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Lavoro e Terza Rivoluzione Industriale (3RI)

5. Le discipline che si occupano di lavoro

5.3. Lavoro e Terza Rivoluzione Industriale (3RI)

L’economista Jeremy Greenwood, partendo dalla considerazione della 3RI come “rivoluzione della informazione-comunicazione”, affronta la questione del lavoro da una prospettiva precisa: il mondo dell’ICT è soggetto ad un ritmo innovativo velocissimo, crea sempre nuove opportunità lavorative, ma determina anche la richiesta di una continua e sempre aggiornata specializzazione. Questa prerogativa sembra proprio essere la chiave di volta di ogni discorso sulle attività impiegatizie: lavorare nel contesto della 3RI significa confrontarsi con una realtà tecnologica cangiante che pretende aggiornamenti costanti (Greenwood, 1997).

Questa corsa alla specializzazione crea un clima di competizione continua e porta anche alla disparità, spesso notevole, dei salari: come cerca di spiegare Campa, l’innovazione e l’aggiornamento crescenti determinano con sempre maggiore evidenza il divario fra “chi sa” e “chi non sa” e, conseguentemente, anche gli scarti fra salari. Si tratta di un fenomeno intrinseco alle “grandi rivoluzioni tecnologiche”, soprattutto nelle prime fasi di assestamento, e chi lavora nei campi dell’innovazione scientifico- tecnologica non può prescinderne (Campa, 2007).

Sulla stessa linea d’onda si colloca anche Bradford che, cercando di offrire una linea di condotta all’interno del mondo di internet - elemento chiave della 3RI -, riflette sui lavori legati a questa realtà attraverso i legami che vengono in essere fra gli specialisti del settore e gli utilizzatori dei servizi. Secondo la personale visione dello

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studioso, è necessario che questi rapporti siano sempre più stretti ed espliciti, creando una sorta di “piano lavorativo orizzontale e compartecipativo” fatto anche di scambi di idee fra addetti al lavoro e clienti. Le nuove tecnologie informatiche rendono dunque più labili i confini fra chi si adopera per un servizio e chi sceglie di usufruirne e questa dinamica necessita anche di una fitta rete di regolamentazioni giuridiche (Bradford, 2000).

Se la 3RI assume i panni di una “rivoluzione informatica”, così come sostenuto anche da Sennholtz, affrontare la questione del lavoro all’interno di questo scenario significa anche parlare di una grande conseguenza determinata da questa rivoluzione: il

decentramento produttivo. Le opportunità offerte dall’informatica permettono di

espandere la gamma dei servizi vendibili e riescono a gestire le mansioni lavorative decentrate (Sennholtz, 2006, www.mises.org).

Non diversamente da Sennholtz, Romano Molesti nota che un aspetto dell’economia della partecipazione può essere rinvenuto proprio nel decentramento produttivo, anche se esso non deve essere limitato al semplice spostamento all’estero delle attività produttive: i ruoli di sempre maggiore responsabilità ed intraprendenza affidati ai lavoratori sanciscono la nascita di “reti di lavoro” che vedono i soggetti e le imprese formare una serie di domini autonomi che interagiscono tra loro. Esistono dunque nuove alternative lavorative, come l’azienda cooperativa, la piccola impresa e il lavoro autonomo, che vanno a contrapporsi alla grande impresa fordista (Molesti, 2006).

Per quanto concerne il rapporto “lavoro-lavoratore”, questa nuova organizzazione degli impieghi vede affidare più responsabilità ai lavoratori, che possono svolgere autonomamente e, anche a domicilio, le loro mansioni: il maggiore grado di

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responsabilità porta anche ad un miglioramento generale delle condizioni di lavoro, verso una de-gerarchizzazione delle stesse attività (ibidem, 2006).

La 3RI come rivoluzione collegata all’ICT è dunque vista come contesto di nuove opportunità lavorative, ma c’è anche chi, partendo proprio dai mezzi di comunicazione e informazione, arriva a decretare la morte di un lavoro essenziale per l’uomo, quello intellettuale.

