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La sopravvivenza dell’Impero Romano d’Oriente

Dopo la morte di Costantino, ebbe luogo un’accanita lotta per la successione fra i suoi figli. Costantino, prima della sua morte, aveva affidato la capitale e l’Illirico e suo nipote Dalmazio. Tuttavia i soldati, che preferivano i figli dell’imperatore come successori, linciarono quasi tutti i suoi parenti e favorendo l’arrivo a Costantinopoli del figlio Costanzo II dall’Armenia. Egli, poco dopo, venne seguito dal fratello Costante, che giungeva dall’Italia. Essi concordarono di spartirsi la prefettura dell’Illirico, la Tracia e la stessa capitale, ma questo metteva il fratello maggiore,

Costantino II, nella posizione di avere la parte di eredità più piccola e meno vantaggiosa. Alla fine, però, le lotte di potere divamparono, scatenando un conflitto fratricida che oppose i tre fratelli: Costantino II morì combattendo Costante, mentre quest’ultimo fu ucciso nel 350 dall’usurpatore Magnenzio. L’unico superstite fu Costanzo, il quale voleva mantenere il potere imperiale all’interno della famiglia ma, dopo la morte di Costante, gli restavano solo due parenti maschi, ovvero Gallo e Giuliano. Dopo aver nominato Gallo cesare d’Oriente, Costanzo partì con l’esercito e, con una cruenta campagna militare, eliminò l’usurpatore Magnenzio nel 353, vendicando così il fratello e reclamando il potere sull’Occidente. Rientrato a Costantinopoli, fu costretto a far giustiziare Gallo, il quale aveva regnato con una crudeltà tale da rendere la decisione irrevocabile104. Costanzo

nominò il nipote Giuliano cesare d’Occidente, con l’ordine di combattere i Germani sul Reno. Costanzo governò fino al 359, quando una massiccia offensiva dei Persiani mise a dura prova le sue forze. Egli chiese aiuto a Giuliano, che nel frattempo aveva sconfitto i Germani in Occidente. Ma poiché le truppe erano restie ad abbandonare il loro cesare, e il loro cesare era riluttante nel lasciarle andare, i soldati lo proclamarono augusto. Costanzo, naturalmente, dopo tale annuncio decise di marciare contro Giuliano, ma durante si ammalò gravemente durante il viaggio. In punto di morte, decise di perdonare Giuliano, nominandolo suo erede, data l’assenza di figli.

Nel 360, perciò, Giuliano divenne imperatore dei Romani. Ciò che Costanzo tuttavia ignorava era che Giuliano aveva completamente rifiutato l’educazione cristiana che gli era stata impartita da giovane e si era rivolta al paganesimo, in particolare al culto del dio sole. Essendo un intellettuale e

un buono conoscitore della cultura classica, si rese conto che nell’Impero il numero di pagani era ancora superiore a quello dei cristiani, motivo per cui decise di legalizzare nuovamente il

paganesimo, riaprendo i templi e creando un gerarchia religiosa pagano a fianco di quella cristiana. Perdonò parte delle violenze perpetrate contro i cristiani e, per accendere il dissenso fra i seguaci di questa religione, richiamò Atanasio e altri vescovi antiariani esiliati da Costanzo, che aveva

continuato la politica del padre. Questo, come è noto, gli valse il soprannome di “apostata”, traditore. L’esercito, per gran parte pagano, sosteneva Giuliano e non c’era nessun cristiano che osasse ribellarsi contro i suoi provvedimenti. Tuttavia, l’imperatore dovette rendersi conto di quanto il paganesimo fosse divenuto debole all’interno dell’impero e di quanto fosse invece vigorosa e forte la religione cristiana. Un esempio è il fatto che Costantinopoli e Antiochia, a maggioranza cristiana, ricevettero il nuovo imperatore con una glaciale freddezza105. Per poter difendere la propria fede religiosa, Giuliano progettò una grandissima spedizione contro l’impero persiano: dopo aver riunito un esercito di 65000 uomini, pianificò un’avanzata generale contro la capitale

Ctesifonte. Ordinò ad un altro distaccamento di procedere verso l’Armenia e di ricongiungersi con il grosso delle forze una volta giunto in Persia. La spedizione partì nel 363 ed effettivamente l’imperatore giunse fino a Ctesifonte ottenendo un completo successo. Ma al momento di assediare Ctesifonte, Giuliano incontrò enormi difficoltà nell’espugnarla. Non sapendo che fare, marciò verso l’Armenia alla ricerca del sostegno del secondo distaccamento che aveva inviato ma, durante una schermaglia, fu ferito da un giavellotto persiano e morì per le conseguenze della ferita106.

