CAPITOLO 4: LE TROMBOCITOPENIE IMMUNO-MEDIATE
4.4 La terapia e il monitoraggio delle trombocitopenie immuno-mediate
Il trattamento delle IMT si basa per la maggior parte sull’utilizzo di farmaci ad azione immunosoppressiva, che agiranno con vari meccanismi sul processo immuno-mediato, cercando di ottenerne un controllo, fino alla remissione. Tali farmaci tuttavia possiedono numerosi effetti avversi, di cui alcuni possono insorgere in tempi brevi ed essere facilmente tollerabili, soprattutto se il trattamento stesso è di breve durata, e altri che si instaurano in seguito ad un trattamento di lunga durata e di maggiore gravità; la terapia impostata dunque deve cercare di controllare il processo immuno-mediato, ma al contempo deve anche attenuare gli effetti avversi che questi farmaci inducono. Per questo tali patologie richiedono un attento e prolungato follow- up, finalizzato a monitorare l’evoluzione della malattia, evitando che gli effetti collaterali debilitino ulteriormente il soggetto, migliorando in questo modo
39 anche la prognosi a lungo termine. Nei trattamenti a lungo termine il monitoraggio è fondamentale per capire se è possibile diminuire nel tempo i dosaggi, e quindi gli effetti avversi, fino a una dose minima di mantenimento o, talvolta, fino alla sospensione; un attento follow-up permette anche di valutare se il farmaco si dimostra inefficace nella gestione della patologia e quindi se è necessario considerare una terapia alternativa o supplementare. Inoltre il monitoraggio è utile anche dopo che la terapia è stata diminuita o sospesa per tenere sotto controllo la salute del paziente e intervenire in caso di riacutizzazione della patologia 42.
Raramente il soggetto con ITP si presenta in regime di emergenza, a meno che non sia in atto una grave emorragia che lo stia velocemente anemizzando. Ovviamente in questi casi, prima di effettuare iter diagnostici approfonditi, occorre stabilizzare il paziente, cercando di ristabilire la volemia somministrando cristalloidi, colloidi, concentrati di globuli rossi e, quando possibile, una trasfusione di sangue intero 25; in alcuni casi possono essere
somministrati anche concentrati di piastrine, indicate nei cani con trombocitopenia grave o improvvisi segni neurologici a causa di emorragie del SNC 43.
In caso di soggetti trombocitopenici è importante prevenire che si instauri un’emorragia, mettendo in atto una serie di accorgimenti che prevedono il riposo del soggetto e la riduzione al minimo della possibilità di traumi. Anche per quanto riguarda la via di somministrazione, è da preferire, quando possibile, la via orale, per evitare di andare a ledere i vasi sanguigni, ma negli animali con vomito o altre problematiche gastro-intestinali che diminuiscono l’assorbimento, la via endovenosa resta la scelta migliore 25.
I farmaci di prima scelta sono i corticosteroidi, che, oltre a essere poco costosi, agiscono tramite vari meccanismi e garantiscono una rapida risposta terapeutica a basso rischio di tossicità immediata 42: prevengono la
distruzione delle piastrine sensibilizzate dagli anticorpi, causata dai macrofagi; diminuiscono la produzione di autoanticorpi; stimolano la trombopoiesi a livello midollare probabilmente inibendo la fagocitosi delle piastrine da parte dei macrofagi midollari; inoltre aumentano la resistenza capillare alle
40 emorragie, riducendo la gravità di un’eventuale emorragia prima ancora che aumenti il numero di piastrine; nell’uomo è stato visto come, oltre a questi effetti, i corticosteroidi inibiscano la sintesi della prostaglandina I2, un agente
antipiastrinico sintetizzato dall’endotelio 31. La risposta a questa terapia è
rapida e prevede nella maggior parte dei casi l’aumento del numero di piastrine entro 7 giorni dall’inizio del trattamento a dosaggi immunosoppressivi, fino a raggiungere le 50 - 100 x 10⁹ piastrine /L. La terapia con corticosteroidi è una terapia aspecifica, che prevede una risposta analoga sia delle IMT primarie che delle secondarie21.
