Per meglio valorizzare lʹintero fondo Vignoli e ovviare contemporaneamente ai problemi di fruizione delle stesse, gelosamente custodite presso lʹarchivio di Pitigliano (e ora in attesa di essere traslate nei locali della biblioteca presso la Fortezza Orsini), si è ritenuto opportuno procedere con la digitalizzazione dellʹintero fondo49. Tale idea si inserisce allʹinterno di un processo di sviluppo ben
più ampio, un cambiamento che porta a relazionarci in modo nuovo con il mondo delle biblioteche e degli archivi. Quello di Pitigliano infatti, pur continuando ad essere teatro di grandi opere di inventariazione (alcune delle quali finanziate dalla Comunità Europea), resta un archivio privo di qualsiasi comodità (se vogliamo definire comodità la luce, il riscaldamento e dei servizi igienici agibili) e di ausili
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48 LAURA GIAMBASTIANI, Le vicende di un archivio gentilizio: il caso ″Spada″ in Archivi nobiliari e
domestici: conservazione, metodologie di riordino e prospettive di ricerca storica, a cura di Laura Casella e
Roberto Navarrini, Udine, Forum, 2000, p. 123‐34.
49 FABIO CIOTTI, GINO RONCAGLIA, Il mondo digitale. Introduzione ai nuovi media. Roma‐Bari, Laterza, 2000; ROBERTO MARANGONI, MARCO GEDDO, Le immagini digitali. Milano, Hoepli, 2000.
per lo studio (collegamento alla Rete etc.). Attraverso la digitalizzazione del materiale, avrei potuto disporre di tutta la documentazione direttamente “da casa” e avrei, di conseguenza, potuto occuparmene con più facilità. «La digitalizzazione, è noto, costituisce un motore potente di iniziative, progetti e finanziamenti nell’ambito di biblioteche ed istituti culturali»50: purtroppo, in
questo caso, non si è avuto alcun finanziamento ma non possiamo far altro che auspicare, in un prossimo futuro, di beneficiare di aiuti ad hoc alfine di rendere fruibili i documenti digitalizzati. 4.3.1. Fasi e metodologie di digitalizzazione Il lavoro di digitalizzazione, intrapreso e ultimato nellʹarco di una dura giornata, è stato realizzato mediante una campagna fotografica low cost e handmade che ha richiesto lʹindividuazione, la messa a punto e lʹadozione di metodologie di lavoro mirate e di tecniche specifiche, al fine di ottenere una serie di immagini con parametri fissi51.
Alla luce di quanto detto, la digitalizzazione del fondo Vignoli, non va letta solo come unʹoperazione volta a creare uno strumento in grado di rappresentare i dati in forma statica; al contrario, essa incarna uno potentissimo strumento di lavoro sulle informazioni contenute nelle immagini. Operata dunque a fini di studio e di conservazione delle carte, la digitalizzazione è avvenuta con due macchine fotografiche digitali: una Canon PowerShot A520 e una Nikon Coolpix 4500. Entrambe le macchine sono state impostate per acquisire le immagini ad alta risoluzione, ottenendo files di circa 5 mega ciascuno. Gli zoom ottici, per meglio sfruttare le loro possibilità qualitative, sono stati impostati su una lunghezza equivalente ad un obiettivo per il formato 24x36mm di focale normale (50mm), e sono stati utilizzati solo i diaframmi intermedi (tra f5,6 e f8) per ottenere, anche in questo caso, una maglia di valori costante.
Il piano di lavoro utilizzato è composto da un asse verticale sul quale si innesta un braccio scorrevole che, a sua volta, si sposta dallʹalto verso il basso. La macchina fotografica digitale è stata posizionata proprio su questo braccio, e si è così ottenuta una perfetta ortogonalità tra il piano di posa e la fotocamera, nonché la possibilità di gestire lʹinquadratura, soggetta – questʹultima – alle varie dimensioni
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50 ANNA LUCARELLI, Quando una collezione speciale chiede ospitalità ad una grande Biblioteca, in Piccoli
scritti di biblioteconomia per Luigi Crocetti (10 marzo 2007‐10 marzo 2008), promossi, raccolti, ordinati
da Piero Innocenti, curati da Cristina Cavallaro, Manziana, Vecchiarelli Editore, 2008, p. 232, in part. p. 184.