I soldati proclamarono allora imperatore il cristiano Gioviano, membro della guardia imperiale. Il suo primo provvedimento fu stipulare una pace con i Persiani, in modo da far ritirare l’esercito ormai affamato e demoralizzato. La tregua prevedeva la cessione della zona del confine

mesopotamico e il protettorato sull’Armenia e sull’Iberia. Dopo essere tornato a Costantinopoli, annullò le misure anticristiane adottate da Giuliano. Ammiano Marcellino giudica il suo operato positivo, nonostante tutto107. Morì improvvisamente nel febbraio del 364, forse avvelenato, forse per indigestione.

L’esercito, trovandosi costretto a scegliere un imperatore, optò per il cristiano Valentiniano, altro membro della guardia imperiale, insistendo però che egli scegliesse un collega, in modo da evitare altri casi di successione aperta. Valentiniano scelse così suo fratello Valente, assegnandogli

l’Oriente fino alla Tracia, mentre Valentiniano tenne per sé il resto dell’Illirico. Essi dovettero confrontarsi con i nuovi problemi legati all’inizio delle invasioni barbariche, le cui ripercussioni sarebbero state di grandissima portata. Il limes settentrionale dell’impero, così come il confine

105 W. Treadgold, Op. cit.

106 G. W. Bowersock, Julian the Apostate, Cambridge, 1978 107 Ammiano Marcellino, Rerum gestarum libri, XXV, 9, 7

orientale, diventavano ora teatro di accaniti combattimenti per la difesa dei confini. Il primo imperatore che affrontò questa lotta fu, appunto Valente. La crisi era stata preannunciata dall’invasione della Britannia da parte dei Sassoni, dei Pitti e degli Scoti, mentre sul Reno si combatteva contro gli Alamanni e sul Danubio contro i Sarmati e i Quadi. Il punto critico fu

raggiunto quando i Visigoti attraversarono il Danubio e si stabilirono in Tracia, seguiti da Ostrogoti e Unni108. Valente accorse prontamente per affrontare l’esercito barbaro e il 9 agosto 378 ebbe luogo la battaglia di Adrianopoli, diventua tristemente famosa per l’annientamento dell’esercito romano e la morte dello stesso imperatore Valente109.

Le conseguenze di tale sconfitta furono catastrofiche. Mentre la parte occidentale soccomberà presto alle pressioni dei popoli barbari, l’Oriente si troverà, per secoli, a dover far fronte ad un ininterrotto ed estenuante sforzo bellico per contenere le irruzioni e le scorrerie degli eserciti stranieri. Nel caso di Adrianopoli, l’unico compromesso era raggiungere una soluzione pacifica. Dopo la morte di Valentiniano I nel 375 durante un colloquio con gli ambasciatori dei Quadi110, il figlio, nonché successore, Graziano, aveva nominato augusto Teodosio I, incaricandolo nel 379 di amministrare la parte orientale dell’impero.

Dopo aver ricacciato i Goti al di là dei Balcani, i cesari conclusero con essi un foedus, le cui

condizioni consentivano agli Ostrogoti di stabilirsi in Pannonia e ai Visigoti di insediarsi nella parte settentrionale della Tracia. Essi avrebbero avuto piena autonomia e sarebbero stati esenti da

qualsiasi tassazione, ma, sotto compenso, avrebbero fornito assistenza militare a Roma come

foederati. Agendo in questo modo, sembrava che il problema delle invasioni, almeno per il

momento, fosse stato bloccato o, almeno in parte, attenuato. In realtà, questa soluzione non significò altro che la sostituzione di un’invasione violenta con un’invasione pacifica111. La

germanizzazione dell’esercito raggiunse ora la massima intensità: il grosso delle truppe era costituito da Germani e ben presto essi ottennero anche magistrature di tipo militare. Altra conseguenza negativa di questa politica fu il forte aumento delle spese delle stato. La miseria era diffusissima all’interno dell’impero e andava diffondendosi l’istituto del patrocinium: i più poveri, esposti ai soprusi e agli arbitri dei funzionari imperiali, si mettevano sovente sotto la protezione di un grande proprietario terriero, diventando suo schiavo. Questo rappresenta un preludio al

fenomeno della servitù della gleba, comune a tutto l’impero112.

108 C. Azzara, Le invasioni barbariche, Bologna, 2003

109 G. Ostrogosrky, Storia dell’Impero Bizantino, Munchen, 1963 110 Ammiano Marcellino, Rerum gestarmu libri, XXX, 6, 1 111 G. Ostrogorsky, Op. cit.

