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La Valcanale dalla Preistoria alla Seconda Guerra Mondiale

3. LA GERMANOFONIA SUDALPINA

4.2. La Valcanale dalla Preistoria alla Seconda Guerra Mondiale

Alcuni ritrovamenti archeologici, fra i quali un’ascia in porfido verde databile alla fine del Neolitico e una spada risalente all’età del bronzo, fanno pensare che in Valcanale ci fosse una presenza umana stabile fin dalla preistoria, ma le testimonianze più importanti relative alla Valle sono sicuramente collegate al periodo romano.

I Romani intrattennero ottimi rapporti commerciali e diplomatici con le tribù celtiche transalpine dei Norici, il cui regno si consolidò fin dal I secolo a.C. con Magdalensberg (a nord di Klagenfurt) come capitale. I confini del territorio norico erano segnati a meridione dalle Dolomiti, dalle Alpi Carniche e dalle Caravanche, mentre veniva riconosciuta e rispettata l’autorità romana sull’Italia nord-orientale. Gli stessi confini diventarono nel 15 a. C. i limiti del protettorato romano del Norico in seguito all’occupazione voluta dall’imperatore Augusto, mentre nel 45 d.C. l’imperatore Claudio insediò dei procuratori affinché amministrassero il territorio. In seguito Diocleziano decise la divisione del Norico, ormai con lo status di Provincia Imperiale, in due parti: Norico meridionale o interno (Noricum

Mediterraneum) con capitale Teurnia, nell’attuale Carinzia occidentale,

comprendente anche la Valcanale, e il Norico settentrionale o esterno (Noricum

Ripense). Per contrastare eventuali invasioni barbariche Roma decise di fortificare

gli stessi valichi alpini che fino ad allora aveva difeso solo con poche legioni militari.

Per meglio sfruttare le risorse minerarie della Provincia norica, i Romani costruirono oltre a opere difensive anche una rete viaria composta di strade consolari e strade secondarie che aveva come punto di partenza Aquileia. Lungo la

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via che risaliva il Canal del Ferro e la Valcanale e conduceva a Santicum (Villach) per proseguire fino a Virunum (Magdalensberg) sorsero diversi insediamenti di non sempre facile identificazione. Fra essi sicuramente è da citare Camporosso, che rappresenta lo spartiacque fra Mar Adriatico (in cui sfocia il Tagliamento dopo aver accolto il fiume Fella) e Mar Nero (in cui sfocia il Danubio in cui affluisce la Drava dopo l’immissione della Slizza). Fino a tempi abbastanza recenti gli storici riconoscevano in Camporosso la romana Mansio Larix, ipotesi poi rivista a favore dell’insediamento di Statio Bilachinensis con ruolo di stazione doganale.

Verso la fine del 500 d.C. la Valcanale allacciò rapporti molto stretti con le vicine popolazioni slave della Carantania e ciò portò alla creazione dei primi insediamenti sloveni da parte di alcune tribù peraltro già presenti nelle valli austriache della Carinzia e della Stiria e nella valle dell’Isonzo.

Nel novembre 1007 l’imperatore Enrico II costituì il Vescovado di Bamberga in Germania, e lo dotò di numerose proprietà poste anche molto lontano dalla sede vescovile. Al Capitolo bamberghese appartennero da subito la zona di Villach, di Federaun e di Arnoldstein in Carinzia e i passi alpini valcanalesi di Camporosso e di Predil. Nel 1014 lo stesso imperatore donò le tre località di Cocoleu (forse Coccau presso Tarvisio), Liubrovici e Niuzellici, segnando la presenza stabile del Capitolo in Valcanale. Tale presenza durò per 752 anni, fino al 1759, con l’alternarsi di sessantuno Principi-Vescovi tutti di estrazione tedesca. I confini dei possedimenti bamberghesi in territorio valcanalese iniziavano dal torrente Pontebbana per estendersi fino all’attuale Coccau (da cui poi iniziava il Ducato di Carinzia), a Cave del Predil e alla Val Saisera per poi ricollegarsi al punto di partenza presso il ponte di Pontebba-Pontafel. Da qui iniziava il Patriarcato di Aquileia.

