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La crisi che aveva portato alla caduta della parte occidentale dell’impero aveva senza dubbio colpito anche la parte orientale, la quale, però, essendo economicamente più forte e densamente popolata, era riuscita a superarla. Bisanzio sembrava ora in grado di condurre una politica più attiva e di fare un tentativo per recuperare i territori occidentali perduti. L’idea dell’unità, infatti, non era mai tramontata e rimaneva intatta, nonostante la forte componente germanica, l’idea dell’universalità dell’impero romano. Anche la figura dell’imperatore continuava ad essere vista come il capo dell’orbis romanus e dell’ecumene cristiana. I territori che erano appartenuti una volta all’impero romano erano ritenuti come una proprietà eterna e irrevocabile, nonostante fossero amministrati da re germanici, i quali, però, non erano restii a riconoscere la sovranità dell’imperatore e non

esercitavano che un potere delegato da questi130. Era un diritto naturale dell’imperatore romano, perciò, riconquistare l’eredità di Roma. Era una sacra missione quella di liberare il territorio romano dai barbari stranieri e dagli eretici ariani, per riportare l’impero romano ai suoi antichi fasti.

Interamente votata a questa missione fu la vita di Giustiniano131.

Giustiniano era figlio di un contadino proveniente dalla provincia dei Balcani e di Vigilanza, sorella di Giustino. Dopo l’adozione da parte dello zio, a Giustiniano venne fornita una buona educazione giuridica e filosofica. La sua carriera militare fu caratterizzata da rapidi successi e avanzamenti di grado, anche grazie al legame con Giustino, divenuto imperatore nel 518. Giustiniano venne

nominato console nel 521 e, come abbiamo detto, venne nominato co-imperatore nel 527, dopo aver sposato Teodora132, un’attrice teatrale con trascorsi da prostituta133.

All’inizio del suo regno, la guerra persiana occupò gran parte delle sue energie. Egli raddoppiò la forza dell’esercito campale creando un esercito separato in Armenia, nella parte settentrionale della frontiera. Nel settore meridionale pose al comando dell’esercito Belisario, ufficiale che si era rivelato un abile subalterno nell’esercito presentale che Giustiniano aveva guidato. La guerra, iniziata poco dopo l’avvento di Giustiniano, continuò per alcuni anni senza risultato, tranne l’annessione da parte di Bisanzio della Crimea, territorio di scarsa importanza strategica.

130 Anche Odoacre e Teodorico, prima di divenire sovrani, avevano avuto il titolo di magister militum. Vedi anche J. B.

Bury, History of the Later Roman Empire, Vol. I, Dover, 1958

131 G. Ostrogosrky, Storia dell’Impero Bizantino, Munchen, 1963

132 R. Browning. "Justinian I" in Dictionary of the Middle Ages, volume VII, 1986

133 Scrive E. Gibbon, Declino e caduta dell’impero romano, pag. 457:” A una cena memorabile trenta schiavi servirono

Nel frattempo, gli eserciti bizantini della Tracia e dell’Illirico respinsero facilmente gli attacchi da parte dei Bulgari e degli Slavi, loro vicini orientali, ma i contingenti dell’Armenia e dell’Oriente ebbero meno successo contro i Persiani. Nel 530, quando i Vandali dell’Africa nordoccidentale deposero il proprio sovrano che aveva stretto legami di amicizia con Giustiniano, l’imperatore cominciò a pianificare una spedizione militare contro di loro. Questo progetto si profilava come un piano molto ambizioso e, nella memoria collettiva, era ancora vivo l’insuccesso di Leone I contro i Vandali di Genserico. Giustiniano avviò quindi dei negoziati con i Persiani allo scopo di ottenere una pace duratura e, nel 532, le parti si accordarono in cambio di una grossa somma di denaro134. Giustiniano si stava preparando ad appuntare Belisario come comandante supremo della spedizione quando nell’ippodromo azzurri e verdi scatenarono una sommossa contro di lui. Inizialmente essi avevano solamente chiesto la grazia per alcuni dei loro membri che avevano commesso crimini ma, non appena si resero conto del loro potere, i ribelli si unirono ad alcuni senatori che volevano rovesciare Giustiniano e sostituirlo con un nipote di Anastasio, ossia Ipazio. Gli azzurri e i verdi bruciarono e saccheggiarono gran parte del centro di Costantinopoli al grido di Nika (“Vinci!” espressione da cui prese il nome la rivolta), grido che usavano per incitare i loro aurighi preferiti. Belisario riuscì a reprimere la rivolta massacrando la maggior parte dei ribelli e Giustiniano venne ristabilito saldamente al potere. Peraltro, l’imperatore sfruttò le distruzioni operate dai rivoltosi a suo vantaggio, ricostruendo in maniera più ricca le parti danneggiate, arrivando a ristrutturare la principale chiesa cittadina, ovvero Santa Sofia135.