I farmaci più utilizzati sono il prednisone e il prednisolone: questi due principi attivi si equivalgono da un punto di vista clinico: sono corticosteroidi a durata d’azione intermedia, con un’emivita biologica compresa tra 12 e 36 ore, e quindi idonei anche ad una terapia di lunga durata, che prevede una somministrazione a giorni alterni con una riduzione degli effetti avversi; inoltre possiedono una maggiore attività glucocorticoidea, correlata all’effetto antinfiammatorio, quattro volte superiore rispetto a quella mineralcorticoidea, collegata all’insorgenza degli effetti collaterali42. Entrambi
i farmaci esplicano la loro azione anti infiammatoria con una somministrazione di un dosaggio di circa 0,5 – 1 mg/kg PO al giorno, mentre per l’azione immunosoppressiva il dosaggio aumenta, superando 1,5 – 2 mg/kg PO al giorno. La differenza tra i due farmaci è data dal fatto che il prednisone è il precursore del prednisolone, in cui viene convertito al livello del fegato. La biodisponibilità del prednisone, dunque, è minore rispetto a quella del prednisolone (circa il 65%) 42; inoltre, essendo convertito dal fegato,
se ne sconsiglia l’uso in quei pazienti affetti da insufficienza epatica, o in quelle specie, come il gatto o il cavallo, che fisiologicamente non riescono a convertirlo efficientemente: in questi casi dunque si consiglia l’uso del prednisolone al posto del prednisone 44. Questo approccio terapeutico
prevede un dosaggio giornaliero iniziale di 1 – 2 mg/kg PO ogni 12 ore per almeno 3 – 4 settimane 21,25,29,33,42,43,45; se la conta piastrinica aumenta, la
41 settimane44. Se, al contrario, questo trattamento non produce gli effetti
desiderati oppure causa l’insorgenza di importanti effetti avversi, è consigliato associare un altro farmaco ad azione immunosoppressiva, per diminuire il dosaggio del glucocorticoide e quindi anche gli effetti indesiderati.
In alternativa può essere utilizzato il prednisolone acetato (2,3 mg/kg SC ogni 24 ore) 46, un derivato del prednisolone, per quanto la somministrazione
sottocutanea non sia consigliata in caso di trombocitopenia 42.
Un altro farmaco glucocorticoide utilizzato è il desametasone (0,1 - 0,6 mg/kg PO ogni 24 ore) 21,29 o in alternativa il desametasone sodio fosfato (0,35 mg/kg
EV ogni 24 ore) 29,46. Quest’ultimo, come il prednisolone acetato, è una
sospensione iniettabile a lento rilascio, non considerata ideale per il trattamento delle malattie immunomediate in quanto il lento rilascio garantisce una la lunga durata d’azione diminuendo però la concentrazione plasmatica del farmaco, e quindi la sua efficacia 42. Inoltre il desametasone
possiede una potenza circa otto volte maggiore del prednisone, ma un’emivita biologica prolungata (circa 48 ore) e dunque non è indicato per il trattamento cronico 44.
Alcuni clinici utilizzano il betametasone, molecola circa 25 – 40 volte più potente del prednisone, a lunga durata di azione e senza azione mineralcorticoide. A causa della sua elevata potenza, il betametasone, come il desametasone, è controindicato per i trattamenti di lunga durata. Gli effetti avversi sono riferibili ad un iperadrenocorticismo e negli animali giovani, possiamo anche assistere al ritardo della crescita. Possiede numerose alterazioni, tra cui quella con la metabolizzazione epatica del ciclofosfamide, e quella con la ciclosporina, la cui associazione aumenta i livelli ematici di entrambi i farmaci, inibendo il metabolismo epatico 44. Il dosaggio consigliato
per il cane è compreso tra 0,05 e 0,1 mg/kg PO ogni 24 ore 47.
