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Studio retrospettivo su terapia e monitoraggio della Trombocitopenia Immuno - Mediata primaria nel cane

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Academic year: 2021

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Università di Pisa

Dipartimento di Scienze Veterinarie

Corso di Laurea Magistrale in Medicina Veterinaria

STUDIO RETROSPETTIVO SU TERAPIA

E MONITORAGGIO DELLA

TROMBOCITOPENIA IMMUNO – MEDIATA

PRIMARIA NEL CANE

Relatore Candidato

Prof. George Lubas Elisa Tapinassi

Correlatore

Dott.ssa Alessandra Gavazza

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INDICE

RIASSUNTO ... 6 ABSTRACT ... 8 INTRODUZIONE ... 6 PARTE GENERALE ... 11 CAPITOLO 1: LA TROMBOPOIESI... 12

1.1 Generalità su midollo osseo ed ematopoiesi ... 13

1.2 La trombopoiesi ... 14

CAPITOLO 2: LE PIASTRINE E IL LORO RUOLO NELL’EMOSTASI ... 17

2.1 La morfologia delle piastrine ... 18

2.2 L’emostasi primaria ... 19

CAPITOLO 3: DISORDINI DEL NUMERO DI PIASTRINE; LE TROMBOCITOPENIE .. 22

3.1 Generalità ... 23

3.2 Cause e classificazione delle trombocitopenie ... 24

3.2.1 Trombocitopenia da ridotta produzione di piastrine ... 24

3.2.2 Trombocitopenia da aumentato consumo ... 25

3.2.3 Trombocitopenia da sequestro, o da perdita ... 25

3.2.4 Trombocitopenia da aumentata distruzione ... 26

CAPITOLO 4: LE TROMBOCITOPENIE IMMUNO-MEDIATE ... 27

4.1 Classificazione ... 28

4.1.1 Le trombocitopenie immuno-mediate primarie ... 28

4.1.2 Le trombocitopenie immuno-mediate secondarie ... 29

4.2 La clinica ... 31

4.3 La diagnosi di ITP ... 32

4.3.1 Esame emocromocitometrico (CBC) e valutazione dello striscio di sangue periferico ... 33

4.3.2 Valutazione del midollo osseo ... 35

4.3.3 Ricerca di autoanticorpi antipiastrina ... 35

4.3.4 Esclusione di altre cause di trombocitopenia ... 37

4.4 La terapia e il monitoraggio delle trombocitopenie immuno-mediate primarie ... 38

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PARTE SPERIMENTALE ... 52

CAPITOLO 1: INTRODUZIONE ... 53

CAPITOLO 2: OBIETTIVI... 56

CAPITOLO 3: MATERIALI E METODI ... 59

3.1 Pazienti ... 60

3.2 Strumenti utilizzati per gli esami di laboratorio presso l’ODV ... 61

3.2.1 Esame Emocromocitometrico (CBC) ... 61

3.2.2 Esame microscopico dello striscio ematico ... 62

3.3 Metodi di classificazione ... 62

3.4 Organizzazione dei dati ... 63

3.5 Analisi statistiche... 67

CAPITOLO 4: RISULTATI ... 68

4.1 Segnalamento ... 69

4.2 Terapia precedente a T0 ... 71

4.3 Terapia impostata presso l’ODV ... 72

4.4 Evoluzione della patologia ... 76

4.5 Pazienti ex IMHA ... 79

4.6 Riacutizzazioni della patologia entro T365 ... 81

4.7 Opzione chirurgica ... 85

4.8 Tempi di sopravvivenza ... 85

CAPITOLO 5: DISCUSSIONE ... 88

5.1 Segnalamento ... 89

5.2 Terapia precedente a T0 ... 90

5.3 Terapia impostata a T0 presso l’ODV ... 91

5.4 Evoluzione della patologia ... 96

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5

5.6 Riacutizzazioni della patologia ... 99

5.7 Opzione chirurgica ... 102

5.8 Tempi di sopravvivenza ... 104

CAPITOLO 6: CONCLUSIONI ... 106

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RIASSUNTO

Studio retrospettivo su terapia e monitoraggio della Trombocitopenia Immuno-mediata Primaria nel cane.

Background: la trombocitopenia immuno-mediata primaria (ITP, Idiopathic Thrombocytopenic Purpura) è un disordine ematologico relativamente frequente nel cane. Attualmente, sono pochi gli studi riguardanti il corretto approccio a tale patologia, l’iter terapeutico da intraprendere, le informazioni sul follow-up e sulla sopravvivenza a breve e lungo termine.

Obiettivi: questo studio retrospettivo si è proposto di analizzare: i principali approcci terapeutici per l’ITP intrapresi presso l’Ospedale Didattico Veterinario dell’Università di Pisa (ODV); la risposta terapeutica durante il primo anno di follow-up; l’influenza della terapia e del dosaggio impostati dai veterinari referenti esterni rispetto alla risposta al trattamento prescritto presso l’ODV; l’evoluzione della patologia, il follow-up e la sopravvivenza dei pazienti; l’influenza sulla risposta alla terapia di un eventuale trattamento per un precedente episodio di anemia emolitica immuno-mediata.

Materiali e Metodi: sono stati inclusi 25 casi di ITP, visitati tra Maggio 2010 e Dicembre 2017. Sono state raccolte informazioni circa il segnalamento, l’anamnesi ed eventuali trattamenti immunosoppressivi effettuati, con i relativi dosaggi. È stata monitorata l’evoluzione della patologia e le modifiche della terapia, le riacutizzazioni e la sopravvivenza nell’anno successivo alla diagnosi, suddividendo tale periodo in otto tempi (T0; T7; T14; T30; T60; T90; T180; T365). Sono stati individuati i soggetti che in precedenza erano stati trattati per un episodio di IMHA, osservando l’approccio terapeutico intrapreso dal clinico e la risposta alla terapia. Infine, è stata osservata la risposta alla splenectomia nei soggetti sottoposti a tale procedura. Risultati: dei 25 casi, 13 sono giunti presso l’ODV con una terapia già impostata, di cui uno aveva ricevuto solo ciclosporina, 9 solo corticosteroidi e tre un’associazione di steroide e secondo farmaco immunosoppressore. Tra questi, 5/13 non avevano ricevuto un dosaggio adeguato al trattamento della ITP. Per impostare la terapia a T0, il clinico dell’ODV si è basato sul trattamento effettuato in precedenza e relativa durata. Quando possibile è stato mantenuto il principio attivo già impostato, correggendo i dosaggi o aumentando le somministrazioni giornaliere. In altri casi si è optato per farmaci con potenza maggiore, oppure è stato aggiunto un altro farmaco immunosoppressore. Nei pazienti giunti presso l’ODV senza alcun trattamento, è stata impostata una terapia a base di corticosteroidi (prednisone o prednisolone), aggiungendo nei giorni seguenti un secondo farmaco immunosoppressore. Non ci sono differenze statisticamente significative tra il gruppo dei pazienti pre-trattati e non, riguardo alla durata della terapia con corticosteroidi e della terapia immunosoppressiva completa, l’incidenza delle riacutizzazioni e i tempi di sopravvivenza. Analizzando l’incremento della conta piastrinica strumentale a seguito della terapia, è emerso che la velocità con cui la conta piastrinica aumenta è molto

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7 elevata nei primi 7 giorni di cura con corticosteroidi. Infatti, se la conta iniziale è minore di 20 x10⁹/L, tra T0 e T7 questa aumenta di circa 44 volte, se è maggiore, aumenta solo di circa 2 volte. Le riacutizzazioni sono state osservate nel 40% circa dei soggetti e la causa più frequente è da imputare alla diminuzione del dosaggio della terapia. La splenectomia è risultata essere una valida opzione terapeutica, sebbene il numero esiguo di casi non permette di dimostrarne l’efficacia.

Conclusioni: La somministrazione della terapia immunosoppressiva a dosaggio inappropriato non ha influenzato la possibilità di riacutizzazione della patologia né la sopravvivenza dei soggetti, ma al contrario ha allungato il tempo di risposta della patologia stessa, aumentando di conseguenza la durata del trattamento e quindi anche la possibilità di sviluppare effetti collaterali. La velocità con cui aumenta il numero di piastrine è dipesa dalla conta basale a T0: ad un minor numero iniziale di trombociti circolanti corrispondeva un maggiore e più rapido incremento. La prognosi della patologia nel primo anno di trattamento è stata generalmente buona e non è influenzata dalla durata della terapia, dai farmaci utilizzati, dalla correttezza dei dosaggi e dalla presenza di recidive.