La rivolta non dissuase Giustiniano dall’intraprendere la spedizione contro i Vandali. Nel 533 Belisario salpò per l’Africa con un contingente di circa 18000 soldati. Il suo sbarco colse di

sorpresa i Vandali, che fuggirono verso la loro capitale, Cartagine. Belisario riuscì ad abbattere con una velocità strepitosa il regno dei Vandali e il loro le Gelimero. Quest’ultimo, sconfitto duramente presso Decimo e Tricarico, dovette sottomettersi al comandante bizantino e nel 534 Belisario entrò a Costantinopoli come trionfatore. Alla conquista dell’Africa seguì una snervante guerriglia contro le tribù locali mauritane, che si opposero a Bisanzio fino al 548, quando la loro forza venne

stroncata.

Nel 535, Belisario era nuovamente in viaggio, questa volta per muovere contro gli Ostrogoti in Italia. La guerra, che verrà trattata più approfonditamente nei prossimi capitoli, durò con alterne vicende fino al 553, quando i Goti vennero totalmente debellati da Narsete, subentrato a Belisario alla fine della campagna.

134 W. Treadgold, Storia di Bisanzio, Palgrave, 2001

135 Per un trattazione della rivolta di Nika vedi M. Meyer, Giustiniano, Bologna, Il Mulino, 2007; oppure J. B. Bury,

Le grandi conquiste vennero concluse dalla guerra contro i Visigoti in Spagna. Anche qui l’impero bizantino, intromettendosi nelle contese dei signori locali, riuscì a far sbarcare l’esercito e ad occupare la parte sud-orientale della penisola iberica (554). Con questa ultima campagna, l’antico impero sembrava risorto: l’Italia, gran parte dell’Africa settentrionale e la parte meridionale della Spagna erano state strappate ai barbari e posto una seconda volta sotto il comando dell’imperatore romano di Costantinopoli, rendendo così il Mediterraneo nuovamente un “lago dell’impero”136.

Ma se tutti questi successi potevano apparire gloriosi, ben presto si vide il rovescio della medaglia. Le guerre in Occidente avevano sguarnito la frontiera sul Danubio e anche le difese contro l’impero persiano si erano allentate. Nel 532 Giustiniano concluse la cosiddetta “Pace Eterna” con il re persiano Chosroe I (531 – 579) e si assicurò la libertà di movimento in Occidente a prezzo del pagamento di tributi all’impero persiano. Ma già nel 540 Chosroe I ruppe la Pace Eterna e, una volta penetrato in Siria, distrusse Antiochia e avanzò fino al mare. A nord i Persiani devastarono l’Armenia e si impadronirono della Lazica. Con un aumento del tributo annuo, Giustiniano si assicurò una tregua di altri 5 anni, che venne rinnovata due volte e solo nel 562 sostituita da un trattato di pace della durata di 50 anni, il cui prezzo era ancora un aumento del tributo in cambio dello sgombero persiano di alcuni territori della Lazica.

Sul fronte dei Balcani la situazione era di gran lunga più grave. Si era appena conclusa la grande invasione dei popoli barbarici quando altre popolazioni apparvero ai confini dell’impero. Particolare importanza aveva l’avanzata degli Slavi che, assieme agli Anti, avevano già cercato di penetrare nei territori imperiali già sotto Giustino I. Le grandi guerre in Africa e in Italia avevano assorbito le forze per la difesa del fronte sul Danubio. Giustiniano aveva provveduto a far edificare un robusto sistema di fortificazioni sul fiume assieme di un’altra cinta più interna. Ma in mancanza della truppe necessarie, le sole fortificazioni valevano a poco. Gli Slavi si riversarono su tutta la penisola

balcanica fino ad Adria, al Golfo di Corinto e alla riva del Mar Egeo. In un primo tempo gli invasori si limitarono a saccheggiare la regione e di tornare con il bottino oltre il Danubio, ma in seguito gli Slavi giunsero ad occupare stabilmente la penisola balcanica.

Sul fronte interno, nella sua azione politica Giustiniano era aiutato dal prefetto del pretorio Giovanni di Cappadocia, il quale aveva il compito di reperire le risorse economiche per le dispendiose imprese di Giustiniano e, così facendo, si attirò l’odio e i rancori della popolazione. Opera sua fu però anche la positiva attività amministrativa di questo periodo: grazie al suo operato, Giustiniano poté prendere energiche misure contro lo strapotere dell’aristocrazia latifondista, peraltro inutili, poiché il latifondo continuò a svilupparsi a scapito dei piccoli proprietari. Inoltre, cerco di regolamentare la vendita delle cariche e di rendere più regolare la riscossione della

imposte. Si rinunciò alla separazione fra potere militare e civile nelle province, ma l’unificazione avvenne solo in determinate regioni. Il programma amministrativo giustinianeo, tuttavia, non sortì i risultati sperati, poiché mancavano di un principio ispiratore e non riuscirono davvero a rinnovare il vecchio sistema di governo137.