51 Le immagini sono state scattate da me e da un amico fotografo. Le apparecchiature appartengono in parte alla sottoscritta, in parte al mio tutor, prof. Innocenti e, infine, al DISCUTEDO, Dipartimento di storia e culture del testo e del documento della Facoltà di Conservazione dei beni culturali dell’Università della Tuscia di Viterbo.
dei pezzi archivistici del fondo Vignoli. La mancanza, poi, di una corretta fonte luminosa allʹinterno dellʹambiente che ospita il fondo, ha richiesto lʹausilio di lampade al tungsteno da 160 watt ciascuna, posizionate su due ulteriori braccia mobili, collocate ai lati dello stessa asse verticale sulla quale scorre la macchina fotografica. Anche in questo caso si è rivelato fondamentale lʹuso controllato della fonte luminosa, in modo da avere sempre – e per ciascuna immagine – una quantità fissa di luce. Per lʹintera campagna fotografica sono stati dunque utilizzati una serie di parametri fissi, e solo laddove la situazione lo ha richiesto, si è ritenuto opportuno variarli. Eʹ nato così un vero e proprio database di immagini, in cui i valori standard delle riprese effettuate (ortogonalità, inquadratura, luce, diaframma, distanza focale, qualità di ripresa), contribuiscono a renderlo un validissimo strumento di studio, catalogazione ed archiviazione. A questa prima fase di lavoro ne è seguita unʹaltra, detta di post‐produzione, nella quale le immagini sono state: 1. trasferite su pc in formato JPEG52 2. visualizzate sullo schermo 3. elaborate con il software Adobe Photoshop (quando lo si è ritenuto necessario), nella ormai antichissima versione 6.0, messami a disposizione dal dipartimento. Infine, tutte le immagini relative ad un medesimo soggetto, sono state enumerate e dislocate allʹinterno di una specifica cartella53 secondo i criteri di ordinamento
adottati nelle serie e sottoserie del fondo Vignoli, seguendo così una banale strategia che va a sfruttare lʹorganizzazione gerarchica a file/directory offerta da quasi tutti i sistemi operativi. 5. La Biblioteca Apostolica Vaticana: un approccio di ricerca Nel 2007, archiviata la parentesi della digitalizzazione, e con il lavoro di lettura e trascrizione ancora in corso, sono tornata in biblioteca, ancora – ovviamente – sulle tracce di Vignoli. Questa volta però si trattava della Biblioteca Apostolica Vaticana. Su di essa, allora, pesava gravosamente un’imminente chiusura (prevista per il giugno dello stesso anno) e che si sarebbe protratta per ben 36 mesi a causa di “importanti restauri” (così recitava minaccioso l΄avviso affisso all΄ingresso). Avendo scoperto in itinere notizia della presenza di Vignoli presso la Santa Sede, e avendo impiegato i periodi precedenti in altri scenari di indagine, ho affrontato tale ricerca – nel pur breve tempo a disposizione – con grande serenità e curiosità.
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52 Il JPEG (Joint Photographic Experts Group) è il più noto metodo di compressione lossy che permette di ottenere compressioni molto elevate mantenendo unʹottima qualità dellʹimmagine. Il JPEG è particolarmente indicato per immagini di tipo fotografico. R. MARANGONI‐M. GEDDO, Le
immagini, cit., p. 26.
Superata la burocrazia necessaria per essere ammessa allo studio del posseduto vaticano, mi accorsi subito del vivido interesse destato dalla “vicenda Vignoli“ tra le mura che lo avevano visto “custode”: palese il coinvolgimento di quei funzionari e addetti ai lavori che, messi a parte dei miei studi, si prodigarono nello spianarmi una prima via per iniziare a districarmi nel mare magnum delle loro collezioni.
La prima ricognizione sugli schedari cartacei della sala manoscritti regalò poche sorprese, a parte la constatazione che «avviene assai spesso che le biblioteche conservino documenti, filze archivistiche o interi archivi minori»54.
