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Le origini storiche dell’Impero Bizantino

Georg Ostrogorsky sostiene che le fonti culturali principali dello sviluppo dell’impero bizantino sono struttura statale romana, cultura greca e religione cristiana86. A mio avviso, questa

affermazione rappresenta un ottimo punto di partenza per prendere in esame quella parte di storia relativa al crollo dell’impero romano e alla formazione dell’impero bizantino, necessaria per comprendere appieno le condizioni storico – politiche dell’epoca di Procopio e Giustiniano. L’impero bizantino, in effetti, altro non è se non la diretta emanazione della sintesi fra struttura statale romana, cultura greca e cristianesimo. Questa sintesi è stata resa possibile dallo spostamento del baricentro dell’impero romano verso Oriente, che è stato determinato dalla crisi del III secolo, culminato con la cristianizzazione dell’impero romano e la fondazione della nuova capitale sul Bosforo. La storia bizantina è in primo luogo un nuovo periodo della storia romana e lo stato bizantino altro non è che una continuazione dell’antico impero romano. Una testimonianza di tutto ciò è, ovviamente, il fatto che i Bizantini si riferissero a se stessi con il nome di

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, Romani, appunto. Gli imperatori bizantini, di conseguenza si sentivano in tutto e per tutto gli eredi degli imperatori dell’antica Roma, motivo per cui il nome e la fama della città eterna rappresentò una sorta di pensiero dominante delle loro decisioni e della loro volontà politica.

In quanto erede dell’impero romano, Bisanzio desidera essere l’unico impero presente sulla terra, rivendicando il proprio diritto al governo di tutti i paesi che una volta facevano parte dell’ecumene romana. Nonostante questo legame con l’antica Roma, tuttavia Bisanzio, con l’andare del tempo, si distanzierà sempre di più dagli elementi romani, assumendo caratteristiche e connotati autonomi. Nella cultura e nella lingua la grecizzazione va avanti a grandi passi, mentre si assiste a una clericalizzazione sempre più profonda della vita bizantino e lo sviluppo economico e sociale

portano alla formazione di un’entità statale essenzialmente nuova. Sembra ormai superato, in questo

senso, il parere di Gibbon87, che associava l’impero bizantino a un’idea di sostanziale decadenza.

Treadgold88 attribuisce questo atteggiamento ad un ministro calvinista assunto dal padre dello

storico, il quale lo dissuase da una conversione al cattolicesimo romano, motivo per cui, a suo dire, Gibbon ebbe sempre un atteggiamento di sufficienza nei confronti di Bisanzio. Egli vedeva

l’impero bizantino come una sorta di ibrido degenerato fra la Grecia e Roma, ma non arrivò mai a motivare questo pregiudizio che, come abbiamo visto, ha pesato moltissimo sulla valutazione dell’impero bizantino presso i posteri. La cultura di Bisanzio, infatti, fu sempre piuttosto avanti rispetto al resto dell’Europa Occidentale e proprio questa consapevolezza fa sì che l’epoca di Bisanzio non possa essere considerata un periodo di decadenza e declino. La scissione dell’impero romano non avviene per una mera decisione amministrativa, la quale porterà la parte Orientale a sopravvivere per oltre un millennio, fino alla caduta ad opera degli Ottomani nel 1453.

Ciò non toglie che nel suo primo periodo l’impero bizantino mantenne a tutti gli effetti

un’organizzazione di tipo romano. E questo periodo, che coincide appunto con il tardo impero romano, appartiene tanto alla storia bizantina quanto a quella romana89. Questi secoli sono principalmente un’età di transizione in cui in Occidente le forme istituzionali dell’antica Roma si esauriscono per lasciare spazio a nuove forme statali, mentre in Oriente si consolidano le nuove forme di vita della civiltà bizantina. E’ comunemente accettato che il punto di partenza della storia bizantina è la crisi alla quale va incontro l’impero romano nel III secolo. Gibbon riteneva che i problemi fossero cominciati nel 180 con la morte di Marco Aurelio90 e la conseguente fine di un

