Per riuscire a superare gli impedimenti più o meno fondati messi in atto da Corradini, Vignoli dovette ricorrere all’aiuto di amici e “superiori” e rispettivamente di Domenico Passionei e di Niccolò Coscia.
Il primo (1682‐1761), figura di spicco della chiesa cattolica, intrattenne ottimi rapporti di amicizia e studio col Vignoli, facilitati dall’omogeneità degli interessi di studio e delle conoscenze vaticane e non81. Il secondo, ovvero il Coscia, fu un
personaggio di spicco che, nonostante la scelleratezza dei suoi intenti, ebbe una carriera facile e “luminosa” al fianco di Benedetto 13., del quale fu abile burattinaio.
«Si riverisce divotam(en)te Mons(igno)r Ill(ustrissi)mo e Rev(erendissi)mo Passionei da Vignoli suo Serv(ito)re che viene con q(ues)to a ringraziarlo degli obbliganti amorevoli ufizj, che si è degnato passar per lui con l’Em(inentissi)mo Corradini […] Stima però bene di soggiungerle che quanto a’ quindici scudi il mese, che dal mese di Agosto in qua gli si trattengono da Palazzo, e che da Papa Bened(ett)o di s(u)a mem(ori)a gli furono spontaneam(en)te assegnati con suo Breve in supplim(en)to d’altrettanti da lui lasciati per tredici anni al P(ad)re Ab(at)e de Miro, non sarà così facile di poter rimuovere N(ost)ro Sig(no)re dal sentim(en)to in cui sta di non voler, che resti in q(ues)ta parte aggravata la Cam(er)a che glieli paga e però, se così paresse all’E(minenza) S(ua) la supplicherebbe a fargli dare piuttosto in luogo di q(ues)ti una pensione di Spagna colla quale anderebbe almeno soddisfacendo i suoi debiti con diversi amici […]. In ordine poi al suo provvedim(en)to che unicam(en)te consiste nella grazia fattagli dal med(esi)mo Papa nell’utimo anno del suo Ponteficato, de’ frutti ed emolum(en)ti di un Abbreviatoria vacante, che gli fu poi commutata in pensioni perpetue, stante l’equivoco allora preso dal Papa con l’ aver detto allo stesso Sig(no)r Card(inal)e Corradini d’aver dato a Vignoli un Abbreviatoria di Cancelleria, come se in pregiudizio della Dataria si fosse dimandato da lui il capitale, e non i soli frutti ed emolum(en)ti con l’esercizio di essa crederebbe che rimosso un tal equivoco, fosse N(ost)ro Sig(no)re per l’inclinare all’effettuaz(io)ne della grazia sud(dett)a più facilm(en)te in q(ues)ta parte, che in quella delle pensioni. Fintantochè a Vignoli non son mancati quegli aiuti che per quaranta anni gli ha potuto andar somministrando la sua povera Casa, non si è fatta molto sentire, né si è curato di chiedere, avendo anche lasciato di farlo con un Papa, che per gli stimoli più volte datigli fin da’ primi giorni del suo Ponteficato, poteva rendersi sicuro di ottenere tuttociò che gli avesse onestam(en)te dimandato: ma la ripugnanza ed il timore di aver di nuovo di ritornare al comenzio di gente non dissimile già da lui sperimentata, li ha sempre fatto stare colla bocca chiusa: e se
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81 Nel 1741 Passionei fu nominato vice‐bibliotecario della Vaticana sotto il cardinale Angelo Maria Quirini e poi, nel 1755, gli succedette alla carica di cardinal bibliotecario.
non gli fosse piaciuto di metterlo in Prelatura, si sarebbe anche astenuto di chiedergli quello, che senz’alcuna replica gli concesse, cioè gli emolum(en)ti dell’Abbreviatoria sud(dett)a che poi per sua disgrazia non ha potuto finora godere […]» 82 . Dalla lettura di queste carte risulta abbastanza chiaro il
coinvolgimento del Passionei, e l’affetto con il quale Vignoli lo ringrazia per aver preso una posizione nella questione delle Abbreviatorie.
