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Capitolo III IL GIUDIZIO ABBREVIATO DOPO LA RIFORMA AD

3.2 La richiesta dell’imputato

3.2.2 La richiesta condizionata

Uno dei principali obiettivi della legge Carotti, era rappresentato dal superamento della visione del giudizio abbreviato quale rito

209 Cfr L. Degl’innocenti, M. De Giorgio, Il giudizio abbreviato, Giuffrè Editore, 2013,

p. 69.

210 Cfr L. Magliaro, La legge Carotti e la riforma del giudizio abbreviato, in Quest.

Giust., 2000, I, p. 431; G. Leo, Riflettendo sui riti alternativi e sistema processuale, in Quest. Giust., 2002, II, p. 1280, ove si parla di “carattere sfrenato ed irrazionale assunto dalla premialità”.

impermeabile ad ogni tipo di integrazione probatoria. La giurisprudenza costituzionale in materia, del resto, non lasciava spazio a discrezionalità: per potersi ricondurre il giudizio abbreviato entro i canoni costituzionali, doveva essere superato “il vincolo derivante dalle scelte del pubblico ministero ... con l'introduzione di un meccanismo di integrazione probatoria212.”

A tal fine, il legislatore, opportunamente, ha introdotto, al fianco di quella semplice, una nuova tipologia di richiesta esperibile: la richiesta condizionata. Mediante quest’ultima, sarà possibile, per l’imputato, subordinare l’istanza di instaurazione del rito speciale all’espletamento di una integrazione probatoria. Tra i due modelli vi è, però, una rilevante differenza: mentre alla richiesta semplice consegue necessariamente l’instaurazione del giudizio abbreviato, in caso di richiesta condizionata tale automatismo non opera. Infatti, sono stati inseriti dei presupposti che quest’ultima deve soddisfare per essere accolta, rimessi al vaglio del giudice. L’integrazione probatoria potrà essere effettuata solo nel caso in cui risulti “necessaria ai fini della decisione e compatibile con le finalità di economia processuale proprie del procedimento213”.

Innanzitutto, per comprendere a pieno le complesse dinamiche relative alla richiesta subordinata, appare opportuno soffermarsi sul tenore letterale della disposizione. L’articolo 438 comma 5 c.p.p. parla di “integrazione” del materiale probatorio, espressione che suggerisce una prima delimitazione del potere di richiesta in capo all’imputato. Invero, se la prova deve essere integrativa, non potrà, inequivocabilmente, assumere carattere sostitutivo; la richiesta, cioè, dovrà riguardare aspetti non sondati nella fase delle indagini preliminari, dovrà andare ad arricchire il sostrato probatorio, non essendo

212 Così Corte Cost, 9 marzo 1992, n. 92. 213 Art 438 comma 5.

configurabile una mera ripetizione di atti precedentemente svolti214. Così interpretata, la scelta del legislatore risulta, peraltro, pienamente coerente con la struttura stessa del rito che, come precedentemente osservato, nonostante l’apertura a possibili apporti probatori, rimane sostanzialmente fedele alla natura di giudizio allo stato degli atti.215 L’ineliminabile valore del corredo probatorio col quale si giunge alla celebrazione del giudizio abbreviato, essenza stessa del rito, non può essere sminuita dal soggetto che di tale rito ha promosso l’instaurazione: l’imputato potrà richiedere un accrescimento del materiale probatorio, ma non ha la facoltà di ottenere una rivisitazione dello stesso216.

Si presenta in linea con questo orientamento, il primo presupposto previsto per l’ammissione della richiesta: la necessarietà ai fini della decisione dell’integrazione probatoria. In primo luogo, possiamo osservare come questo criterio, imponga una netta differenziazione tra quanto previsto dall’articolo 438 comma 5 c.p.p. e il dettato dell’articolo 190 c.p.p., rubricato “diritto alla prova”217. Infatti, l’ordinario regime di

ammissione delle prove, prevede che la richiesta di parte venga accolta laddove il giudice non ne ravvisi la contrarietà alla legge ovvero la manifesta superfluità o irrilevanza. Anche da un raffronto letterale, si può apprezzare la distanza intercorrente tra i due criteri, con la necessarietà che va a segnare un ambito ben più circoscritto rispetto all’altro parametro218. A sostegno di questa differenziazione, è possibile

osservare come la valutazione della necessarietà dell’integrazione debba essere compiuta alla luce degli atti già raccolti.

