La responsabilità oggettiva costituisce cardine di tutti gli ordinamenti sportivi italia-ni19 e, per quanto attiene al calcio, esiste quantomeno dal 1926 o forse anche da anni precedenti, pur limitata, in quei tempi, alle conseguenze disciplinari a carico delle associazioni sportive quale effetto della condotta degli spettatori. Nel tempo, l’area di applicazione di questo tipo di responsabilità si è via via sempre più ampliata e fatal-mente la sua invasività ha generato sempre maggiori istanze di revisione.
Nel vigente Codice di Giustizia Sportiva della Figc la norma-base è l’art. 4, in forza del quale le società sportive rispondono oggettivamente ai fini disciplinari dell’operato dei dirigenti, dei tesserati e della curiosa macro-categoria dei non-soci,
16 Trib. Roma, 22 maggio 1997, in Giur. Merito, 1997, 6, p. 915.
17 Cassaz., 16 marzo 2010, n. 6325.
18 Sul tema resta insuperato P. Trimarchi, Rischio e responsabilità oggettiva, Milano, 1961.
19 L’istituto è peraltro ben presente anche negli ordinamenti della Fifa e dell’Uefa e, fra gli altri, in quello francese (Loix 331-1-332-2 del Code du Sport), che impone alle società sportive l’adozione di un servizio d’ordine: cosa, a ben vedere, diversa dal caso della responsabilità oggettiva pura.
nonché dell’operato e del comportamento delle persone addette ai servizi della so-cietà (“coloro che svolgono qualsiasi attività all’interno o nell’interesse di una soso-cietà o comunque rilevante nell’Ordinamento Federale”). L’uso dell’espressione “qualsiasi at-tività”, riferito ai soggetti che possono incardinare la responsabilità oggettiva delle società sportive consente di cogliere immediatamente quanto ampia sia l’area appli-cativa dell’istituto.
La responsabilità oggettiva fa in effetti carico alle società per:
- violazione di regole di lealtà, correttezza e probità;
- violazione di norme regolamentari in genere e fra queste: (i) dichiarazioni lesive o incitanti violenza ascrivibili a dirigenti, tesserati e non-soci; (ii) illeciti sportivi posti in essere, anche a livello di tentativo, da tesserati, dai soci, dai non soci che non rappresentino le società (diversamente la responsabilità sa-rebbe diretta); (iii) violazione delle norme regolamentari in materia di tesse-ramenti realizzati mediante falsa attestazione di cittadinanza;20 (iv) violazione del divieto di scommesse sportive su partite di calcio;
- disordini o atti di violenza prima, durante o dopo le gare, sia all’interno dell’impianto sportivo, sia nelle aree adiacenti, sia quando giocano in trasfer-- introduzione o esibizione negli impianti sportivi di disegni, scritte, simboli o ta;
emblemi che costituiscano comportamenti discriminatori. Gli stewards delle società non hanno poteri di perquisizione; ne deriva che le società rispondo-no oggettivamente di omissioni (ammesso che così possarispondo-no qualificarsi) delle Forze di polizia;
- introduzione o l’utilizzazione negli impianti sportivi di materiale pirotecnico, pericoloso, osceno, oltraggioso, minaccioso e incitante alla violenza, nonché cori o grida con le stesse caratteristiche.21
Nella giurisprudenza della Figc degli anni ’80 la responsabilità oggettiva era consi-derata previsione eccezionale, che, come tale, non consentiva integrazioni analogiche o interpretazioni mutuate da altri ordinamenti,22 operava “al di fuori di ogni tipo di colpa, essendo appunto una responsabilità senza colpa”23 e in via automatica, quale effetto della responsabilità soggettiva degli agenti individuali.24 Inoltre, essa era
rite-20 È frutto di un evidente svista la previsione del comma 8 dell’art. 10 C.G.S. che punisce la società per il tesseramento fatto mediante falsa attestazione di cittadinanza nel solo caso che “sia accertata la responsabilità oggettiva”. In realtà, la responsabilità oggettiva non necessita di alcun accertamento perché, come si vedrà, consegue direttamente e automaticamente al comportamento illecito altrui.