periodo di pace e di buon governo. Il figlio di Marco Aurelio, ovvero Commodo, odiatissimo per il suo scriteriato esercizio della monarchia assoluta e per le sue stravaganze, venne infine assassinato nel 192, scatenando una serie di rivolte militari dalle quale sarebbe uscito vincitore Settimio Severo. I successivi imperatori riuscirono a mantenere il potere solo facendo leva sul favore dell’esercito, aumentandone la paga e nascondendo le spese in eccesso mediante la svalutazione monetaria. Ma la crisi era ormai in atto e, con il passare degli anni, la situazione sarebbe degenerata in maniera sempre più tragica. Il crollo economico, accompagnato da gravi sconvolgimenti sociali e politici, investì tanto l’Occidente quanto l’Oriente. La diminuzione della popolazione e la decadenza delle città creò infatti una carenza di manodopera che arrecò gravissimi danni all’economia e fece regredire l’industria e il commercio di tutto l’impero, causando il crollo dell’antica cultura cittadina91. Un fenomeno generale fu anche lo sviluppo del latifondo. Esso comparve un po’ dappertutto all’interno dei confini dell’impero, provocando un’inevitabile crisi della piccola

87 E. Gibbon, Declino e caduta del tardo impero romano, Milano, 1998 88 W. Treadgold, Storia di Bisanzio, Palgrave, 2001

89 G. Ostrogorsky, Op. cit. 90 E. Gibbon, Op. cit.

proprietà terriera e una grave penuria di manodopera. A rendere più drammatica la situazioni contribuivano invasioni persiane a est e irruzioni di popolazioni germaniche a nord. Inoltre, il periodo dell’anarchia militare (235 – 284) fece piombare lo stato romano nel chaos, inaugurando un periodo turbolento caratterizzato da un numero consistente di usurpatori e ribelli, e a Roma si succedettero ben 26 imperatori, quasi tutti assassinati in seguito a conflitti intestini o congiure capeggiate dai pretoriani. L’ordine venne definitivamente ristabilito nel 285 quando il generale Diocle sconfisse e uccise l’ultimo dei suoi predecessori diventando imperatore dei Romani con il nome di Diocleziano.

Uno dei problemi più importanti che Diocleziano dovette affrontare fu innanzitutto il problema della successione: tutti gli imperatori precedenti a lui non avevano mai regnato più di due anni ed era impensabile ristabilire l’ordine in un impero nel quale non esistesse una stabilità politica. A prescindere dai disordini interni, altre gravi minacce si profilavano all’orizzonte. Prima di tutto le ripetute incursioni dei barbari all’interno dei confini dell’impero. In Persia, i Parti erano stati soppiantati dalla bellicosa dinastia dei Sasanidi, i quali prosperavano e diventavano sempre più potenti sulla frontiera orientale. Sul fronte settentrionale un catena ininterrotta di tribù barbare premeva sul limes. Inoltre due epidemie, una di vaiolo nel 165 e un’altra di morbillo nel 251, avevano riscosso un enorme tributo di vite umane, cosa che portò ad una drastica diminuzione della popolazione. Dal punto di vista sociale, l’elevata mortalità dei cittadini romani rese sempre più difficile sostenere le imposizioni fiscali e reclutare l’esercito, mentre l’inflazione, frutto della svalutazione e dell’eccessiva coniazione, aveva danneggiato il commercio e ridotto il valore degli introiti fiscali del governo92. Il sistema monetario raggiunse una tale svalutazione che le monete

d’argento alla fine erano composte per lo più di bronzo. Infine, il radicato sentimento degli

individui che vedevano tutte queste sciagure come una punizione dovuta alla collera divina generò una perdita di fiducia nella teologia tradizionale e una conseguente crisi religiosa.

Il principato romano fu dunque travolto dalla crisi del III secolo e fu sciolto sotto il dominio di Diocleziano, che viene visto come il punto di inizio dell’autocrazia bizantina93. La base di tutto ciò è il fatto che tutto il potere dello stato si concentra nelle mani dell’imperatore e del suo apparato burocratico. In particolare, la magistratura romana cede il posto a quella bizantina: l’imperatore non è più il magistrato massimo, ma il depositario di un potere dispotico che si basa sulla volontà di Dio.

L’imperatore non è solo il comandante supremo dell’esercito, il giudice più alto e l’unico

legislatore, ma è anche il protettore della Chiesa e della vera fede. In quanto eletto da Dio, egli non è solo una capo religioso, ma è addirittura in diretto rapporto con Dio. Ogni giorno il culto

92 W. Treadgold, Op. cit. 93 G. Ostrogorsky, Op. cit.

dell’imperatore viene praticato anche presso la corte e la sua persona diventa sacra e inviolabile. Tutti i sudditi che lo incontrano e lo salutano devono infatti rendergli omaggio tramite la

proskynesis, ovvero prostrandosi a terra. Tutto questo evidentemente precorre la teocrazia

orientaleggiante che sarà elemento cardine dell’impero bizantino94. La civiltà bizantina, infatti, non

solo deriva dall’ellenismo, ma è imparentata con esso da una profonda affinità. Ambedue hanno un carattere epigonico ed eclettico e vivono dell’eredità di culture più grandi e più creative: i due prodotti più elevati della cultura classica, ovvero l’ordinamento statale romano e la cultura greca, si fondono in una concezione nuova ed inglobano il cristianesimo.