La terapia a base di corticosteroidi è la prima a essere impostata, e solitamente va continuata fino a che la conta piastrinica non si normalizza, per poi ridurla lentamente fino ad arrivare, nel giro di qualche settimana, a sospenderla o raggiungere una minima dose di mantenimento. I corticosteroidi hanno tuttavia numerosi effetti collaterali, che possono
42 costringere a diminuire o interrompere la loro somministrazione. Tra i più comuni effetti collaterali troviamo l’iperadrenocorticismo iatrogeno (con lesioni cutanee, poliuria, polidipsia, polifagia, dispnea, letargia, induzione enzimatica e infezioni ricorrenti), ulcere gastrointestinali, ipercoagulabilità, miotonia, soppressione iatrogena dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrenali. Inoltre i corticosteroidi possono causare resistenza all’insulina, iperglicemia ed epatopatie 42.
Qualora si presentino questi effetti collaterali, oppure per prevenirne l’insorgenza, o ancora, nei soggetti non responsivi o con una trombocitopenia gravissima, si associa al glucocorticoide un secondo farmaco con azione immunosoppressiva più specifica, in modo tale da diminuire le dosi del primo farmaco e così facendo diminuire anche gli effetti collaterali, ottenendo comunque una immunosoppressione. I farmaci immunosoppressori utilizzati sono:
Azatioprina: somministrata solitamente con un dosaggio iniziale di 2 mg/kg PO ogni 24 ore21,42–44, l’azatioprina è un farmaco immunosoppressore
antimetabolita tiopurinico, che sopprime l’attivazione e la proliferazione dei linfociti, riducendo così la produzione di anticorpi; inoltre inibisce la fagocitosi da parte dei macrofagi. Viene inizialmente convertita dal fegato in 6- mercaptopurina (6-MP), e quindi in altri antimetaboliti tiopurinici; i metaboliti citotossici che ne derivano, competono con le purine nella formazione degli acidi nucleici, inibendo così la proliferazione cellulare. L’azatioprina è un farmaco frequentemente utilizzato come seconda scelta dopo i glucocorticoidi, ma che agisce in un tempo più lungo: in umana è stato visto che richiede tra le 6 e le 16 settimane per ottenere una risposta adeguata 21.
Anche nel cane richiede più di 4 settimane, caratteristica che non rende il farmaco di prima scelta in trattamenti acuti; se la combinazione di prednisone – azatioprina riesce ad ottenere una risposta adeguata, permette di scalare lentamente il dosaggio del cortisone, nel giro di 2 – 4 settimane, e successivamente, se non vi sono segnali di riattivazione, ridurre anche il secondo immunosoppressore, fino ad arrivare ad una somministrazione a
43 giorni alterni di un dosaggio di mantenimento di 0,5 – 1 mg/kg ogni 48 ore e poi alla completa sospensione.
L’azatioprina possiede molti effetti collaterali, tra cui i più frequenti sono disturbi gastro-intestinali, mielosoppressione, pancreatite ed epatotossicità. Per questo motivo richiede un attento monitoraggio tramite esami ematobiochimici ogni 2 settimane fino alla stabilizzazione del paziente, per poi passare a controlli mensili 42. Questo farmaco viene poco utilizzato nel
gatto, molto più sensibile alla mielosoppressione rispetto al cane; inoltre, nel gatto, vi sono livelli più bassi di tiopurina metiltransferasi (TPMT), uno degli enzimi che metabolizzano l’azatioprina. Nel cane, così come nell’uomo, è stato visto che i livelli di TPMT variano in base alla genetica del soggetto e alla razza, spiegando in questo modo come mai la tossicità del farmaco varia da soggetto a soggetto: gli Schnauzer giganti, ad esempio, possiedono concentrazioni di TPMT più basse rispetto alle altre razze, predisponendo questi soggetti all’insorgenza di effetti avversi. Al contrario i cani di razza Alaskan malamute possiedono livelli di TPMT più elevati 48.