Del nostro monsignore, la Biblioteca vaticana possiede molto poco. Quelle rare volte che il nome di Giovanni Vignoli compare nelle schede, esso è sì seguito dal sostantivo ″Custode″, ma di fatto, i documenti cui lo schedario rimanda, sono poco adatti a illustrarci i compiti e le mansioni da lui svolte presso la corte pontificia (giacché era questo che io ricercavo, vista l’abbondanza delle notizie – di altra natura – già ricavate dalle carte pitiglianesi). La Vaticana possiede solo dieci epistole scritte da Vignoli: sono tutte indirizzate al marchese Alessandro Gregorio Capponi55 (inviate tra il 1723 e il 1730) tranne due, che sono invece minute di
quest΄ultimo a lui (la prima è datata 31 aprile 1722, la seconda 14 marzo 1723). Tali lettere sono rintracciabili nello schedario cartaceo della Sala manoscritti e trovano la loro collocazione fisica nei vari tomi del fondo Capponi, detti, per l’appunto manoscritti Capponiani.
L΄intento comune, che si riscontra tra le righe di tutte le epistole, è la costituzione della biblioteca del marchese‐bibliofilo: sul dorso dei volumi si legge, infatti, «Carteggio tenuto dal march.e Ales. Greg. Capponi con diversi amici letterati per la sua raccolta di libri e cose antiquarie…». Eccone un brano significativo:
«Di casa 15 marzo 1723 Vien riverito il s(igno)r March(es)e Capponi da Vignoli suo ser(vito)re con tutto l ossequio, il quale non può esprimergli la mortificaz(io)ne che prova di non poterlo servire col privarsi de΄ due libri accennati, cioè dell΄Ariosto e del Manuzio, e de΄ due Tomi del Borghini, considerandosi da lui, come due libri più veri chè egli si ritruovi, al quale effetto hà rigettato l΄istanze di altri curiosi al pari di noi di aver appresso di sé qualche libro di prima rarità e fra questi gli nomina m(onsigno)r Passionei […], i quali gli han fatto per li med(esi)mi libri ogni mag(gio)r offerta: e quanta sarebbe la sua facilità di spropriarsi di tutti gli altri libri, altrettanta è la sua ripugnanza di privarsi a qualsiasi costo di quelli che non così facilm(en)te si trovano […]»56.
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54 ARMANDO PETRUCCI, La descrizione del manoscritto. Storia, problemi, modelli, Roma, Carocci editore, 2001, 2. ed. corretta e aggiornata, p. 107.
55 Capponi (1684‐1746) fu un noto bibliofilo e collezionista, nonché presidente del Museo Capitolino.
56 CITTÀ DEL VATICANO, BIBLIOTECA APOSTOLICA VATICANA, Capp. 274, ff. 92‐94v, Lettera di G. Vignoli al marchese A. G. Capponi, Roma 15 marzo 1723.
Risulta chiaro, dopo questo esempio, quanto detto prima circa la commistione di fondi archivistici e bibliotecari: «in Italia ogni biblioteca di antica formazione conserva fra i suoi manoscritti ricchi fondi documentari»57. Sul caso della Vaticana,
e su i manoscritti archivistici in biblioteca, si è espresso anche Paolo Vian: «d΄altro canto, che la frontiera tra archivi e biblioteche sia davvero, per ripetere le parole di Ouy, ″très flou″ è mostrato proprio in ambito vaticano, nella cerchia della Biblioteca apostolica e dell΄Archivio segreto, dal passaggio di elementi da un΄istituzione all΄altra. Ed è interessante notare che questa pratica di trasferimento […] sia avvenuta soprattutto ed essenzialmente nella direzione che dall΄Archivio conduce alla Biblioteca, e non viceversa»58.