Parole Chiave: cane, studio retrospettivo, trombocitopenia immuno-mediata primaria, terapia, monitoraggio

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ABSTRACT

A retrospective study of therapy and follow up of Primary Immune-mediated Thrombocytopenia in dogs.

Background: The primary immune-mediated thrombocytopenia (Idiopathic Thrombocytopenic Purpura, ITP) is a relatively common hematological disorder in dogs. So far, there is only a limited number of studies concerning the appropriate approach to this disorder, the therapeutic plan to adopt, the information about the follow-up and the short and extended survival time.

Aims: This retrospective investigation was arranged: to collect the main therapeutic approaches for ITP adopted at the Veterinary Teaching Hospital of the University of Pisa (ODV); the therapeutic response during the first year of follow-up; the influence of therapy and their dosages set up by external referring veterinarians in comparison to the response to the treatment prescribed at the ODV; the dynamic of the disorder, its follow-up and the survival time of the patients; to evaluate whether the therapy performed for a previous event of immune-mediated hemolytic anemia was affecting the response to ITP therapy .

Materials and methods: Twenty-five cases of ITP collected between May 2010 and December 2017 were included in the study. it includes details about signalment, anamnesis and any immunosuppressive treatments previously prescribed by external referring veterinarians. We monitored the evolution of the disease, the changes in therapy, relapses and survival in the first year following diagnosis at T0, T7, T14, T30, T60, T90, T180, T365 days. Patients who have been treated previously for an episode of IMHA were identified, observing the therapeutic approach prescribed by the clinician and the response to therapy. Finally, the response to splenectomy was observed in patients undergoing this procedure.

Results: 13 of 25 cases arrived at the ODV already in treatment, one with cyclosporine, 9 with corticosteroids and three with a combination of corticosteroid and another immune-suppressive drug. Among 5/13 received a inappropriate dosage of immune-suppressive drugs. To set-up the therapy at T0, the ODV clinician based the treatment on the one previously carried out and on its duration. Whenever possible, the same drug already set-up in the previous treatment was maintained, adjusting dosages or increasing the daily administrations. In few cases the clinician opted for more powerful drugs, or added another immunosuppressive drug. In patients who arrived at the ODV without any treatment, a therapy based on corticosteroids (prednisone or prednisolone) was set-up, adding subsequently in the following days another immune-suppressive drug. There were not any statistically significant differences between patients previously treated and those un-treated in relation to the duration of the corticosteroids administration, the complete immune-suppressive therapy, the incidence of relapse and the survival times. Analysing the increase in the instrument platelet count following the therapy, the speed of the platelet count increases was higher during the first 7 days of treatment with corticosteroids. Indeed, if the initial platelet count is lower than 20 x 10⁹/L, between

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9 T0 and T7, the platelet count increases by about 44 times. If the initial platelet count is greater than 20 x 10⁹/L, the platelet count increases by only about 2 times. The relapse of ITPs has been seen in 40% of cases, and the main causes were related to the decrease of the dosages. Splenectomy resulted an appropriate therapeutic option even if the low number of cases treated with this procedure cannot drive conclusive efficacy.

Conclusions: The administration of the immune-suppressive therapy with inappropriate dosages doesn’t influenced both the relapse or the survival of patients. On the contrary, the time for patients to respond to the treatment has extended, increasing the duration of the therapy and then the development of adverse effects. The speed at which the number of platelets increases was depending on the basal count, the lower the initial number of circulating thrombocytes was, the higher and faster the increase of the number of thrombocytes was. The ITP has been showing good prognosis after the initial one year of treatment, and has not been influenced by the duration of therapy, drugs used, appropriate dosages or the occurrence of relapse.

Keywords: dog, retrospective study, immune-mediated thrombocytopenia, therapy, follow–up

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INTRODUZIONE

Il termine trombocitopenia indica una condizione patologica in cui la conta dei trombociti circolanti è diminuita rispetto ai valori di riferimento stabiliti per ciascuna specie.

La trombocitopenia è il disordine emostatico acquisito più diffuso nel cane, con una prevalenza di circa il 5%, riportata nei cani ricoverati in ospedale1.

Tale disordine rappresenta un reperto clinico e non una diagnosi definitiva, perciò è necessario caratterizzarla attraverso segnalamento, anamnesi, esame fisico ed esami di laboratorio, al fine di poterne determinare il tipo e la causa per poter impostare quindi un’appropriata terapia.

La prima parte di questa tesi si propone di esaminare i meccanismi eziopatogenetici della trombocitopenia, partendo dalla descrizione del processo di produzione delle piastrine, la loro morfologia, il ruolo svolto e i disordini del numero e di funzione. Concentrando poi l’attenzione sulla trombocitopenia a eziologia immuno-mediata, state considerate le sue caratteristiche cliniche, gli approcci diagnostici, le opzioni terapeutiche ed i fattori prognostici descritti dalla letteratura veterinaria.

La seconda parte, invece, consiste in uno studio retrospettivo condotto su 25 casi di ITP canina, raccolti presso l’Ospedale Didattico Veterinario (ODV) dell’Università di Pisa. Tale studio si prefiggerà di osservare i principali approcci terapeutici intrapresi, i principi attivi e i dosaggi utilizzati. Inoltre verrà studiata la risposta alla terapia medica e a quella chirurgica. Infine valuteremo l’evoluzione della patologia nel primo anno di trattamento, il numero di soggetti che in tale periodo presenterà episodi di riacutizzazione e quale sarà la mortalità riscontrata alla fine di tale monitoraggio.

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13 1.1 Generalità su midollo osseo ed ematopoiesi

Con il termine ematopoiesi (dal greco haima - sangue, e poiein - creare) si intende il processo attraverso il quale vengono prodotte le cellule ematiche, gli eritrociti, i leucociti e i trombociti.

Nei mammiferi, l’ematopoiesi inizia durante la vita embrionale a livello delle isole ematiche presenti nel sacco vitellino, per poi spostarsi al fegato, alla milza ed infine, al midollo osseo; durante tutta la vita post natale l’ematopoiesi avviene primariamente nel midollo osseo, ma anche in altre sedi, più comunemente a livello della milza e del polmone (ematopoiesi extramidollare).

Il midollo osseo, formato primariamente da cellule emopoietiche, tessuto adiposo e tessuto di supporto, cambia la propria conformazione con l’età: nei neonati e negli animali molto giovani è costituito soprattutto da tessuto ematopoietico con minima quantità di grasso, ma con l’avanzare degli anni, la componente adiposa aumenta, tanto che negli adulti l’ematopoiesi avviene principalmente nelle ossa pelviche, nello sterno, nelle coste, nelle vertebre e nelle porzioni prossimali dell’omero e del femore2.

Il processo dell’ematopoiesi si basa sulla presenza delle cellule staminali pluripotenti, prodotte appunto nel midollo osseo, che andranno incontro a una serie di divisioni mitotiche dando vita alle cellule ematopoietiche; queste a loro volta si differenzieranno secondo varie linee, andando a formare le cellule mature del sangue, oltre che i precursori di cellule dendritiche, cellule di Langerhans, osteoclasti e mastociti3.

Tutti i vari processi sono mediati da una serie di fattori che includono varie sostanze come le citochine e gli ormoni, e un microambiente adeguato, formato da una serie di cellule di sostegno e accessorie che regolano l’apporto di ossigeno, nutrienti, ferro e aminoacidi specifici4.

Come abbiamo già detto, con “ematopoiesi” intendiamo tutti quei processi che prevedono la differenziazione delle cellule staminali pluripotenti nelle varie cellule mature. In particolare la cellula precursore totipotente si differenzia inizialmente in due linee, dando origine alla cellula staminale linfoide e alla cellula staminale mieloide; dalla prima si svilupperanno linfociti

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14 T, linfociti B e plasmacellule (linfopoiesi), dalla seconda invece partiranno varie linee di differenziazione che porteranno alla produzione di eritrociti (eritropoiesi), granulociti e monociti (mielopoiesi) e trombociti (trombopoiesi)2.