Ciclosporina: la ciclosporina è un farmaco immunomodulatore, inizialmente utilizzato in umana in caso di trapianto di rene e successivamente adottato anche nel trattamento delle patologie immuno-mediate. Il farmaco inibisce la proliferazione e l’attivazione dei linfociti T e la sintesi secondaria delle citochine, inibendo la trascrizione calcio – dipendente dell’interleuchina 2. Viene comunemente utilizzata ad un dosaggio iniziale compreso tra 15 e 30 mg/kg PO al giorno 21,43, o di 5 – 10 mg/kg ogni 12 ore 45, per mantenere una
concentrazione ematica di 400 – 600 ng/mL, e normalmente viene utilizzata negli animali non responsivi al trattamento con corticosteroidi; è stato osservato che i soggetti trattati raggiungono una conta piastrinica normale in un tempo compreso tra le 3 e le 5 settimane dall’inizio della somministrazione. Anche questo farmaco ha numerosi effetti collaterali, tra cui vomito, diarrea, anoressia, iperplasia gengivale, perdita di peso, alopecia, irsutismo e papillomatosi. È stato osservato che, frequentemente, all’inizio della terapia, può causare episodi di vomito, che col tempo si attenuano; è comunque consigliabile somministrarlo lontano dai pasti. Tuttavia, non
44 causando ulteriori epatopatie, è da preferire all’azatioprina nei casi in cui il paziente mostri segni di danno epatico. Il monitoraggio raccomandato in caso di terapia con ciclosporina prevede esami ematobiochimici almeno una volta al mese. È stato dimostrato che la ciclosporina causa numerose interazioni con altri farmaci con cui condivide le vie metaboliche (ad esempio l’eritromicina, la claritromicina, il ketoconazolo e il fluconazolo ne aumentano la concentrazione; i sulfamidici – trimetoprim ne riducono invece la concentrazione); ciò comporta un monitoraggio ancora più attento in quei soggetti in terapia con questi farmaci, che possono aumentarne o diminuirne la concentrazione e, di conseguenza, anche gli effetti avversi 42.
Terapia intravenosa con immunoglobuline umane: questo trattamento è solitamente utilizzato in caso di emergenza, in quanto è stato osservato che la stima piastrinica aumenta molto più velocemente in caso di somministrazione intravenosa di Ig umane (hIVIG) rispetto alla terapia con prednisone. Il loro meccanismo di azione è quello di bloccare i recettori Fc dei macrofagi, inibendo in questo modo la fagocitosi: le hIVIG umane si legano alle cellule mononucleate del cane, modulando così la risposta immunitaria.
Uno studio ha dimostrato che una sola somministrazione di hIVIG ad un dosaggio di 0,5 g/kg nell’arco di 6 – 12 ore ha contribuito a diminuire il periodo di remissione e la durata di ospedalizzazione dei soggetti; paragonata alla terapia con solo corticosteroidi, la somministrazione di hIVIG è molto efficace nel trattamento di emergenza delle ITP, per aumentare rapidamente il numero di piastrine 49. Il dosaggio è ancora oggetto di studio, e solitamente
è compreso tra 0,28 e 1,3 g/kg, 43, sebbene in uno studio sia stato considerato
come dosaggio consigliato quello compreso tra 0,5 e 1,5 g/kg 30. Durante la
somministrazione deve essere effettuato un attento monitoraggio dei parametri vitali del soggetto; inoltre vi è un rischio di sensibilizzazione verso le proteine umane, che può causare reazioni anafilattiche in eventuali somministrazioni successive. Lo svantaggio maggiore di questa terapia è il costo molto elevato, che non lo rende un trattamento di prima scelta. È importante evidenziare che nel caso di vaccinazioni con vaccini vivi attenuati,
45 le hIVIG possono interferire con la risposta immunitaria, e dunque con la loro efficacia.