21 Curioso, ma figlio della stessa famiglia giuridica, è il divieto di far uso di strumenti acustici a fini di incoraggiamento nei palazzetti dove si pratica la pallavolo: la società ospitante in tal caso risponde oggettivamente, come insegna la giurisprudenza costante degli Organi della Fipav (si veda sul punto B.
Manzella, La giurisprudenza sportiva della Federazione Italiana Pallavolo, Roma, 1990, p. 117).
22 Commissione d’Appello Federale - Figc, Comunicato Ufficiale 17/C del 9 dicembre 1980.
23 Commissione d’Appello Federale - Figc, Comunicato Ufficiale 8/C del 4 novembre 1981.
24 Commissione d’Appello Federale - Figc, Comunicato Ufficiale 30/C del 12 giugno 1985.
nuta derivare “dal mero rapporto di associazione o di tesseramento”25 e sfuggiva ad ogni
“possibilità di prevenzione e di controllo da parte della società”,26 quest’ultima merite-vole di condanna in base all’“identità del centro di interesse e di profitto tra l’operato del responsabile soggettivo e la sfera d’azione del responsabile oggettivo”.27
Minime aperture in questo sistema chiuso e ostile a qualsiasi contributo di ragio-nevolezza comparivano qua e là molto raramente, restando peraltro lettera morta sul piano applicativo: così, in una isolata decisione si lesse che i criteri adottati sarebbero dovuto essere sottoposti a revisione, in particolare quando vi fosse la duplice prova da un lato che l’operato del tesserato era attribuibile a fini “strettamente personali e individuali senza esterne ripercussioni” e, dal lato opposto, che la società era “del tutto estranea a quei fini”.28
Gli stessi principi e la stessa rigidità caratterizzano la giurisprudenza degli organi della Figc negli anni successivi, nel corso dei quali dominano ancora i concetti di automatismo,29 di irrilevanza della prova d’aver agito con il massimo livello di diligenza anche preventiva (“la responsabilità oggettiva non può essere elusa”30), il divieto o comun-que l’inutilità di prove liberatorie31 e di irrilevanza della colpa, facendosi derivare la responsabilità (e la condanna conseguente) dal mero rapporto di tesseramento. Nella decisione più motivata32 fra le numerosissime sul tema si intravvede il disagio di dover fare applicazione dei “freddi meccanismi della responsabilità oggettiva” (testuale) in una fattispecie in cui le società coinvolte erano certamente estranee all’azione del respon-sabile soggettivo (caso del calciatore Eriberto, che aveva alterato i propri documenti di identità per ragioni esclusivamente sue proprie). Tuttavia, la condanna (sia pure con-tenuta nel quantum) arriva anche in quel caso e trova giustificazione sia nella necessità di “assicurare il pacifico e regolare svolgimento dell’attività sportiva”, sia nell’intento di
“semplificare procedure e complessi, oltre che costosi, accertamenti”, sia, infine, nell’intento di attribuire efficacia alla pena, sul rilievo che “negli sport di squadra, ove i valori delle
25 Commissione d’Appello Federale - Figc, Comunicato Ufficiale 20/C del 6 marzo 1987. Prin-cipio ribadito ancora di recente dal Tribunale Nazionale dello Sport del Coni con la decisione del 20 gennaio 2012, nella quale si afferma la piena ed indiscutibile validità ed insuperabilità dell’istituto della responsabilità oggettiva.
26 Commissione d’Appello Federale - Figc, Comunicato Ufficiale 18/C del 20 febbraio 1987.
27 Commissione d’Appello Federale - Figc, Comunicato Ufficiale 15/C del 30 gennaio 1985. Più o meno negli stessi termini una buona parte della dottrina di quegli anni. Così, A. Manfredi, Conside-razioni in tema di responsabilità oggettiva e sua compatibilità con l’ordinamento giuridico generale, in Riv.