1.2 La trombopoiesi

La trombopoiesi è quel processo mediante il quale vengono prodotti i trombociti, o piastrine, cellule circolanti nel sangue che svolgono un importante ruolo, principalmente nel processo emostatico e nel mantenimento dell’integrità strutturale dell’endotelio.

La loro produzione è atipica rispetto alle altre linee cellulari, in quanto i trombociti sono piccole cellule anucleate formatesi non da una divisione mitotica e maturativa, ma da una frammentazione citoplasmatica delle cellule progenitrici, chiamate megacariociti2.

Il processo di formazione delle piastrine in realtà può essere suddiviso in due fasi: la megacariopoiesi, che prevede la differenziazione della cellula pluripotente in megacariocita, e la trombopoiesi propriamente detta, che prevede la frammentazione di queste ultime cellule per formare i trombociti maturi che verranno poi riversati nel circolo ematico5.

La cellula staminale mieloide si differenzia inizialmente in megacarioblasto, la prima cellula della linea megacariocitaria riconoscibile al microscopio ottico: si tratta di una cellula che presenta un singolo nucleo tondo, con filamenti cromatinici e uno o più nucleoli, e un citoplasma estremamente basofilico, privo di granuli. Tuttavia questa cellula non viene comunemente identificata negli aspirati midollari, perché di solito si riscontra in numero limitato ed è difficile differenziarla dagli altri elementi blastici come i rubriblasti, i mieloblasti e i monoblasti 6.

I megacarioblasti si differenziano successivamente in promegacariociti, che presentano un citoplasma intensamente basofilo e dai due ai quattro nuclei, uniti tra loro da sottili filamenti di materiale nucleare6,7.

Infine abbiamo la maturazione in megacariociti, cellule molto grandi (50-200μ di diametro), poliploidi, che solitamente contengono più di quattro nuclei (tra

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15 gli 8 e i 32), uniti a formare una massa lobulata. I megacariociti, infatti, vanno incontro a vari processi di endomitosi, che portano all’aumento del numero dei nuclei, comportando inoltre un aumento delle dimensioni della cellula stessa4,6. L’endomitosi comporta modifiche anche per il citoplasma: se

inizialmente si presenta basofilico, con l’aumentare delle dimensioni della cellula diminuisce la propria intensità fino a diventare, al momento della maturazione, eosinofilico2. I megacariociti si sviluppano nelle vicinanze dei

sinusoidi venosi del midollo osseo, talvolta ne formano proprio la parete, in quanto, una volta maturi, si formano delle protrusioni citoplasmatiche (dette propiastrine), filiformi, che entrano nel lume dei sinusoidi, dove si frammentano originando migliaia di piastrine mature3,4,7.

Il processo della trombopoiesi è regolata da numerosi fattori, prime fra tutti le citochine, tra cui l’interleuchina 3 (IL-3), l’interleuchina 6 (IL-6), il fattore stimolante le colonie di granulociti e macrofagi (GM-CSF) e la trombopoietina (TPO). Quest’ultima, in particolare, costituisce lo stimolo chiave per la produzione delle piastrine, regolando la produzione e le dimensioni dei megacariociti, oltre ad essere necessaria per l’emopoiesi nella sua totalità, giocando un ruolo stimolatore dell’espansione delle cellule staminali ematopoietiche4. La trombopoietina è un ormone glicoproteico che viene

prodotto principalmente dalle cellule endoteliali del fegato, oltre che dal rene e dalle cellule stromali del midollo osseo7, e la sua concentrazione è

inversamente proporzionale alla quantità di trombociti circolanti e di megacariociti7. In condizioni fisiologiche, la TPO viene prodotta

continuamente, e si lega ai recettori specifici presenti sulla superficie di piastrine e megacariociti (recettori c-Mpl), i quali la legano, la assorbono e la degradano, causando un feedback negativo che inibisce la produzione di altre piastrine 4. La sua concentrazione quindi è strettamente collegata al numero

di trombociti e megacariociti presenti nell’organismo: se il numero di piastrine diminuisce, aumenta la quantità di TPO libera, in grado di stimolare i megacariociti e quindi la produzione di piastrine. Al contrario, se il numero di piastrine aumenta, la quantità di TPO libera diminuisce, inibendo così la

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16 produzione di ulteriori trombociti5. Questo meccanismo tuttavia non è

sempre rispettato, in quanto, in corso di alcune patologie (ad esempio nelle trombocitopenie immunomediate), che vedono una diminuzione del numero di piastrine circolanti ma un aumento della produzione e delle dimensioni di megacariociti, il livello di TPO non è elevato e quindi non è in grado di stimolarne la produzione: questo perché la trombopoietina prodotta, in realtà si lega ai recettori sulla superficie dei megacariociti4.

Oltre alla trombopoietina sono presenti altre sostanze che regolano la produzione di piastrine: l’IL-3 lavora insieme alla TPO nei primi stadi della differenziazione cellulare; l’IL-6, stimola il fegato a produrre maggiori livello di TPO, causando in parte la trombocitosi osservata durante alcuni processi infiammatori acuti4; SCF (stem cell factor) e il GM-CSF contribuiscono alla

proliferazione delle cellule precursori dei megacariociti; l’IL-11, IL-12 e l’eritropoietina, stimolano la proliferazione dei progenitori megacariocitari mentre IL-1α e il fattore inibente leucemico (LIF) agiscono sugli stadi tardivi della maturazione magacariocitaria e sul rilascio delle piastrine; infine il PF4 (platelet factor 4), TGF-β, IL-4, and TNF-α giocano un ruolo di inibizione della produzione dei megacariociti7.

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CAPITOLO 2: LE PIASTRINE E IL LORO RUOLO

NELL’EMOSTASI

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18 2.1 La morfologia delle piastrine

Nei mammiferi le piastrine sono cellule di piccole dimensioni, tra 2μ e 4μ (con qualche differenza tra le varie specie), di forma rotonda – ovale, anucleate, risultanti dalla frammentazione dei loro precursori, cellule giganti polinucleate del midollo osseo, i megacariociti8. Il numero fisiologico di piastrine circolanti

dipende dalla specie, così come la loro emivita, ma in generale possiamo dire che, nei mammiferi, sono presenti tra i 200 e 400 x 10⁹ trombociti circolanti /L, con un’emivita che nel cane è compresa tra i 4 e i 6 giorni8.

Alla fine della loro vita le piastrine vengono distrutte nella milza e nel fegato ad opera dei macrofagi, che riconoscono, tramite antigeni di superficie o modificazioni della membrana esterna, le cellule danneggiate o ormai vecchie, da allontanare dal circolo5.

Al microscopio ottico, le piastrine a riposo, presentano due zone distinte, una esterna, detta ialomero, difficilmente colorabile, e quindi pallida, e una zona interna, detta granulomero, costituita da numerose granulazioni ben evidenti. Se colorate mediante soluzioni comuni come il Wright Giemsa o il Diff – Quik®, il citoplasma appare blu con la presenza di numerosi granuli rosso porpora, mentre, se colorate con il nuovo blu di metilene, appaiono uniformemente porpora9,10.

La loro struttura interna è stata studiata tramite microscopio elettronico, attraverso il quale è stato possibile osservare che le piastrine sono ricoperte da una doppia membrana fosfolipidica, caratterizzata da una distribuzione asimmetrica dei vari fosfolipidi: infatti, lo strato più esterno è ricco di fosfatidilcolina e sfingomielina, mentre in quello più interno troviamo la fosfatidilserina (nota anche come fattore piastrinico 3) e la fosfatidiletonalamina. Queste sostanze, non solo costituiscono la membrana esterna della piastrina, ma la loro presenza e la loro specifica distribuzione sono essenziali al momento della sua attivazione, in quanto un loro spostamento comporta una conversione della piastrina in molecola procoagulante11. Inoltre, all’interno della membrana fosfolipidica, sono

presenti numerose glicoproteine, tra cui le integrine e le selectine, che permettono l’attivazione delle piastrine e la loro aggregazione, due

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19 meccanismi alla base dell’emostasi; tra le glicoproteine, troviamo quelle di superficie, in particolare i complessi GPIb-IX e GPIIb-IIIa, essenziali per l’aggregazione piastrinica e la loro adesione al subendotelio vascolare12.

