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Le cause all’origine dell’intervento pubblico: il monopolio

I. Il settore dei Servizi Pubblici Locali

I.2 Le cause all’origine dell’intervento pubblico: il monopolio

Dal punto di vista della teoria economica, l'intervento pubblico e' reso necessario quando le relazioni tra gli agenti operanti sul mercato siano alterate da alcuni particolari fattori; sono individuabili tre tipologie di cause:

asimmetrie informative

esistenza di un monopolio naturale

presenza di esternalità

Al verificarsi di queste tre condizioni si assiste al fallimento del mercato concorrenziale. Il mercato fallisce poiché il sistema dei prezzi conduce a un’allocazione delle risorse non Pareto-efficiente, date le risorse e le tecnologie

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disponibili6. Per essere Pareto-efficiente, un mercato dovrebbe basarsi su un sistema di prezzi che tenga conto di ogni possibile forma di economia e di diseconomia, al pari dell’equilibrio di concorrenza perfetta. In altri termini, i prezzi di un mercato efficiente esprimono il valore sociale delle risorse e dovrebbero livellarsi ai costi marginali di produzione, così come avviene nel modello del mercato perfettamente concorrenziale.

In realtà, in casi particolari, le attività svolte da alcuni agenti generano effetti positivi (o negativi) sul benessere di altri soggetti senza che questi ultimi siano coinvolti: è il fenomeno delle esternalità. Tipiche esternalità positive sono ad esempio i benefici che l’attività di ricerca svolta da alcune imprese genera a favore di altre imprese, ove queste siano in grado di beneficiare dell’attività delle prime senza dover sostenere gli stessi costi (allo stesso tempo la quantità scelta dal mercato è più bassa della quantità efficiente).

Un altro esempio che e' possibile inserire nel campo dei servizi pubblici locali e' quello delle esternalità positive generate da un efficiente sistema di trasporto pubblico locale, caso in cui le esternalità positive sono generate da una diminuzione del traffico e da una diminuzione delle emissioni inquinanti in atmosfera.

Le principali situazioni di fallimento dei mercati emergono dunque in presenza di ampie esternalità nel sistema produttivo e di forme di mercato non perfettamente concorrenziali (soprattutto monopolistiche o strettamente oligopolistiche). In queste situazioni, i prezzi da un lato non riflettono interamente il valore sociale delle risorse, dall’altro tendono a superare il livello dei costi marginali generando extraprofitti non equamente distribuiti. Il problema delle esternalità giustifica la produzione pubblica innanzitutto nei casi limite dei beni pubblici, per i quali l’esistenza stessa di un mercato è difficile da ipotizzare (es. difesa e giustizia).

Un'altra situazione in cui tradizionalmente e' previsto l'intervento pubblico e' quando vi sia la presenza si un monopolio naturale. L’espressione “monopolio naturale” fa riferimento ai casi in cui una sola impresa detiene un forte potere di mercato che le deriva da specifiche caratteristiche tecnologiche del processo produttivo. Per la natura stessa del mercato un' unica impresa e' in grado di raggiungere una produzione efficiente e dunque l'unica modalità organizzativa e' quella del       

6 Zanetti G, Alzona G., “Capire le privatizzazioni”, il Mulino, 1998  

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monopolista. Un’impresa in grado di esercitare un così forte potere di mercato non prende il prezzo di vendita come dato, e ciò provoca uno scostamento dell’allocazione delle risorse dal punto di ottimo per l’intero sistema economico. Il monopolista può aumentare i propri profitti riducendo la quantità prodotta ed aumentando il prezzo al di sopra del costo marginale, portando ad una riduzione del benessere dei consumatori. Il monopolio conduce a una minore efficienza allocativa perché l’incremento di profitto per il produttore è inferiore alla perdita di benessere per il consumatore.

L’inefficienza allocativa non è il solo motivo di preoccupazione per la presenza di imprese che operano in condizioni di monopolio. È infatti opinione comune che l’assenza di competizione diminuisca per le imprese l’incentivo a produrre in modo efficiente, e determini quindi costi di produzione maggiori di quelli che vi sarebbero in condizioni concorrenziali: il monopolio genera pertanto altre forme di inefficienza non strettamente riconducibili a quella allocativa.

Vi sono, oltre all’aspetto allocativo, due ulteriori questioni da tenere in considerazione, e che concorrono a generare il costo sociale del monopolio:

Il fatto che la forma di mercato può influire sugli incentivi al perseguimento dell’efficienza interna dell’impresa, per cui l’assenza di concorrenza potrebbe fornire al management stimoli insufficienti alla minimizzazione dei costi di produzione

Il fatto che l’impresa, per conquistare e mantenere la posizione di monopolio, possa intraprendere attività di rent-seeking7. Con questa denominazione si indicano attività unicamente finalizzate a garantire il conseguimento della rendita connessa alla posizione monopolistica, comportando costi aggiuntivi per l’impresa. Il rent-seeking conduce a ulteriori sprechi di risorse perché i costi aggiuntivi non si traducono, se non in parte, in creazione di valore per l’economia.