Grazie alla costituzione del Capitolo di Bamberga si insediarono in Valcanale le prime famiglie tedesche provenienti dalla Franconia e dalla Carinzia, e successivamente anche di famiglie “italiane” provenienti dalla Lombardia e dal Veneto attirate soprattutto dalle fiorenti attività minerarie e commerciali che interessarono la valle. Il controllo amministrativo fu affidato alla Signoria di Federaun che si occupava inoltre delle varie stazioni doganali (mude) dislocate lungo la via che conduceva a Venezia. I due centri vallivi principali, Tarvisio e

Malborghetto, ottennero nel XIV-XV secolo il diritto di fregiarsi del titolo di “paesi con diritto di mercato” e poterono anteporre la denominazione Markt al loro nome (da cui si ebbe Markt Tarvis e Markt Malborghet), e dotarsi di amministratori propri.

Il loro controllo passò dalla Signoria di Federaun direttamente alla sede principale di Wolfsberg. Gli abitanti di Malborghetto e di Tarvisio ebbero inoltre una serie di privilegi concessi solo ai paesi con il rango di Markt, fra cui la possibilità per gli imprenditori di ambire a titoli nobiliari, il diritto di fregiarsi della definizione di “cittadini” (Bürger), la dotazione di stemma e insegne ufficiali, la gestione del territorio, l’autorità locale con compiti giuridico-amministrativi, la prerogativa di tenere uno o due mercati annuali.

Tuttavia i continui scontri bellici fra bamberghesi e patriarcali minarono lentamente l’economia del Capitolo non solo in Valcanale. Gradualmente il Principe-Vescovo di Bamberga fu costretto a dover cedere la sovranità sui propri territori all’imperatore austriaco, anche in virtù del fatto che né la Dieta carinziana né il governo centrale austriaco consideravano positiva la presenza dei bamberghesi in Carinzia. Nel 1674 il principe vescovo di Bamberga Pietro Filippo di Dernbach e l’imperatore Leopoldo I d’Asburgo68 siglarono l’accordo detto Recesso Eterno in

virtù del quale il Capitolo avrebbe ceduto i suoi territori alla Casa Imperiale, dietro compenso di 40.000 fiorini da far incassare dalla muda di Tarvisio.

Il declino totale del Capitolo si verificò sotto l’imperatrice Maria Teresa, la quale per fronteggiare le crescenti spese militari impose il pagamento e la riscossione diretta delle tasse con effetto retroattivo nei confronti dei debitori. La somma da pagare si rivelò insostenibile da parte del principe vescovo, cui non rimase che vendere in via definitiva i territori che ancora gli pertinevano in Carinzia all’imperatrice. La vendita fu contratta nel 1759 fra Maria Teresa e Francesco Konrad di Bamberga per una somma di un milione di fiorini. Tale compravendita segnò dunque la fine del controllo bamberghese in Valcanale e il definitivo passaggio alle competenze del Ducato di Carinzia e di Vienna. Per la valle questo significò anche la perdita di molte delle prerogative acquistate sotto il Capitolo. Già

68 Detto anche Leopoldo I del Sacro Romano Impero. Non lo si confonda con Leopoldo I

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messa in difficoltà dagli eventi politici e dalle carestie che afflissero la regione, nel 1797 la Valcanale fu teatro degli scontri fra le truppe austriache guidate dal principe Carlo e l’esercito napoleonico condotto dal generale Massena.

Una seconda campagna napoleonica nel 1809 culminò con la sconfitta asburgica e l’annessione della Valcanale alle Province Illiriche. Nel 1811 la valle fu aggregata con decreto napoleonico al Regno d’Italia (Dipartimento di Passariano – Cantone di Tarvisio) e passò sotto la Prefettura di Udine. La lingua italiana, già presente in valle per uso commerciale, divenne la lingua ufficiale dei rapporti burocratici. La parentesi italiana si concluse nel 1813 con la riconquista austriaca della Valcanale e la definitiva riannessione all’Impero austriaco nel 1814. Le signorie austriache, fra cui quella di Federaun che ancora amministrava la Valcanale, perdurarono fino al 1848, anno in cui fu intronizzato l’imperatore Francesco Giuseppe.