La membrana esterna presenta degli invaginamenti che vanno a formare il sistema canalicolare aperto che mette in comunicazione la piastrina con il plasma, permettendo lo scambio di sostanze5. Primo fra tutti è il glucosio, che

entra per diffusione facilitata all’interno della cellula per partecipare a reazioni di glicolisi aerobia e fosforilazione ossidativa, indispensabili per produrre ATP e fornire l’energia necessaria per le trasformazioni richieste8.

All’interno della piastrina troviamo il citoscheletro formato da una serie di microtubuli e microfilamenti, intervallati da filamenti di actina e di miosina che permettono il mantenimento della forma discoidale, ma allo stesso tempo permettono, al momento dell’attivazione, l’aumento delle dimensioni12.

Nel citoplasma sono presenti vari organuli, alcuni aspecifici, come i lisosomi, i perissosomi e i mitocondri, altri, specifici delle piastrine, i granuli, in particolare gli α - granuli ed i granuli densi: i primi contengono sostanze come il fibrinogeno, che svolgono un ruolo primario nell’emostasi e nella riparazione dei tessuti; i secondi, chiamati anche δ - granuli, o corpi densi, sono elementi di stoccaggio di ADP, ATP, serotonina, calcio e magnesio, liberati in caso di bisogno11. Inoltre il calcio viene immagazzinato nel sistema

tubulare denso, un sistema reticolare endoplasmatico che lo rilascia quando richiesto, al momento dell’attivazione piastrinica5.

2.2 L’emostasi primaria

Le piastrine svolgono un ruolo fondamentale nel processo dell’emostasi e nel mantenimento dell’integrità strutturale dell’endotelio. In risposta ad un danno vascolare, le piastrine circolanti aderiscono rapidamente al subendotelio, si attivano, cambiano forma, secernono i contenuti dei vari organelli di deposito e si aggregano per formare un tappo piastrinico o trombo13. La fase piastrinica dell’emostasi è detta anche “di emostasi

primaria” in quanto l’attivazione e l’aggregazione piastrinica comportano la formazione di un tappo piastrinico primario che verrà trasformato in tappo

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20 emostatico definito dai fattori plasmatici della coagulazione (emostasi secondaria)14.

L’emostasi primaria inizia con la cosiddetta “fase vascolare”, caratterizzata da una vasocostrizione mediata da fenomeni neuromuscolari e dal rilascio di sostanze vasoattive da parte dell’endotelio danneggiato e delle piastrine stesse. Tale fenomeno rallenta il flusso ematico, consentendo una maggiore interazione tra piastrine e fattori della coagulazione, con la parete del vaso8,15.

Tramite una serie di reazioni mediate dalle integrine, le piastrine inizialmente si spostano alla periferia del vaso lesionato, aderendo al subendotelio esposto in seguito ad un danno. Questo iniziale processo di adesione non è sufficiente a impedire la rimozione delle piastrine adese dalla corrente sanguigna; perché si abbia una adesione più stabile è necessario l’intervento di un’altra molecola di adesione, denominata GPIb-IX-V; questa proteina ha la capacità di legare il fattore di von Willebrand (vWF) inducendo così la formazione di un ponte tra il GPIb delle piastrine e l’endotelio: viene così generata una cascata di segnali che porta al cambiamento della forma delle piastrine (da discoidale a sferica), con la formazione dei cosiddetti psudopodi, che aumentano enormemente la superficie piastrinica favorendone l’attacco8,14,15. Questa stimolazione

comporta anche un cambiamento nella struttura della membrana esterna delle piastrine: assistiamo ad uno spostamento di alcuni fosfolipidi specifici dalla porzione interna a quella esterna della membrana: tra questi, troviamo la fosfatidilserina (platelet factor 3 o PF3), che fornisce una superficie legante per i fattori attivati della coagulazione, come la tromboplastina e altre proteine ematiche, in modo tale da attivare il processo a cascata della coagulazione11. Contemporaneamente, assistiamo ad una degranulazione,

una reazione di rilascio del contenuto dei granuli contenuti all’interno delle piastrine attraverso il sistema tubulare aperto: dai diversi granuli fuoriescono sostanze come ad esempio il fibrinogeno, ADP, calcio e serotonina, tutti potenti agonisti dell’aggregazione tra le piastrine16; inoltre vengono prodotti e

rilasciati mediatori come l’acido arachidonico, substrato per la formazione del trombossano A2, in grado di stimolare l’aggregazione piastrinica11: le piastrine

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21 promuovono la fase secondaria dell’emostasi e la formazione del tappo emostatico permanente.

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CAPITOLO 3: DISORDINI DEL NUMERO DI

PIASTRINE; LE TROMBOCITOPENIE

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23 3.1 Generalità

Il numero di piastrine circolanti in un organismo è il risultato di un equilibrio tra la produzione di piastrine, il consumo, la perdita, la distruzione e il sequestro in vari distretti. Eventuali stati patologici possono favorire uno di questi aspetti a discapito degli altri, andando in questo modo ad aumentare o diminuire il numero di piastrine nell’organismo5.

Un aumento del numero di piastrine superiore ai valori di riferimento è chiamato trombocitosi. Molte possono essere le cause di un aumento della concentrazione piastrinica, sia fisiologiche sia patologiche. Nella milza viene conservato circa 1/3 del numero totale delle piastrine prodotte, per questo motivo, è stato osservato che in caso di contrazione splenica a seguito di stimolazione α – adrenergica (ad esempio in caso di eccitazione o di esercizio fisico), si può assistere ad un aumento del numero circolante di piastrine. Inoltre si assiste ad un transitorio aumento in caso di intervento di splenectomia8. Si può assistere ad un innalzamento dei trombociti circolanti

anche in corso di alcuni processi patologici: in caso di risposta ad una preesistente trombocitopenia, l’organismo risponde aumentando i livelli di TPO, stimolando in questo modo la trombopoiesi (in questo parla di trombocitosi reattiva)8; si può avere trombocitosi in presenza di uno stato

infiammatorio (in particolare per un aumento dell’IL-6 che causa a sua volta un aumento dei livelli di TPO), a causa della carenza di ferro in caso di emorragie croniche, in corso di infezioni, di somministrazione di corticosteroidi, di iperadrenocorticismo, e in caso di neoplasie solide o ematopoietiche, leucemie piastriniche (leucemia megacarioblastica, trombocitemia essenziale) e altre patologie mieloproliferative e linfoproliferative17.

Al contrario, una diminuzione della concentrazione piastrinica nel circolo ematico inferiore ai limiti fisiologici (150-200 x 10⁹ /L) è conosciuta come trombocitopenia, condizione, nel cane, di gran lunga più comune rispetto alla prima.

(24)

24 3.2 Cause e classificazione delle trombocitopenie

La diminuzione del numero di piastrine può essere il risultato di numerose alterazioni dell’equilibrio tra produzione, consumo, sequestro e distruzione 5;

è una condizione che in qualche caso potrebbe riflettere disturbi sottostanti, e che dunque, richiede un’attenta analisi del soggetto. In ogni caso il rischio maggiore in questa condizione è costituito dalle potenziali emorragie che potrebbero instaurarsi come conseguenza del difetto dell’emostasi primaria, e che in certi casi, possono risultare fatali per il soggetto.

Per comprenderne la causa e intraprendere l’iter terapeutico più appropriato è fondamentale riuscire a classificare la trombocitopenia, in base al meccanismo attraverso il quale si è instaurata8:

o Da ridotta produzione; o Da aumentato consumo;

o Da aumentato sequestro, o da perdita; o Da aumentata distruzione.

3.2.1 Trombocitopenia da ridotta produzione di piastrine

Come sappiamo, le piastrine vengono prodotte dal midollo osseo, come risultato della frammentazione dei megacariociti. Questo disturbo in genere si instaura in seguito a patologie del midollo osseo che causano una mielosoppressione di tutte le linee cellulari, e che dunque può manifestarsi spesso in associazione con bicitopenia (trombocitopenia accompagnata da anemia o da leucopenia) o pancitopenia (di tutte e tre le linee cellulari), o presenza di cellule ematiche anormali, evidenziate con l’osservazione di strisci ematici ed aspirati midollari17. Varie possono essere le cause di

ipoplasia\aplasia midollare, fra cui troviamo le neoplasie primarie del midollo osseo (malattie mieloproliferative o linfoproliferative) o metastatiche (linfomi, carcinomi, mastocitomi), infezioni virali (parvovirus canino, cimurro), micosi sistemiche, ehrlichiosi, sepsi ed endotossiemia, o ancora induzione da farmaci come i diuretici tiazinici, il fenilbutazone, trattamenti prolungati con immunosoppressori come l’azatioprina o la ciclofosfamide, gli estrogeni e alcuni antibiotici come il cloramfenicolo e i sulfamidici/trimetoprim5.

