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La responsabilità per rating creditizi ingannevoli

Le agenzie di rating del credito (CRA256) svolgono una funzione importante

all’interno dei mercati finanziari, in quanto rivestono il ruolo di intermediari dell'informazione.

L’attività di rating consiste nel fornire un parere sul merito di credito di un prodotto finanziario ovvero di un emittente, in un determinato lasso di tempo257. Siffatta valutazione è teleologicamente volta all’attribuzione, a

256 Credit Rating Agency.

257 Sulla base della definizione data a livello europeo, il rating del credito rappresenta un parere

relativo del merito creditizio di un’entità, di un’obbligazione, di titoli di debito, di un emittente di un debito, di azioni privilegiate o di altri strumenti finanziari. Tale parere viene emesso mediante l’uso di un prestabilito sistema di classificazione in categorie di rating. Per una completa disamina della disciplina concernente le agenzie di rating, vedi: Ferri Giovanni – Lacitignola Punziana, Le agenzie di rating. Tra crisi e rilancio dell’economia globale, Bologna, Il

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beneficio dell’emittente, di una rilevante reputazione sul mercato domestico o internazionale delle transazioni finanziarie. Essa consente altresì agli investori di porre in essere un’analisi indiretta della struttura economica propria dell’operazione, nonché dei possibili rischi alla stessa connessi, consistenti nell’insolvenza o nel ritardo nel pagamento dei titoli.

In considerazione del servizio di informazione reso dalle agenzie di rating, è possibile anzitutto affermare che il conseguente «danno da rating» è inquadrabile, a pieno titolo, come una forma particolare di danno prodotto dalla circolazione sul mercato finanziario di informazioni inesatte. In tal caso, il bene giuridico che si assume violato, consiste nella libertà economica dell’investitore che sostiene di essere stato leso da un rating non adeguato alla propria specifica situazione patrimoniale, economica e finanziaria. Qualora venga riconosciuta la responsabilità dell’agenzia specializzata sul merito creditizio, invocata dall’investitore, non potrà che riconoscersi idonea tutela all’affidamento che questi ha riposto in buona fede sulle valutazioni espresse dall’agenzia. L’eventus damni consisterà proprio nella perdita patrimoniale subita. Si pensi, a titolo esemplificativo, alla responsabilità conseguente alla sottoscrizione di prodotti finanziari caratterizzati da un rendimento inferiore rispetto a quello atteso in forza del parere espresso.

Il principale ruolo ricoperto dal rating, quale fondamentale criterio che indirizza le scelte dell’investitore e, dunque, la relativa allocazione del risparmio, a vantaggio dei prenditori più meritevoli, è stato definito nell’ordinamento italiano, con particolare chiarezza, dalla giurisprudenza di merito258.

Mulino, 2009; Di Donna Luca, La responsabilità civile delle agenzie di rating. Mercato finanziario,

allocazione dei rischi e tutela dell’investitore, Biblioteca giuridica, Cedam, 2012.

258 Il primo caso in materia di responsabilità da rating creditizio ingannevole, è stato sottoposto

all’attenzione del Tribunale di Milano, sez. VI, e risolto con la sentenza n. 8790 del 1 luglio 2011 (Giud. Brat – Parmalat s.p.a. e Parmalat Finanziaria s.p.a. c. The McGraw-Hill Companies e altri). Con tale decisione, il giudice di merito ha ricondotto il contratto di rating nell’alveo della

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È ricorrente tra le Corti italiane la convinzione che incorra in responsabilità l’intermediario che non abbia segnalato al proprio cliente la valutazione operata dalle agenzie specializzate sul merito creditizio di un determinato emittente o prodotto finanziario. Il rating risulta difatti in grado di influenzare il processo decisionale dell’investitore in modo considerevole. Ne deriva che, l’eventuale inottemperanza del relativo obbligo di comunicazione a carico dell’intermediario, costituisce violazione di uno dei più elementari obblighi informativi propri della relazione contrattuale cliente-intermediario. Sicché, l’intermediario che intenda svolgere la propria attività con la necessaria diligenza richiesta a ogni operatore qualificato, non può esimersi dall’informare l’investitore dei possibili rischi derivanti dalle specifiche operazioni di investimento e della relativa eventuale natura azzardata, tenendo conto dei pareri resi dalle società di rating.