112 Sulla questione vedi P. Vinogradoff, Social and Economic Conditions of the Roma Empire in the Fourth Century,

La caduta di Valente portò anche alla definitiva sconfitta dell’arianesimo. La vittoria dell’ortodossia venne sancita nel secondo concilio ecumenico di Costantinopoli (381), il quale riconfermò ciò che era stato detto a Nicea, con la conseguenza che la religione cristiana ortodossa divenne religione di stato e ottenne una posizione di preminenza, mentre tutte le altre religioni venivano messe fuori legge. Teodosio, del resta, era un forte sostenitore della dottrina di Nicea e favorì in ogni modo la cristianizzazione dell’impero.

Quando l’imperatore Teodosio morì nel 395, l’Impero Romano era ancora riconoscibile nella sua forma politica, ma era profondamente diverso da quello dei tempi passati113. Inoltre, sul letto di morte procedette ad una nuova divisione dell’impero. Soprattutto, Teodosio si era reso conto dell’importanza sempre crescente della parte orientale dell’impero e per questo motivo assegnò al figlio maggiore Arcadio l’Oriente, mentre al figlio minore Onorio affidò l’Occidente. In questo modo veniva tracciata tra Oriente e Occidente quella linea di confine che col tempo delimiterà in modo sempre più netto la differenza fra la cultura occidentale, romana, e quella orientale,

bizantina114. A partire da questo momento, la divisione dell’impero sarà un fatto definitivo e

stabile. Venne tuttavia mantenuta, almeno formalmente, l’idea di un impero unico: spesso si parlava infatti di una sola unità politica, ma sotto due imperatori, oppure, quando veniva emanato un

qualche decreto, veniva fatto in nome di entrambi gli imperatori e la legge aveva valore all’interno di tutto l’impero115. Ma dal punto di vista pratico, il legame fra i due imperi era sempre più debole

e, da questo momento in poi, le loro storie seguiranno un cammino divergente, costellato di rapporti diplomatici spesso difficili. Già sotto i due figli di Teodosio nacque un’aspra rivalità, da una parte fra i reggenti che si succedevano in Oriente al governo in nome del debole Arcadio e, dall’altra, il potente germano Stilicone, che governò l’Occidente in nome del giovane Onorio per un decennio. Nel frattempo, nuovi disordini sorsero nelle zone di stanziamento dei Goti. Alarico, re dei Visigoti, invase la penisola balcanica fino ad arrivare alle porte di Costantinopoli, senza incontrare alcuna resistenza. L’imperatore d’Oriente riuscì ad ottenere la pace tramite la diplomazia, con una

concessione piuttosto svantaggiosa, ovvero la cessione ad Alarico della carica di magister militum

per Illyricum. Questo provocò a Costantinopoli la formazione di un forte partito antigermanico, che

all’inizio del V secolo prese il sopravvento: si decise di escludere i Germani dalle truppe e si procedette ad una generale riorganizzazione dell’esercito bizantino, processo che, però, venne abbandonato a causa della difficoltà di reclutamento di nuovi soldati. Questa reazione

antigermanica orientale non ebbe successo in Occidente, il quale fu costretto a soccombere alle sempre più frequenti ondate barbariche. Ben presto, la parte orientale si liberò di Alarico, il quale si

113 I. Hughes, Belisarius, The last Roman General, Barnsley, 2014

114 E. Demougeot, De l’unité à la division del’Empire Romani, Parigi, 1951 115 G. Ostrogorsky, Op. cit.

diresse in Italia e saccheggiò Roma nel 410, confermando la criticità della situazione dell’Occidente, privo di difese contro qualsiasi avanzata dei nemici.

Dopo la morte di Arcadio (408), regnò l’imperatore Teodosio II, il quale regnò prima sotto la tutela della sorella Pulcheria, più tardi sotto l’influenza della moglie Eudocia Augusta. Venne promulgato in questo periodo il Codex Theodosianus (438) che, a riprova di quanto abbiamo detto in

precedenza, venne emesso in nome dei due imperatori Teodosio II e Valentiniano III ed era, almeno in teoria, valido per tutto l’impero. Sintomatico, a questo proposito, è il fatto che dopo il Codex

Theodosianus, molto raramente gli imperatori d’Oriente manderanno i loro editti a Occidente e

viceversa116.

Nel 425 il governo orientale mise al potere Valentiniano III e questo, se da un lato assicurò un periodo di relazioni diplomatiche stabili fra i due imperi, accentuò sempre di più la loro

separazione. Un’espressione visibile di questo progressivo allontanamento è la divisione linguistica: mentre in Occidente si continua a parlare Latino e scompare quasi del tutto il Greco, in Oriente la grecizzazione procede ininterrottamente. Segno di questo è, ad esempio, che nell’università di Costantinopoli gli insegnanti greci sono più di quelli latini117.