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25 3.2.2 Trombocitopenia da aumentato consumo

L’aumentato consumo delle piastrine si verifica spesso nei casi in cui si instaura un processo di DIC (Disseminated Intravascular Coagulation), di formazione di trombi secondaria ad un danno vascolare, o di aggregazione piastrinica secondaria ad infezioni8. Ovviamente queste condizioni sono

conseguenza di altre patologie, come ad esempio infezioni, vasculiti, torsione splenica, necrosi epatica acuta, sindrome emolitico – uremica, porpora trombotica trombocitopenica, e tutte quelle condizioni in cui si instaura un processo di endotossiemia grave che può portare alla formazione di trombi e alla coagulazione intravascolare disseminata18.

È possibile riscontrare una trombocitopenia da aumentato consumo a seguito di episodi di avvelenamenti, come ad esempio in caso di morso di vipera: il veleno infatti può indurre l’attivazione e l’aggregazione delle piastrine, anche in risposta ai danni vascolari che esso può causare8.

3.2.3 Trombocitopenia da sequestro, o da perdita

Con il termine “sequestro” si intende una riduzione nel letto vascolare del numero di piastrine, causata da una loro distribuzione anomala nella circolazione di alcuni tessuti19; solitamente è conseguente a splenomegalia

(da torsione o da neoplasia), a epatopatia (in caso di ipertensione portale), in caso di ipotermia, o ancora, in caso di vasodilatazione secondaria a shock endotossiemico8.

In caso di emorragia grave difficilmente assistiamo a una trombocitopenia da perdita, grazie alle riserve di piastrine presenti sia nella milza sia nei polmoni. È comune però riscontrarla in seguito a ripetute trasfusioni con prodotti ematici poveri di piastrine, dovuta più ad un effetto di diluizione piuttosto che ad una perdita vera e propria. Alcuni studi hanno invece evidenziato che si può instaurare una trombocitopenia in caso di emorragia da avvelenamento con rodenticidi anticoagulanti, ma in questo caso il processo patogenetico è ancora sconosciuto17.

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26 3.2.4 Trombocitopenia da aumentata distruzione

Questo tipo di trombocitopenia prevede la presenza di uno stimolo che distrugge velocemente le piastrine: tale stimolo può essere di origine immuno-mediata ma anche di derivazione non immunologica.

Tra i primi possiamo avere19:

- Forme autoimmuni che prevedono la produzione di autoanticorpi anti-piastrine diretti e aderenti alla superficie dei trombociti;

- Forme secondarie ad infezioni, alla formazione di immunocomplessi (secondarie a infezioni da Ehrlichia canis) o neoplasie (per esempio in caso di linfoma);

- Forme secondarie indotte dalla somministrazione di farmaci come ad esempio il fenilbutazone o la difenilidantoina;

- Sindromi sistemiche come il Lupus Eritematoso Sistemico;

- In corso di anemie emolitiche immuno-mediate. Tra gli stimoli a derivazione non immunologica invece troviamo17:

- La vaccinazione con virus vivi attenuati, che provoca l’aggregazione delle piastrine e il loro allontanamento da parte del sistema macrofagico – monocitario;

- Farmaci che hanno un’azione diretta lesiva sulla superficie delle piastrine, come ad esempio i sulfamidici, alcuni anticonvulsivanti, alcuni antibiotici, alcuni antireumatici e tranquillanti;

- Agenti infettivi che possono danneggiare direttamente le piastrine, tramite la formazione di un danno vascolare che andrà a determinare l’aggregazione e la frammentazione piastrinica.

- Vasculiti da diversa eziologia (setticemia, infezioni virali, LES, Rickettsia rickettsii, herpesvirus canino);

- Veleno di serpente.

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27

CAPITOLO 4: LE TROMBOCITOPENIE

IMMUNO-MEDIATE

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28 4.1 Classificazione

Le trombocitopenie immuno-mediate (IMT) sono tutte quelle trombocitopenie da aumentata distruzione ad eziologia immunitaria, durante le quali le piastrine, attaccate da anticorpi più o meno specifici, vengono fagocitate prematuramente dai macrofagi a livello splenico o epatico 18.

Si distinguono due forme di IMT, primarie e secondarie. 4.1.1 Le trombocitopenie immuno-mediate primarie

Nella forma primaria di trombocitopenia immuno-mediata, chiamata anche porpora trombocitopenica idiopatica (ITP), si assiste alla presenza di autoanticorpi diretti contro specifici epitopi localizzati sulla superficie piastrinica, che stimolano una loro prematura fagocitosi da parte dei macrofagi. Sono disordini autoimmuni, detti anche idiopatici, in quanto non sono associati ad altre patologie e la loro causa è sconosciuta20. È una

patologia abbastanza comune nel cane e nell’uomo, mentre è rara nelle altre specie 21.

Nel cane con ITP l’emivita delle piastrine cala da 5 giorni a ore o minuti, e generalmente si assiste ad un’accelerazione della trombopoiesi, con un aumento sia del numero che delle dimensioni dei megacariociti: tuttavia questa iperproduzione sembra non essere efficace, in quanto la velocità con la quale le piastrine vengono distrutte supera quella di produzione. In alcuni casi, tuttavia, la valutazione del midollo osseo può rivelare una stima di megacariociti diminuita, in quanto anch’essi possono essere attaccati immunologicamente: alcuni studi hanno dimostrato come il numero di megacariociti presenti possa essere preso come elemento prognostico, associando una diminuita stima megacariocitaria ad una prognosi peggiore rispetto ad una loro normale o aumentata presenza 21.

La patogenesi delle ITP non è ancora del tutto conosciuta; sappiamo che l’organismo produce immunoglobuline (in particolare IgG e IgM) dirette contro antigeni piastrinici, e per questo si parla di autoanticorpi anti-piastrine

22. Alla luce di numerosi studi è stato visto che le ITP nel cane possono essere

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29 nell’uomo, nel cane, il target degli autoanticorpi è costituito da alcune glicoproteine di membrana presenti sulla superficie piastrinica, tra cui la IIb/IIIa e Ib/IX 23. Le piastrine attaccate dagli anticorpi vengono

successivamente fagocitate dai macrofagi splenici ed epatici.

Non è del tutto noto il motivo per cui il sistema immunitario attacchi gli antigeni specifici; ciò che è noto è che la predisposizione genetica, il sesso e i fattori ambientali, come agenti infettivi, inquinanti e lo stress, abbiano un ruolo chiave nell’istaurarsi della patologia. Come per la maggior parte delle malattie autoimmuni è riconosciuta una predisposizione del sesso femminile, anche per quanto riguarda le ITP sembra che si manifestino circa il doppio delle volte rispetto al sesso maschile; per quanto concerne l’età, varia tra gli 8 mesi ai 15 anni, con una media che si aggira attorno ai 6 anni25.

Per quanto riguarda la predisposizione genetica, è stato osservato come in alcune razze l’incidenza con cui si manifestano le ITP sia maggiore rispetto ad altre: è il caso del Cocker Spaniel, del Barboncino standard, nano e toy, del Bobtail e dei cani da Pastore tedeschi; per quanto riguarda i fattori ambientali, è riconosciuto come lo stress influenzi negativamente il sistema immunitario, e come possa anche esacerbare eventuali meccanismi autoimmuni: malattie recenti, interventi chirurgici, stress psicologico, temperature estreme sono tutti fattori che possono essere associati con una manifestazione di ITP 25.

