Ammesso che sia possibile distinguere in due parole il sistema della responsabilità penale (o mascheratamente amministrativa) dal sistema della responsabilità civile, si potrebbe dire che il primo è fondato sul principio della tipicità dell’illecito (art. 25, comma 2, Cost.: nullum crimen sine lege), mentre il secondo è informato al principio opposto della atipicità (art. 2043 c.c.). Inoltre, mentre la responsabilità penale è ge-neralmente fondata, salvo le eccezioni che abbiamo visto, sulla colpa (nulla poena sine culpa), il sistema della responsabilità civile può prescindervi, come rivelano molte fattispecie sia codicistiche, sia di legislazione speciale.
Quest’area di responsabilità senza colpa è sottodistinta con termini diversi (re-sponsabilità oggettiva pura, re(re-sponsabilità indiretta, re(re-sponsabilità per fatto altrui, responsabilità aggravata): ai fini di questa ricerca valga per comodità l’uso del termi-ne onnicomprensivo di responsabilità oggettiva.
Quanto alle leggi speciali, si possono non esaustivamente rammentare:
- la responsabilità del ricercatore e del concessionario che, per la legge minera-ria, devono rispettivamente risarcire i danni cagionati dai lavori di ricerca e dall’esercizio della miniera;9
- la responsabilità del produttore;10
- la responsabilità in materia di trattamento di dati;11
- la responsabilità del personale, docente e non, nelle scuole statali;12
- la responsabilità prevista dall’art. 141 del Codice delle assicurazioni
priva-8 Questo principio è stato recentissimamente ribadito da un giudice di merito, che ha ritenuto non responsabile il direttore di una testata internet in assenza di un (suo) obbligo generale di vigilanza e tantomeno di un obbligo “su ogni singola riga priva di evidenza all’interno di un articolo […]” (Trib.
Arezzo 2 novembre 2016 n. 1240, inedita). Non sembra sovvertire la conclusione del testo la recen-tissima sentenza della Cassazione penale n. 54946 del 27 dicembre 2016, ricorrente Maffeis, che ha ritenuto responsabile penalmente di diffamazione il gestore di un sito per le ingiurie presenti in un post di un utente. In quel caso infatti il gestore aveva sostanzialmente condiviso l’opinione dell’utente, mantenendo il post sul sito e manifestando così, per quanto qui rileva, piena consapevolezza dell’evento.
9 R.d. 29 luglio 1927, n. 1443 e d.lgs. 4 agosto 1999, n. 213.
10 Artt. da 114 a 127 e art. 3, lettera d) d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206.
11 D.lgs. 30 giugno 2003, n. 196.
12 Art. 61 legge 11 luglio 1980, n. 312.
te, che pone a carico dell’impresa di assicurazione del vettore l’obbligo di risarcire il trasportato “a prescindere dall’accertamento della responsabilità dei conducenti dei veicoli coinvolti nel sinistro”.13
Il codice prevede invece numerose ipotesi di responsabilità oggettiva, tra cui, non esaustivamente, possono essere ricordate:
- quella dell’art. 844, secondo cui il proprietario di un fondo ha diritto ad un’indennità se è costretto a subire immissioni che superano la normale tol-lerabilità, ma giustificate da esigenze della produzione (fermo e fatto salvo il diritto alla salute, ormai intrinseco all’attività di produzione e prevalente rispetto a questa);
- quella dell’art. 2047, che impone il risarcimento del danno a chi è tenuto alla sorveglianza dell’incapace salvo non provi di non aver potuto impedire il fatto;
- quella dell’art. 2048, che pone a carico dei genitori la responsabilità dei danni cagionati dai figli minori, salva la prova di non aver potuto impedire il fatto (anche qui, come nel caso precedente, la culpa è quella in vigilando sotto il profilo della culpa in educando);
- quella dell’art. 2049, che impone all’imprenditore di risarcire il danno del dipendente (culpa in eligendo, o, a seconda dei casi, anche in vigilando);
- quella dell’art. 2050, che impone a chi eserciti un’attività pericolosa di risar-cire il danno causato se non prova di aver adottato tutte le misure idonee ad evitarlo (responsabilità oggettiva pura, senza riferimenti all’eligendum o al vi-gilandum, attraverso l’espediente della presunzione juris et de jure, che rende sostanzialmente impossibile la prova contraria);
- quella dell’art. 2051, che radica la responsabilità del custode per il danno cagionato dalle cose, salva la prova del fortuito (culpa in vigilando);
- quella dell’art. 2052, che impone al proprietario di animali l’obbligo di risar-cire il danno dagli stessi cagionato, salva prova del fortuito (apparentemente culpa in vigilando, ma in realtà, tenuto conto che gli animali sono “cose in movimento”, responsabilità oggettiva pura);
- quella dell’art. 2053, che pone a carico del proprietario dell’immobile la re-sponsabilità dei danni da rovina di edificio, salvo non possa provare che essa debba ascriversi a difetto di manutenzione o a vizio di costruzione;
- quella dell’art. 2054, terzo comma, che prevede la responsabilità del proprie-tario di un veicolo per i danni con lo stesso cagionati, salva la prova che la circolazione sia avvenuta contro la sua volontà (culpa in eligendo).
Tutte le ipotesi sopra richiamate hanno in comune meccanismi probatori speciali (presunzioni o inversioni dell’onere della prova) e in assoluta prevalenza hanno quale obiettivo-effetto la moltiplicazione dei responsabili civili perché il responsabile
og-13 D.lgs. 7 settembre 2005, n. 209.
gettivo si aggiunge a quello “diretto” (fanno eccezione i danni degli incapaci naturali e civili).