Dir. Sport, 1980, p. 55; B. Manzella, La responsabilità oggettiva, in Riv. Dir. Sport, 1980, p. 153. Una delle non frequenti voci contrarie all’istituto fu quella di A. Lamberti, Il diritto contro la violenza nel mondo del calcio, Roma, Società stampa sportiva, 1988, pp. 129-130: “Sostenevo […] che, trattandosi di un istituto anomalo ed eccezionale, esso andava corretto ed applicato cum grano salis, perché – così come era disciplinato – non comportava un ampliamento abnorme della sfera di responsabilità”.
28 Commissione d’Appello Federale – Figc, Comunicato Ufficiale 15/C del 30 gennaio 1985.
29 Commissione d’Appello Federale – Figc, Comunicato Ufficiale 3/C del 17 luglio 2001.
30 Commissione d’Appello Federale – Figc, Comunicato Ufficiale 9/C del 5 ottobre 2001.
31 Commissione d’Appello Federale – Figc, Comunicato Ufficiale 9/C del 18 luglio 2001.
32 Commissione d’Appello Federale – Figc, Comunicato Ufficiale 12/C del 4 novembre 2002.
singole compagini sono espressi in termini di punti e classifiche, la sanzione inflitta al solo dirigente o tesserato [responsabile] si rivelerebbe scarsamente efficace”.33
La debolezza di simili “giustificazioni” dell’istituto, peraltro tuttora ricorrenti nel-le decisioni,34 non sembra discutibile: da un lato perché non si vede che garanzia di
“pace sportiva” possa assicurare la condanna di un (secondo) soggetto che per defini-zione non c’entra per nulla e dall’altro lato perché le difficoltà istruttorie (peraltro as-senti quanto al responsabile oggettivo, che è vittima designata in via automatica) non possono certamente costituire alibi accettabile per una condanna. Per tacere – ragioni di pudore l’impongono – sulla “giustificazione” afferente la presunta inefficacia di una sanzione a carico del solo colpevole: come a dire che i genitori di un delinquente andrebbero puniti per il reato commesso da quello a tutela della sete di una puni-zione e a tutela del sistema-famiglia. A volte si scrivono paradossi: non è grave, ma è imperativo non paludarli sul piano espressivo e soprattutto esserne consapevoli!
Solo con la riforma del Codice di Giustizia Sportiva del 2006 in questo comparto granitico35 si è aperto qualche spiraglio, sia pure limitatamente ai casi di responsabi-lità oggettiva conseguente a condotte dei tifosi. L’art. 13 del Codice citato prevede infatti che la società non risponda quando ricorrano congiuntamente almeno tre delle seguenti circostanze:
- le società abbia adottato e attuato modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire comportamenti dei propri sostenitori, con l’impiego di risorse finanziarie e umane;36
- la società abbia cooperato con le Forze dell’Ordine per l’adozione di misure preventive o di identificazione dei responsabili;
- la società abbia agito per la rimozione immediata di disegni, scritte inneg-gianti violenza o discriminazione;
- che altri sostenitori della società si siano dissociati da comportamenti illeciti di altra parte del pubblico;
- che non vi sia stata omessa o insufficiente prevenzione o vigilanza da parte della società.
Quando ricorrano meno di tre delle circostanze predette, la società oggettivamente responsabile può godere di attenuanti.37
33 Camera di Conciliazione e Arbitrato del Coni 26 aprile 2005.
34 Corte di Giustizia Federale – Figc, Comunicato Ufficiale 114/CGF del 19 febbraio 2008; Corte di Giustizia Federale – Figc, Comunicato Ufficiale 265/CGF del 23 maggio 2012.
35 L’aggettivo è usato dalla Corte di Giustizia Federale - Figc nel Comunicato Ufficiale 26/C del 2-6 luglio 2012.
36 Evidente il riferimento alle previsioni del d.lgs. 231/2011.
37 In materia di disordini provocati dai tifosi prima della riforma del 2006 era (e ancora è) rico-nosciuta alle società la sola attenuante rappresentata dall’aver giocato in trasferta, ove non le era stato possibile esercitare alcuna attività preventiva. Ciò in piena e non giustificata contraddizione con le ferree regole generali disciplinanti la responsabilità oggettiva, ritenuta matrice di condanna a prescindere da qualsiasi attività costituente adempimento degli obblighi di ordinaria diligenza.
