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segue La responsabilità conseguente alla violazione delle regole d

condotta

Nell’ordinamento giuridico italiano, dall'attuazione delle direttive MiFID è derivata l’introduzione di un principio di graduazione dei regimi di tutela degli investitori. Al riguardo, si è effettuata una distinzione tra i vari tipi di servizi di investimento. Nelle ipotesi concernenti la gestione di portafogli e la consulenza in materia di investimenti, si è imposta all’impresa di investimento la valutazione dell’idoneità dell’operazione per il proprio cliente, in considerazione della capacità finanziaria, propensione al rischio, livello di esperienza e consapevolezza dello stesso. Dovrà, a tal fine, essere altresì considerata l’eventuale corrispondenza dell’operazione con le esigenze dell’investitore, nonché degli obiettivi perseguiti. Nel caso in cui il risultato sia negativo, grava sull’impresa uno stringente obbligo di astensione. Relativamente invece ai servizi diversi dalla gestione di portafogli e dalla consulenza in materia di investimenti, è prevista solo un’analisi volta a verificare «che il cliente abbia il livello di esperienza e conoscenza necessario per comprendere i rischi che lo strumento o il servizio di investimento offerto o

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richiesto comporta», così come disposto dall'articolo 42 del Regolamento Consob 16190 del 29 ottobre 2007175. Qualora risulti la non appropriatezza

dell’operazione per l’investitore, sussiste un obbligo di comunicazione nei confronti dello stesso, al fine di garantirne un’adeguata protezione. Qualora il cliente confermi comunque la propria volontà, l’operazione può essere posta in essere dall’impresa di investimento in modo assolutamente legittimo. L’ordine dovrà essere eseguito sulla base delle istruzioni impartite dal cliente. Qualora esse siano chiare e specifiche, non potranno che porsi in essere esclusivamente gli atti per cui sono state ricevute indicazioni.

Siffatte regole di condotta sono volte alla protezione non solo dell’interesse del singolo investitore ma anche del mercato in generale, la cui integrità e certezza può ritenersi tutelata solo attraverso la predisposizione di un adeguato sistema rimediale che ne garantisca l’effettivo rispetto176. Tale sistema, come l’analisi

economica del diritto insegna, rappresenta un forte segnale sociale, in grado di offrire agli operatori finanziari e, in generale, a tutti i consociati, un prezzo implicito sottoforma di costo opportunità, il quale «come ogni altro prezzo, determina almeno in parte le scelte individuali»177.L'apparato rimediale riveste

dunque un ruolo centrale nella prevenzione, mediante la propria funzione deterrente, delle esternalità negative prodotte da comportamenti opportunistici, così come nell’internalizzazione delle stesse. Il soggetto che propone l’investimento ha la possibilità di scegliere consapevolmente le possibili

175 A cui è seguito il Regolamento Consob n. 20307 del 15 febbraio 2018, recante norme di

attuazione del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 in materia di intermediari.

176 Con riguardo alle regole di condotta cui devono attenersi gli intermediari nel prestare i

servizi di investimento nei confronti dei risparmiatori, si vedano, tra i tanti: Annunziata Filippo,

Regole di comportamento degli intermediari e riforme dei mercati mobiliari, Milano, 1993; Lobuono

Michele, La responsabilità degli intermediari finanziari, Napoli, 1999; Sartori Filippo, Le regole di

condotta degli intermediari finanziari. Disciplina e forme di tutela, Milano, 2004; Pellegrini Mirella, Le controversie in materia bancaria e finanziaria. Profili definitori, Padova, 2007; Giudici Paolo, La responsabilità civile nel diritto dei mercati finanziari, Milano, Giuffrè, 2008.

177 Mattei Ugo, I rimedi, in La parte generale del diritto civile 2, Il diritto soggettivo, a cura di Sacco,

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conseguenze del proprio comportamento, confrontando il prezzo da pagare in caso di inadempimento, con quello dell'alternativa più conveniente a cui dovrà rinunciare qualora decidesse di adempiere.

La regolamentazione in materia è piuttosto dettagliata, ma si discute se essa sia effettivamente completa, ovvero necessiti di integrazione mediante i principi generali del diritto civile italiano. Ancora oggi, in letteratura, si discute circa il carattere aperto o chiuso di tale area del diritto. Qualora la regolamentazione applicabile alla prestazione dei servizi di investimento venisse considerata un sistema chiuso, bisognerebbe attingere esclusivamente alla disciplina introdotta dalle direttive MiFID e dai relativi decreti di attuazione. Tuttavia, il totale silenzio di tale disciplina circa i rimedi da applicare, induce a ritenere condivisibile la tesi opposta, essendo imprescindibile colmare tale lacuna mediante il ricorso ai principi generali. Trattasi, in ogni caso, di una questione circoscritta unicamente al mondo accademico. Al riguardo, la giurisprudenza non ha mai vacillato, condividendo da sempre l’idea di una necessaria integrazione delle norme di comportamento imposte dalla MiFID con le regole di correttezza, diligenza professionale e buona fede nei rapporti contrattuali178.

