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III. A Star Called Henry

III.6. a La signorina O'Shea

La signorina O'Shea appare alla fine della prima parte del romanzo, nel capitolo 5, quando Henry e suo fratello Victor decidono di avere un'istruzione, quella che i genitori non hanno mai dato loro. I due si presentano alla signorina O'Shea, la quale, anche se non autorizzata, essendo una semplice insegnante non addetta alle iscrizioni, decide di ammetterli nella propria classe. L'attrazione di Hen- ry verso la signorina è immediata e la cosa, a suo dire, è reciproca. Henry impara subito a leggere e a fare conti di media difficoltà per un bambino di nove anni. È il loro primo giorno di scuola. Il giorno dopo sarà l'ultimo. Senza un tetto per dormire, Henry e Victor trascorrono la notte nei pressi della scuola e la mattina dopo sono già pronti per entrare in anticipo di due ore. Alla domanda im- pertinente di Victor, se sia sposata, la maestra ha un lampo di rabbia in viso che subito scompare per lasciare il posto a una risposta secca: “No […] would I be here if I was?”112

A lezione Henry e Victor, alla lavagna, imparano a scrivere il proprio nome, quando all'improvvi- so la madre superiora entra in classe, rimproverando la maestra di aver ammesso i due ragazzi di propria iniziativa e lei non osa opporsi al rimprovero, tanto che Henry e Victor si sentono soli nel diverbio verbale tra loro e la suora. Questa riprende i ragazzi perché non sanno rivolgersi a lei come di dovere, perché Victor tossisce in modo orrendo, tanto da farle temere un contagio, e perché non conoscono nulla di religione. Mentre scappano dalle grinfie e dalla punizione della suora, i due gri- dano il proprio nome, ma l'ultima frase che Henry urla è rivolta alla signorina O'Shea: “And you re- member. That you were the woman who taught Henry Smart how to write his name.

She was blushing and her mouth was wobbling”113.

Il secondo incontro tra Henry e la signorina O'Shea avviene nel capitolo 7 all'ufficio postale a ri- volta già in corso. Si salutano, si parlano e con un tacito assenso si ripromettono di rivedersi presto.

111 J. Lanters, op. cit. p. 247. 112 R. Doyle, op. cit. p. 74. 113 Ibid. p. 79.

Nel frattempo Henry, mentre lei è nel seminterrato ad attenderlo, continua a immaginarsi accanto a lei nell'atto di amarla, come in effetti avverrà di lì a poco. La signorina O'Shea si strappa la gonna per essere più libera e per giustificarsi dirà, senza sentirsi bugiarda, che l'ha fatto per l'Irlanda. Du- rante il momento di passione è lei a sedurre Henry, a darsi da fare per alzare il piacere, a comandare l'azione, sentendosi in dovere e autorizzata a farlo, essendo ancora la sua maestra. Separatisi, l'ulti- ma volta che, a rivolta ancora in corso, Henry vede la signorina O'Shea è quando le donne vengono fatte evacuare e lei è portata via insieme alle altre.

L'apparizione successiva della signorina O'Shea avviene nel capitolo 8 nella mente di Henry. Dopo le botte subite da Michael Collins, Henry si ritrova a casa di una donna che si presenta come Missis O'Shea. La mente di Henry in questo momento dà già per assunto che la signora sia la madre della sua ex maestra e ne vede le stesse fattezze fisiche:

[Missis O'Shea's] grey hair was in a bun. A bun.

Brown eyes and some slivers of hair that had escaped from a bun. […] I'd almost seen her, Miss O'Shea; I'd

been so close. For a second or two I'd been looking at her mother. Brown eyes and some slivers of hair that had

escaped from a bun that shone like a lamp behind her head. I'd been under her roof, on the bed she'd been born

in. Where she'd sucked on her mother's tit, against this pillow, on her mother's tit, and grown. Her hair, skin, her neck. I'd felt them here, for just that second. They were still here. Fading going. […] Her mother but just for a cruel spit of a second114.