214 Cfr L. Pistorelli, R. Brichetti, Giudizio abbreviato, in AA.VV., Trattato di procedura

penale, diretto da G. Spangher, Vol. IV, Tomo I, Utet, 2008, p. 185.

215 Cfr Cass., sez. V, 23 settembre 2002, n. 40580, Einaudi.

216 L’interpretazione in esame è pacificamente accolta anche dalla giurisprudenza di

legittimità, cfr Cass., sez V, 1 luglio 2002, n. 32363, Dragojub; Cass., sez. un., 27 ottobre 2004, n. 44711, Wajib.

217 Contra G. Garuti, La corte Costituzionale promuove la struttura del nuovo giudizio

abbreviato, cit., p. 938 ove, in relazione al contenuto della necessarietà, si parla di mera “pertinenza e non superficialità”.

218 Cfr M. Cavalieri, Il giudizio abbreviato condizionato e sindacabilità dell’ordinanza

L’inciso, contenuto nell’articolo 438 comma 5 c.p.p., rende evidente come in questo caso il giudizio di ammissibilità sia figlio di una verifica dell’apporto conoscitivo rispetto ad un quadro probatorio preesistente, aspetto del tutto assente, invece, all’interno dell’articolo 190 c.p.p.. Quanto al contenuto del criterio, dunque, stante la natura innovativa dell’integrazione, può declinarsi quale necessaria ai fini della decisione, quella prova che risulti decisiva, che sia in grado, cioè, di colmare una lacuna del quadro probatorio, risultando, allora, risolutiva di una questione del processo219.

È necessario precisare che la natura integrativa e il carattere di necessità, sono concetti che, per quanto vicini e reciprocamente coerenti, non sono sovrapponibili: mentre il primo comporta la natura innovativa della fonte probatoria, il secondo si esprime secondo un profilo funzionale, misurando concretamente l’apporto che tale prova ingenererebbe se assunta. Dunque, è astrattamente possibile che una prova, per quanto innovativa, non risulti affatto necessaria, perché relativa a profili già ben definiti negli atti precedentemente raccolti220.

Ancor più problematica, risulta l’individuazione del contenuto dell’altro presupposto, la rispondenza dell’integrazione probatoria ad esigenze di economia processuale. A ben vedere, il criterio è affetto da una ineliminabile indeterminatezza: l’economia processuale più che ad una regola, è assimilabile ad un principio221. È innegabile, allora, che un simile parametro sia di difficile concretizzazione, aspetto che comporta una inevitabile soggettivizzazione della valutazione, a fronte di una solida giurisprudenza costituzionale orientata nel senso di rendere

219 Cfr D. Potetti, Mutazioni del giudizio abbreviato. In particolare il giudizio

abbreviato condizionato (art. 438 comma 5 c.p.p.), cit., p. 336.

220 La differenziazione viene lucidamente evidenziata in L. Pistorelli, R. Brichetti,

Giudizio abbreviato, cit., p. 190.

221 Cfr M. Cavalieri, Il giudizio abbreviato condizionato e sindacabilità dell’ordinanza

assolutamente oggettivi i criteri cui subordinare l’introduzione del giudizio abbreviato.

Stupisce che il legislatore abbia ancorato l’accesso al rito speciale ad un meccanismo che conferisce nuovamente discrezionalità al giudice, potendosene figurare la contrarietà al principio di uguaglianza, in forza del diverso trattamento astrattamente adottabile nei confronti di imputati nelle medesime condizioni222.