Nello stesso anno si tennero le prime libere elezioni del Parlamento Carinziano e fu istituita la Provincia autonoma della corona della Carinzia, di cui fece parte anche la valle. Di notevole importanza per i valcanalesi fu poi la Patente Imperiale del 1853, con la quale si sanciva il diritto di servitù di legnatico in un periodo di particolare indigenza economica. Nella seconda metà del XIX secolo venne potenziata la linea ferroviaria e stradale che collegava Tarvisio con Lubiana, con Villach e con il confine italiano di Pontafel/Pontebba. Si costruirono anche le prime strutture ricettive destinate ad accogliere i nobili e ricchi passeggeri dei treni di lusso che, diretti in varie località, transitavano in Valcanale. Il turismo d’élite, legato alla “scoperta” delle montagne del tarvisiano e alle loro peculiarità termali, e l’industrializzazione delle località di Raibl e di Weissenfels modificarono radicalmente l’assetto socioeconomico della valle fino al primo decennio del XX secolo, quando ripresero le battaglie fra gli italiani, cui era stato assegnato il Friuli, e gli austriaci.

Nel 1915 si decise la temporanea evacuazione della popolazione valcanalese, ammontante a circa 6000-7000 unità, in Stiria e in Carinzia, e i centri praticamente spopolati di Tarvisio Alto, Lusnizza, San Leopoldo, Pontafel e l’italiana Pontebba subirono ingenti danni a causa dei bombardamenti, mentre Valbruna e il Santuario di Lussari furono rasi al suolo. Nel novembre 1917 gli abitanti della Valcanale

poterono far ritorno nelle loro case, che trovarono saccheggiate e distrutte. Il 10 settembre del 1919 fu siglato il trattato di Saint-Germain en-Laye con il quale l’Austria, paese sconfitto nel conflitto mondiale, dovette cedere al Regno d’Italia l’Alto Adige, Trieste, l’Istria e la Valcanale. Il plurisecolare confine rappresentato dal ponte di Pontebba-Pontafel venne spostato inizialmente al bivio con il Gailtal e nel 1924 poco a ovest di Thörl in Carinzia. Nel 1920 con la Pace di Rapallo anche Weissenfels fu annessa all’Italia e reinglobata in Valcanale.

I primi contatti fra la popolazione valcanalese, di tradizioni austro-ungariche e lingue tedesca e slovena, con i vincitori, non furono certamente semplici. L’opera di italianizzazione, iniziata con il massiccio afflusso di abitanti provenienti da altre regioni del Regno destinati a sostituire gli austriaci nelle ferrovie, negli enti pubblici e nell’amministrazione, culminò con la completa sostituzione della toponomastica ad opera di Ettore Tolomei in forza dello stesso regio decreto previsto per l’Alto Adige. La scuola iniziò invece a essere italianizzata già dal 1924-25, con l’abolizione del bilinguismo che fino ad allora aveva resistito. La politica fascista si interessò anche alla viabilità e allo sviluppo del turismo nel tarvisiano.

Nel 1939, in seguito all’accordo di Berlino del 23 giugno e alla Legge n.1241 del 21 agosto, ai cittadini “allogeni” dell’Alto Adige, della Provincia di Belluno e di quella di Udine fu data la possibilità di optare se rimanere italiani oppure emigrare nei territori del Reich. Inizialmente il diritto di opzione fu concesso solo ai cittadini di origine e lingua tedesca e tale decisione del RFKdV69 dovette ben presto fronteggiare la cosiddetta “questione slovena”.70

Maier Kabitsch, incaricato della Hauptamt Volksdeutsche Mittelstelle (Direzione generale per il benessere dei tedeschi etnici) espresse così in una missiva indirizzata alla sede centrale berlinese le problematiche dell’ADEuRSt71 di Tarvisio: “Ora in Carinzia siamo particolarmente interessati alla questione a causa della Valcanale, in

69 Reichskommissar für die Festigung deutschen Volkstums (commissariato del Reich per il

rafforzamento dell’identità nazionale germanica) istituito a Berlino il 7 ottobre 1939.