4.1.2 Le trombocitopenie immuno-mediate secondarie

Le forme secondarie di IMT vengono così chiamate perché si instaurano in seguito ad altre patologie primarie20, che secondo vari meccanismi

patogenetici, possono causare una distruzione delle piastrine da parte di anticorpi anti-piastrine; in caso di sindromi autoimmuni, come per esempio in caso di Lupus Eritematoso Sistemico (LES), si assiste alla produzione di tali anticorpi specifici contro epitopi presenti sulla superficie piastrinica 20; tali

patologie inoltre, così come infezioni, vaccinazioni, somministrazione di farmaci e neoplasie, possono portare ad una produzione di immunocomplessi circolanti che vengono assorbiti dalle piastrine, attivando successivamente il sistema complemento che ne causa la distruzione 20. Un altro meccanismo

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30 patogenetico prevede la produzione di anticorpi diretti contro un antigene allopatico, legato però alla superficie delle piastrine, oppure una IMT si può instaurare quando, in corso di una patologia, vengono danneggiati alcuni antigeni sulla superficie piastrinica che in questo modo stimolano la produzione di anticorpi anti-piastrine 5.

Varie possono essere le cause di una forma secondaria di IMT:

 Infezioni: malattie infettive ad eziologia virale, batterica, parassitaria (da protozoi e nematodi in particolar modo) e fungina sono cause molto comuni di ITP, per quanto la componente immuno-mediata sia soltanto uno dei meccanismi che possono portare a trombocitopenia in questi casi; infatti spesso, in corso di infezione, possiamo assistere anche ad una mielosoppressione, a sequestri splenici e ad un aumentato consumo di piastrine, che si aggiungono alla componente immunitaria di distruzione piastrinica 20,26. Tra i principali agenti eziologici troviamo il virus del cimurro,

Ehrlichia canis, Leishmania infantum e Rickettsia rickettsii 17,20. È stata

riscontrata una forma secondaria di IMT associata a IMHA anche in un soggetto affetto da ehrlichiosi granulocitica da Anaplasma phagocytophilum

27; in un altro caso, la IMT era secondaria a infezione da Angiostrongylus

vasorum 28.

 Neoplasie: come nel caso delle infezioni, anche in corso di neoplasie è comune riscontrare una trombocitopenia da cause multi – fattoriali, inclusa la componente autoimmune 8. In particolar modo si possono trovare in corso di

malattie linfoproliferative, come il linfoma, ma anche in corso di neoplasie solide come nell’emangiosarcoma. La trombocitopenia è comunemente associata alle neoplasie nel cane e, a volte, può perfino precedere la scoperta del tumore stesso 17.

 Somministrazione di farmaci: alcuni farmaci possono causare trombocitopenia mediante vari meccanismi. In generale suddividiamo gli anticorpi prodotti in questi casi in dipendenti o indipendenti dal farmaco. Nel primo caso assistiamo ad una produzione di anticorpi diretti contro farmaci o loro metaboliti, che si legano quando questi sono stati assorbiti dalla piastrina, o quando la loro presenza modifica un antigene sulla superficie piastrinica, o

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31 ancora, quando l’associazione piastrina – farmaco costituisce un nuovo antigene. Nel secondo caso, invece, assistiamo alla produzione di anticorpi prodotti in seguito alla somministrazione del farmaco, che cross reagiscono con alcuni epitopi presenti sulla superficie piastrinica.

Questa forma di IMT è da sospettare quando emerge qualche settimana successiva alla somministrazione di un farmaco, e che, successivamente alla sua sospensione, si risolve rapidamente.

Nel cane i principali farmaci che sono stati dimostrati essere la causa di IMT sono i sali d’oro di auranofina, i sulfonamidici potenziati e le ciclosporine 5.

 Sindromi autoimmuni sistemiche; le IMT possono presentarsi in associazione ad altri disordini immunitari. Possono accompagnare le anemie emolitiche immunomediate, artrite reumatoide, pemfigo, poliartrite. Questo accade soprattutto in caso di malattie sistemiche, come il LES, o la sindrome di Evans, o la neutropenia idiopatica responsiva agli steroidi, quando l’organismo è stimolato a produrre numerosi autoanticorpi diretti verso diversi distretti 20.

 Trombocitopenia alloimmune neonatale; si tratta di una patologia che si instaura quando un neonato assume, col colostro, anticorpi materni rivolti verso epitopi di origine paterna localizzati sulle piastrine, causando dunque una loro distruzione. Non è descritta nel cane, mentre è stata osservata nella specie equina e suina 5.

4.2 La clinica

Il quadro clinico di un soggetto con trombocitopenia, qualunque sia la sua origine, dipende dalla causa scatenante, dalla durata e dalla gravità: in generale il rischio maggiore che può manifestarsi è quello di un’emorragia, sebbene questa non sia sempre presente o manifesta: il sanguinamento spontaneo infatti non si manifesta fino a che la conta piastrinica non scende al di sotto di 20 x 10⁹/L, 40 x 10⁹/L in caso di concomitanti alterazioni sulla funzionalità piastrinica 19. Per questo motivo non sempre un soggetto con ITP

viene portato in visita per emorragia capillare; la trombocitopenia può anche essere un reperto occasionale, evidenziata in seguito ad altri problemi presentati dal soggetto, o in caso di visite di controllo pre operatorie 20.

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32 Nell’anamnesi possiamo trovare sintomi aspecifici, come letargia e disoressia

29–31; in caso di forme secondarie la sintomatologia è riferibile alla patologia

sottostante, con sintomi come febbre, tosse o linfoadenopatia. Il proprietario può riferire anche di sanguinamenti prolungati in seguito a ferite di origine traumatica, in seguito a interventi chirurgici oppure in seguito a procedure cliniche come per esempio un semplice prelievo ematico. L’animale può anche presentare perdite ematiche sotto forma di epistassi, emottisi, melena, ematochezia, ematuria, emorragie episclerali e gengivali, petecchie ed ecchimosi muco-cutanee soprattutto su addome e piatto delle cosce ed ematomi 25. Talvolta possono essere presenti segni neurologici, conseguenti

ad emorragie intracraniche o intramidollari 19.

Un reperto frequente è anche l’anemia che può presentarsi sia come conseguenza delle perdite ematiche, che come disturbo emolitico immunomediato frequentemente associato a ITP. In questi casi l’animale può avere mucose pallide, con presenza o meno di petecchie, oltre che a sintomi aspecifici come abbattimento, anoressia, affaticamento, epato-splenomegalia e febbre 25.

Solitamente, nei soggetti con ITP, la febbre, la splenomegalia e la linfoadenopatia non sono comuni25. Tuttavia, uno studio ha considerato 30

cani, e di questi, il 23% presentava febbre, il 17% presentava una leggera linfoadenomegalia, e il 63% aveva epato-splenomegalia, forse dovuta alla fagocitosi macrofagica delle piastrine che avviene a livello di questi organi 32.

Anche in altri studi è stata riscontrata febbre in 8 casi su 15 33 e in 1 su 54 29.

4.3 La diagnosi di ITP

Per poter emettere una diagnosi di IMT primaria è necessario escludere tutte le altre cause di trombocitopenia immunomediata secondaria 20. È necessario

dunque formulare un iter diagnostico che prevede numerosi esami di laboratorio che saranno in grado di escludere tutte le altre cause di IMT 21.

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33 4.3.1 Esame emocromocitometrico (CBC) e valutazione dello striscio di sangue periferico

Generalmente, nei soggetti colpiti da ITP, riscontriamo una marcata trombocitopenia, con una stima piastrinica inadeguata (minore di 30 x 10⁹ piastrine /L), più bassa rispetto alle forme secondarie di IMT 29,34; tuttavia, in

un paziente in cui il CBC mostra una trombocitopenia, è sempre consigliabile effettuare una lettura al microscopio ottico dello striscio di sangue periferico, per poter valutare correttamente il numero di trombociti e ricercare eventuali aggregati piastrinici 20: l’aggregazione piastrinica infatti è una causa frequente

di falsa trombocitopenia, che può essere riscontrata anche nel caso in cui il contaglobuli utilizzato per effettuare l’esame escluda le piastrine troppo grandi o troppo piccole. Per questo motivo è consigliabile sempre effettuare la lettura dello striscio, per poter confermare che si tratti effettivamente di una stima piastrinica inadeguata o ridotta 21.