In seguito al verificarsi, all’interno dei mercati finanziari, di molteplici scandali, nel febbraio 2004 il Parlamento europeo ha finalmente adottato una specifica risoluzione sulle agenzie di rating del credito, con invito, nei confronti della Commissione, alla presentazione di un parere circa la necessità di un intervento normativo. Ne è derivata la pubblicazione di una comunicazione sulle agenzie di rating, il 9 gennaio 2006, con la quale si è deciso di non avanzare alcuna proposta legislativa in materia. In particolare, la Commissione ha ritenuto sufficienti per regolamentare il fenomeno, le vigenti direttive sui servizi finanziari applicabili alle agenzie di rating e, nello specifico, la direttiva sugli abusi di mercato, la direttiva sui mercati degli strumenti finanziari, nonché la direttiva sui requisiti patrimoniali (CRD). A tal fine, ha altresì considerato l'autoregolamentazione delle società di rating, fondata sul codice della

prestazione d’opera professionale, tenuto conto del rapporto fiduciario sorto tra committente e agenzia incaricata. Quest’ultima è chiamata a rispettare, nell’adempimento del proprio incarico professionale con la discrezionalità tecnica che le è propria, una serie di standards, cioè regole di settore, nonché le relative norme deontologiche: Marianello Marco, Insolvenza dell’emittente ed

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Organizzazione internazionale delle commissioni sui valori mobiliari (IOSCO)259. Tuttavia, in seguito a una serie di turbolenze che hanno colpito

duramente i mercati finanziari a partire dalla seconda metà del 2007, è stato necessario porre in essere un nuovo esame delle agenzie di rating260 che ha

condotto la Commissione a proporre, nel novembre 2008, un regolamento che ne dettasse una compiuta disciplina. Tale regolamento, noto come CRA I261, è

stato adottato nell’aprile 2009 dal Parlamento europeo e, nel successivo luglio, dal Consiglio. Successivamente, esso è stato emendato, ad opera del Regolamento n. 513/2011 (Regolamento CRA II) ed è stato precisato che, in considerazione della relativa natura, le disposizioni del Regolamento non possano che ritenersi giuridicamente vincolanti262.

«Le agenzie di rating del credito svolgono un ruolo importante sui mercati mobiliari e bancari mondiali giacché i loro rating del credito sono utilizzati dagli investitori, dai mutuatari, dagli emittenti e dai governi come elementi che contribuiscono alla formazione di decisioni informate in materia di investimenti e di finanziamenti» (considerando n. 1, Regolamento CRA I). Esse ricoprono dunque il ruolo di guardiani dei titoli, in forza della propria funzione di

259 Code of Conduct Fundamentals for CRAs, denominato "IOSCO CRA Code". Tale codice è stato

adottato dalla IOSCO nel dicembre 2004, con la previsione di un obbligo di incorporazione delle relative disposizioni, da parte di tutte le agenzie di rating delle diverse giurisdizioni domestiche, all’interno dei propri codici di condotta interni. Nel 2005, il Comitato delle autorità europee di regolamentazione dei valori mobiliari (CESR) ha avviato un dialogo con le diverse agenzie, in forza di una partecipazione volontaria, al fine di monitorare l’effettivo rispetto di tale codice.

260 Gli scandali finanziari hanno messo in evidenza debolezze strutturali nelle istituzioni che

presiedono al corretto funzionamento del mercato, come imprese, istituzioni e agenzie di rating: Onado Marco, Imprese, banche, agenzie di rating nella crisi del terzo millennio, in Mercati finanziari e

sistema dei controlli. Atti del Convegno di studio svoltosi a Courmayeur, 1-2 ottobre 2004, Giuffrè,

Milano, 2005, p. 19 ss.

261 Regolamento (CE) n. 1060/2009.

262 Il regolamento stabilisce l'obbligo per tutte le agenzie di rating del credito che desiderano

operare nell'UE di registrarsi e rispettare una serie di norme. Le disposizioni mirano a rafforzare la trasparenza, l'indipendenza e la buona governance delle agenzie di rating del credito, migliorando così la qualità e l'affidabilità dei rating del credito e la fiducia dei consumatori: Bartels Boris - Ernoult Julien – Hafner Sandra - Metin Inci, European Banking and