Questa ″precisazione″ serve a introdurre un altro passaggio nell΄iter delle mie ricerche presso Città del Vaticano: ovvero quello del dove cercare, altrimenti detto, da quale dei due enti far partire la ricerca. Dopo un colloquio sia con un funzionario dell΄Archivio che con uno della Biblioteca – e anche in vista della chiusura di quest΄ultima – decisi di iniziare le mie ricerche proprio da lì, tenendo in considerazione l΄idea, un domani, di mettere le mani (o, quanto meno, di provarci) sul materiale raccolto da Giuseppe Garampi (Prefetto dell΄Archivio segreto dal 1751 al 1772). Noto agli studiosi come Schedario Garampi, esso era in origine composto da oltre 800.000 schede volanti, ri‐organizzate in 10 classi e 125 volumi da Pietro Wenzel e Gregorio Palmieri alla fine dell΄80059. Giacché Vignoli era stato beneficiario di un΄abbreviatoria di cancelleria60 (almeno ″sulla carta″), ho analizzato la sezione benefici, alla ricerca di un qualche indizio, ma neanche questa ricerca ha prodotto gli esiti desiderati. 6. Il custos
Tornando alle ricerche effettuate presso la BAV, constatato che non esistevano carte strettamente inerenti al lavoro svolto da Vignoli come custode (ma è consolante pensare che questa ″deficienza″ riguardi anche altri personaggi che ricoprirono la medesima carica), decisi di orientare il mio studio più su un versante storico, cercando di porre l΄accento sulla figura del custode nella storia e
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57 A. PETRUCCI, La descrizione del manoscritto, cit., p. 107.
58 PAOLO VIAN, Frammenti e complessi documentari nei fondi manoscritti della Biblioteca Vaticana.
Qualche esempio, in Archivi e archivistica a Roma dopo l΄Unità. Genesi storica, ordinamenti, interrelazioni. Atti del Convegno. Roma, 12‐14 marzo 1990, Roma, 1994, p. 407. Vian cita GILBERT OUY, Les
bibliothèques, in L΄histoire et ses méthodes, Paris, 1961, p. 1090.
59GERMANO GUALDO, L΄Archivio vaticano da Paolo V a Leone XIII, in Archivi e archivistica a Roma dopo
l΄Unità, cit., p. 183‐185.
60 Le abbreviatorie di cancelleria sono offizj prelatizj. Già nel periodo avignonese erano chiamati
abbreviatores o breviatores gli impiegati della Cancelleria pontificia la cui occupazione era redigere
un estratto delle suppliche ricevute e stendere la minuta delle bolle e brevi pontifici. Cfr.
di investigare in quella direzione per chiarire la posizione di Vignoli all’interno della Vaticana. Giacché sappiamo dalle fonti61 che questi non arrivò mai a essere
primo custode, in quanto «giunto a molta età […] non si sentì più in istato di adempiere ai doveri, che gl΄imponea il suo ministero»62, ho cercato di capire quali
fossero i compiti del primo e quali quelli del secondo custode della pontificia biblioteca. Dopo un cordiale colloquio con Paolo Vian, ho appreso che non vi erano poi queste grandi differenze tra le mansioni dell΄uno e dell΄altro. Alla discussione si è aggiunta anche la voce di Christine Maria Grafinger63, la quale mi
ha segnalato un testo, Bibliothecae Apostolicae Vaticanae codicum manuscriptorum catalogus in tres partes distributus…64, nella cui Praefatio, al Caput IV De Vaticanae
Apostolicae Bibliothecae Regimine, & insignioribus ejus Administris, ho trovato una prima, interessante risposta: «Quemadmodum tanta est ex omni parte Vaticanae Bibliothecae dignitas, atque praestantia; ita ut unusquisque facile intelliget, Summos Pontifices, qui in ea ornanda quovis tempore elaborarunt, de hoc cogitare pari studio debuisse, ut non minori diligentia administraretur. […] Ut autem facilius id obtineretur, ac tam ingens, tam ampla Librorum supellex melius curari, adservarique posset, a numquam satis laudato Sixto IV. Pontifice Maximo duo sunt creati spectatae fidei ac diligentiae Custodes, qui Bibliothecarium in tanta re administranda adjuvarent, quique authoritate ferme pares fuerunt usque ad annum 1606. quo Paulus V. Balthassarem Ansideum Primarium, & Majorem Custodem constituit, eique omnem curam, custodiamque Vaticanae Bibliothecae principaliter incombere decrevit, atque omnimodam superioritatem, authoritatem, ac praeminentiam super alio Custode, quem Secundum, & minorem deinceps adpellandum voluit, quemadmodum & super certis omnibus ac singulis ejusdem Bibliothecae Administris, post Cardinalem Bibliothecarium concessit; ut ex Diplomate ejusdem Pontificis dat. die 23. Novembris Anno Domini 1606. manifestum est; cujus ipsissima verba in creandis Primariis Custodibus, ad hanc usque diem consequuti Pontifices adhibuerunt»65.