Nel documento n. 21, serie I, Vignoli accenna invece a quando ricorse all’aiuto del cardinal Coscia per ottenere gli emolumenti dell’Abbreviatoria contestatigli dal cardinal Corradini: «Nel tempo, che io mi vedea contrariato dal Sig(no)r Card(ina)l Corradini nella grazia fattami da Papa Bened(ett)o degli emolum(en)ti di un’Abbreviatoria di Cancelleria, ricorsi al s(igno)r Card(ina)le Coscia, affinchè mi avesse favorito su q(uest)o appresso Sua San(tit)à con(form)e mi promise di fare. Con tale occas(ion)e mi disse di aver inteso aver io una buona scelta di libri, e che avendo egli intenzione di far una Libreria, avrebbe avuto a caso che glie ne avessi dato una nota per sua regola come già feci di modo che stimai più proprij e ch’entravano in sei casse […]».
Coscia era conclavista dell’Orsini, arcivescovo di Benevento. Di famiglia poverissima, aveva conosciuto per caso il futuro papa Benedetto 13., ed era riuscito ad accattivarselo così completamente, da rendere l’arcivescovo incapace di far qualcosa senza lui. In virtù di ciò, questi lo aveva colmato di favori: nel 1703 Coscia era stato nominato canonico di S. Bartolomeo, nel 1708 della cattedrale di Benevento e al contempo cancelliere della Curia arcivescovile, nel 1716 segretario del cardinale‐arcivescovo e poi segretario dei memoriali. Uomo di sentimenti bassissimi, Coscia abusò della posizione di fiducia fattagli da Benedetto 13. nel modo più vergognoso. Nel gennaio del 1725 si sparse la voce che presto sarebbe divenuto cardinale e, nonostante l’opposizione di molti porporati, l’Orsini gli conferì realmente l’autorità cardinalizia. Anche Corradini si era opposto a tale nomina ma, giacché la maggioranza aveva approvato, Coscia era divenuto cardinale prete di S. Maria in Domnica. Non pago di ciò, Benedetto 13., che aveva conservato l’arcivescovato di Benevento, lo aveva fatto suo coadiutore con diritto di successione e, nel 1726, membro della Congregazione dell’Inquisizione: questa cosa suscitò i mormorii generali poiché ad essa venivano nominati solo i cardinali più degni, e Coscia certamente non lo era. Anzi. Ma questi, consapevole di essere onnipotente ed impunito favorito, continuò a fare ciò che aveva sempre fatto, arricchendosi vergognosamente col rendere venali gli uffici pubblici e concedendo tutto per denaro e regali83. Alla morte di Benedetto
13., cui fece seguito l’ascesa al soglio di Lorenzo Corsini, venne istituita una commissione cardinalizia per giudicare coloro i quali avevano abusato della fiducia dell’Orsini per trafficare benefici secolari: Coscia fu il principale imputato,
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82 Ivi, documento n. 4, del 31 gennaio 1731.
condannato a dieci anni di carcere e alla restituzione, ai poveri, delle ricchezze usurpate84. Nei confronti di Vignoli, il Coscia non ebbe(o comunque non ci risulta) alcun potere, certo è che nell’intercedere in suo favore con il cardinale Corradini, dovette per forza ricavarne qualcosa: ma cosa, tra le carte del fondo Vignoli, non ci è spiegato. 9.3. Vignoli e Ugolini
Alla questione delle abbreviatorie prende parte anche Domenico Maria Ugolini, nipote del Vignoli e destinatario di numerose epistole aventi per oggetto il contrasto con il Corradini. Dalle trascrizioni emerge un Vignoli stanco di tutte le promesse fattegli e non mantenute.