In molti ordinamenti giuridici nazionali dell’Unione, lo strumento convenzionale di compensazione delle perdite subite dagli investitori nell’area dei servizi di investimento, è stato rinvenuto nella responsabilità civile per violazione del dovere di diligenza. Difatti, proprio da disposizioni di diritto

178 Tali regole di condotta imposte alle imprese di investimento sono considerate come una

specificazione delle regole generali di correttezza e buona fede stabilite dal codice civile per qualsiasi rapporto contrattuale: Rossi Filippo – Garavelli Marco, Italy, in A bank’s duty of care, a cura di Bush Danny, Van Dam Cees, Oxford and Portland, Oregon, 2017, p. 159 ss. Con particolare riguardo al canone di buona fede, si veda Brutti Massimo, Interpretare i contratti. La

tradizione, le regole, Giappichelli editore, Torino, 2017, p. 265: essa (…) indica un modello

normativo, cui l’interprete si conforma nell’attribuire significato al contratto. (…) La buona fede equivale a lealtà, correttezza, solidarietà, equilibrio tra gli interessi in gioco. Il modello normativo è sovraordinato rispetto alle volontà individuali; ed ha contenuti variabili, sia perché viene di volta in volta definito in relazione ai casi concreti su cui opera l’interprete, sia perché i criteri di riferimento cambiano, con il mutare del contesto storico-istituzionale di cui sono parte.

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privato, quale quelle concernenti tale dovere, diversi tribunali civili nazionali hanno ricavato norme privatistiche di assistenza, trasformate, negli ultimi decenni, in compiti regolamentari sottoposti a vigilanza e applicazione pubblica. Spesso, gli investitori, nell’esercizio di azioni private nel campo della responsabilità civile, hanno fatto ricorso al diritto contrattuale proprio dei singoli Stati membri, classico meccanismo di tutela degli interessi economici e di compensazione delle perdite finanziarie. Tuttavia, occorre precisare che la violazione del dovere di diligenza da parte di un'impresa di investimento potrebbe altresì costituire la base per una richiesta di risarcimento nel campo della responsabilità extracontrattuale. Diversi risultano i regimi adottati, a tal proposito, all’interno dei singoli Stati membri dell’Unione179.

Non si riscontrano, invece, particolari differenze relativamente al canone di trasparenza cui deve essere improntata la condotta degli intermediari al fine di colmare il gap informativo esistente nel rapporto con i clienti. Si ha riguardo a un concetto che, nel corso del tempo, è stato oggetto di un’intensa attività interpretativa, culminata nel riconoscimento del pregnante obbligo, in capo

179 Si considerino, ancora una volta, i Paesi Bassi e la Germania. Nella legge olandese la

violazione del dovere di diligenza da parte delle imprese di investimento è stata ampiamente utilizzata come base per le richieste di risarcimento danni nella responsabilità civile. La responsabilità contrattuale è invece la principale causa di azione nell’ordinamento tedesco, con cui gli investitori possono richiedere il risarcimento delle perdite di investimento subite. Essa non è limitata esclusivamente a ciò che traspare durante la durata del contratto di investimento. È difatti previsto che la violazione del dovere di diligenza nella fase precontrattuale possa anche dare luogo a responsabilità ai sensi del § 280 BGB (codificazione in dottrina della c.d.

culpa in contrahendo). Il leading case in materia è costituito dalla Bond-decision (BGH, 6 luglio 1993, XI ZR 12/93), controversia avente ad oggetto obbligazioni emesse da una società australiana,

Bond-Finance Ltd, acquistati dagli investitori ricorrenti. L’operazione è stata posta in essere sulla base dei consigli favorevoli dati dal proprio intermediario di fiducia, senza tenere conto dell’abbassamento del rating creditizio delle obbligazioni da "BB" a "CCC", evidente sintomo di un rischio reale di insolvenza della società emittente. I ricorrenti, a causa delle perdite subite, hanno presentato ricorso per richiedere il risarcimento dei danni patiti, lamentando che l’intermediario a cui si erano rivolti aveva negato l'esistenza di qualsiasi rischio relativo alle obbligazioni acquistate. Tale domanda è stata accolta dalla Corte federale di giustizia tedesca, in considerazione della violazione dei doveri derivanti dal contratto di consulenza di investimento stipulato tra le parti, accuratamente indicati dal BGH, tra i quali assume particolare rilievo l’obbligo delle imprese di investimento di fornire informazioni corrette e complete, nonché una consulenza volta a una reale tutela degli interessi degli investitori.

