• Non ci sono risultati.

Le caratteristiche del consumo critico e responsabile.

Il consumo critico e responsabile

3.2. Le caratteristiche del consumo critico e responsabile.

Alcuni studiosi (Leonini e Sassatelli, 2008) hanno individuato due assi portanti intorno ai quali sembrano ruotare i principali significati che muovono i consumatori responsabili (Fig. 3.1).

Fig. 3.1. Lo spazio del consumo consapevole.

Fonte: Leonini e Sassatelli, 2008, pag 28

Il primo è l’asse che caratterizza anche la dinamica del “movimento dei movimenti” e che esprime la tensione esistente tra due tradizioni politiche diverse, quella che si ispira alla solidarietà e alla cooperazione e quella che si ispira alla critica (che nei suoi

Sobrietà

Solidarietà Critica

51 casi estremi può limitarsi al semplice rifiuto, senza essere necessariamente “costruttiva”). Il secondo asse è quello che rappresenta invece una tensione più caratteristica delle scelte di consumo vere e proprie che possono essere orientate alla ricerca del benessere, della cura di sé, dell’edonismo e del miglioramento della qualità della vita, o viceversa possono essere organizzate principalmente intorno alla moderazione, alla frugalità, senza per questo tradursi in forme di rinuncia o di ascetismo.

Con queste direttrici viene tracciato uno spazio dinamico all’interno del quale si muovono alcuni dei principali significati relativi al consumo critico, ma non vengono determinate, invece, le categorie di consumatori. L’impossibilità di collocare i consumatori all’interno di questi campi dipende non solo dalla variabilità di contesti e situazioni, ma dal fatto che ci troviamo davanti a una pluralità di definizioni delle forme di consumo critico, consapevole o responsabile, senza avere a disposizione, in realtà, una cornice sufficientemente ampia che possa inquadrare in maniera definitiva tutti questi tipi di comportamento.

La polarità del benessere identifica un insieme differente di riferimenti che richiamano il tema della qualità della vita, della necessità di concedersi momenti di piacere e cura di sé, purché siano eticamente orientati. Il tema della qualità della vita appare centrale all’interno del successo delle pratiche del consumo responsabile. Vivere meglio e imparare a selezionare le proprie scelte di consumo appare del tutto coerente con le preoccupazioni collettive verso l’ambiente e la salubrità degli alimenti. Da questa prospettiva consumo e cittadinanza non sembrerebbero più due elementi contrapposti (uno legato all’azione razionale, utilitarista e “privata”, l’altro all’azione morale, orientata al bene pubblico) in quanto il consumo viene considerato come un ambito in cui si può manifestare contemporaneamente un orientamento civico e un’aspirazione alla cura di sé.

La polarità della critica identifica una serie di riferimenti che fanno capo a concetti di resistenza, di sovversione del quotidiano, di sfida simbolica sul piano culturale. Per

critica gli studiosi hanno inteso la capacità di esprimere un dissenso e una valutazione

in grado di far emergere le dinamiche del potere. La polarità della critica è senza dubbio quella che si avvicina di più a motivazioni che potremmo definire “politiche” o di ricerca di risorse politiche, cioè in grado di cambiare il corso degli eventi; qui si ritrova

52 una evidente esigenza di giustizia sociale e una più generale critica culturale nei confronti di modelli di consumo e di comportamento proposti dall’esterno. Questa polarità non va vista necessariamente come una modalità “contro”, ma al contrario come una sentita necessità di trovare forme alternative di consumo, possibilmente libere da compromessi. La sfida simbolica della critica cerca di attuare, dunque, tentativi di

resistenza quotidiana in cui ogni singolo soggetto può dare a determinati

comportamenti personali il significato di una forma di opposizione, a prescindere dal fatto che questa abbia poi un reale peso politico o effetti immediatamente misurabili. Lo spazio della critica è molto legato al tema dell’informazione, un consumo è critico nel momento in cui è consapevole nel senso che è generato da un tentativo di rendere meno opaca la distribuzione delle merci. In questo senso assume rilevanza il concetto di rete sociale, capace di veicolare i differenti flussi, economici, di informazione e valori (Mance, 2003; Piselli, 1995), tali da permettere la diffusione delle pratiche legate al consumo critico e responsabile. Generalmente la difficoltà a ottenere questa trasparenza sulle circolazione delle merci, sulle informazioni, fa sì che il consumatore critico aderisca alle politiche del “ciclo corto”, tramite un controllo diretto sui beni acquistati.