All’incirca verso la metà del V secolo, l’impero d’Oriente attraversò una nuova crisi dovuta alla minaccia degli Unni capeggiati da Attila118. I frequenti saccheggi di Attila costringevano l’impero a cercare di controllare le sue scorrerie tramite la diplomazia, stipulando tregue e armistizi a

condizioni sempre più umilianti. Quando Attila decise di recarsi ad Occidente, tutta la penisola balcanica era ormai devastata. Dopo aver invaso la Gallia, fu sconfitto dal generale Ezio nella battaglia dei Campi Catalunici (451). Questo, tuttavia, non valse a fermare gli Unni, i quali

riuscirono a penetrare in Italia l’anno successivo. L’improvvisa morte di Attila nel 453 segnò anche la frantumazione e la fine del suo regno gigantesco. Ma la scomparsa di Attila dalla storia non fermò il chaos che imperversava in Italia. In seguito all’assassinio di Ezo (454) e di Valentiniano III, le popolazioni barbariche ebbero la meglio sull’impero d’Occidente: i Vandali si stabilirono in Africa, mentre i Visigoti in Gallia e in Spagna. L’unica autorità in grado di garantire un minimo di sicurezza e ordine fu, in questo frangente, la Chiesa. L’operato di Leone Magno (440 – 461) ben esemplifica quanto detto: la Chiesa, offrendo protezione a chi ne aveva bisogno, riaffermò il suo primato, riuscendo a salvare Roma mentre veniva devastata dagli Unni e dai Vandali.

Dopo la morte di Teodosio II, nel 450, il potere passò ad un suo ufficiale, Marciano, che aveva sposato Pulcheria, la sorella del defunto. Egli convocò, nel 451, un concilio ecumenico della Chiesa

116 J. B. Bury, History of the Later Roman Empire, Vol. I, Dover, 1958

117 Per la questione della lingua vedi H. Zilliacus, Zum Kampf der Weltsprachen im ostromischen Reich, Helsingfors,

1935

cristiana, questa volta a Calcedonia, in cui vennero condannate due eresie formatesi in quel periodo, ovvero nestorianesimo e monofisismo e si riformulava il dogma delle due nature di Cristo, ambedue perfette e inscindibili, ma distinte. Inoltre, il famoso canone XXVIII riconosceva al papa il primato nella Chiesa, ma sanciva sotto ogni altro aspetto l’equiparazione tra i vescovi della vecchia e della nuova Roma. Da questo momento in poi il contrasto fra la Chiesa di Bisanzio e quella di Roma sarà uno dei problemi più scottanti dal punto di vista religioso.

Dopo il crollo dell’impero degli Unni, l’impero dovette far fronte ad una nuova ondata di invasioni di tribù germaniche, che investì tanto l’Occidente, quanto l’Oriente. Segno di una sempre crescente presenza dei barbari all’interno della società è il caso di Ardaburio Aspare, generale bizantino di origina alana ottenne una grandissima influenza a Costantinopoli, tanto che Marciano e soprattutto il suo successore Leone I dovettero a lui il trono. Nel 425 combatteva nella guerra provocata dall'usurpatore Giovanni, sconfiggendolo, mentre dal 431 fu in Africa in guerra contro i Vandali. Nel 434, probabilmente mentre si trovava a Cartagine, una delle ultime città che avrebbero resistito ai Vandali, fu nominato console dall'imperatore d'Occidente.

Leone I, il primo imperatore che ottenne la corona dalle mani del patriarca di Costantinopoli, sancendo di fatto la connessione fra potere temporale e spirituale dell’imperatore119, decise di liberarsi di Aspare e degli Ostrogoti, e cercò di trovare un alleato nel popolo degli Isaurici. Il capo isaurico, di nome Tarasicodissa, dopo essere entrato nella capitale ed aver assunto il nome greco di Zenone, sposò Ariadne, figlia maggiore dell’imperatore (466). Dopo la caduta di Aspare, nel 468 venne organizzata una spedizione contro i Vandali di Genserico, ma gli elevati costi della

spedizione e l’inesperienza del generale Basilisco fecero fallire miseramente la campagna militare120.