Vincristina: la vincristina è un farmaco comunemente utilizzato per la sua azione antineoplastica e immunosoppressiva. Tuttavia è stato dimostrato come nei cani sani questa sostanza stimoli la trombopoiesi, accelerando la frammentazione megacariocitaria. È un farmaco che viene somministrato nei cani con ITP per ottenere un rapido aumento delle piastrine: è stato infatti visto che la vincristina diminuisce la fagocitosi delle piastrine da parte dei macrofagi, impedendo la costruzione dei microtubuli macrofagici, e provoca un aumento immediato della conta piastrinica, entro 1 settimana dall’inizio del trattamento, sebbene questo aumento sia transitorio 31. Il dosaggio è 0,02
mg/kg (0.7 mg/m2) per una sola somministrazione, in associazione ai
glucocorticoidi 42–45. L’aggiunta di una somministrazione di vincristina dopo
circa una settimana di trattamento con glucocorticoidi è stato visto essere in grado di aumentare il numero di piastrine più rapidamente rispetto alla sola somministrazione di cortisone 50. È stato visto che la vincristina può avere
effetti collaterali sulla funzionalità piastrinica; questo farmaco infatti, stimola l’endomitosi dei megacariociti, ma è stato osservato che si lega ai microtubuli piastrinici distruggendoli, inibendo così l’aggregazione piastrinica: il numero di piastrine circolanti dunque aumenta, a discapito della loro funzionalità 51.
Sicuramente la vincristina può causare nell’animale vomito, diarrea, desquamazione e, a volte, neuropatie periferiche, la cui presenza può essere contrastata dalla contemporanea somministrazione di prednisone; ad alte dosi può causare mielosoppressione. Inoltre è estremamente citotossica: per questo motivo la somministrazione endovenosa deve essere effettuata con estrema cautela, accertandosi di non causare stravasi. Uno studio del 2013 49
ha preso in considerazione due gruppi di soggetti affetti da ITP, tutti trattati con glucocorticoidi ma uno dei due con le hIVIG come terapia aggiuntiva, l’altro con vincristina; è stato visto che in realtà non vi è una differenza statisticamente significativa tra i tempi di recupero tra i due trattamenti, con una media di 2,5 giorni.
46 Ciclofosfamide: sebbene il suo ruolo di immunosoppressore sia stato messo in discussione per la sua incapacità di impedire la mitosi dei linfociti B e T nei cani sani, questo agente alchilante può essere utilizzato in associazione ai corticosteroidi ad un dosaggio di 50 mg/m2 PO al giorno per 3- 4 giorni a
settimana 44. Richiede almeno 4 settimane per ottenere una risposta
adeguata, e presenta numerosi effetti collaterali tra cui gastroenteriti, mielosoppressione, cistiti emorragiche e neoplasie secondarie, che non lo rendono un farmaco comunemente utilizzato per il trattamento delle ITP nel cane. Una eventuale terapia con ciclofosfamide richiede un attento monitoraggio tramite esame emocromocitometrico e profilo biochimico, ogni settimana per almeno due mesi, per poi diminuire la frequenza a almeno una volta al mese; è inoltre consigliato di effettuare un esame delle urine almeno una volta ogni due settimane 42.
Danazolo: questo farmaco è un androgeno sintetico con una bassa capacità di mascolinizzazione, che riduce il numero dei recettori Fc dei macrofagi. Solitamente viene somministrato insieme ai glucocorticoidi, di cui aumenta l’azione, spiazzando una globulina che si lega ai siti di legame dei cortisonici. Uno studio effettuato su due cani con IMT primaria refrattaria alla terapia cortisonica, trattati con prednisolone 1 mg/kg PO due volte al giorno unito al danazolo 5 mg/kg PO bid, ha mostrato conte piastriniche superiori ai 100 x 10⁹ /L entro 1 massimo 2 settimane dall’inizio della cura 52,53. Il danazolo può
causare un elevato aumento di peso e può essere epatotossico nel cane, ragione per cui richiede un attento monitoraggio del CBC e degli enzimi epatici del soggetto.