Di lì a poco la signorina O'Shea apparirà davvero e si rivelerà realmente essere la figlia della donna, la quale però non aveva mentito rispondendo no alla domanda se una delle figlie facesse l'in- segnante: la signorina O'Shea ha infatti da tempo abbandonato la professione. Il suo ingresso in sce- na è simile al precedente, al General Post Office: chiede a Henry quanto fa due più due e, come nel- le precedenti occasioni, Henry sa risolvere l'addizione solo sapendo che cosa si somma, al Central Post Office furono birre, ora son frittelle. La descrizione è la stessa che era apparsa a Henry quando aveva immaginato la signora O'Shea come madre della sua maestra, ma questa è cambiata dall'ulti- ma volta che si sono visti, cambiata proprio come Henry se l'era immaginata, cresciuta negli anni e quindi più simile alla madre, nel cui viso lui l'aveva vista. Il viso dice però anche che è stata malata, probabilmente dello stesso male di cui era morto Victor. Della sua precedente professione ha un solo buon ricordo, essere stata “the woman who taught Henry Smart to write his name”115. Segue il

matrimonio a cui sono invitati Jack Dalton, l'uomo che aveva invitato Henry a tornare a combattere, e Michael Collins, ma nessuno assiste al rito, in modo che nessuno possa dover dire di aver visto Henry Smart identificato col suo vero nome. Anche il nome di lei rimane ignoto allo sposo che ri- fiuta di sentirne il nome nel momento in cui viene pronunciato dal celebrante. Lui le regala una pipa intagliata con il proprio viso, che sarà il segnale di via libera da mettere alla finestra (come per An-

114 R. Doyle, op. cit. p. 201-202. 115 Ibid. p. 231.

nie era stata la gamba del padre di Henry), per andarla a trovare, lei gli regala un paio di pantaloni e una cintura in pelle.

Nelle vicende successive i due sono sempre in coppia: assaltano e rapinano un ufficio postale, compiono agguati, sono coinvolti in sparatorie contro i Black and Tans, fuggono; il tutto è vissuto da loro più come passatempo che come lotta per la causa. La donna inoltre non fa nulla per nascon- dere la propria abilità: più volte afferma di saper usare le armi meglio di molti uomini, ed è lei, quando vengono feriti, a portare in salvo entrambi; più avanti, nel capitolo 11, è sempre lei, e non l'IRA, a far evadere Henry di prigione, con l'adulazione, ma senza mai usare la seduzione, lo stesso metodo che ha imparato da suo marito. La donna si rivela così essere uno dei tanti giochi di paralle- lismo presenti nel romanzo, dove molti personaggi sono simili e insieme contrari di altri. Scrive Lanters a riguardo:

Miss O'Shea is the character who most fully reverses the traditional role of the Irish woman. Whereas Hen - ry is claiming to fight a class war on behalf of the poor and downtrodden, she is fighting for the freedom to do what she wants as a woman, and in the course of the struggle plays Superwoman to Henry's superman. Together they rob post offices for the cause, which gains her nickname “Our Lady of the Machine Gun”. Fourteen years younger than his bride and former teacher, Henry deliberately never learns her first name and always calls her Miss O'Shea, so that he will always perceive her as his superior116.

Doyle sostiene di aver costruito un personaggio femminile così tenace e dedito al combattimento in seguito alle sue ricerche storiche sul periodo, su come le donne del Cùmann na mBan fossero fuori dall'ordinario, eccentriche e vogliose di combattere, contrariate dalla realtà del periodo e desi- derose di far rivivere gli antichi sfarzi dell'Irlanda, a partire dai miti e dalla lingua gaelica117. Tutto

questo è riscontrabile nel personaggio della signorina O'Shea, donna capace di grandi azioni, abile nella lotta armata e amante della tradizione dell'isola. Lei si innamora infatti di quel personaggio della storia tanto simile a quello del mito, l'eroe Cuchulain, e da lei Henry imparerà le uniche parole in gaelico che arriverà a conoscere. Agudo riscontra nel profilo del personaggio le stesse caratteri- stiche che lo fanno risalire alla Storia reale:

“[...] Miss O'Shea – Henry wife-to-be – seems to be a fictional correlate of Countess Markievizc, one of the leaders and co-founders of the so-called Cumann na mBan or Woman's League. Miss O'Shea's readiness for combat, which contrasts with Henry's cowardice, defies commonly accepted stereotypes and points to fact that took place during the revolt”118.

Il suo nome rimanda inoltre anche a un'altra realtà storica dell'Irlanda: O'Shea era infatti il co- gnome della donna per cui Charles Stewart Parnell divorziò dalla sua prima moglie.