Lo scopo di Diocleziano era quello di rafforzare l’autorità dell’imperatore e di limitare l’autorità del senato e delle altre istituzioni. Data l’enorme ampiezza del territorio, egli procedette ad una

divisione del territorio e del potere governativo: creò un collegio imperiale di quattro persone (tetrarchia) due Augusti e due Cesari. Un Augusto doveva governare la parte orientale dell’impero, l’altro la parte occidentale. Accanto a ognuno di loro c’era un Cesare, vincolato al suo Augusto dall’adozione e doveva essere scelto unicamente in base alle sue capacità personali. Quando gli Augusti abdicavano, dovevano essere sostituiti dai Cesari e questo sistema continuava mediante la creazione di una nuova coppia di Cesari. Questo, tuttavia, fece scoppiare nuovamente una serie di guerre civili, al termine delle quali Costantino (306 – 337) istituì un nuovo sistema collegiale e procedette ad una nuova suddivisione dell’impero. Egli distribuì l’impero ai suoi tre figli, evitando di utilizzare il complicato sistema messo a punto da Diocleziano, ma inaugurò tuttavia un nuovo periodo di sanguinose guerre intestine fra i suoi figli e successori.

La riforma di Diocleziano ebbe alcune importanti conseguenze, una delle quali fu l’abolizione della distinzione fra province imperiali e province senatorie. A loro volta, però, ogni provincia venne divisa in unità territoriali più piccole e tutto il territorio venne diviso in 12 diocesi95. Sotto

Costantino l’impero venne invece diviso in prefetture, in modo che ogni prefettura contenesse più diocesi e ogni diocesi più province. L’enorme prefettura d’Oriente (Praefectura praetorio per

Orientem) era costituita dalle cinque diocesi dell’Egitto, Oriente, Ponto, Asia e Tracia, alla quale fu

aggiunta in seguito la diocesi illirica (Praefectura praetorio per Illyricum), che comprendeva le diocesi della Dacia e della Macedonia, cioè la Grecia e la parte centrale della penisola balcanica. La prefettura italiana (Praefectura praetorio Illyrici, Italiae et Africae) comprendeva invece l’Italia, la maggior parte dell’Africa romana, la Dalmazia, la Pannonia, il Norico e la Rezia. La prefettura della Gallia (Praefectura praetorio Galliarum) era composta dalla Britannia, dalla Gallia, dalla penisola iberica e da parte della Mauritania. Il prefetto del pretorio per l’Oriente risiedeva a Costantinopoli e

94 O. Treitinger, Die ostromische Kaiser-und Reichsidee nach ihrer Gestaltung im hofischen Zeremoniell, Echos

d’Orient, 37, 191, pp. 491 - 493

in questo si può vedere il punto di origine dell’importanza sempre crescente di questa città dal III secolo in poi. La caratteristica più importante dell’ordinamento dioclezianeo – costantiniano era la netta divisione fra potere militare e potere civile. L’amministrazione civile di una provincia spettava unicamente al governatore incaricato, mentre l’amministrazione militare competeva solo e

unicamente al dux. Questo principio venne applicato rigorosamente a tutta la gestione delle

province. La carica di prefetto del pretorio, conformemente a questo, perse il suo valore militare per acquisire solamente quello civile, cosa che caratterizzerà tutto il primo periodo bizantino. Roma e Costantinopoli erano esenti dal controllo dei prefetti del pretorio ed erano governate dai prefetti cittadini, che avevano il grado più alto dopo i prefetti del pretorio. In particolare, a Costantinopoli, questa carica si chiamava

œparcoj

e aveva la funzione di presiedere alla vita giudiziaria della capitale, provvedere all’ordine e all’osservanza delle leggi, curare l’approvvigionamento e tenere sotto controllo l’economia e il commercio della città.