La polarità della sobrietà, che per tradizione sembra l’alternativa a quella del benessere e della cura di sé, è in realtà molto più articolata includendo sollecitazioni a forme culturalmente ricostruite di semplicità e di tradizione, forme di resistenza all’invadenza della tecnologia, appelli a ideali romantici della natura e solo in qualche caso riferimenti a retoriche dell’ascetismo e della rinuncia. Sostanzialmente il tema della sobrietà si richiama alla ricerca di un altro tipo di qualità della vita, di una modalità diversa di praticare l’anti-conformismo (Leonini, 2000; Osti, 2006) attraverso un’essenzialità che giustifica scelte selezionate nell’ambito dei consumi, ma anche in quello della socialità, sviluppando relazioni più ricche e autentiche, un utilizzo più autonomo del proprio tempo, talvolta la ricerca di uno spazio in cui manifestare i propri valori spirituali. Il richiamo alla sobrietà (consumare meno ma in modo qualitativamente più appropriato), si presta dunque a differenti letture: ricerca di pratiche ecologiche e sostenibili, richiami a tradizioni locali e antiche saggezze, bisogni di convivialità. D’altra parte la sobrietà, sostengono alcuni studiosi (Bologna et al., 2000; Gesualdi, 2005), appare anche come qualcosa di necessario, di non ulteriormente procrastinabile: sempre di più la qualità della vita futura dipende dalla capacità di saper

53 trasformare la qualità della vita presente. Di conseguenza il tema ecologico e quello del rispetto delle generazioni future si presentano come strettamente intrecciati all’interno di una più complessa proposta di revisione dei consumi, attraverso anche quella che è stata definita una decrescita felice (Bonaiuti, 2005).

Infine la polarità della solidarietà è quella che fa riferimento ai più generali concetti di responsabilità, etica, cooperazione e impegno concreto. La solidarietà è intesa in particolare come ricerca e costruzione di nuove e differenti relazioni, sia all’interno di un gruppo di riferimento, sia rispetto a interlocutori esterni, relazioni basate sul mutuo riconoscimento e su criteri di giustizia. Esempi sono la cooperazione dei Gruppi di Acquisto Solidali (GAS) con i piccoli produttori. Si tratta quindi di una solidarietà più impegnativa, in quanto si costruisce dentro al gruppo di riferimento e rispetto a specifici attori esterni, con cui si cerca di avere rapporti continuativi. Il tentativo di costituzione di distretti di economia solidale (DES), corrisponde proprio a questo tipo di logica: attraverso la creazione di nuove reti di produzione e di distribuzione si cerca di aprire uno spazio etico e di reciprocità all’interno delle regole individualistiche dello scambio di mercato (Leonini e Sassatelli, 2008). Il consumo può essere un agire orientato eticamente e il consumatore può decidere di essere solidale, difensore dei diritti degli ultimi, ecologico, impegnato nella società civile, così come può esserlo l’imprenditore, il commerciante e il mondo dell’associazionismo o del no profit.

Il potere del consumatore viene tratteggiato mediante il richiamo alla responsabilità personale, ai doveri del consumatore. Bovone e Mora (2007) distinguono tre modelli di responsabilità da parte del consumatore, che vengono resi visibili attraverso corrispondenti scelte d’acquisto: responsabilità verso se stessi, attraverso la scelta di prodotti per il benessere e la felicità personale, il biologico come scelta salutista; verso

gli altri, acquistando prodotti che combattono la povertà e sostengono azioni di

solidarietà e giustizia (tutti quei prodotti che possiamo definire equi e solidali); verso

l’ambiente, effettuando consumi ecologici/sostenibili, come le preferenze per il

biologico per motivi ambientali, ecc.

Il consumo non ha solo l’obiettivo di soddisfare le necessità naturali e biologiche, ma anche necessità culturali prodotte da ciascuna società in base al proprio modello di vita.

54 Mance (2003) individua tre modalità di consumo: alienante, forzoso e come mediazione del ben - viver, i quali visti in un’ottica collettiva, possono produrre il

consumo solidale.

Il consumo alienante fa riferimento alle pratiche nella società capitalista effettuate da grande parte della popolazione. “Molte persone cercano nelle merci qualcosa di più

delle semplici qualità oggettive” (Mance, 2003). Spinti dagli spot pubblicitari, dal merchandising e dalle proposte dalle nuove mode, in molti attribuiscono ai prodotti

alcune qualità virtuali per cui determinano acquisti e consumi. Molto spesso alcuni prodotti sono investiti, ad esempio dai media, da un significato simbolico, per cui viene attribuito a questi prodotti una funzione di segno (mediazione semiotica). Questa funzione diventa determinante per il loro acquisto.