I dubbi inerenti l’operatività di tale clausola, vengono amplificati da un confronto con la disciplina dell’integrazione probatoria ad opera del giudice, ex articolo 441 comma 5. Infatti, in quel caso, all’organo giurisdizionale viene riconosciuto il potere di procedere con la raccolta di materiale probatorio che risulti necessario ai fini della decisione, senza preclusioni relative ad esigenze di celerità. Orbene, non si è mancato di segnalare come una simile mancanza di coordinamento tra le disposizioni ingeneri risultati assurdi: a fronte di una richiesta condizionata, il giudice dovrebbe negare l’accesso al rito abbreviato nel caso in cui l’integrazione probatoria risultasse eccessivamente dispendiosa in termini di economia processuale, nonostante la necessarietà dell’acquisizione; nella medesima situazione, però, di fronte ad una richiesta semplice, dovrebbe automaticamente introdurre il giudizio abbreviato e successivamente procedere egli stesso alla raccolta del materiale sulla cui base non avrebbe potuto accogliere la richiesta condizionata di parte, data la decisività degli elementi indicati per la definizione della controversia223. Dunque, la normativa sembrerebbe peccare di irragionevolezza, oltre a problemi inerenti al principio di uguaglianza, dal momento che l’economia processuale o

222 Tra i tanti ad aver sollevato dubbi circa la costituzionalità del criterio, cfr D. Negri,

il nuovo giudizio abbreviato: un diritto dell’imputato tra nostalgie inquisitorie e finalità di economia processuale, cit., p 480.

rappresenta “una connotazione tipica del giudizio abbreviato oppure no224”.

È possibile individuare un ulteriore punctum dolens in ordine alla richiesta condizionata di giudizio abbreviato: stante la possibilità di rigetto della stessa da parte del giudice, il legislatore non ha predisposto alcuno strumento funzionale ad una verifica della correttezza della decisione225. Eppure, mediante una attenta analisi della giurisprudenza costituzionale in materia, emerge lampante l’esigenza di predisporre meccanismi d’impugnazione in favore dell’imputato, che possa così vedere sottoposta ad un ulteriore controllo giurisdizionale una decisione che incide, seppur eventualmente, sulla quantificazione della pena226. Di

fronte ad una evidente lacuna legislativa, vi è chi, in un primo momento, nel silenzio della legge, ha ritenuto opportuno considerare operativo l’insegnamento costituzionale, ritenendo possibile per il giudice del dibattimento applicare la diminuente al termine del primo grado di giudizio, laddove questi ritenesse ingiustificato il diniego prestato dal giudice dell’udienza preliminare227.

Ma una volta sottoposta all’attenzione della Corte Costituzionale, la questione è apparsa prospettarsi in termini differenti. La Consulta ha omesso, in un primo momento, di pronunciarsi circa l’incostituzionalità della normativa228; constatata la diversità di contesto, la Corte ha statuito circa l'inapplicabilità delle soluzioni adottate in passato alla disciplina

224 Così G. Lozzi, Giudizio abbreviato e prova necessaria, in Riv. it. dir. e proc. pen.,

2002, II, p. 1422.

225 Il comma 6 dell’art. 438 prevede esclusivamente la possibilità di reiterare la

richiesta di fronte al rigetto della stessa.

226 Cfr Corte Cost, 31 gennaio 1992, n. 23.

227 In dottrina, cfr D. Carcano, L’imputato “dominus” dei procedimenti speciali con il

rito abbreviato senza il consenso del p.m., in Dir. e Giust., 2000, II, p. 62; anche nella giurisprudenza di merito si è avvalorata questa tesi: “il Collegio ritiene tuttavia che, secondo una interpretazione più corretta, possa essere concessa la riduzione di un terzo per il rito abbreviato, in presenza dell’ingiustificato rigetto della precedente richiesta” così Tribunale di Milano, 11 settembre 2001, Pardo in Guida al diritto, 2001, n. 37, p. 69.

riformata, smentendo, dunque, la suddetta interpretazione. Invero, in un secondo momento, la dichiarazione di incostituzionalità è comunque giunta a porre rimedio alla lacuna, sancendo, tuttavia, la possibilità di un controllo del giudice di primo grado, non già in esito al dibattimento, quanto in limine allo stesso. L’imputato, vistosi rigettare la richiesta di giudizio abbreviato condizionata, avrà la facoltà di riproporla al giudice del dibattimento e questi, ritenendo ingiustificato il rigetto, avrà la possibilità di instaurare il rito speciale229.