E ancora «Antequam utrique, Primario scilicet, & Secondo ejusdem Bibliothecae designato Custodi per S.R.E. praefatae Cardinalem Bibliothecarium, seu ejusdem Bibliothecae Protectorem pro tempore existentem in ipsa Biblioteca detur sive seorsim, sive conjunctim muneris demandati possesso, conficiatur Repertorium, seu Inventarium omnium, & singularum rerum, ac librorum in praedicta
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61 Mi riferisco qui sia ad alcuni documenti del fondo Vignoli che agli interventi dell΄Inghirami e dell΄abate Duchesne.
62 E. DE TIPALDO, Biografia degli italiani illustri, cit., p. 80.
63 Vian è direttore del Dipartimento dei Manoscritti; Grafinger è responsabile dell’Archivio della Prefettura della Biblioteca.
64 Bibliothecae Apostolicae Vaticanae codicum manuscriptorum catalogus in tres partes distributus…
Stephanus Evodius Assemanus… et Joseph Simonius Asemanus ejusdem biblioth. Preafectus… recenuerunt digesserunt animadversionubusque illustrarunt. Partis primae tomus pimus complectens codices ebraicos et samaritanos, Romae, ex typografia Linguarum Orientalium, 1751.
Biblioteca existentium, de quibus omnibus, & singulis, quum opus fuerit, ipsi Custodes omnimodam reddere tenetum rationem. Repertorii, seu Inventarii hujusmodi, tum ab altero Custode, a quo possessio adeunda est, tum a Tabellione, seu Notario subscribendi, duplex exemplum fiat, alterum in actis ejusdem Tabellionis, alterum in Archivio Bibliothecae praefatae custodiendum66».
Si evince così che entrambi i custodi, il primarium et majorem e il secundum et minorem dovevano provvedere alla cura dei repertori e degli inventari, nonché a tutte le cose e ai libri d’ogni specie esistenti nella biblioteca. Essi dovevano altresì comparire dinanzi a un notaio, Tabellione seu Notario, per prestare una sorta di giuramento con il quale avrebbero confermato l’impegno alla custodia dei libri e alla cura della biblioteca stessa.
Sulle funzioni dei custodi scrive anche la Grafinger: «Luigi Capponi redasse un regolamento per la biblioteca. In questo documento di 37 articoli furono descritti i compiti dei custodi, i lavori degli scrittori e degli scopatori, l’acquisto e consultazione dei manoscritti e furono regolate le vacanze. Nel Settecento i papi si interessarono anche della organizzazione della Biblioteca Vaticana. La biblioteca ricevette quindi un regolamento promulgato da Clemente 12. (1730‐1740) nella bolla Dignissimam regibus del 24 agosto 1739 nella quale il papa fece riferimento, in forma di riassunto storico, alle decisioni prese dai suoi predecessori, precisando gli impegni dei custodi e degli scrittori»67
Altre letture mi hanno informato del fatto che la nomina dei custodi avveniva previa consultazione del cardinale bibliotecario: e che questi “fosse consultato per la nomina dei Custodi e degli scrittori rientrava nell’ordinamento della biblioteca”68. Nel caso di Vignoli, la triade è costituita da lui, da Benedetto
Pamphilj (eletto cardinal bibliotecario il 3 marzo 1712) e da Carlo Maiella.
Nelle SERIES Bibliothecae Apostolicae Vaticanae Custodum del già citato Bibliothecae Apostolicae Vaticanae codicum troviamo un elenco numerato dei custodi. Al numero 22 del medesimo elenco si legge: «22. Carolus Majellus Neapolitanus, morto Laurenzio Zaccagnio, Primarius & Major Custos creatus a Clemente XI. die 1 Junii an. 1712 hocce munus exercuit usque ad diem 30 decembris 1738 quo Archiepiscopus Emissemus, & Secretarius Pontificius ad Principes in Domino obdormivit. Interim vero Joannes Vignolius Suanensis die 1 Junii 1712 minorem Custodiam consequutus est; eoque abdicante, Joseph Simonius Assemanus, Syriacus & Arabicus Scriptor, eandem Custodiam a die 30 Septembris 1730 usque ad Caroli
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66Ivi, p. LI.
