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LAPATINIB E SUO RUOLO NELLA TERAPIA NEOADIUVANTE DEL CARCINOMA MAMMARIO

2 IL CARCINOMA MAMMARIO HER-2+

2.3 LAPATINIB E SUO RUOLO NELLA TERAPIA NEOADIUVANTE DEL CARCINOMA MAMMARIO

Lapatinib (Tykerb ®) è una piccola molecola che agisce come inibitore reversibile sia di HER-2 che di EGFR, inoltre in studi pre-clinici è stata riscontrata come non cross-resistente nei confronti di trastuzumab.[71] Lapatinib inibisce la tirosinchinasi intracellulare recettoriale, bloccando la fosforilazione e la successiva attivazione del recettore stesso e determinando a valle un blocco delle vie di trasmissione del segnale che portano alla proliferazione cellulare.[72] Queste caratteristiche di doppio blocco intracellulare rappresentano un potenziale vantaggio nei

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confronti di trastuzumab, in particolare nei casi di recettori eterodimeri HER-2/EGFR o con la forma HER-2 tronca. Lapatinib è metabolizzato a livello epatico prevalentemente ad opera degli enzimi CYP3A4 e CYP3A5 e in misura inferiore da CYP2C19, per cui ne risulta una possibile interazione farmacologica se somministrato in associazione a farmaci in grado di modulare tali enzimi. Inoltre Lapatinib attraversa la barriera ematoencefalica ed è pertanto attivo nel trattamento delle metastasi cerebrali. In studi di fase I condotti su pazienti affette da carcinoma è stato somministrato alla dose di 175 - 1800 mg una volta al giorno o alla dose di 500- 900 mg due volte al giorno, non provocando una significativa tossicità.[73] La dose massima tollerata è stata valutata dallo studio EGF10003 che ha incluso 81 pazienti non

selezionati sulla base di EGFR/HER-2 affetti da neoplasia metastatica pretrattata, trattati con lapatinib alla dose di 175- 1800 mg una volta al giorno o di 500-750 e 900 mg due volte al giorno. Nei primi 64 pazienti valutabili non è stata osservata nessuna tossicità di grado 4, né dose-limitante; la maggior parte della tossicità è stata di grado 1 o 2 con due casi di diarrea di grado 3 nel gruppo di 16 pazienti trattati con 900 mg due volte al dì. Rash, diarrea, nausea e astenia sono stati gli eventi avversi più frequenti. Gli studi di farmacocinetica hanno dimostrato che alla dose di 1200 mg assunti una volta al dì la concentrazione sierica di lapatinib è superiore alla concentrazione inibitoria il 90% osservabile in vitro e che nel range di dosi utilizzate fino ai 1800 mg la farmacocinetica è di tipo lineare.[74]

Il successivo studio di fase I EGF10004 ha analizzato l'uso di lapatinib in pazienti affetti da carcinoma metastatico pretrattato

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EFGR e/o HER-2 positivo, con dosi fino a 1600 mg una volta al giorno. Il trattamento è stato ben tollerato fino alla dose citata e una certa attività clinica è stata evidenziata nel range compreso tra i 650 e 1600 mg. Ben 4 pazienti affette da carcinoma mammario resistente ad antracicline, taxani e trastuzumab hanno ottenuto una risposta parziale con il trattamento con lapatinib, individuando così uno dei principali scenari nel quale lapatinib è stato in seguito studiato.[75]

Sono stati eseguiti vari studi per valutare il possibile ruolo di lapatinib nel trattamento neoadiuvante, alcuni per valutarne la possibile associazione con trastuzumab, altri per valutarne l'efficacia da solo associato ai chemioterapici.