D’altro canto il governo di Giustiniano fu fautore di un’intensa attività economica e favorì lo sviluppo commerciale138. Essendo il naturale punto di incontro fra Asia ed Europa, Bisanzio dominava il commercio fra i due continenti e anche gli scambi marittimi erano in mano ai mercanti greci e siriani. In particolare, i Bizantini cercavano il commercio con l’Oriente, quindi con l’India e la Cina, regioni ricchissime rispetto all’Occidente, ormai impoverito. Bisanzio esportava in Oriente le preziose stoffe e il vasellame prodotto nelle officine siriane, anche se questa esportazione era molto inferiore alla domanda di merci di lusso provenienti dall’oriente, soprattutto la seta. Il problema più grande era che la via che conduceva all’Orienta e alla Cina passava per l’impero persiano. Per questo motivo, Giustiniano cercò di aprirsi un passaggio verso questa regione. La questione della seta portò i Bizantini ad avere i primi contatti coi Turchi. Giustiniano aggirò l’ostacolo semplicemente mandando in Cina degli ambasciatori che riportassero di contrabbando a Bisanzio alcuni esemplari di baco da seta139. L’impresa riuscì e da quel momento anche i Bizantini furono in grado di produrre la seta.

Giustiniano nominò poi una commissione per codificare le leggi dell’impero, che per secoli si erano accumulate confusamente, senza ricevere una sistemazione adeguata. L’unica compilazione

precedente era il Codex Theodosianus, ma non era stato stilato per racchiudere tutte le leggi

riguardanti qualsiasi materia, come invece Giustiniano intendeva fare. Egli raccolse le antiche leggi, abrogò quelle divenute obsolete, ne emanò di nuove. Questa raccolta venne pubblicata nel 529 con il nome di Codex Iustinianus, e cinque anni più tardi venne presentata un’edizione più completa. Più importante è il Digesto (Pandette), pubblicato nel 533, una raccolta degli scritti dei giuristi classici romani che, accanto alle leggi imperiali, rappresentavano il secondo gruppo delle leggi vigenti. Il Digesto rappresenta un’opera di tipo nuovo, in quanto fu il primo tentativo di raccogliere in maniera organica le contraddittorie sentenze dei giuristi romani. Accanto al Codex e al Digesto furono compilate le Institutiones, concepite come un manuale per lo studio del diritto. Tutto il

Corpus Iuris Civilis è infine completato dalle Novelle, cioè dalle leggi promulgate dopo la

pubblicazione del Codex. Senza dubbio, il Corpus Iuris Civilis, il cui merito va non solo a

137 G. Ostrogorsky, Op. cit.

138 Per la questione vedi. H. Antoniadis-Bibicou, Recherches sur les douanes à Byzance, Parigi, 1963 139 Procopio, La guerra gotica, IV, 17

Giustiniano, ma soprattutto all’attività del suo grande giurista Triboniano, rappresenta un’opera imponente, grandiosa, che ha rappresentato per secoli la base del diritto comune europeo140.

La codificazione del diritto servì come base giuridica unitaria per un ostato centralizzato. Il diritto romano, così come si trova nell’opera, stabilisce le regole per tutta la vita pubblica e privata, per quella dello stato, quella dell’individuo e della famiglia, per le relazioni fra i cittadini, i rapporti e economici e di proprietà. Altro obiettivo del Corpus Iuris Civilis era la forte accentuazione dell’assolutismo imperiale: esso, infatti, dà una legittimazione giuridica al potere autocratico, e questo avrà una notevole influenza nell’elaborazione delle concezioni politica e giuridiche dell’Occidente.

Restano da trattare gli aspetti religiosi. Il regno di Giustiniano, che era di fede cristiana, fu

caratterizzato da un grande impegno nella cristianizzazione dello stato. Per prima cosa, interdisse ai pagani l’insegnamento e nel 529 chiuse l’Accademia di Atene, sancendo in questo modo la fine della vecchia religione dalla storia umana. La Chiesa cristiana ebbe in Giustiniano non solo un protettore, ma anche un capo141. Infatti, pur essendo cristiano, Giustiniano restava

fondamentalmente romano e l’idea di un’autonomia dalla sfera religiosa gli era estranea. L’epoca di Giustiniano rappresenta il momento di massima influenza del potere imperiale sulla vita

ecclesiastica e nessun altro imperatore avrà un’autorità tanto forte sulla Chiesa.

Il periodo di Giustiniano segnò la fine di un’epoca. Egli non riuscì a restaurare l’impero, ma estese le sue frontiere, senza riuscire a rigenerarlo. La restaurazione territoriale mancava di solide basi e questo fece sì che, dopo i suoi successi, Giustiniano lasciasse ai successori un impero esausto, in rovina economica e finanziaria142. Dopo la morte di Giustiniano (565) l’impero bizantino non

avrebbe mai più raggiunto una tale grandezza.

140 G. Ostrogorsky, Op. cit.

141 J. Pargoire, L’Eglise byzantine de 527 à 847, Parigi, 1923 142 G. Ostrogorsky, Op. cit.

Capitolo 7: I Goti, nemici giurati dell’Impero

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