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all’intermediario, di fornire all’investitore informazioni adeguate, corrette e quanto più possibile complete180. Nell’ordinamento italiano, il rispetto del

dovere di trasparenza è prescritto sin dalla fase prodromica del rapporto con i clienti. In forza dell’articolo 116, co. 1, TUB, «le banche e gli intermediari finanziari rendono noti in modo chiaro ai clienti i tassi di interesse, i prezzi e le altre condizioni economiche relative alle operazioni e ai servizi offerti, ivi compresi gli interessi di mora e le valute applicate per l’imputazione degli interessi. Per le operazioni di finanziamento, comunque denominate, è pubblicizzato il tasso effettivo globale medio previsto dall’articolo 2, commi 1 e 2, della legge 7 marzo 1996, n. 108. Non può essere fatto rinvio agli usi». Tale ultima disposizione suscita particolare interesse. Viene imposto un generale divieto di rinvio agli usi non già sulla base del relativo contenuto normativo, quanto piuttosto della scarsa conoscibilità di tale fonte del diritto da parte del cliente, nel più ampio quadro di un’attenta politica di protezione dello stesso. Non è possibile un’integrazione mediante gli usi. Consentita è invece l’interpretazione conforme alle regole di mercato generalmente praticate, purché il cliente sia stato messo in condizione di conoscerne il contenuto e la relativa incidenza sul rapporto.

Nell’ottica di garantire un effettivo adempimento degli obblighi di informazione da parte dell’intermediario, sono state inoltre previste apposite norme in materia di pubblicità e informazione contrattuale. Con il disposto dell’articolo 4, co. 2, d.lgs. 14 agosto 2010, n. 141181 si è al riguardo superato

180 Trasparenza, dunque, come “conoscibilità” degli elementi e dei fatti, e come realizzazione

delle condizioni ottimali ed obiettive dalle quali dipende la consapevole, cosciente e ponderata manifestazione del consenso: Manuli Marco, Servizi finanziari, tutela del risparmiatore e

responsabilità civile, in Il nuovo diritto dei consumatori: il contratto, la conciliazione, la tutela collettiva,

a cura di Iurilli Cristiano e Vecchio Gianfrancesco, Giappichelli, Torino, 2009, p. 237 – 340.

181 Attuazione della direttiva 2008/48/CE relativa ai contratti di credito ai consumatori, nonché

modifiche del titolo VI del testo unico bancario (decreto legislativo n. 385 del 1993) in merito alla disciplina dei soggetti operanti nel settore finanziario, degli agenti in attività finanziaria e dei mediatori creditizi. (10G0170) (GU Serie Generale n.207 del 04-09-2010 - Suppl. Ordinario n. 212).

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l’obbligo precedentemente previsto di affissione di avvisi, nei locali della banca, contenenti le condizioni generali applicate. Si è ritenuto, a buon ragione, di scarsa utilità. Il comma 1 bis della medesima disposizione prevede invece che «le banche e gi intermediari finanziari rendono noti gli indicatori che assicurano la trasparenza informativa alla clientela, quali l’indicatore sintetico di costo e il profilo dell’utente, anche attraverso gli sportelli automatici e gli strumenti di accesso tramite internet ai servizi bancari». Si è dunque fatto leva su un reale ed efficiente sistema informativo, fondato altresì sulla predisposizione di documenti di informazione, quali guide, e di fogli informativi contenenti l’indicazione degli elementi essenziali per la descrizione del contenuto dei contratti da stipulare con i clienti. Si è assistito progressivamente all’affermarsi di un nuovo concetto di trasparenza, non più meramente orientata a una standardizzazione dell’offerta finanziaria alla clientela – resa mediante documenti così simili all’offerta al pubblico, da rendere necessaria la precisazione della non applicabilità ad essi dell’articolo 1336 c.c. –, quanto piuttosto a una generica ma concreta funzione informativa, finalizzata a rendere effettivamente edotto il mercato182.