Eccone qui dei brani: «Roma 10 Sett(emb)re 1729 Più non mi maraviglio dei pretesti presi dal s(igno)r Card(inale) Corradini per trattener la grazia fattami da N(ost)ro Sig(no)re mentre in q(ues)ta sett(ima)na ho saputo da persona pratica de΄ segreti della Dataria, che finchè son vacanti q(ues)ti uffizij vi è per lui centocinquanta scudi l’anno, e che p(er) q(ues)to mai non si vendono. Il Papa è persuasiss(im)o di tutto e conosce tale stravaganza, ma si avvera, e ne ha soggez(io)ne. Se intanto si desse l’apertura di qualche cosa migliore son certo, che l’otterrei, e perciò vi sto’ attento. Mi hà fatto intendere il med(esi)mo s(igno)r Card(inale) che io sia da lui, che per adesso mi spedirà una pensione di Spagna di s(cudi) 500 per darmi poi appresso unʹaltra Pensione perpetua d’altri s(cudi) 200. Io mi sono astenuto di andarvi, perché p(ri)mo volevo sentire sua Sant(it)à. Vi sono q(ues)ta matt(in)a andato, ma non hò fatto a tempo, essendosi chiusa e licenziata l’Anticam(er)a a 13 ore p(ri)ma del solito. Il sud(detto) card(inale) mi ha fatto sempre l’amico, ma vedo, che quando vi è di mezzo l’interesse, non si guarda all’amicizia»85.
«[Corradini] ha incominciato a darmi una Pensione di Spagna di seicento scudi colla promessa di darmene in breve unʹaltra di s(cudi) 300. Ma q(ues)ta non essendovi credo che poi sarà forzato, come iersera mi disse il Card(inale) Coscia di farmi dare i frutti della sud(det)ta Abbreviatoria. Io da una parte me ne rido. Il Papa mi disse che p(er) adesso pigli q(ues)to e che poi ritorni da lui, come farò […] non essendo stato q(ues)to che un equivoco, ed una, stortura del S(ignor) Card(inale) Corradini che ha supposto che io volessi la Prelatura che porta seco la sud(dett)a Abbreviatoria, quando di q(ues)ta non ho bisogno, avendomene già S(ua) Sant(it)à onorato insieme col luogo nella Cappella Pontificia fra gli stessi Abbreviatori. A q(ues)to restò e mi disse: dunque lei si contenterebbe de’ frutti? Basta, prenda q(ues)to per adesso, e lasci far a me»86. 51 84 Cfr. I Papi e gli antipapi, Milano, Tea, 1993, p. 134. 85 ACP, Fondo Vignoli, doc. n. 283, serie II, sottoserie 2, c. 1r, del 10 settembre 1729. 86 Ivi, doc. n. 284, cc. 1v‐2r, del 17 settembre 1729.
«[…] non date udienza alle ciarle di persone, che parlano allo sproposito p(er) q(ue)llo, che riguarda la Libreria, non essendo piccola grazia, che mi hà fatto sua Sant(it)à con l’ammettermi la rinunzia della Custodia, che ne ho fatta ad un amico mio, colla riserba a me di tutta la rendita, e senza alcun altro peso […] voi sapete, quanto io sempre sia stato lontano dall’ambir posti e cariche e quando le avessi desiderate, se nel Pontificato passato mi sarebbe riuscito difficile mentre non era Papa Bened(ett)o per negarmi tutto ciò, che gli avessi dimandato, quando egli stesso più e più volte ebbe a dirmi, che avrebbe voluto far qualche cosa per me, e che avrebbe peccato d’ingratitud(in)e se non mi avesse fatto del bene. Ma dopo la morte di mio fratello avrei stimato per la mag(gio)r disgrazia che avesse potuto avvenirmi, quando il Papa mi avesse fatto Card(ina)le. Lasciai di andare a Palazzo, di non farmi più vedere dal Papa, e non mi curai più d’altro»87. 9.4. Vignoli, Battelli e d’Inguibert Ma le beghe di Vignoli iniziano ben prima del 1729: infatti andando a ritroso nel tempo, possiamo, e con molto dispiacere, notare che tutta la sua carriera è costellata da dispiaceri e fatiche. Come quella volta in cui si trovò a discutere con Giovanni Cristoforo Battelli (futuro cardinale bibliotecario di Clemente 11.). Per la precisione andiamo al 19 luglio 1711, al documento n. 244, serie II sottoserie 2: a carta 1r leggiamo (scritto non da Vignoli, ma da altra mano), «A M(onsigno)r
Battelli Argomento Si rammarica dopo essergli stata spontaneam(en)te esibita e promissa la carica di Seg(reta)rio de΄ Brevi a΄ P(ri)n(ci)pi e obbligato a licenziarsi dal servigio di Seg(reta)rio del S(igno)r Contestabile Colonna fù la d(ett)a carica conferita a M(onsigno)r Battelli».