Altra carica molto importante a Costantinopoli era il magister officiorum96, il quale controllava tutti

gli officia dell’impero, ovvero tutto l’apparato amministrativo, compreso il prefetto del pretorio. Egli aveva inoltre il compito di provvedere alla sicurezza personale dell’imperatore, quindi il reggimento del corpo delle scholae palatinae. Al tempo di Costantino, al magister officiorum si affiancava il quaestor sacri palatii, il quale dirigeva l’amministrazione della giustizia, preparava le leggi e controfirmava i decreti imperiali. La gestione delle finanze era affidata al comes sacrarum

largitionum e al comes rerum privatarum. Altro dignitario di rango elevatissimo era il praepositus sacri cubiculi, ovvero il gran ciambellano, inizialmente l’incaricato all’amministrazione del palazzo

imperiale e alla cura del guardaroba dell’imperatore97.

Il senato esisteva, ma già sotto Costantino aveva solo funzione consultiva, carattere che venne ulteriormente ridotto a Bisanzio. A decidere tutto era la figura dell’imperatore. L’unico compito del senato era quello di presentare delle proposte che in seguito, se gradite all’imperatore, potevano essere ratificate. Inoltre, su autorizzazione dell’imperatore, il senato poteva anche fungere da corte di giustizia. I membri del senato di Costantinopoli erano in linea ereditaria i discendenti delle famiglie senatoriali romane. L’equiparazione giuridica del senato di Costantinopoli con quello di Roma avvenne già sotto Costanzo, ma già Costantino aveva provveduto a trasferire nella capitale orientale un gran numero di rappresentanti dell’aristocrazia senatoria romana. Accanto al senato c’era il consiglio ristretto dell’imperatore, ovvero il sacrum consistorium, una trasformazione dell’antico concilium principis. I suoi membri erano generalmente membri dell’alta burocrazia e, in taluni casi, senatori.

96 A. E. R. Boak, The Master of the Offices in Later Roman and Byzantine Empires, New York, 1924

Nonostante gli sforzi di rafforzamento del potere, Diocleziano incontrò molte difficoltà nel risolvere la crisi economica. Il problema principale era il proliferare del latifondo e la conseguente crisi della piccola proprietà, che aveva fatto piombare la maggior parte della popolazione nella misera.

L’imperatore tentò di ovviare al problema istituendo un nuovo tributo, ovvero l’annona, che divenne ben presto la principale fonte di entrate per lo stato, il cui peso era però quasi interamente sostenuto dai contadini. Istituì la capitatio – iugatio, un doppio tributo in cui l’unità tassabile era da una parte l’appezzamento di terra in base alla sua estensione e fecondità (iugum) e dall’altro, dall’altra l’uomo che lo coltivava (caput)98. Questo provvedimento, lungi dal migliorare la

situazione, fu in grado di peggiorare solamente le condizioni di chi già viveva nel disagio e nella miseri, in quanto lo stato faceva di tutto per vincolare il caput al suo iugum per ricavarne proventi, facendo perdere la libertà personale a strati sempre più vasti della popolazione delle campagne. Nel III secolo il sistema monetario romano aveva subito un collasso, il quale causò un improvviso aumento dei prezzi e un progressivo passaggio allo scambio in natura. In Oriente, l’economia monetaria tornerà a prendere il sopravvento, grazie anche al nuovo sistema monetario creato da Costantino. La base di questo sistema era il solidus d’oro, che conteneva normalmente 4,48 grammi d’oro; inoltre c’era il siliqua d’argento, che pesava 2,24 grammi e rappresentava la ventiquattresima parte del solidus. Questo sistema si rivelò incredibilmente stabile e sopravvisse per circa un

millennio99.

Anche nell’organizzazione militare Diocleziano e Costantino introdussero riforme sostanziali. L’esercito era prima prevalentemente esercito di frontiera, le cui truppe erano tutte adibite alla difesa dei confini dell’impero. Quello che in Oriente mancava era naturalmente un esercito mobile che fronteggiasse i nemici esterni e fosse in grado di difendere il potere imperiale contro ogni tentativo di rivolta dall’interno. Questo doppio compito doveva essere assolto dall’exercitus

comitatensis, creato da Diocleziano e sviluppato da Costantino. Il comando dell’esercito è affidato a

dei magistri militum: in particolare, la fanteria è alle dipendenze del magister peditum, mentre la cavalleria è comandata dal magister equitum. Ben presto si rinunciò però a questa divisione nominando due comandanti in capo, uno per ogni capitale, pari di grado e con il titolo di magister

equitum et peditum praesentalis. Nella parte orientale dell’impero ci sono altri tre comandanti che

possono esercitare la loro autorità sulle regioni a loro assegnate: si tratta dei magistri militum per