Leflunomide: è un farmaco che può essere utilizzato insieme o al posto dei glucorticoidi. Viene idrolizzato nel plasma e a livello della mucosa intestinale in malononitrolamide, che inibisce la replicazione cellulare; in alte concentrazioni inibisce anche alcune citochine e fattori della crescita. Può essere utilizzato, solitamente ad un dosaggio di 4 mg/kg PO al giorno (Chabanne, 2006), in alcune condizioni in cui i glucocorticoidi sono controindicati: è stato riportato un caso di un cane affetto da diabete mellito che aveva sviluppato una sindrome di Evans, trattato con hIVIG associata a
47 una somministrazione al giorno di leflunomide 54. Sebbene la terapia abbia
avuto successo e sia stata ben tollerata dal soggetto, il suo costo elevato, non lo rende un farmaco di prima scelta nelle ITP, dove la sua efficacia non è ancora del tutto provata.
Micofenolato mofetile: questo farmaco è un inibitore reversibile della inosina monofosfato deidrogenasi (IMPDH), enzima chiave nella biosintesi delle purine, inibendo in questo modo la produzione di linfociti, sia B che T, la produzione di anticorpi e la glicosilazione delle molecole di adesione. Il micofenolato può anche stimolare l’apoptosi dei linfociti T attivati e inibire la maturazione delle cellule dendritiche. Molto utilizzato in umana, inizialmente per la terapia anti – rigetto in caso di trapianti, in veterinaria viene utilizzato in soggetti non responsivi ad altri farmaci immunosoppressori, o che presentano recidive. In associazione al prednisolone 2 mg/kg bid, viene somministrato con un dosaggio di 12 – 17 mg/kg PO al giorno 44, oppure 10 mg/kg ogni 12 ore 42,43,46.
Presenta numerose interazioni con altri farmaci, tra cui ricordiamo quella con l’azatioprina, la cui associazione, in umana, aumenta il rischio di mielosoppressione 44. Inoltre è un farmaco molto rapido nell’ottenere la
risposta desiderata, tra le 2 e le 4 ore 55. Oltre alla rapidità di azione, possiede
anche una bassa tossicità, presentando come effetti collaterali più comuni diarrea, vomito, perdita di peso e a volte, reazioni allergiche. Il monitoraggio raccomandato prevede esami ematobiochimici mensili.
Un altro studio 56 ha preso in considerazione 37 soggetti con ITP, e ha
paragonato la durata di ospedalizzazione, i tempi di sopravvivenza, effetti avversi e i costi di un trattamento con glucocorticoidi e micofenolato mofetile e di un altro approccio terapeutico con glucocorticoidi e ciclosporina. Lo studio ha mostrato come non vi sia una differenza significativa tra i due approcci, con una durata di ospedalizzazione tra gli 0 e i 6 giorni per i soggetti trattati con ciclosporina e tra gli 0 e 7 giorni per quelli in terapia con micofenolato. L’indice di sopravvivenza del gruppo a cui è stato somministrato il micofenolato è stato leggermente minore rispetto all’altro (90% rispetto a 94%) ma è possibile che questo risultato sia stato dovuto al minor numero di
48 soggetti presenti nel gruppo della ciclosporina. Per quanto riguarda gli effetti collaterali della terapia, nel gruppo trattato con micofenolato circa il 45% ha presentato soprattutto pancreatite e alterazioni gastro – intestinali, probabilmente collegate ad una dose elevata di 20 mg/kg BID. Il gruppo a cui è stata somministrata ciclosporina invece, ha mostrato effetti avversi nel 65%, di cui i più frequenti sono stati anemia e diarrea. In conclusione, tale studio non ha mostrato differenze significative tra i due trattamenti: i tempi di ricovero e di sopravvivenza si equivalgono, ma il micofenolato, utilizzato ad un dosaggio compreso tra 11 e 17 mg/kg SID presenta una minore insorgenza di effetti avversi. Inoltre, il costo di un trattamento con ciclosporina ha un costo molto più elevato rispetto al micofenolato.
La prognosi dei soggetti con ITP è generalmente buona, sebbene, i soggetti affetti da ITP necessitano un follow-up di durata maggiore rispetto a quelli affetti da IMHA 31: la maggior parte dei cani (circa il 70%) avrà una conta
piastrinica aumentata in seguito alla prima terapia, mentre il restante 30% dei