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riduzione delle asimmetrie informative tra partecipanti al mercato. Come minimo, un rating è fonte di informazione pubblica per le decisioni di investimento. Tuttavia, non bisogna dimenticare che esso esprime un rischio in ordine relativo, essendo frutto della raccolta di informazioni sparse sulla situazione finanziaria di alcuni emittenti e sul rischio di inadempimento proprio di taluni prodotti, condensato in un’unica misura del rischio di credito. Di ciò non ha adeguatamente tenuto conto la regolazione, la quale ha per troppo tempo riposto un affidamento eccessivo sulle agenzie di rating, facendo delle stesse gli arbitri di qualunque operazione in titoli, nonché un fondamentale riferimento per gli investitori. È stato così attribuito alle società di rating un ruolo che, con tutta probabilità, non avrebbero altrimenti mai avuto. Si è tentato, negli anni, di correggere tali errori, mediante l’aumento del livello di intervento e, in particolare, l’introduzione in ambito europeo di una disciplina speciale prevedente più severi controlli pubblici. Inoltre, con il Regolamento 462/2013 (CRA III263), atto legislativo accompagnato dalla

Direttiva 14/2013, che ha modificato il Regolamento 1060/2009, si è giunti finalmente alla previsione di una disciplina europea relativa alla responsabilità civile delle agenzie di rating. «I rating del credito, emessi a fini regolamentari o meno, hanno un impatto significativo sulle decisioni di investimento e sull’immagine e l’attrattiva finanziaria degli emittenti. Pertanto, le agenzie di rating del credito hanno una grande responsabilità nei confronti degli investitori e degli emittenti nel garantire il rispetto del regolamento (CE) n. 1060/2009, affinché i rating del credito emessi siano indipendenti, oggettivi e di qualità adeguata. Tuttavia, gli investitori e gli emittenti non sempre si trovano in una posizione che consente loro di far valere la responsabilità delle agenzie di rating del credito nei propri confronti» (considerando n. 32).

263 Si veda, ex multis, Haar Brigitte, Civil Liability of Credit Rating Agencies after CRA 3– Regulatory

All-or-Nothing Approaches Between Immunity and Over-Deterrence, University of Oslo Faculty of

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Sulla base di tale constatazione, il Regolamento del 2013 ha sottratto al contratto tra emittente e società di rating, la definizione delle specifiche prestazioni da rendere, individuando analiticamente ciò che rientra nei poteri dell’agenzia e, soprattutto, il conseguente regime di responsabilità. Rilevanti obblighi sono stati imposti a carico delle agenzie specializzate sul merito creditizio, in considerazione del considerevole impatto dei servizi prestati sull’interesse pubblico (considerando 8, Reg. (UE) 462/2013). È stata precisata l’importanza di una sottoposizione dei rating e delle relative prospettive a una esaustiva attività di analisi, avente ad oggetto ogni informazione disponibile sul mercato. Tra gli obiettivi principali così perseguiti sono stati annoverati la riduzione dei conflitti di interesse264 e il miglioramento della divulgazione del processo di rating.

Tuttavia, «il vero problema è che le formule matematiche delle agenzie guardano indietro mentre la vita è vissuta in futuro, cosa che difficilmente cambierà»265.

Una delle fondamentali funzioni rivestite dalle agenzie di rating, è rappresentata dall’attività di certificazione. Essa è posta in essere soprattutto a beneficio degli operatori che hanno una ridotta capacità di raccolta o di analisi delle informazioni e che, pertanto, non risultano in grado di effettuare valutazioni dotate della medesima efficacia di quelle proprie delle agenzie di rating o degli investitori legati da un rapporto di negoziazione diretta con l’emittente. Tuttavia, – occorre precisarlo – è innegabile che la gran parte dei

264 L'emittente deve investire tempo e risorse per produrre tempestivamente le informazioni

necessarie all'agenzia di rating del credito. I dirigenti e i valutatori sono spesso coinvolti nel processo di rating e partecipano alle discussioni sulle commissioni. Tale modello ha il rischio di conflitti di interesse in quanto le entità pagano per il rating. Nella causa Windecarribee Shire Council v Lehman Brothers Australia Ltd (In Liquidazione) (2012, FCA 1028), il tribunale ha ritenuto che la CRA ha violato i doveri fiduciari che aveva nei confronti dei consigli locali - in quanto loro consulente d'investimento - raccomandando prodotti da cui l'agenzia avrebbe ricevuto commissioni e profitti significativi e che la sua condotta costituiva una violazione del divieto australiano specifico di comportamenti ingannevoli o ingannevoli a tutela dei consumatori: Miglionico Andrea, The disclosure regime of credit rating agencies: an obscure veil of

compliance?, in The journal of business law, Sweet & Maxwell, 4, 2019, p. 268 ss.

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clienti sia costituita da investitori sofisticati, quali banche e fondi di investimento.