70 “Le opzioni in Valcanale nel 1939”, Museo Etnografico Palazzo Veneziano – Malborghetto,

2012. P. 6

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Amtliche Deutschen Ein- und Rückerwandererstellen (Uffici germanici per l’immigrazione e il rimpatrio) con sede principale a Bolzano e distaccamenti a Merano, Brunico, Bressanone, Val Gardena e Tarvisio.

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quanto anche i nostri connazionali della Valcanale devono fare ritorno come i sudtirolesi. Secondo la mia stima, oggi in Valcanale vivono 5500 tedeschi, ossia il 65% dell’intera popolazione della Valcanale. Inoltre ci sono dal 20 al 25% di sloveni e i restanti sono cittadini del Regno italico…Il rimpatrio dei Valcanalesi si complica in quanto anche gli sloveni valcanalesi, che per la maggior parte di loro sono paragonabili ai nostri “vendi” di cultura tedesca, vogliono quasi tutti trasferirsi in Carinzia. Questi valcanalesi di lingua slovena/Windisch vivono nelle località di Ugovizza, Camporosso e nel complesso raggiungono al massimo il numero di 1500 unità. Oggi dichiarano di essere tedeschi pur parlando il dialetto sloveno e di non volere restare nella Valcanale, se anche i tedeschi se ne vanno. Che fare quindi di questi valcanalesi di lingua “Windisch”? Se li facciamo insediare in Carinzia, andranno ad aumentare il numero della popolazione di lingua slovena/venda e parte di loro finirà sicuramente sotto l’influenza del clero sloveno. Sono fermamente convinto che sia da privilegiare solamente un’affluenza di concittadini tedeschi verso la confinante Carinzia e che comunque l’arrivo dei valcanalesi di lingua slovena/venda, costituisca un certo pericolo. Il trasferimento di questi valcanalesi di lingua slovena/venda, si può prendere in considerazione soltanto per un distretto, non per l’intera Carinzia. La prego di esprimersi in merito”72.

I dubbi di Kaibitsch, di natura etnico-politica, furono ben presto superati e lui stesso scrisse in una successiva missiva: “In Valcanale vivono nelle località di Camporosso, Ugovizza, San Leopoldo e Valbruna, circa 1500 persone che si servono di un dialetto sloveno, ma che si riconoscono come tedeschi, di cultura. Per questi vendi-valcanalesi valgono le stesse identiche cose come per il gruppo dei vendi-carinziani che, come è noto, nell’anno 1919, armi in mano, combatterono contro gli slavi del sud che avevano invaso il Paese e che dopo un durissimo periodo, il 10 ottobre 1920 hanno votato per l’Austria-Germania. Questi carinziani vendi sono per noi dei connazionali a pieno titolo, essi sono presenti nei reparti del partito e sono fra i più affidabili abitanti delle zone confinarie. Anche le persone bilingui che abitano nella Valcanale, gli ugovizzani, i camporossiani, etc. si riconoscono quasi tutti appartenenti al popolo tedesco. Le autorità italiane però mettono i bastoni

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Deutsches Bundesarchiv Berlin, R.49/Anhang VIII/1 Reichskommissar für die Festigung deutschen Volkstums. In: “Le opzioni in Valcanale nel 1939”, Museo Etnografico Palazzo Veneziano – Malborghetto, 2012. P.7

fra le ruote, dichiarando che si tratta in questo caso di sloveni e non di tedeschi e così accade che gli abitanti dei paesi della Valcanale sopraccitati non presentino le loro domande di opzione per la Germania entro il termine previsto alla fine di questo anno, in quanto non vengono accettate dagli uffici comunali”73. La stessa obiezione venne mossa dal dottor Karl Starzacher, direttore dell’ADEuRSt di Tarvisio, che accusava gli italiani di voler ostacolare le opzioni dei valcanalesi sloveni.

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