Lo Studio randomizzato di fase III NeoALTTO, pubblicato nel febbraio 2012, fu realizzato per studiare il possibile sinergismo di trastuzumab e di lapatinib. Sono stati inseriti 455 pazienti, ed i criteri di inclusione erano un carcinoma mammario dal diametro maggiore di 2 cm e una HER-2 positività. Furono divisi in 3 gruppi : 154 pazienti hanno ricevuto lapatinib per via orale alla dose di 1500 mg; 149 hanno ricevuto trastuzumab alla dose di 2 mg/kg; 152 hanno ricevuto la combinazione lapatinib alla dose di 1000 mg più trastuzumab a 2 mg/kg. In tutti e tre i casi il trattamento è stato effettuato per 6 settimane e successivamente ogni paziente ha ricevuto paclitaxel settimanalmente alla dose di 80 mg/m2per ulteriori 12 settimane. Dopo 4 settimane dall'ultima somministrazione ogni paziente è andato incontro all'intervento chirurgico. I risultati evidenziarono che il tasso di pCR era significativamente più alto nel gruppo in cui trastuzumab e lapatinib erano stati somministrati in combinazione (78 pazienti

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su 152 [51·3%; 95% CI 43·1-59·5]) rispetto al gruppo del solo trastuzumab (44 pazienti su 149 [29·5%; 22·4-37·5]). Non sono state registrate invece differenze fra il gruppo di somministrazione di solo trastuzumab rispetto a quello di solo lapatinib (38 pazienti su 154 [24·7%, 18·1-32·3]). Per quanto riguarda la tossicità, nessuna maggiore disfunzione cardiaca si è presentata; mentre una diarrea di grado 3 e un innalzamento degli enzimi epatici si mostrarono più frequenti nel gruppo di combinazione rispetto agli altri. Questi dati furono evidenza del fatto che una doppia inibizione di HER-2 potesse essere una strada percorribile in neoadiuvante nel trattamento del carcinoma mammario con HER-2 positività.[76]

Nello stesso anno fu pubblicato un altro studio preposto di valutare gli stessi elementi di quello precedente : lo studio randomizzato di fase II CHER-LOB. Si valutò quale opzione di trattamento primario fosse più efficace fra la somministrazione di antracicline e taxani combinati con trastuzumab, o con lapatinib o con trastuzumab più lapatinib. Furono inseriti 121 pazienti e per essere inclusi dovevano presentare un carcinoma mammario di grado compreso fra 2 e 3a operabile ed HER-2 positività. L'obiettivo primario era valutare il tasso di pCR. Tutti e tre i gruppi ricevettero paclitaxel settimanalmente alla dose di 80 mg/m² per 12 settimane seguito da 4 cicli somministrati ogni 21 giorni di CMF. Successivamente un braccio di 36 pazienti ricevette solo trastuzumab con dose di carico di 4 mg/kg seguito da 2 mg/kg settimanalmente per 26 settimane; il secondo braccio di 39 pazienti ricevette solo lapatinib giornalmente e oralmente alla dose di 1500 mg per 26 settimane; il terzo gruppo di 46

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pazienti ricevette trastuzumab con le stesse modalità del primo braccio combinato a lapatinb con le stesse modalità del secondo. La maggior parte dei pazienti che ricevettero lapatinib dovettero andare incontro ad una riduzione di dose per una maggiore frequenza di manifestare tossicità, in particolare diarrea, tossicità dermatologica ed epatica. Non furono tuttavia osservati episodi di insufficienza cardiaca congestizia. Anche i risultati di questo studio confermarono che il doppio blocco di HER-2 garantiva dei benefici rilevanti. Infatti il tasso di chirurgia conservativa nei tre gruppi fu rispettivamente di 66.7%, 57.9% e 68.9%. Il tasso di pCR invece fu rispettivamente di 25%, 26.3% e 46.7%, un dato molto significativo. Quindi l'obiettivo primario fu raggiunto, con un incremento relativo del 80% del tasso di pCR, garantito dalla combinazione di trastuzumab e lapatinib rispetto alla singola inibizione di HER-2.[77]