Il consumo forzoso fa riferimento a quella parte della società che non dispone di risorse per consumare prodotti firmati o di marche prestigiose. Questi consumatori, presi dalle necessità, cercano di fare gli acquisti massimizzando il potere di consumo con i pochi mezzi che hanno. Coloro che si ritrovano in una situazione precaria, cercano di comprare l’essenziale, quello che è a basso prezzo, prediligendo la quantità dei prodotti, a parità della cifra spesa, piuttosto che la qualità. Questa fascia di consumatori preferirebbe fare acquisti più costosi, proposti dai media, ma la loro condizione non lo permette.

Il consumo come mediazione del ben - vivir implica che le scelte di acquisto sulla soddisfazione delle necessità personali quali la conservazione della salute e l’affinamento dei piaceri, anziché sulle apparenze e gli immaginari prodotti dai media. Chi pratica il consumo come mediazione del ben - vivir non segue le ondate consumistiche, non si lascia influenzare dalle pubblicità.

Il consumo solidale si ha quando la selezione di ciò che si consuma viene fatta tenendo in considerazione non solo il proprio ben - vivir personale, ma anche quello collettivo. Coloro che arrivano a questa forma di consumo hanno acquisito la consapevolezza che la produzione trova la sua finalità, il suo compimento, nell’atto del consumo e che quest’ultimo atto influisce sull’ecosistema, e in genere sulla società.

Il consumo è l’ultima tappa di un processo produttivo e tutte le scelte fatte di acquisto, di ogni singolo e della società nel suo insieme, possono esercitare una grande influenza sull’andamento di determinate attività dal punto di vista sociale, ambientale, ed

55 economico. Mance (2003) sostiene che è proprio questa forma di consumo che può contribuire alla creazione di percorsi inclusivi, solidali, equi, giusti.

Ciò che denominiamo consumo solidale è consumare un prodotto con lo scopo indiretto di promuovere il ben - vivir della collettività (salvaguardare l’occupazione, ridurre le giornate di lavoro, preservare gli ecosistemi, garantire i servizi pubblici non statali ecc.) sia o no esso leggermente più caro ma con le stesse qualità di altri simili, oppure un po’ più a buon mercato ma con una qualità di poco inferiore (Mance, 2003).

La caratteristica individuata di queste nuove pratiche di consumo è la creazione di identità forti e inclusive (Forno, 2010), che Della Porta definisce “tollerant identity”. In questo senso differiscono sia dai movimenti politici tradizionali, che dalle mode e dalle coalizioni temporanee per raggiungere uno scopo. I primi, infatti, (fig. 3.2.) creavano una forte identità, ma esclusiva, in quanto si davano sulla base di una presenza di confini di classe (primo quadrante a sinistra). Le seconde si caratterizzano per una identità debole ma inclusiva, per esempio i gruppi che si formano per partecipare ai bandi, si danno nella forma dell’esclusività (secondo quadrante destra). Anche le mode e le mobilitazioni estemporanee creano identità inclusive, ma caratterizzate da debolezza (terzo quadrante a destra).

Fig. 3.2. Tipi di identità.

Forte Debole

Esclusiva

Movimenti tradizionali politici e/o partiti di classe

Coalizioni temporanee per raggiungere uno scopo

Inclusiva Movimenti contemporanei (caratterizzati da identità tolleranti –

Tollerant identity)

Mode o mobilitazioni estemporanee

56 Le nuove pratiche di consumo critico si sviluppano nell’ambito di quella che in letteratura è stata definita “la classe media riflessiva”, cioè capace di riflettere sulle conseguenze delle proprie azioni (Forno, 2010).

La diffusione delle nuove tecnologie dell’informazione ha rappresentato un elemento rilevante, facilitando la diffusione del flusso informativo, per lo sviluppo di queste esperienze.

Le nuove pratiche di consumo critico secondo la Forno (2010), possono agire su diversi piani, precisamente su tre livelli: culturale, economico e politico. In particolare, creano nuove “rappresentazioni” (agendo sul livello culturale), facilitano la costruzione di reti economiche per la sostenibilità (livello economico), e infine favoriscono la costruzione di forme di regolazione volontaria (soft law) per i diritti umani e la tutela dell’ambiente (livello politico).

57

CAPITOLO 4

Ipotesi della ricerca, metodologia e strumenti di rilevazione.