L’eventuale inottemperanza al dovere di trasparenza rileverà sicuramente sul piano amministrativo, ma non solo. È lo stesso articolo 117, co. 6, TUB, che vincola l’azione dell’intermediario alle condizioni pubblicizzate, riconoscendo in esse un limite al relativo potere di autodeterminazione e di imposizione alla controparte delle condizioni contrattuali: «sono nulle e si considerano non apposte le clausole contrattuali di rinvio agli usi per la determinazione dei tassi di interesse e di ogni altro prezzo e condizione praticati nonché quelle che

182 La prevenzione dei rischi e il perseguimento dell'ottimizzazione delle dinamiche contrattuali

pare non possano avere altro percorso se non quello coincidente con una reinterpretazione della trasparenza, che è destinata ad assumere un ruolo specifico nella disciplina dei contratti c.d. squilibrati, mirando a rendere quanto più possibile chiaro il contenuto dei singoli rapporti contrattuali, attribuendo loro una maggiore e tangibile certezza: Greco Fernando, L'onere/obbligo

informativo: dalla normazione paternalistica all'information overload(ing), in Responsabilita' civile e previdenza, fasc. 2, 1 febbraio 2017, p. 0398B.

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prevedono tassi, prezzi e condizioni più sfavorevoli per i clienti di quelli pubblicizzati». La pubblicizzazione rappresenta dunque una linea di confine, al di là della quale la determinazione di condizioni peggiorative è idonea ad inficiare la validità stessa dell’originaria manifestazione di volontà contrattuale. Al riguardo, autorevoli giuristi si sono interrogati circa l’applicabilità del divieto di reformatio in peius in caso di assoluta mancanza di pubblicità. Si è rilevato che il regime di pubblicità disciplinato dall’articolo 116 TUB, riveste una mera funzione suppletiva, operante laddove manchi l’indicazione di un elemento economico dell’accordo negoziale. L’effettivo assolvimento degli obblighi di pubblicità non rappresenta altro che una specificazione del dovere di buona fede, la cui violazione potrebbe astrattamente costituire fonte di responsabilità. A tal fine, occorre però una unitaria valutazione dei comportamenti precontrattuali e contrattuali imposti all’impresa di investimento, in considerazione delle condizioni che hanno condotto alla instaurazione del rapporto negoziale. Fondamentale, pertanto, è prestare attenzione agli elementi conoscitivi e volitivi propri del cliente. Di converso, risulta assai difficile ritenere sussistente una responsabilità precontrattuale dell’intermediario per mancata stipula di un contratto di investimento, solamente a causa di una carente pubblicizzazione degli elementi fissati nell’articolo 116 TUB. Qualora la trattativa non si sia conclusa con la stipula di un contratto, siffatta omissione appare infatti irrilevante ai fini del riconoscimento di una responsabilità ex articolo 1337 c.c., in mancanza di ulteriori elementi di mala fede e slealtà183. Occorre però evidenziare che

l’improvviso arresto delle trattative, insieme al tradimento dell’affidamento,

183 Ciò nonostante, non può però escludersi la possibilità di ravvisare in capo all’intermediario

un obbligo risarcitorio derivante da responsabilità precontrattuale, per il fatto di avere tenuto nel concreto una condotta che – al di là delle valutazioni tecniche in ordine al merito creditizio – si sia rivelata tale da avere ingenerato nel richiedente un legittimo affidamento sulla positiva conclusione delle trattative. In tal caso, l’omessa conclusione del contratto consente di ravvisare nell’eventuale rottura delle stesse come fonte di responsabilità: Di Brina Leonardo – Picardi Francesca, Il contenzioso bancario, Giuffrè Francis Lefebvre, Milano, 2019, p. 13 ss.

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costituiscono temi dalla particolare complessità che richiedono un accertamento prognostico sul possibile esito della negoziazione in condizioni di normalità, ragionevolezza e correttezza, in forza di dati assolutamente oggettivi184.

È dunque evidente che la disciplina che regola i mercati finanziari e le relative attività predispone un attento e sempre più definito quadro di tutele volte a soddisfare il c.d. need of protection nei confronti della controparte negoziale dell’intermediario. Col susseguirsi degli interventi normativi e delle pronunce giurisprudenziali, si è avuto modo di definire un quadro di regole di condotta ben precise, volte al superamento dell’iniziale divario informativo tipico della relazione contrattuale tra intermediario e investitore. Siffatte norme sono raccolte nel capo II, titolo II, TUF, il quale si apre con una norma articolata e complessa, l’articolo 21. Tale disposizione, al comma 1, fissa le coordinate che devono orientare l’attività degli intermediari e cristallizza parametri di riferimento valevoli per tutti i servizi di investimento: «nella prestazione dei servizi e delle attività di investimento e accessori i soggetti abilitati devono: a) comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, per servire al meglio l'interesse dei clienti e per l'integrità dei mercati; b) acquisire le informazioni necessarie dai clienti e operare in modo che essi siano sempre adeguatamente informati; c) utilizzare comunicazioni pubblicitarie e promozionali corrette, chiare e non fuorvianti; d) disporre di risorse e procedure, anche di controllo interno, idonee ad assicurare l'efficiente svolgimento dei servizi e delle attività». Viene così posto un collegamento sinergico tra l’obiettivo di protezione del cliente e la tutela dell’integrità dei mercati. Dall’intreccio tra tali fini, deriva che