67 C. M. GRAFINGER, Biblioteca Vaticana, Citta del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, 2002, p. 63. L’autrice utilizza, nel dare le seguenti notizie, anche: BAV, AB 1, f.24r‐27r, copia AB 7, f. 4r‐6r; BAV, AB 7, f. 57r‐63r, copia 66r‐69v, stampa 72r‐80r. Luigi Capponi (1583‐1659) fu nominato bibliotecario della Vaticana nel 1649 e mantenne l’incarico fino alla morte. Lì ebbe validi collaboratori e regolò il restauro dei manoscritti, i doveri dei custodi, le modalità per la consultazione, la politica dei nuovi acquisti.
68 LINA MONTALTO TENTORI, Un mecenate in Roma barocca: il cardinale Benedetto Pamphilj (1653‐1730), Firenze, Sansoni, 1955, p. 182.
Majelli obitum gessit»69. Oltre alla permanenza di Vignoli nella Biblioteca, si
accenna qui anche alla fine della sua carriera, segnalandone la rinuncia all’incarico di primo custode in favore di Giuseppe Simone Assemani (rinuncia approvata il 14 settembre 1730 e divenuta effettiva cinque giorni dopo, il 19), il quale subentrerà al posto di Maiella.
Per quanto riguarda la cerimonia di investitura di quest’ultimo e di Vignoli, mi sono affidata alle parole di Lina Montalto Tentori:
«Altra cerimonia in biblioteca descrive lo stesso testimone quando il 1 giugno 1712 il cardinale immette nel possesso di Custodi mons. Carlo Majella, teologo e poliglotta chiamato all’ufficio da Clemente 11. che lo fece venire da Napoli, e l’abate Vignola: come l’etichetta imponeva, i due Custodi in mezzo a un gruppo di dotti si fecero incontro al cardinale sino a mezzo il corridoio; indi ebbero luogo la consegna delle chiavi e il rinfresco»70.
La vita di Giovanni Vignoli è piena di alti e bassi, proprio come quella di un qualsiasi essere umano. Il fatto che sia vissuto a cavallo tra il 17. e il 18. secolo e, soprattutto, che sia stato vicino a ben tre papi può trarci in inganno, può farci pensare che egli potesse essere indenne da malevolenze e quant’altro. Ma non è così: negli anni di attività presso la corte pontificia non saranno poche le avversità che Vignoli dovrà superare, così come non saranno poche le persone che dovrà affrontare. Fra queste spiccano senza dubbio (per scelleratezza) il cardinale Niccolò Coscia, la cui fama (al contrario di quella di Vignoli) valicherà i secoli, e il cardinale Pier Marcello Corradini. 7. Vignoli nelle parole di Emilio De Tipaldo e Francesco de’ Ficoroni71 Come precedentemente accennato, sono scarse le testimonianze edite aventi come oggetto Vignoli. Se si esclude, dunque, il suo archivio privato – fonte di primaria importanza per la riscrittura della sua storia – possiamo affidarci alle parole di Emilio de Tipaldo, il primo a scriverne, con cognizione di causa e ricchezza di particolari.
«Vignoli, nacque verso l’anno 1663 in Pitigliano, rinomato feudo, cui possedé per qualche secolo la Casa Orsini. Fece in patria gli studii elementari di lingua latina ed italiana, non che di belle lettere. Il suo genio inclinava all’antiquaria , e vi si applicò con intensità d’animo. Il suo luogo natale però non gli offeriva quel vasto
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69 Bibliothecae Apostolicae Vaticanae codicum, cit., p. LXIX.
70 Il testimone di cui si parla era un gentiluomo al seguito del maestro di cerimonie della corte del cardinale Pamphilj. Cfr. L. MONTALTO TENTORI, Un mecenate in Roma barocca, cit., p. 181.
71 Il primo è autore di una notevole opera in 8 volumi avente per oggetto le biografie degli italiani illustri del 18. secolo; il secondo fu uno studioso e antiquario romano, cui si deve, nel 1738, il