Oriente, per Tracias e per Illyricum. Essi comandano le truppe regolari e quelle di frontiera

all’interno delle loro regioni, mentre i due magistri militum praesentales comandano le truppe del palazzo imperiale100. Vi erano cioè nella parte bizantina dell’impero cinque comandanti in capo con

98 A. Piganiol, La Capitation de Diocletien, Rev. Hist., 176, 1933, pg. 4 e sgg.

99 A. Segré, Inflation and its Implication in Early Byzantine Times, BYZ, 15, 1940 – 1941, pg. 249 sgg. 100 G. Ostrogorsky, Op. cit.

diverse competenze, ma tutti dipendevano dall’imperatore, che rappresentava l’autorità suprema. Inoltre, l’esercito bizantino si presenta come fortemente composito e mostra una forte componente barbarica, soprattutto Germani e Illiri.

Lo spostamento del baricentro verso Oriente fu determinato dalla maggior vitalità economica della metà orientale dell’impero e dalla necessità di dover affrontare pericoli militari imminenti, come la minaccia dell’impero sasanide. Diocleziano aveva ben presente la mutata situazione, ma colui che prese reali provvedimenti fu appunto Costantino, il quale ricostruì l’antica colonia greca sul Bosforo, ovvero Bisanzio, e ne fece la sua capitale. I lavori cominciarono nel novembre del 324 e nel 330 la nuova capitale venne solennemente augurata. Ci furono poche altre città la cui

fondazione fu così importante. Innanzitutto, la scelta del luogo appariva ottimale: al confine tra due continenti, bagnata ad est dal Bosforo, a nord dal Corno d’oro e a sud dal Mar di Marmara. La città, accessibile solo da un lato via terra, si trovava in una posizione strategica eccezionale. Controllava il commercio tra Europa e Asia e il transito marittimo dal Mar Egeo al Mar Nero e divenne ben presto il centro marittimo e commerciale di tutto il mondo allora conosciuto. Mentre Roma

diminuiva costantemente di importanza, Bisanzio si preparava a divenire una grande città, che per un millennio sarebbe stata la capitale politica, economica, militare ed dell’impero bizantino, nonché il suo centro spirituale e religioso. Già nel VI secolo Bisanzio contava non meno di un milione di abitanti, un numero maggiore della popolazione della stessa Roma101. Era la “nuova Roma” che

doveva prendere il posto di quella antica come centro politico dell’impero. Anche la struttura urbanistica venne curata e modellata sulla base di quella romana e già Costantino non disdegnò di occuparsi del suo splendore arricchendola con costruzioni e monumenti artistici. Particolarmente curata fu la costruzione delle chiese.

Fin dall’inizio, Costantinopoli ebbe un’impronta cristiana. Uno dei problemi più discussi dalla storiografia è l’atteggiamento di Costantino nei confronti del cristianesimo: alcuni ritengono che, dal punto di vista religioso, egli fosse indifferente, ma appoggiasse la cristianità per scopi politici; altri, al contrario, mostrano di credere nella sua conversione102. Nonostante le diverse posizioni su cui la critica si è attestata, è evidente che per Costantino gli scopi politici erano determinanti103. Comunque stiano le cose, l’operato di Costantino fu determinante perché l’Impero Bizantino avesse come unica religione quella cristiana, acquisizione che, tuttavia, si ebbe solo più tardi nel tempo. L’esempio più importante dell’influenza del cristianesimo è, senza dubbio, il concilio di Nicea (325), che pose le basi dogmatiche e canoniche della Chiesa cristiana. Fu proprio Costantino a

101 D. Jacoby, La population de Constantinople è l’epoque byzantine: un probleme de demographie urbaine, BYZ, 31,

1961, pg. 81 sgg.

102 Per un dibattito, vedi N.H. Baynes, Constantine the Great and the Christian Church, Londra, 1929 103 G. Ostrogorsky, Op. cit.

convocare il concilio e ad influenzarne le decisioni e, investendosi subito della posizione di capo della chiesa, rappresentò un esempio per i suoi successori. Si formava così quel fortissimo legame fra stato e chiesa nel quale lo stato bizantino trovò una grande forza morale unificatrice. La Chiesa

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