La missiva inizia, e si evolve nel seguente modo: «Ill(ustrissi)mo e Rev(erendissi)mo Sig(no)re e P(adro)ne Col(endissi)mo Due volte sono stato per riverir V(ostra) S(ignoria) Ill(ustrissi)ma e per rallegrarmi della nuova carica, che sento esserle già stata conferita dalla Sant(it)à di N(ost)ro Sig(no)re ma non ho potuto finora aver mai la fortuna di pagarle q(ues)to debito, e di esprimerle il mio particolar godim(en)to e la speranza insieme e il desiderio, che hò de’ suoi maggiori avanzam(en)ti. V(ostra) S(ignoria) Ill(ustrissi)ma che ha sempre avuto tanta bontà per me, mi permetta, che con q(ues)ta occasione io le raccomandi di nuovo la mia quiete e la mia estimazione, che solo dipendono adesso dagli effetti di q(ue)lle grazie, che per lo spazio già di due anni si è Sua Sant(it)à degnata di suo proprio moto farmi sicuram(en)te sperare e quasi più volte vedere non senza q(ue)ll’agitaz(io)ne che suol cagionare negli animi nostri l’aspettaz(io)ne del bene delle quali grazie non ho per altro mai dubitato tanto maggiorm(en)te si degnò la Sant(it)à Sua […] di assicurarmi che era risoluto di volermi al suo servizio, e
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appresso disse, e che fra pochi giorni mi avrebbe impiegato in carica di tutto mio decoro. […] da mesi […] si è compiaciuta dirmi dopo il ritorno di N(ost)ro Sig(no)re da Castello, cioè che per adesso abbia in animo Sua Sant(it)à di conferirmi una Pensione per impiegarmi poi in qualche Carica. […] debbo fortem(en)te sperare, mediante l’efficace protez(io)ne e benignità di V(ostra) S(ignoria) Ill(ustrissi)ma, che non vorrà mai permettere, che dopo avermi giudicato degno per il suo serv(izi)o, al quale non avrei da me stesso mai ardito di aspirare, io per questo in vece di migliorar la mia condiz(io)ne abbia a rimaner senza il servizio di N(ost)ro Sig(no)re e primo ancor di q(uell)o del S(igno)r Contestab(il)e senza alcun mancam(en)to; soggiungendo a V(ostra) S(ignoria) Ill(ustrissi)ma per sua mag(gio)r notizia, che il primo discorso che S(ua) B(eatitudi)ne si degnò farmi, fu à 23 di Nov(emb)re dell’anno 1709 avendomi detto, che mi voleva dar premio e fatica, e che mi voleva tutto per servizio suo e della S(an)ta Sede: e che q(uest)o non sarebbe andato in lungo. Essendo poi ritornato da Sua Sant(it)à nel mese di Febb(rai)o dell’anno seg(uen)te 1710 subito che mi vide, mi disse: che dirà, che ancora non le abbiamo fatto veder gli effetti delle nostre promesse? Ma stia allegram(en)te che presto glie ne faremo veder gli effetti. Vi ritornai per la 3a volta à 28 di Maggio di q(uest)o anno, e si compiacque
confermarmi le parole medesime col comandarmi, che vi fossi ritornato fra sette o otto giorni, come feci à 4 di Giugno, siccome già di sopra le ho espresso».
Anche qui emerge la figura di un Vignoli ormai rassegnato a lunghe attese, rassegnato a vedere gli avanzamenti di carriera altrui piuttosto che i suoi. Nella missiva emerge anche un “nuovo” elemento: viene infatti menzionato il Contestabile don Filippo Colonna88, presso la cui casa Vignoli svolse servizio di
segretario dei memoriali.
Altro personaggio sensibile alle disavventure del nostro monsignore fu l’abate cistercense fra’ Malachia, al secolo Joseph Dominique d’Inguibert, segretario personale e poi futuro bibliotecario di papa Clemente 12. (il quale ascenderà alla Cattedra di Pietro nel 1730).