Contrariamente a questo caso, la Consulta non ha pronunciato, nonostante le numerose perplessità, l’incostituzionalità della normativa in relazione ai parametri cui viene subordinato l’accoglimento della richiesta condizionata. Nonostante la particolare complessità di declinazione del criterio dell’economia processuale, la Corte non ne ha ravvisato la contrarietà alla Carta Fondamentale. Partendo dal presupposto che la rispondenza dell’integrazione probatoria a tale criterio non deve essere misurata tramite un raffronto con la vecchia disciplina del giudizio abbreviato, fondata sullo stato degli atti, quanto con il dibattimento, cade ogni possibile confliggenza con la Costituzione230. Così statuendo, però, la Corte ha finito per svilire la portata del criterio stesso, non essendo configurabile un caso in cui

229 “... l’illegittimità costituzionale dell’art. 438, comma 6, del codice di procedura

penale, nella parte in cui non prevede che, in caso di rigetto della richiesta di giudizio abbreviato subordinata ad una integrazione probatoria, l’imputato possa rinnovare la richiesta prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado e il giudice possa disporre il giudizio abbreviato” Così, Corte Cost, 23 maggio 2003, n. 169.

230 “Al riguardo, e contrariamente a quanto ritengono i rimettenti, ove si debbano

compiere valutazioni in termini di economia processuale, il nuovo giudizio abbreviato va posto a raffronto con l'ordinario giudizio dibattimentale, e non con il rito esclusivamente e rigorosamente limitato allo stato degli atti previsto dalla precedente disciplina. Movendosi in quest'ottica, non è neppure producente il confronto - anch'esso prospettato dai rimettenti - tra giudizio abbreviato "puro", accompagnato dalla mera eventualità di integrazione probatoria disposta ex officio, e giudizio condizionato dalla richiesta dell'imputato di integrazione probatoria.” Corte Cost, 9 maggio 2001, n. 115.

l’integrazione probatoria non risponda al criterio dell’economia processuale231.

Infine, deve segnalarsi come, a fronte di una richiesta subordinata ad integrazione probatoria, sia riconosciuto la possibilità di richiedere l’ammissione di prova contraria al pubblico ministero, in attuazione del principio di parità tra le parti processuali. Il legislatore non ha specificato se anche per la richiesta del pubblico ministero debbano essere rispettati i criteri di decisività e di economia processuale. Quanto alla necessarietà, se si ritiene che questo presupposto sia rispettato dalla prova richiesta dall’imputato, non si potrà ritenere assente nella prova contraria, stante l’identità del tema232. Anche il carattere

dell’economicità pare superfluo in relazione alla controprova, poiché, se anche questa non dovesse ritenersi rispondente a tale parametro, delle due l’una: o si procede senza l’ammissione della prova richiesta dall’accusa, in dispregio della parità delle parti senza, peraltro, che vi sia una espressa previsione in tal senso, ovvero si revoca l’ordinanza che ha aperto il giudizio abbreviato, dopo l’accoglimento della richiesta ex articolo 438 comma 5 c.p.p.233.

Non risultando possibile percorrere nessuna delle due vie, sembrerebbe opportuno non riferire i criteri previsti per l’imputato, anche alla richiesta di prova contraria formulata dall’accusa. Del resto,

ubi lex voluit, dixit, ubi noluit, tacuit.

231 Tesi avvalorata da un passaggio della sentenza stessa, ove la Corte sottolinea come

“nelle situazioni in cui è oggettivamente necessario procedere ad una anche consistente integrazione probatoria, non importa se chiesta dall'imputato o disposta d'ufficio dal giudice, il giudizio abbreviato si traduce sempre e comunque in una considerevole economia processuale rispetto all'assunzione della prova in dibattimento”Così, Corte Cost, 9 maggio 2001, n. 115; cfr P. Spagnolo, Note minime in tema di giudizio abbreviato condizionato: prova necessaria, legalità della pena, oneri dell’imputato, in Cass. Pen., 2005, p. 369.

232 Cfr D. Potetti, Mutazioni del giudizio abbreviato. In particolare il giudizio

abbreviato condizionato (art. 438 comma 5 c.p.p.), cit., p. 340.

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