La valutazione dello striscio ematico è utile anche in quelle razze, come il Cavalier King Charles, che presentano fisiologicamente una pseudotrombocitopenia 10: è stato osservato, infatti, che in questa razza, a

causa di una mutazione del gene che codifica per la tubulina β1 (β1 tubulin), si ha un’anomalia durante la formazione delle propiastrine nel processo della trombopoiesi; questo anomalo sviluppo comporta la formazione di un numero minore di piastrine che però presentano un volume maggiore: si parla infatti di macrotrombocitopenia, che è stata vista essere un tratto autosomico recessivo ereditario in questa razza 35. Per questo motivo, la conta piastrinica

di questa razza, risulta falsamente minore rispetto alle altre, e la lettura dello striscio è indispensabile per accertarsi che si tratti di pseudotrombocitopenia e non di una carenza reale.

Una marcata trombocitopenia però, è riscontrabile anche in corso di altre patologie, come ad esempio in caso di DIC, o in caso di infezioni: per questo motivo, una volta confermata la presenza di trombocitopenia, per poter iniziare a inquadrarla e classificarla, è importante osservare tutte le linee cellulari, eritrociti, leucociti e trombociti. Una trombocitopenia dovuta a patologie del midollo osseo è spesso accompagnata da soppressione di una

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34 (bicitopenia) o di entrambe (pancitopenia o tricitopenia) le altre due linee cellulari ematiche 17.

Una ITP invece non possiede un quadro tipico, ma può essere accompagnata da varie alterazioni delle varie linee; l’eritrogramma può mostrare la presenza di un’anemia, spesso rigenerativa, causata da un’emorragia conseguente la diminuzione di piastrine 20, o di origine immuno mediata (IMHA) 21; è stato

visto infatti che i soggetti con ITP, nel 20% dei casi circa presentano contemporaneamente anche una IMHA 29,31,34.

Il leucogramma in corso di ITP non mostra alterazioni specifiche 20: può

evidenziare una leucocitosi neutrofilica con shift a sinistra, dovuta ad una risposta aspecifica del midollo osseo alla trombocitopenia o all’anemia, oppure causata dall’attività chemiotattica dovuta al fattore attivante le piastrine. In altri casi possiamo avere un leucogramma cosiddetto “da stress”, con neutrofilia, linfopenia, eosinopenia e monocitosi 25.

Altre informazioni che può fornirci l’esame emocromocitometrico è la presenza di microtrombocitosi, e cioè la presenza di una popolazione predominante di piccole piastrine, valutato tramite il volume piastrinico medio (MPV) 20: questa condizione non è sempre presente, ma quando viene

evidenziata, aumenta il sospetto diagnostico di IMT, in quanto si pensa che la diminuzione del volume sia dovuto ad una distruzione preferenziale da parte dei macrofagi o del complemento delle piastrine più grosse fortemente sensibilizzate da IgG, oppure ad una frammentazione delle piastrine dopo un attacco immunologico 36.

A volte è possibile evidenziare anche un aumento dell’MPV, parlando quindi di macrotrombocitosi, che indica un’aumentata trombopoiesi in risposta alla trombocitopenia da aumentata distruzione.

Uno studio effettuato su 49 cani con presunta diagnosi di ITP, ha preso in considerazione tre parametri, il volume piastrinico medio (MPV), l’ampiezza di distribuzione piastrinica (PDW) e l’ematocrito piastrinico o piastrinocrito (PCT), al momento della prima visita e durante il follow up, per valutarne l’andamento: hanno osservato che i cani con ITP presentavano in un solo caso un MPV diminuito, dieci soggetti avevano un volume piastrinico medio nella

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35 norma, mentre nei restanti 38 era aumentato. Inoltre lo studio ha evidenziato come il PCT tende ad aumentare prima del numero delle piastrine, e che potrebbe essere dunque utilizzato come indicatore dell’andamento della patologia 36.

4.3.2 Valutazione del midollo osseo

Normalmente, in caso di IMT, la valutazione al microscopio ottico dell’aspirato midollare non è indicata, in quanto non vi è un quadro tipico che ci possa aiutare nella diagnosi 20. L’esame del midollo osseo è consigliato qualora la

trombocitopenia si accompagni con la riduzione di una o entrambe le altre due linee cellulari, per valutare lo stato di emopoiesi midollare, e controllare la presenza e la morfologia dei precursori; inoltre può essere effettuato per valutare se la trombocitopenia è dovuta ad un’inefficace produzione piastrinica, ad un aumentato utilizzo, o ad una aumentata distruzione 21.

In corso di ITP i megacariociti possono essere presenti in numero normale o aumentato, a significare che le piastrine vengono distrutte e di conseguenza avremo un’elevata concentrazione di TPO che stimolerà la produzione dei precursori per sopperire alla carenza. In alcuni casi però, la valutazione dell’ago aspirato del midollo mostra un numero ridotto anche di megacariociti, o in seguito ad un prelievo insufficiente non rappresentativo, oppure perché il processo autoimmune è diretto anche verso i megacariociti stessi, distruggendoli. Questa differenza può essere considerata anche come attore prognostico della patologia, interpretando la diminuzione dei megacariociti come segno di una prognosi peggiore 29.

4.3.3 Ricerca di autoanticorpi antipiastrina

Nel cane sono stati sviluppati vari metodi di ricerca di autoanticorpi antipiastrina, ma nessuno di questi è in grado di distinguere una IMT primaria da una secondaria 37. Questi anticorpi fanno parte della classe delle IgG, e

vengono comunemente chiamati “IgG leganti le piastrine”. I principali test che possono essere effettuati sono:

(36)

36 - Esame del fattore piastrinico 3 (Platelet Factor 3, PF3); si basa sul concetto che le piastrine nel campione di sangue in seguito all’attacco da parte delle IgG presenti nel siero, rilasceranno PF3, che andrà a interagire con la tromboplastina, aumentando il tempo di tromboplastina parziale. Questo test possiede una sensibilità che varia tra il 20 e l’80%, e una bassa specificità 38:

per questo motivo oggi è stato abbandonato .

- Esame di immunofluorescenza diretta sui megacariociti; questo esame individua le IgG legate ai megacariociti, e presenta una sensibilità tra il 30 e l’80%. Lo svantaggio è che necessita di un prelievo del midollo osseo, che, come abbiamo detto, non sempre viene effettuato in caso di trombocitopenia20.

- Ricerca di IgG legate alle piastrine; questo è un test altamente sensibile (sensibilità di circa il 90%), che rileva la concentrazione aumentata di IgG e IgM legate alle piastrine. Si raccoglie il campione, le piastrine vengono lavate e incubate con IgG e IgM di topo anti-cane, coniugate alla fluoresceina; dopo di ché vengono lavate nuovamente e analizzate per la fluorescenza con la citometria a flusso, eseguita tramite citofluorimetro. Questo test è il più utilizzato, vista la sua praticità e rapidità; inoltre si effettua su un campione di sangue periferico di almeno 3 mL conservato in provette con K3EDTA 39. Vista

l’elevata sensibilità del test (circa 90%) vi è un basso rischio di falsi negativi, ma, l’esito positivo del test non è specifico di una forma primaria di IMT 37:

questi test diretti che utilizzano la citometria a flusso per rilevare le IgG e IgM legate alle piastrine sono i metodi più comuni attualmente in uso per i campioni di sangue di cane. In uno studio del 1995 39 è stato osservato che il

campione raccolto, deve essere conservato a basse temperature ma può essere analizzato nelle 72 ore successive al prelievo. Tuttavia, studi successivi hanno evidenziato che un contatto prolungato con i leucociti prima della separazione dal plasma, può determinare un’attivazione piastrinica, e per questo motivo è consigliato effettuare il test entro massimo 36 ore dal prelievo 40. Inoltre un altro studio ha osservato che i campioni analizzati dopo

(37)

37 falsamente aumentata rispetto ad un’altra analisi effettuata entro quel tempo stabilito 41.

- Rilevamento di IgG leganti le piastrine nel siero; permette di rilevare la presenza di IgG antipiastrine presenti nel siero di un soggetto, mettendolo a contatto con piastrine di un soggetto sano della stessa specie. Anche questo esame non è specifico per le forme primarie di IMT, ma è utile solo per individuare la presenza di anticorpi. I test indiretti come questo, tuttavia, sono meno consigliati di quelli diretti, in quanto molti anticorpi si trovano adesi alle piastrine, e sono pochi quelli che rimangono libere in circolo 22. Inoltre i test

indiretti non sono in grado di differenziare gli autoanticorpi presenti nel siero dagli immunocomplessi, dagli aggregati di IgG che possono crearsi nel campione o dagli alloanticorpi che possono essere presenti nel plasma 23.

