necessaria affinché il vertice di una banca possa elaborare scelte strategiche e obiettivi tesi ad una forte competizione. È una metodologia di insegnamento e di apprendimento che coinvolge e riguarda sia il prodotto formativo che il processo formativo. Per prodotto formativo si intende qualsiasi tipologia di materiale o contenuto convertito in forma digitale attraverso supporti informatici o di rete. Il processo formativo invece consiste nella gestione dell’intero iter didattico, dalla progettazione, all’erogazione, alla fruizione e successiva valutazione. Per quanto riguarda invece la scelta dei docenti, un problema riscontrato è quello dettato dalla scarsezza di risorse di docenza all’interno delle banche, soprattutto in quelle di piccole dimensioni, il quale viene spesso risolto con la formazione degli stessi docenti o tramite il loro reperimento all’esterno. Lo svantaggio di quest’ultima soluzione è che un formatore proveniente dall’esterno spesso porta con sé valori culturali non sempre in linea con quelli presenti in azienda, mentre un vantaggio risiede nel fatto che esso è dotato di una sviluppata professionalità dovuta alla maggiore esperienza in materia formativa.

Terminata la fase della progettazione, si passa a quella del’erogazione del processo formativo, tramite la quale esso entra in una dimensione operativa. Gli attori in gioco sono i partecipanti e il docente: a quest’ultimo spetta il compito di verificare la corrispondenza tra esecuzione e progettazione, di effettuare una supervisione operativa anche ad aspetti pratici, strumenti, materiale didattico, e così via.

In ultima analisi, descriviamo la fase che chiude il processo di formazione delle risorse umane, ovvero la valutazione dei risultati. Così come per qualsiasi altro servizio, anche per la formazione, l’indicatore più significativo per valutane la qualità, soprattutto in termini di efficacia, è il grado di soddisfazione degli utenti. Tale attività ha lo scopo di verificare se i risultati ottenuti corrispondono a quelli attesi e di analizzare gli eventuali scostamenti, cercando di capirne le cause in vista della loro rimozione, affinché si migliorino, di conseguenza, i futuri interventi formativi. E’ necessario cioè cercare di ottenere delle informazioni di ritorno sugli effetti dell’intervento di formazione allo scopo di apprezzarne il valore, sia rispetto ai bisogni dell’organizzazione, sia a quelli degli individui.

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Il processo di valutazione, che non si limita esclusivamente alla verifica dei risultati dell’intervento, consente di capire cosa ha funzionato e cosa invece è da migliorare, cosa è stato apprezzato dai discenti e dai responsabili e cosa invece è da cambiare. La valutazione dell’efficacia formativa dovrebbe seguire costantemente il processo formativo: valutare l’apprendimento significa infatti individuare i cambiamenti avvenuti nelle conoscenze, competenze e performance degli individui a fronte di un determinato intervento formativo, al fine di garantire la coerenza fra i piani formativi e le strategie atte al raggiungimento di determinati obiettivi.

Il più conosciuto, apprezzato e utilizzato modello gerarchico di valutazione dell’efficacia di un percorso formativo è sicuramente quello elaborato da Donald Kirkpatrick nel 1969, adottato su larga scala in Italia negli anni Novanta ed in uso ancora oggi.Tale modello, che viene definito come gerarchico in quanto ogni suo livello valutativo è propedeutico e quindi necessario alla valutazione del successivo, indica per ciascuno di tali livelli procedure e misurazioni specifiche, atte ad essere applicate in qualsiasi contesto organizzativo. Ogni livello ha una sua importanza, ma sono strettamente connessi l’uno con l’altro, al punto che solo una piena soddisfazione del livello precedente genera esiti positivi in quello immediatamente successivo. La significatività delle informazioni fornite è crescente, così come crescente è la difficoltà, anche in termini di costo e di tempo, della valutazione procedendo verso i livelli superiori.

I quattro differenti livelli valutativi proposti da Kirkpatrick sono i seguenti.

Il primo livello è costituito dalla reazione:ovvero l’opinione dei destinatari dell’attività relativamente all’intero progetto o a una parte di esso. L’obiettivo è di misurare la soddisfazione, il gradimento ed il grado di interesse del personale coinvolto e dei tutor. In contesto aziendale lo strumento procedurale che solitamente viene utilizzato per rilevare i parametri di gradimento è un questionario a domande sia chiuse che aperte (detto di feedback, in risposta alla fruizione di un determinato percorso formativo). Le domande chiuse permettono una misurazione in termini quantitativi del gradimento del corso espresso dai partecipanti, mentre le domande aperte, o i commenti liberi ed anonimi, permettono di ricevere delle importanti informazioni per migliorare in futuro l’erogazione dello stesso percorso formativo. Unico neo di questa prima fase di rilevazione è spesso la negligenza dei partecipanti a compilare questionari di feedback presentati a fine corso: il partecipante infatti può percepisce tale questionario più come una perdita di tempo che

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come un importante momento di miglioramento organizzativo e, indirettamente, personale. Frequenti sono allora questionari di feedback a domande chiuse, composti di scale likert, che vengono compilati con risposte tutte uguali (fenomeno definito come “response set”) e quindi proprio per questo poco affidabili per una valutazione oggettiva (la tendenza, anche per la paura di essere comunque riconosciuti come compilatori del questionario che dovrebbe essere anonimo, è quella di esprimere risposte sempre simili e di parziale soddisfazione).

Il secondo livello è l’apprendimento: valutarlo equivale a misurare quali conoscenze sono state trasmesse ai partecipanti, quali abilità sono state sviluppate e quali atteggiamenti sono stati modificati. Tale livello si configura come oggettivo, in confronto alla soggettività espressa nelle valutazioni di gradimento e soddisfazione del livello precedente. La rilevanza, in questo caso, è data da un lato dalla possibilità di ottenere informazioni sull’efficacia delle metodologie utilizzate, dall’altra dall’opportunità di verificare i risultati dell’analisi sulla reazione anche sotto un profilo concettuale. Viene così fortemente analizzata la componente prettamente didattica di un percorso formativo, da cui dipende in larga misura l’efficacia dello stesso percorso. Generalmente, in ambito aziendale, vengono somministrati dei test prima del percorso formativo (test o pre-assessment) e alla fine del percorso stesso (post-corso o test di fine corso). Le domande dei due test sono analoghe, al fine di misurare nella maniera più oggettiva possibile il raggiungimento degli obiettivi di apprendimento prefissati.

Il terzo livello è il comportamento sul lavoro, che riguarda invece l’effettivo utilizzo sul posto di lavoro delle capacità acquisite. Si deve cioè verificare quali cambiamenti nel comportamento lavorativo sono attribuibili al trasferimento delle competenze acquisite mediante la formazione. L’effettivo utilizzo di capacità, abilità e conoscenze non è sempre collegato, infatti, alla loro assimilazione. Come nel livello precedente, anche in questo caso si procede ad una valutazione pre-formazione e ad una successiva. Le tecniche di misurazione consistono in somministrazioni di test di valutazione prima dell’intervento formativo e alcuni mesi dopo, utilizzando tecniche di rilevamento e scale di giudizio atte a rilevare aspetti prettamente comportamentali.

Il quarto livello è dato dai risultati finali, ovvero dall’impatto sull’organizzazione, in termini di performance, delle attività svolte. Vanno ad esempio valutati in questa fase la

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