Quando si incontrano fuori dal carcere, la signorina O'Shea ha i capelli rasati, ma per Henry con- serva sempre la sua bellezza e il suo fascino. È stato suo cugino Ivan, racconta lei, a sottoporla a tale trattamento. Quando Henry e Ivan si incontrano, Henry vuol chiarire la faccenda: Ivan sostiene

116 J. Lanters, op. cit. p. 249.

117 Cfr. Roddy Doyle intervistato da James Drewett, op. cit. p. 345. 118 J. F. E. Agudo, op. cit. p. 130.

di non aver dato personalmente l'ordine, ma che siano stati i suoi uomini a prendere l'iniziativa. Tut- tavia, a suo dire, è anche vero che le azioni della donna stanno diventando pericolose e in molti, tra i comandanti della guerriglia, cominciano a pensare che entrambi siano diventati scomodi, personag- gi da eliminare. Per il loro bene, Ivan suggerisce che scompaiano dalla circolazione di propria ini- ziativa, rinunciando alle loro imprese ed è disposto ad aiutarli economicamente. Del resto si pensa che la guerra stia per finire e che non occorrano più gesti tanto eclatanti. Due giorni dopo, quando Henry torna dalla moglie, prova a convincerla a fare ciò che aveva detto Ivan: prima chiedendole di andare a Dublino, di smettere di combattere, di far finire la lotta e di favorire la tregua, il tutto per- ché il gioco sta diventando di per sé troppo pericoloso; dopo, al rifiuto di lei, Henry pone l'attenzio- ne sul fatto che ella non deve semplicemente smettere di lottare per i pericoli che si corrono, ma deve soprattutto stare attenta al bambino che ha in grembo.

Dopo la nascita della figlia, Henry vede la piccola dopo qualche mese, ancora senza nome, ma non la moglie, in giro a continuare la sua lotta, per la repubblica e contro Ivan. La rivede solo alla fine del romanzo, in carcere, da lei viene a sapere il nome della figlia, Saoirse, prima di partire, di fuggire dall'Irlanda per non essere incarcerato anche lui.

Se la vita di Henry è equiparabile a una parabola, la stessa cosa non avviene per la signorina O'Shea. La sua vita infatti è piena di alti e bassi, non ha un'ascesa a cui segue una discesa. Alla sua prima apparizione, ha un impiego sicuro, un lavoro che ama, ha la sua più grande soddisfazione la- vorativa, ma è succube della direttrice della scuola.

Durante la rivolta seduce Henry, lo ama nel fisico e nell'animo e ricorda il suo passato, ma è an- cora sottoposta al potere, quando è costretta a consegnarsi agli inglesi da cui è imprigionata. Della sua maestra Henry non saprà più nulla fino al loro successivo incontro, a casa della madre di lei, quando – racconta Henry – conserva ancora la propria bellezza, ma mostra anche di essere stata ma- lata. I due si sposano poco dopo ed è questo il loro momento più felice, affiancato ancora però da un altro elemento che offusca la loro felicità. Sanno entrambi che sarà difficile vedersi ed entrambi sono scontenti di questo e di vivere in un mondo in cui neanche un marito e una moglie possono es- sere felici. Anche per questo entrambi inizieranno a lottare e durante la lotta lei vivrà nuovi momen- ti felici e nuovi momenti bui, il cui culmine sarà – in entrambi i sensi – quando la figura della signo- rina è all'apice: la sua azione di lotta è estrema, continua, tenace e mai doma; sarà Ivan, suo cugino e nemico, a fermarla: dopo aver cercato di arrestarne le azioni, senza riuscirci, le fa perdere la sua femminilità, rasandole i capelli; Henry la vede in questo stato, dopo che la donna lo fa evadere, ma non ha perso la sua bellezza. Neanche la maternità riuscirà a fermarla, sia durante la gravidanza, sia dopo la nascita della figlia. Quando Henry, infatti, si reca a casa della suocera, trova sua figlia, ma non la moglie, ancora impegnata nella lotta che Ivan vuole ancora arrestare. Sarà il potere politico

di Gandon, di Ivan e delle alte sfere a Dublino che faranno cessare la sua corsa, quando riusciranno a incarcerarla e dovrà quindi abbandonare il suo mondo: il marito, la figlia, la madre, la sua lotta. E se lei, quando il marito si trovava in prigione, era riuscita a farlo evadere, non accade il contrario. Quindi il suo ultimo momento di luce e buio insieme è il dialogo col marito alla fine del romanzo: è stata vinta come combattente, ma non come donna, perché Henry continua ad amarla, lei continua a serbare il ricordo di sua figlia, di cui conserva una foto e i due si ripromettono che si vedranno an- cora. La sua lotta è quindi finita, ma non la sua vita.