Nell’emettere i propri pareri, le agenzie di rating tengono conto anche di informazioni non di dominio pubblico, quali i memorandum di collocamento privato, ricevute in forza di un accordo di riservatezza stipulato con l’emittente o, più semplicemente, in base alla politica dell'agenzia di conservare la riservatezza sulle stesse. Non bisogna però dimenticare che la determinazione dei rating implica un giudizio soggettivo. Lo scenario è ulteriormente complicato dalla mancata previsione di obblighi di diligenza dell’agenzia di rating nei confronti degli investitori, stante l’assenza di rapporti contrattuali tra gli stessi, la quale rappresenta una delle principali e più sentite problematiche sul tema. I molteplici scandali finanziari, prodotti da un fallimento dei rating (tra i tanti, Enron, WorldCom e Lehman Brothers), hanno messo in luce la carenza di due diligence e l’inadeguatezza dei processi di valutazione del merito creditizio. È emersa l’insufficienza della governance del rating in termini di protezione degli investitori e, da illustri esperti del settore, è stata evidenziata la necessità di sottoporre le agenzie di rating alle medesime – o, almeno, parimenti efficaci – norme professionali applicabili per gli altri intermediari dell'informazione, quali revisori e analisti finanziari, riformulando le relative responsabilità in considerazione del particolare ruolo ricoperto266. È stata così

evidenziata l’importanza della solidità dell’attività interpretativa posta in essere dalle società di rating, per garantire l’effettivo funzionamento della tutela giuridica degli investitori e il conseguente aumento della fiducia del mercato. A tal proposito, tra le più significative novità introdotte con la riforma

266 Non si vede perché se i problemi sono del tutto analoghi a quelli delle società di revisione e

degli analisti finanziari (con l’aggiunta di problemi specifici) non debbano essere sottoposti a norme di comportamento e di vigilanza analoghe a quelli di questi operatori: Onado Marco,

Imprese, banche, agenzie di rating nella crisi del terzo millennio, in Mercati finanziari e sistema dei controlli. Atti del Convegno di studio svoltosi a Courmayeur, 1-2 ottobre 2004, Giuffrè, Milano, 2005,

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regolamentare del 2013, si annovera la definizione di uno specifico regime di responsabilità per le agenzie di rating. Trattasi di un intervento dotato di una particolare rilevanza. Basti al riguardo già solo considerare che, in occasione delle prime controversie giurisprudenziali in materia, le agenzie di rating sono state dichiarate esenti da responsabilità, in considerazione del fondamentale diritto di libertà di espressione267. La versione finale del regime di responsabilità

civile adottata è stata tuttavia al di sotto degli ambiziosi obiettivi legislativi. Ai sensi dell’articolo 35 bis del Regolamento CRA III, «se un’agenzia di rating del credito ha commesso intenzionalmente o per colpa grave una delle violazioni di cui all’allegato III che ha inciso sul rating del credito, l’investitore o l’emittente possono chiedere all’agenzia di rating il risarcimento dei danni subiti a causa della violazione». Il riferimento non è a un canone di difficile interpretazione e valutazione, quale ad esempio una “valutazione errata”, quanto piuttosto a una specifica violazione elencata nell'allegato III. Esso contiene una chiara elencazione delle diverse condotte ritenute illecite, le quali si riferiscono a non meno di 84 tipologie di infrazioni, a cui corrisponde un numero ancora più elevato di compiti a cui le agenzie sono tenute. Tali violazioni possono essere suddivise all’interno di tre categorie. Anzitutto, sono considerate tali le violazioni strettamente connesse ai conflitti di interesse e ai requisiti organizzativi o operativi. Vi sono poi le violazioni rappresentanti ostacoli alle attività di vigilanza. La terza categoria è invece costituita dalle violazioni delle disposizioni concernenti gli obblighi informativi. Al concreto verificarsi di una delle seguenti violazioni, è configurabile un’ipotesi di responsabilità, purché l’emittente o l’investitore danneggiato provi

267 Così, nell’ordinamento italiano, al rating è stata riconosciuta la natura di mera opinione, non

passibile di essere considerata errata sulla base di dati oggettivi, poiché «le agenzie di rating non formulano raccomandazioni ad acquistare, detenere o vendere determinati titoli, ma emettono semplici pareri sulla capacità di credito di un particolare emittente o di un particolare strumento finanziario ad una certa data»: Trib. Roma, 17 gennaio 2012, n. 835, in Giur. Comm., Milano, Giuffrè, 2013, p. 462, con nota di Parmeggiani Federico, La responsabilità dell’agenzia di rating e dell’intermediario finanziario nella vendita dei bond Lehman Brothers.