Ercolani si interroga sugli sviluppi del lavoro proprio a partire dalle rivoluzioni industriali, utilizzando come punto di riferimento il pensiero di Kurl Vonnegut: una volta giunti alla fine il lavoro muscolare e quello ordinario in concomitanza con la prima rivoluzione industriale, il primo, e con la successiva, il secondo, la 3RI sembra sancire la morte del lavoro intellettuale. Se grazie alle innovazioni delle prime due rivoluzioni industriali l’uomo vede limitati i propri sforzi fisici e ha più tempo per dedicarsi agli svaghi e all’espressione della creatività, con l’avvento della 3RI perde le proprie potenzialità intellettive a causa del predomino delle nuove tecnologie e dei mezzi di comunicazione (Ercolani, 2007).

Se prendiamo in mano il lavoro di Jeremy Rifkin e torniamo agli anni ’90, ci confrontiamo con una visione pessimistica sul lavoro: l’autore parla di una 3RI che modifica in negativo l’essenza del lavoro umano. L’automazione, l’informatizzazione, l’elettronica e Internet sembrano sostituire letteralmente il lavoro umano con quello delle macchine (Rifkin, 1995).

A partire dalle società più avanzate, i lavoratori scompaiono sempre di più come figure sociali, le fabbriche continuano a produrre ma si svuotano di uomini in carne ed ossa e la disoccupazione diventa un nuovo fenomeno di massa. Rifkin osserva l’inesorabile installarsi delle “tecnologie di potenza”, nota le loro influenze sul lavoro e comprende quanto questi cambiamenti incidano in modo sostanziale sulla vita degli

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individui, che si trovano travolti dall’incubo della perdita generalizzata della propria attività di vita e delle basi essenziali delle proprie risorse economiche (ibidem, 1995).

La fine del lavoro in quanto tale appare presto un epilogo estremo e poco realistico e il grido di preoccupazione che Rifkin lancia per la rottura degli equilibri lavorativi “tradizionali” si stempera in una visione ottimistica sulle opportunità dell’uomo nei suoi testi successivi. Ecco dunque il pensiero che l’autore elabora ne La

civiltà dell’empatia: Internet e i nuovi mezzi di comunicazione sono posti alla base della

possibile unificazione del genere umano su basi migliori e favoriscono l’espressione degli individui. Inoltre, la “coscienza biosferica”, con tutto l’apparato delle energie rinnovabili, stimola una condivisione delle problematiche ambientali che può trasformarsi in nuove applicazioni lavorative (Rifkin, 2010).

Anche Richard Florida dedica molto spazio alla riflessione sul lavoro in riferimento alla 3RI e, rifacendosi al ruolo centrale assunto dalla creatività, cerca di presentarne le caratteristiche determinanti: in primo luogo, oggi il lavoro deve rappresentare l’esplosione della forza creativa umana. Attraverso la lettura di dati relativi ad indagini svolte in territorio americano, risulta chiaro il desiderio di svolgere lavori sulla base della passione e degli interessi personali (Florida, 2003).

La ricerca del lavoro sembra declinare la semplice logica del guadagno, oltre il mero conteggio del denaro e il desiderio di diventare ricchi ad ogni costo: il brivido della sfida personale, il senso di gratificazione, la possibilità di esprimere le proprie inclinazioni e il desiderio di raggiungere obiettivi precisi nell’ordine di uno stile di vita soddisfacente sono tutti elementi che concorrono alla ricerca e allo svolgimento di lavori sulla base di chiare esigenze personali (ibidem, 2003).

Florida confida nell’espressione di queste esigenze attraverso le attività lavorative e comincia a presentare quelle che sono le dinamiche maggiormente fattive ed

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esemplificative di un mutamento ormai inesorabile: il mercato del lavoro sembra sempre più contraddistinto da un’ipermobilità orizzontale, che vede i lavoratori spostarsi da un posto all’altro, piuttosto che cercare di avanzare nella medesima realtà, per ottenere mansioni sempre più vicine alle proprie predisposizioni; il criterio della

flessibilità risulta determinante nella scelta del lavoro, che deve conciliarsi, oltre che

con la creatività, anche con il tempo libero e gli impegni famigliari; la responsabilità personale è sempre maggiore e si addice a quei lavoratori che desiderano svolgere attività come possibilità per esprimersi e gestirsi (ibidem, 2003).