Un terzo studio, pubblicato nel 2013, si è prefissato di valutare ulteriormente gli obiettivi dei due precedenti lavori. Trattasi di uno studio di fase III randomizzato destinato a valutare il possibile ruolo di lapatinib in neoadiuvante e i benefici di un doppio blocco di HER-2. Furono inserite 529 pazienti di età uguale o maggiore di 18 anni e con un carcinoma mammario operabile, HER-2 positivo. Si divisero in 3 gruppi, tutti ricevettero polichemioterapia primaria con 4 cicli di doxorubicina alla dose di 60 mg/m2 e ciclofosfamide alla dose di 600 mg/m2 ogni 3 settimane, seguiti da 4 cicli settimanali di paclitaxel alla dose di 80 mg/m2 al giorno 1, 8 e 15 ogni 4 settimane. In maniera concomitante alla somministrazione di paclitaxel il gruppo A ricevette trastuzumab con una dose di

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carico di 4 mg/kg seguita da una dose settimanale di 2 mg/kg; il gruppo B invece ricevette lapatinib oralmente e giornalmente alla dose di 1250 mg/kg; mentre il braccio C ricevette la combinazione trastuzumab (alle stesse modalità del gruppo A) associato a lapatinib, somministrato oralmente e quotidianamente alla dose di 750 mg/kg. Nei risultati riscontriamo che il tasso di pCR (inteso come eradicazione a livello mammario) nei 3 gruppi risultò rispettivamente di 52.5%, 53.2% e 62%. Questi dati confermano quindi gli elementi emersi nei due precedenti studi, ovvero che la sostituzione di trastuzumab con lapatinib non porta a significative differenze per quanto riguardi il tasso di pCR, mentre l'incremento di essa risulta significativo quando questi due farmaci vengono combinati insieme.[78] Addirittura uno studio di fase III randomizzato pubblicato nel 2012, lo studio GeparQuinto, confrontò direttamente quale farmaco, fra lapatinib e trastuzumab, garantisse una miglior efficacia se associato ad una polichemioterapia primaria base di antracicline e taxani. Furono incluse 620 pazienti, di cui 309 ricevettero trastuzumab e 311 lapatinib. Dai risultati emerse come il tasso di pCR fosse significativamente maggiore nel primo gruppo (30.3% vs 22.7%), confermando quindi che il ruolo migliore in neoadiuvante per lapatinib sia in associazione a trastuzumab dove garantisce migliori performance, piuttosto che in monoblocco di HER-2 dove appare essere inferiore al trastuzumab stesso.[79]

Infine citiamo uno studio multicentrico di fase due pubblicato nel maggio 2013. Si è andati a valutare se in neoadiuvante fosse possibile evitare la somministrazione dei chemioterapici nei casi

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di un carcinoma HER-2 positivo e con recettori degli estrogeni positivi. Furono inseriti 64 pazienti con una neoplasia di stadio II o III ed HER-2 positività. Ricevettero come terapia primaria, per un totale di 12 settimane, trastuzumab settimanalmente alla dose di carico di 4 mg/kg seguita da una dose fissa di 2 mg/kg associato alla somministrazione giornaliera per via orale di lapatinib, alla dose di 1000 mg. Inoltre le donne con recettori degli estrogeni positivi ricevettero anche letrozolo (più un farmaco ad azione LHRH-agonista se la paziente era ancora in

una fase premenopausale); 8 settimane dall'ultima

somministrazione la paziente subì l'intervento chirurgico. Il tasso di pCR (intendendo come tale l'eradicazione della patologia dalla sola ghiandola mammaria) risultò essere di 27% ( in particolare 21% nei pazienti con recettori ormonali negativi e 36% laddove i recettori ormonali erano positivi). Il tasso di un residuo tumorale di piccole dimensioni, ovvero ypT1a-p, risultò essere di 22% (4% nel gruppo con recettori ormonali negativi e 33% con i recettori ormonali positivi). Per cui questi risultati sembrano supportare l'ipotesi che pazienti selezionati, come ad esempio chi risulta affetto da una patologia HER-2 positiva e con positività per i recettori ormonali, non necessitino di ricevere farmaci chemioterapici, dato che il doppio blocco con trastuzumab ed lapatinib più l'endocrinoterapia garantiscono buoni risultati. Questa ipotesi e questi risultati richiedono sicuramente ulteriori indagini future.[80]

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2.4 PERTUZUMAB E SUO RUOLO NELLA TERAPIA