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l’intenzionalità o la colpa grave caratterizzanti la violazione e la relativa incidenza sul parere di merito creditizio emesso268. Con riguardo al nesso di

causalità, l’emittente è tenuto a provare che esso stesso, ovvero i propri strumenti finanziari, siano oggetto del rating del credito e che la violazione non sia stata prodotta da informazioni inesatte o fuorvianti fornite dall’emittente all’agenzia, direttamente o mediante informazioni pubblicamente accessibili. L’investitore, invece, deve dare prova del legittimo affidamento riposto ragionevolmente – o comunque con la dovuta diligenza – sul rating, ai fini delle proprie scelte di investimento. L’affidamento ragionevole si attesta dunque quale canone probatorio di riferimento per gli investitori istituzionali, conformemente al disposto dell’articolo 5 bis. Siffatto requisito degrada invece al livello della dovuta diligenza qualora si abbia riguardo a un quisque de populo. La relativa valutazione dovrà essere posta in essere sulla base del diritto proprio del singolo ordinamento nazionale. La prova dell’affidamento incolpevole, ovvero dovutamente diligente, è a carico dell’investitore stesso. Per il relativo adempimento, è ammesso il ricorso a presunzioni, ai sensi dell’articolo 2727 c. c. Il regime in materia di onere della prova è, senza alcun dubbio, il punto debole dell'intero regime di responsabilità. Con riguardo ad esso, la Commissione aveva inizialmente proposto uno spostamento a vantaggio dell’investitore, soggetto debole, costretto in una naturale posizione di difetto informativo. Tuttavia, tale proposta non è stata accolta ed è stato posto a carico del ricorrente l’intero onere probatorio della violazione posta in

268 Quanto a quest’ultimo elemento è ragionevole che il legislatore abbia previsto una

scrematura delle possibili pretese risarcitorie: a danneggiare l’investitore, infatti, non è la violazione di per sé (violazione per la quale sono già approntati i rimedi sanzionatori amministrativi) ma il rating che ne sia stato viziato, sé da risultare errato e a quale egli abbia fatto affidamento al momento della ponderazione delle proprie scelte di investimento: Maciariello Elio, La responsabilità da rating: analisi dell’articolo 35-bis del regolamento (CE)

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essere dall’agenzia e del relativo impatto dannoso269. Trattasi di uno stringente

onere, il cui superamento è particolarmente complesso persino per gli investitori istituzionali, soprattutto all’interno di un ordinamento, quale quello italiano, in cui la mancanza di meccanismi di discovery processuale e la difficile acquisizione dei documenti in possesso della Consob, rende praticamene vana la tutela degli investitori.

Per quanto concerne il necessario requisito della colpa grave caratterizzante la violazione perpetrata dalla società di rating, la relativa definizione dovrà essere ricercata all’interno del singolo ordinamento nazionale. In Italia, con il passare del tempo, essa è stata oggetto di un graduale processo di oggettivazione. Essa è stata difatti intesa come conformità della propria condotta a ciò che è legittimo attendersi in una determinata circostanza, cioè a un dato standard di riferimento, quale quello del buon padre di famiglia. Il riferimento alla colpa grave evoca una graduazione della colpa tipica della responsabilità dei professionisti, la cui disciplina è rinvenibile negli articoli 1176, co. 2, e 2236 c. c. Essa deve essere concepita come ignoranza dei principi elementari attinenti all’esercizio di una professione. Sicché, per la valutazione dell’eventuale responsabilità delle agenzie di rating, occorrerà valutare la riconducibilità a siffatti principi delle norme da esse violate. Inoltre, ai fini della gravità della colpa, dovrà effettuarsi un raffronto con i principali standard di diligenza esigibili in relazione allo specifico comportamento dell’agenzia.

Intanto, in considerazione dell’obbligo di adozione di tutte le «misure necessarie» di cui all’articolo 8, co. 2, Reg. CRA III, è sicuramente da valutarsi gravemente colposa la condotta della società di rating che non esegua un controllo delle informazioni ricevute dall’emittente, qualora esse siano tra loro

269 Tale onere è diametralmente opposto rispetto a quello previsto in caso di responsabilità da

prospetto. In siffatta ipotesi, come visto in precedenza, spetta all’intermediario, ai sensi dell’articolo 98 TUF, la prova di aver fornito ogni necessaria informazione e di aver