All’inizio del 474 morì Leone I e gli successe il nipote Leone II, figlio di Zenone, il quale venne associato al potere e governò al posto di suo figlio ancora fanciullo. L’anno successivo una congiura tolse il potere a Zenone ma, siccome i rivoltosi non erano riusciti a trovare nessun miglior candidato per il trono imperiale di Basilisco, il quale aveva ingloriosamente condotto la campagna contro i Vandali, il primo riuscì a riconquistare il potere e a tenerlo fino al 491. Zenone, in quanto isaurico, non era ben visto. Gli Isaurici erano un popolo straniero che, essendo venuto a contatto con la civiltà greco-romana ed essendosi alleato con Bisanzio, non era considerato “barbaro”, ma veniva comunque guardato di cattivo occhio121.

Nel frattempo, l’impero d’Occidente andava incontro al suo crollo definitivo e Costantinopoli non poté se non prendere atto di ciò che era accaduto. Odoacre, capo dei mercenari Eruli, dopo aver

119 G. Ravegnani, Imperatori di Bisanzio, Bologna, Il Mulino, 2008 120 Vedi C. Courtois, Les Vandales de l’Afrique, Parigi, 1955

deposto Romolo Augustolo nel 476, riconobbe esplicitamente l’autorità dell’imperatore d’Oriente. Dopo essere stato nominato magister imilitum per Italiam, governò il paese per conto

dell’imperatore. Mentre, almeno nominalmente, l’impero occidentale restava in piedi, l’Oriente andava progressivamente svincolandosi dall’infiltrazione germanica. Infatti restavano nella penisola balcanica potenti truppe ostrogote, come quelle in Tracia, comandate da Teodorico Strabone, e quelle in Mesia, comandate da Teodorico. Nel 481 Teodorico Strabone morì, mentre nel 488 il governo bizantino convinse l’altro Teodorico a marciare in Occidente per abbattere Odoacre e governare l’Italia in sua vece. Dopo un duro scontro, Teodorico ebbe la meglio e nel 493 sorse il Regno d’Italia di Teodorico il Grande122. Questo è il modo in cui Bisanzio si era liberato

dall’influenza germanica, ovvero semplicemente cacciando i barbari in Occidente. Tuttavia, è facile comprendere come questa non fosse una vera soluzione al problema etnico, dal momento che l’influenza isaurica tendeva ad essere dominante. La massiccia presenza di Isaurici a Bisanzio creò moltissime rivalità e lotte tra i diversi capi di questa popolazione: lo stesso Zenone dovette

sostenere una regolare guerra contro il suo ex luogotenente Illo e il suo connazionale Leonzio, che si era proclamato imperatore123.

Anche i problemi religiosi restavano insoluti. Nonostante Zenone, emanando il cosiddetto

Henotikon, in teoria ratificasse le conclusione a cui si era giunti dopo i tre concili ecumenici, di

fatto non faceva altro che aggirare l’ostacolo, senza trattare direttamente il problema della natura di Cristo. In questa prospettiva non fu possibile conciliare i monofisiti dell’Oriente e i duofisiti di Bisanzio e anche il papa condannò l’Henotikon, scomunicando il patriarca di Costantinopoli, il quale cancellò dai dittici il nome del papa, causando uno scisma fra Roma e Costantinopoli destinato a durare per più di trent’anni.

Alla morte di Zenone, nel 491, il popolo di Bisanzio non volle più essere governato da eretici o stranieri. Per questo motivo la scelta ricadde su Anastasio, un anziano funzionario di corte, che si rivelò un buon amministratore e riorganizzò il sistema finanziari perfezionando la monetazione pianificata da Costantino124. Ma la sua opera più importante rimane la riforma del sistema di esazione delle tasse: nelle città questa incombenza venne sottratta ai curiali, ormai immiseriti e impotenti, e venne attribuita ai vindices alle dipendenze dei prefetti del pretorio. Inoltre abolì il cosiddetto

crus£rguron

, cioè la vecchia auri lustralis collatio, una tassa che gravava sugli strati commerciali della città. Questo creò un certo compiacimento nell’ambito degli ambienti

commerciali, ma scontentò i contadini, in quanto l’abolizione della tassa era stata controbilanciata

122 J. Moorhead, Theoderic in Italy, Oxford University Press, 1992. 123 G. Ostrogorsky, Op. cit.

124 Per una trattazione approfondita della questione vedi E. W. Brooks, The Monetary Reform of Anastasius I and its

con il pagamento in moneta dell’annona125. Il pesante fiscalismo di Anastasio I sortì, comunque,

l’effetto di rafforzare le finanze statali.

Inoltre, venne anche eliminato alla radice il problema degli Isaurici, contro i quali l’imperatore condusse una vera e propria guerra, spezzandone la resistenza nel 498. Essi vennero deportati in

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