Nel 1728 frate Malachia scrive dall’abbazia delle Tre Fontane a proposito del contrasto Corradini, facendo riferimento anche ad un’altra insoluta questione: la promessa, fatta a Vignoli, di una coadiutoria89. Il personaggio in ombra, e che si
trova nelle missive tra d’Inguibert e Vignoli, è il cardinale Corsini, nella insolita veste di intermediario con il papa suo predecessore, Benedetto 13. Ovviamente e immancabile, fa capolino tra le righe, il nome del Coscia. In apertura, nella prima
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88 Don Filippo Colonna era stato insignito del riguardevole grado di Comes Stabuli o Contestabile, dalla omonima locuzione latina che stava ad indicare è prefetto alle stalle o scuderie del principe. Egli era uno dei più grandi dignitari dello Stato. Dal Rinascimento in poi l’espressione indicò i capitani di fanteria. Cfr. Contestabile, in Enciclopedia Italiana di Scienze, Lettere ed Arti, Istituto della Enciclopedia Italiana, Milano, 1949, vol. XI (Compi‐Crocc).
89 Al vescovo coadiutore era dato il diritto automatico di successione alla sede episcopale in caso di morte o ritiro del vescovo diocesano che si stava assistendo.
epistola, si accenna inoltre ad un certo “signor Vespasiani” che altri non è che il giovanissimo abate e futuro bibliotecario italiano (fondatore della Biblioteca Civica Berio) Carlo Giuseppe Vespasiani, qui in veste di messo “bugiardo”.
Il documento è il numero 167, serie II sottoserie 1: «Ill(ustrissi)mo e R(everendissi)mo Sig(no)re S(igno)re P(ad)rone Col(endissi)mo Si portò ieri qui da me il Sig(no)r Abate Vespasiani, che pretese di negarmi, che fosse mai stato dato fuori memoriale alcuno a nome di V(ostra) S(ignoria) Ill(ustrissi)ma per la con saputa Coadjutoria attesa la di Lei illibatissima provata sincerità e fermezza non si è mai messa, ne si metterà mai in dubbio la sincerità di V(ostra) S(ignoria) Ill(ustrissi)ma da chiunque conosce l’esser suo: ma il pretendere, come fa il Sig(no)r Vespasiani, che non sia stato dato fuori l’accennato Memoriale, è un dare del bugiardo al Sig(no)r Cardinale Corsini, che ha attestato a V(ostra) S(ignoria) Ill(ustrissi)ma d’averlo veduto, ed a me, che l’ho avuto sotto gli occhi, ed ho osservato ben bene tutte l’espressioni, che potevano impedire i di Lei vantaggi. Posto che fù in chiaro questo primo articolo il Sig(no)r Vespasiani mi domandò se avevo dato in segreteria del Sig(no)r Cardinale Coscia un Memoriale a nome di V(ostra) S(ignoria) Ill(ustrissi)ma. Risposi che il Sig(no)r Cardinale Corsini ne aveva mandato uno a dirittura all’E(minenza) Sua per la rinunzia; ma osservando poi che V(ostra) S(ignoria) Ill(ustrissi)ma aveva qualche difficoltà a rinunziare per adesso, aveva dato ordine, che si ritirasse, mandandone un altro per la Coadjutoria. Io non capisco, ne arriva a capirlo il Sig(no)r Cardinale Corsini perché un negozio, che era così liscio, prima che si facesse quello del Sig(no)r Vespasiani si vada intorbidando per tanti versi, da poiché s’è ultimata la rinunzia del Benefiziato. Certa cosa è che V(ostra) S(ignoria) Ill(ustrissi)ma fece sperare al Sig(no)r Cardinal Corsini di favorirmi subito dal Papa pel Benefiziato, ne fu mai nominata in tal congiuntura la condizione del previo ingresso in Prelatura. Non è meno certo che il Sig(no)r Vespasiani disse al Sig(no)r Cardinale Corsini una volta, ed a me dieci, o dodici, che compliva assai più a V(ostra) S(ignoria) Ill(ustrissi)ma. La rinunzia, che la Coadjutoria laonde il medesimo Sig(no)r Cardinale avendo inteso da Lei, che il Papa aveva dato il consenso per il Benefiziato; pregò immantinente un Amico di parlare al Sig(no)r Cardinale Panfili, e spedì il suo Auditore con un Memoriale per la rinunzia