4.3.4 Esclusione di altre cause di trombocitopenia

Una volta confermata la presenza di autoanticorpi antipiastrine è importante effettuare una serie di esami che possono individuare una patologia sottostante che possa aver causato la IMT, in modo tale da poter impostare la terapia più adeguata. Il segnalamento del soggetto, i dati anamnestici e gli esami di laboratorio possono aiutare nella formulazione della diagnosi, ma nessuno di questi è specifico per l’ITP 21. La diagnosi di una forma primaria di

IMT si effettua escludendo tutte le altre possibili cause:

 Test per le principali malattie infettive; escludere eventuali infezioni ad eziologia parassitaria come Leishmania, Rickettsia, Ehrlichia, Babesia e Dirofilaria, o virale come il Parvovirus e il virus del Cimurro.

 Somministrazione di farmaci; qualsiasi farmaco può potenzialmente causare una IMT. È importante una buona raccolta di dati anamnestici, per accertarsi se il soggetto stia assumendo qualche farmaco. In questi casi solitamente l’IMT si manifesta dopo settimane o mesi dall’inizio della cura e, una volta sospeso il farmaco, si risolve in massimo due settimane. Inoltre, una volta risolta, non dovrebbe presentare recidive, a meno che non venga nuovamente somministrato il farmaco. Per questo motivo solitamente, in un soggetto con

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38 IMT è consigliabile sospendere la somministrazione di tutti i farmaci non strettamente necessari.

 Neoplasie; spesso nel cane la trombocitopenia è associata a neoplasie, soprattutto a quelle linfoproliferative e all’emangiosarcoma. Nel cane con IMT è importante effettuare una serie di esami collaterali che prevedono anche la diagnostica per immagini, per individuare eventuali anomalie, come una splenomegalia associata ad una alterazione del parenchima, o la presenza di altre masse. È importante l’esame clinico per individuare eventuali tumefazioni, linfoadenopatie o altre anomalie che possono essere riconducibili a neoplasia. È comune, nei casi di IMT, riscontrare all’esame ecografico addominale, una splenomegalia con segni di disomogeneità del parenchima. È importante precisare tuttavia che in corso di neoplasia la trombocitopenia ha un’eziologia multifattoriale: accanto alla componente immunitaria infatti può esserci una mielosoppressione che diminuisce la produzione stessa di trombociti, una splenomegalia che causa un sequestro di piastrine al livello dell’organo, un episodio di DIC che contribuisce alla diminuzione di piastrine circolanti 21,36.

4.4 La terapia e il monitoraggio delle trombocitopenie immuno-mediate primarie

Il trattamento delle IMT si basa per la maggior parte sull’utilizzo di farmaci ad azione immunosoppressiva, che agiranno con vari meccanismi sul processo immuno-mediato, cercando di ottenerne un controllo, fino alla remissione. Tali farmaci tuttavia possiedono numerosi effetti avversi, di cui alcuni possono insorgere in tempi brevi ed essere facilmente tollerabili, soprattutto se il trattamento stesso è di breve durata, e altri che si instaurano in seguito ad un trattamento di lunga durata e di maggiore gravità; la terapia impostata dunque deve cercare di controllare il processo immuno-mediato, ma al contempo deve anche attenuare gli effetti avversi che questi farmaci inducono. Per questo tali patologie richiedono un attento e prolungato follow-up, finalizzato a monitorare l’evoluzione della malattia, evitando che gli effetti collaterali debilitino ulteriormente il soggetto, migliorando in questo modo

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39 anche la prognosi a lungo termine. Nei trattamenti a lungo termine il monitoraggio è fondamentale per capire se è possibile diminuire nel tempo i dosaggi, e quindi gli effetti avversi, fino a una dose minima di mantenimento o, talvolta, fino alla sospensione; un attento follow-up permette anche di valutare se il farmaco si dimostra inefficace nella gestione della patologia e quindi se è necessario considerare una terapia alternativa o supplementare. Inoltre il monitoraggio è utile anche dopo che la terapia è stata diminuita o sospesa per tenere sotto controllo la salute del paziente e intervenire in caso di riacutizzazione della patologia 42.

Raramente il soggetto con ITP si presenta in regime di emergenza, a meno che non sia in atto una grave emorragia che lo stia velocemente anemizzando. Ovviamente in questi casi, prima di effettuare iter diagnostici approfonditi, occorre stabilizzare il paziente, cercando di ristabilire la volemia somministrando cristalloidi, colloidi, concentrati di globuli rossi e, quando possibile, una trasfusione di sangue intero 25; in alcuni casi possono essere

somministrati anche concentrati di piastrine, indicate nei cani con trombocitopenia grave o improvvisi segni neurologici a causa di emorragie del SNC 43.

In caso di soggetti trombocitopenici è importante prevenire che si instauri un’emorragia, mettendo in atto una serie di accorgimenti che prevedono il riposo del soggetto e la riduzione al minimo della possibilità di traumi. Anche per quanto riguarda la via di somministrazione, è da preferire, quando possibile, la via orale, per evitare di andare a ledere i vasi sanguigni, ma negli animali con vomito o altre problematiche gastro-intestinali che diminuiscono l’assorbimento, la via endovenosa resta la scelta migliore 25.

I farmaci di prima scelta sono i corticosteroidi, che, oltre a essere poco costosi, agiscono tramite vari meccanismi e garantiscono una rapida risposta terapeutica a basso rischio di tossicità immediata 42: prevengono la

distruzione delle piastrine sensibilizzate dagli anticorpi, causata dai macrofagi; diminuiscono la produzione di autoanticorpi; stimolano la trombopoiesi a livello midollare probabilmente inibendo la fagocitosi delle piastrine da parte dei macrofagi midollari; inoltre aumentano la resistenza capillare alle

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40 emorragie, riducendo la gravità di un’eventuale emorragia prima ancora che aumenti il numero di piastrine; nell’uomo è stato visto come, oltre a questi effetti, i corticosteroidi inibiscano la sintesi della prostaglandina I2, un agente

antipiastrinico sintetizzato dall’endotelio 31. La risposta a questa terapia è

rapida e prevede nella maggior parte dei casi l’aumento del numero di piastrine entro 7 giorni dall’inizio del trattamento a dosaggi immunosoppressivi, fino a raggiungere le 50 - 100 x 10⁹ piastrine /L. La terapia con corticosteroidi è una terapia aspecifica, che prevede una risposta analoga sia delle IMT primarie che delle secondarie21.

I farmaci più utilizzati sono il prednisone e il prednisolone: questi due principi attivi si equivalgono da un punto di vista clinico: sono corticosteroidi a durata d’azione intermedia, con un’emivita biologica compresa tra 12 e 36 ore, e quindi idonei anche ad una terapia di lunga durata, che prevede una somministrazione a giorni alterni con una riduzione degli effetti avversi; inoltre possiedono una maggiore attività glucocorticoidea, correlata all’effetto antinfiammatorio, quattro volte superiore rispetto a quella mineralcorticoidea, collegata all’insorgenza degli effetti collaterali42. Entrambi

i farmaci esplicano la loro azione anti infiammatoria con una somministrazione di un dosaggio di circa 0,5 – 1 mg/kg PO al giorno, mentre per l’azione immunosoppressiva il dosaggio aumenta, superando 1,5 – 2 mg/kg PO al giorno. La differenza tra i due farmaci è data dal fatto che il prednisone è il precursore del prednisolone, in cui viene convertito al livello del fegato. La biodisponibilità del prednisone, dunque, è minore rispetto a quella del prednisolone (circa il 65%) 42; inoltre, essendo convertito dal fegato,

se ne sconsiglia l’uso in quei pazienti affetti da insufficienza epatica, o in quelle specie, come il gatto o il cavallo, che fisiologicamente non riescono a convertirlo efficientemente: in questi casi dunque si consiglia l’uso del prednisolone al posto del prednisone 44. Questo approccio terapeutico

prevede un dosaggio giornaliero iniziale di 1 – 2 mg/kg PO ogni 12 ore per almeno 3 – 4 settimane 21,25,29,33,42,43,45; se la conta piastrinica aumenta, la

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