Come si vede, anche una banale considerazione di carattere numerico consente di affermare che nell’ambito della responsabilità civile la responsabilità per colpa non costituisce regola generale. Anzi, le più recenti tendenze dell’Ordinamento sembrano sempre più scivolare verso l’allontanamento dal binomio colpa-responsabilità.
Si tratta dell’elevazione a regola dei concetti di solidarietà sociale e di responsabili-tà per rischio. In altre parole, le regole generali dell’Ordinamento, astrattamente fon-dato sull’art. 1218 per la responsabilità contrattuale e sull’art. 2043 per la responsa-bilità extra contrattuale, nella pratica giudiziaria tendono a convivere con quasi pari dignità con il sistema della responsabilità oggettiva. Possono costituirne prova (fra l’altro) le ormai numerose sentenze che dal 1998 pongono a carico dell’organizzatore di eventi sportivi la responsabilità per danni subiti dagli spettatori,14 anche a prescin-dere dalla prova, fornita dai primi, di avere allestito un adeguato servizio di sicurezza privato, di aver affiancato quest’ultimo alle Forze dell’Ordine e di aver organizzato adeguatamente la separazione dei tifosi ospiti da quelli di casa. La giurisprudenza, una volta qualificata l’organizzazione delle partite di calcio (non le partite di calcio in sé) quale attività pericolosa ex art. 2050 c.c., ha applicato il principio secondo cui non è sufficiente aver obbedito alle regole specifiche del settore dell’attività pericolo-sa, ma occorre fornire la prova (del tutto astratta quanto, per l’effetto, diabolica) di aver adottato non meglio identificate e ulteriori misure di sicurezza. Ciò sul rilievo che l’esperienza insegnerebbe che l’attività sportiva, o, meglio, la sua organizzazione, sarebbero statisticamente produttive di eventi anche mortali: donde la natura in sé pericolosa di ogni relativa e connessa attività. Varie sentenze hanno poi soggiunto, più o meno esplicitamente, che il bilanciamento degli interessi (economici) in gio-co rappresenta una sorta di supernorma dell’ordinamento, perché ocgio-corre prima di tutto avere riguardo alla tutela e alla salvaguardia degli interessi astrattamente meno protetti.
Solo in apparente controtendenza va il Codice del Commercio elettronico (d.lgs.
9 aprile 2003 n. 70): se infatti è vero che il mero hosting non determina responsabilità a carico dell’host che pubblichi contenuti altrui (e si rammentino al riguardo le sen-tenze, sopra citate, della Corte di Giustizia), salvo il caso che egli sia effettivamente a conoscenza della loro natura illecita, è altrettanto vero che la giurisprudenza pre-valente ha ritenuto di interpretare con notevole larghezza il concetto di conoscenza effettiva, sostanzialmente derubricandolo a conoscenza mera.15
Resta invece ancora contenuto nell’ambito del binomio colpa-responsabilità il caso, in materia televisiva, dell’ospite di una trasmissione in diretta che si abbandoni
14 Trib. Milano, 21 settembre 1998, n. 10037/98, in Danno e Responsabilità, 1999, p. 234; App.
Milano, 18 maggio 2001, in Foro Pad., 2002, p. 205; Trib. Torino, 19 gennaio 2000, citata da L. San-toro, Sport estremi e responsabilità, Milano, Giuffrè, 2008, p. 167.
15 Trib. Milano, 12 aprile 2010, n. 1972, in Dir. Informatica, 2010, 3, p. 474; Trib. Monza, 2 marzo 2010, n. 770, in Dir. Informatica, 2010, 3, p. 463; Trib. Bari, 13 giugno 2006, in Dir. internet, 2006, p. 563; Trib. Trani, 14 ottobre 2008, in Danno e resp., 2009, p. 1050.
a esternazioni diffamatorie in danno di terzi: è stato infatti escluso che in questa ipo-tesi sussista responsabilità oggettiva ex art. 2049 c.c. dell’emittente, in assenza di un rapporto di committenza, per l’impossibilità di esercitare un controllo preventivo e per l’oggettiva imprevedibilità dell’esternazione.16 Diversa sarebbe però la conclusio-ne, non più assolutoria, se l’ospite occasionale fosse noto per la sua violenza espres-siva, perché in questo caso verrebbe meno l’imprevedibilità del comportamento e non si ricadrebbe dunque più nell’ambito dell’applicazione del principio della mera causalità materiale, dovendosi ritenere sussistente sia la culpa in eligendo sia la culpa in vigilando. Così ha infatti deciso di recente il Supremo Collegio, configurando in questo caso la responsabilità dell’emittente proprio quale responsabilità oggettiva ex art. 2049 c.c., a prescindere dalla colpa, ma quale effetto della consapevole accetta-zione del rischio di impresa.17
Si tratta di elementi che consentono di concludere che l’ordinamento si muove verso l’applicazione integrata di un duplice principio: quello romanistico del cuius commoda eius et incommoda e quello, già citato, di derivazione francese della richesse oblige. Ovvero si tratta di tendenza ormai conclamata verso l’adesione al principio del rischio di impresa, secondo il quale, quando un evento presenta un grado di possibilità, l’imprenditore ha il dovere di accollarsene quantomeno gli effetti eco-nomici, ciò che può realizzare attraverso il sistema assicurativo, ovvero, anche non alternativamente, mediante un trasferimento del costo sul consumatore.18 A queste considerazioni non si può non aggiungere l’immenso vantaggio tanto pratico quanto di discutibile civiltà giuridica di un sistema che possa avvalersi di presunzioni e, so-stanzialmente, di automatismi.