della Carica di Custode. Ma intendendo da lui che la pensione del P(ad)re Abate de Miro era un ostacolo alla rinunzia, e che per altro ella acconsentiva alla Coadjutoria; fece ritirare il primo Memoriale; e ne mandò un secondo per la stessa Coadjutoria tanto più, che la sfacciataggine, con cui era concepito il Memoriale del Canonico di San Marco dava motivo di temere qualche imbroglio. Ora, non mi pare, che si possa procedere con maggior schiettezza che se, per aver da temere un serra serra, per parte di Monsig(no)r Maiella convien dar indietro, e ritirare la parola data; non concluderemo mai nulla poiché questo sempre si aveva da temere. Ma crederei che trepidavano, ubi non est timor. Atteso che detto Prelato è troppo scaltro per voler cozzare col Sig(no)r Cardinale Corsini già ben informato; in una cosa nella
quale non ha altro interesse che quello di suo dipendente. E poi non v’ha dubbio, che l’Em(inen)za Sua non facesse passi forti; caso che a cagion sua vedesse V(ostra) S(ignoria) Ill(ustrissi)ma soggiacere ad un aggravio di questa sorta. Donde poi nasca la pubblicità di questo negozio, io non lo so. Penso di certo, che non nasce né dall’Em(inentissi)mo Corsini, né da Lei, nè da me. Confesso parimenti, che non arrivo a capire come il Canonico di San Marco abbia potuto dire alla persona, che si era impegnata p(er) fare sottoscrivere il Memoriale da Nostro Sig(nore) varie cose che mi fanno sbalordire. Con che pieno di somma gratitudine, e venerazione, Le fo profon(dissi)mo inchino. Ospizio delle 3 Fontane, primo 7mbre 1728 Di V(ostra) S(ignoria) Ill(ustrissi)ma e R(everendissi)ma Umilissimo dev(otissi)mo obblig(atissi)mo servitore F(ra) Malachia Abate Cistercense».
Il discorso prosegue nel documento successivo, n. 168: «Ill(ustrissi)mo e R(everendissi)mo Sig(no)re S(igno)re P(ad)rone Col(endissi)mo Ho parlato stamane al Sig(no)r Cardinale Corsini del negozio della Prelatura di Monsig(no)r Giordani, con quella premurosis(si)ma vivezza, che ognuno in me riconosce, qual΄ora si |tratta degl΄interessi de i miei Padroni, ed Amici. L’Em(inen)za Sua m’ha detto, che già V(ostra) S(ignoria) Ill(ustrissi)ma si compiacque di parlarlene l’altra sera, e m’ha ordinato di risponderla che è prontissima a servirla immediatamente con Nostro Signore e col Sig(no)r Corradini, o qualsiasi altro, acciocché ella resti consolato ella che non essendo solita d’intraprendere più negozi in una volta, per tema d’imbrogliarsi; avrebbe dato mano a questo, subito che sarebbe stato terminato quello della consaputa promessa Coadjutoria; e che siccome non aveva parlato, con tutta la promessa fatta, o della rinunzia, o della Coadjutoria, senonchè dopo averla primamente servita nella rinunzia del Benefiziato: così non avrebbe fatto passo alcuno per la Prelatura, fino al compimento del negozio della Coadjutoria. Che poi era pensier suo di rimediare a i danni, che le potevano ridondare dal mantenimento della parola data, e più volte confermata tanto m’ha comandato il Sig(no)r Cardinale di rispondere a V(ostra) S(ignoria) Ill(ustrissi)ma, cui fo profondis(si)mo inchino».
Altri nomi ricorrenti nelle epistole sono quelli di Giovan Battista De Miro (primo custode dal 25.01.1698 al 22.09.1711) del già menzionato Pamphili (cardinale bibliotecario dal 26.02.1704 al 22.03.1730) e di Carlo Maiella (primo custode dal 1.06.1712 al 30.12.1738).
9.5. Zaccagni, De Miro, Maiella e Vignoli
«Lorenzo Zaccagni et le bénédictin Giovanni Battista De Miro, second Custode, furent nommés membres de la Commission de la riforme du Calendrier. Carlo Maielli, éminent théologien et poète napolitain qui fut aussi mêlé à la politique, fut nommé deuxième Custode le 22 septembre 1711 à la suite de l’abdicarion de G. B.