Peraltro, assai di recente e in conseguenza del profluvio dei casi dell’ultimo Calcio scommesse, è dato avvertire un aumento del disagio dei giudici della Corte di Giustizia Federale nell’applicazione dell’istituto, nel passato manifestato solo occasionalmente e per casi-limite. Così, si è letto qualche anno fa che “la responsabilità oggettiva scon-ta, da tempo, una sua perspicua peculiarità (in accezione critica) nell’ordinamento sportivo”38 e che [sottinteso un “purtroppo”] “l’attuale formulazione della norma non consente di escludere la responsabilità oggettiva in capo alla società per il solo fatto che la condotta illecita contestata al calciatore riguarda la sua sfera strettamente personale”,39 ma queste perplessità sono servite soltanto a dimensionare la pena e, comunque, sono sempre state neutralizzate dalle già viste e criticate considerazioni conclusive sui costi istruttori (?) e sulla necessità, che sarebbe assicurata proprio dalla responsa-bilità oggettiva (?), di mantenere l’equilibrio e l’ordine delle manifestazioni sportive.
Nonché, come già sappiamo, neutralizzate dalla presunta inutilità della punizione del solo colpevole.
Neppure è accettabile la tesi “giustificatrice” di chi ha sostenuto, ancora in epoca recentissima, che l’istituto della responsabilità oggettiva rappresenterebbe profilo si-gnificativo del principio di autonomia dell’ordinamento sportivo.40 Come a dire, e si tratta di altro paradosso, che l’autonomia consente (quasi) qualsiasi deroga alle regole dell’Ordinamento statuale …
Come si vede, dunque, disagio o non disagio degli organi sportivi giudicanti, la responsabilità oggettiva di diritto sportivo:
- è vera e propria responsabilità per fatto altrui;
- consegue automaticamente alla condotta illecita altrui;
- consegue, automaticamente, al tesseramento dell’autore dell’illecito;
- prescinde addirittura dal tesseramento quando è determinata dalla condotta degli spettatori, in applicazione estremistica del principio cuius commoda eius et incommoda, ovvero, per esprimere analogo concetto in inglese, “Professio-nal football has received the implicit approval of government because these con-tests take place in arenas owned by local governments and the revenues are subject to taxation”;41
- prescinde (per conseguenza) dall’esistenza e dall’accertamento di culpa in vi-gilando o culpa in eligendo;
- non richiede vi siano collegamenti di sorta (salvo il tesseramento) tra l’agente soggettivo e la sua condotta, da un lato, e il ruolo della società;
- non consente prova contraria (effetto del già citato automatismo);
38 Corte di Giustizia Federale - Figc, Comunicato Ufficiale 33/CGF del 27 agosto 2012. In termi-ni simili si veda anche la decisione del Tnas (Organo di giustizia di natura arbitrale oggi soppresso) del 20 gennaio 2012, secondo cui le valutazioni afferenti la responsabilità oggettiva devono essere condotte
“non in maniera acritica e meccanica, bensì all’insegna di equità e di gradualità, tali da evitare risultati abnormi e non conformi a giustizia”.
39 Corte di Giustizia Federale - Figc, Comunicato Ufficiale 9/CGF del 17 luglio 2012.
40 G. Liotta, L. Santoro, Lezioni di diritto sportivo, III ed., Milano, Giuffrè, 2016, p. 299.
41 P. Weiler, G. Roberts, Sports and the law, St. Paul, 1988, p. 939.
- prescinde dall’esistenza di un vantaggio della società-responsabile oggettivo quale conseguenza, iniziale o finale, dell’illecito regolamentare dell’agente soggettivo;
- prescinde (in concreto, nonostante in qualche isolata decisione si faccia cen-no a questa “esimente”) dall’interesse, personale o mecen-no, perseguito dall’au-tore dell’illecito.
I profili di illegittimità, anche costituzionale,42 sono manifesti e neppure l’alibi dell’autonomia del diritto sportivo, a dire il vero non frequentemente invocata a giustificazione del sistema, non funziona, perché appartiene all’area processuale e attiene alle funzioni disciplinari, non alle norme sostanziali che le prevedono, tenute anch’esse al rispetto del principio di legalità.43