184 In più occasioni, al riguardo, è stato chiamato a pronunciarsi l’Arbitro bancario finanziario.

In particolare, si è tentato di valutare, con riferimento a casi specifici, se l’intermediario che abbia contravvenuto agli obblighi di trasparenza, abbia però posto in essere un comportamento conforme a buona fede e correttezza. Ad esempio, sono stati valutati alcuni casi di mancata acquisizione dei documenti prescritti dalla disciplina vigente. È stato rilevato che qualora essa sia determinata da una scelta del cliente, alcuna censura può essere mossa nei confronti dell’intermediario. Ciò soprattutto qualora sia stata redatta un’apposita dichiarazione con cui il cliente abbia rinunciato esplicitamente a ricevere un’informativa precontrattuale completa, ovvero comprensiva della copia del contratto.

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la prima trova nella seconda «anche il proprio limite, sia perché il comportamento dell’intermediario deve tendere alla salvaguardia del mercato non meno che all’interesse del singolo cliente, sia perché l’efficienza dell’attività, in quanto elemento che contribuisce all’efficienza del settore, finisce per essere anche misura del grado di diligenza e correttezza impostigli»185. La tensione fra le due finalità emerge a gran voce nell’evoluzione

della disciplina dell’informazione, che nel tempo ha visto modificarsi molteplici volte il livello di tutela individuale del cliente. Rilevanti trasformazioni si sono registrate, in particolare, in seguito all’attuazione delle direttive MiFID, inserite all’interno di un quadro nazionale già ben definito e vincolante. Perno centrale dell’intero sistema è l’idea dell’importanza di una effettiva informazione ai fini della valida formazione di un consenso realmente informato. A tal fine, l’effettività necessita dell’uso di un codice di comunicazione condiviso, idoneo alla trasmissione di informazioni rese su base personalizzata, che siano quanto più possibile comprensibili ed efficaci.

Di poi, l’articolo 23 TUF detta specifiche norme sui contratti relativi alla prestazione di servizi di investimento186. In particolare, sancisce un obbligo di

consegna del relativo esemplare, rispetto al quale ci si è interrogati circa le conseguenze della mancata ottemperanza. Al riguardo, si rilevano due differenti linee di pensiero. Quanti hanno ritenuto tale adempimento come un

185 Cian Marco, L’informazione nella prestazione dei servizi di investimento: gli obblighi degli

intermediari, in I contratti del mercato finanziario, a cura di Gabrielli E., Lener R., 2° ed., Utet, 2011,

t. I, p. 216.

186 V’è convergenza di opinioni nel ritenere che il legislatore, in tali norme, ha indicato come

obiettivi del suo intervento la «diligenza, correttezza e trasparenza» dei soggetti abilitati alla prestazione dei servizi d’investimento, avendo di mira l’«interesse dei clienti» e l’«integralità dei mercati», vale a dire finalità che si pongono a base di ogni disegno che ha come oggetto la tutela degli investitori. A ben considerare, la realizzazione di quest’ultima trova compendio, per un verso, in un agere particolarmente attento dell’intermediario, che si conformi all’interesse del

cliente (e, dunque, gli consenta di superare le asimmetrie informative che, per motivazioni

diverse, connotano la sua posizione), per altro nella presenza di condizioni che, assicurando il buon funzionamento del sistema finanziario, garantiscono la stabilità e l’integrità dei mercati: Capriglione Francesco, Un secolo di regolazione, in L’ordinamento finanziario italiano, a cura di Capriglione F., Cedam, II edizione, tomo I, 2010, p. 116.

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momento caratterizzante l’iter formativo del negozio, hanno individuato quale rimedio la nullità del contratto, così come avviene in caso di mancato rispetto del requisito della forma scritta187. Di contro, coloro che hanno individuato

nell’obbligo di consegna di una copia al cliente il mero adempimento di un’attività strettamente legata alla fase esecutiva di un contratto già