È consuetudine ritenere che vi sia un monopolio naturale ogni volta la produzione di un bene o di un servizio avviene a costi medi decrescenti. Ciò implica che se il prezzo del bene o servizio viene fissato al costo marginale, come vuole il       

7 Il fenomeno del “rent seeking” è stato identificato per la prima volta associato in relazione ad un mercato monopolistico da Gordon Tullock, in un paper nel 1967.

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modello del mercato in concorrenza perfetta, il produttore incorre in una perdita. E’ il caso di molti servizi pubblici (“servizi infrastrutturali”), specialmente dei servizi a rete (“public utilities): attività economiche, quali ad esempio l’erogazione di servizi idrici, di energia elettrica, di erogazione del gas, delle telecomunicazioni e del trasporto ferroviario, ecc. , che si sviluppano su proprie infrastrutture. Nell’offerta di servizi a rete si possono presentare due tipi di problemi: in primo luogo nella maggior parte dei casi la riproduzione dell’infrastruttura può rivelarsi oggettivamente impossibile, per la natura del territorio (esempi calzanti ne sono la rete ferroviaria e quella autostradale italiana). In altri casi la riproduzione può essere oggettivamente possibile ma non economicamente conveniente. Infatti tali infrastrutture necessitano di elevati investimenti (elevati costi fissi per intraprendere l’attività e l’irrecuperabilità dell’investimento, “sunk cost”) e richiedono uno sforzo elevato per sostenere i costi di gestione e manutenzione; nonché lo scarso utilizzo della piena capacità produttiva .

In secondo luogo le reti si prestano facilmente a problemi di congestione, proprio a causa della loro non-riproducibilità, pertanto diventa necessario regolamentarne l’accesso. La teoria economica ritiene che siano già presenti barriere all'entrata, costituite proprio dai rilevanti investimenti sulla rete infrastrutturale necessari per poter operare.

La concezione moderna del monopolio naturale fu delineata a partire dagli anni ’70 da Baumol e altri autori8, attraverso un riesame e un ampliamento della concezione tradizionale. In passato la presenza di un monopolio era attribuita all’esistenza di economie di scala (o rendimenti di scala crescenti) nella produzione. Il concetto di economie di scala non e' però sufficiente per un’analisi del caso delle imprese multiprodotto, la cui rilevanza è andata aumentando nel tempo.

La presenza delle imprese multiprodotto rende necessaria la considerazione degli effetti sui costi di produzione non solo di una variazione della scala produttiva, ma anche nel mix di beni e servizi offerti. Inoltre, come vedremo, anche nell’ipotesi di produzione da parte di imprese monoprodotto, la presenza di economie di scala non       

8 La prima definizione venne fornita da H. Carter Adams nel 1887, secondo la quale: “Le industrie dominate da rendimenti crescenti di scala, dove la libera concorrenza risulta incapace di esercitare una sana influenza regolatrice, sono per natura monopoli”. La nuova teoria moderna del monopolio naturale fu introdotta da W. Baumol, J. Panzer, R.D. Willig in relazione alla contendibilità dei mercati in

“Contestable Market and the Theory of Industrial Structure”.

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esaurisce i casi in cui il costo complessivo per l’industria viene minimizzato concentrando la produzione in capo ad una singola impresa.

Secondo la concezione moderna la presenza di monopolio naturale è generata da una particolare condizione della funzione di costo: la subaddittività9.

Una funzione di costo C(q) , relativa alla produzione di un vettore di quantità di output q = (q1, q2,...qn) è strettamente subaddittiva in q se:

C(q)< Σk C(qk)

Per ogni possibile K-upla (K>1) di vettori n-dimensionali (q1, q2, …,qk) tali che:

k qk = q

In altri termini, il costo di produrre il vettore q per un’unica impresa è inferiore al costo di produzione complessivo che dovrebbe sostenere una combinazione qualsiasi di k imprese distinte. L’idea di fondo è che se un unico produttore è in grado di offrire un dato servizio nella quantità richiesta dal mercato a costi più contenuti di quelli che si determinerebbero affidando la produzione a una combinazione qualsiasi di più imprese allora si è in presenza di monopolio naturale.

La condizione di subaddittività può essere verificata per un certo valore q e non esserlo in corrispondenza di un altro valore q'. Affinché la configurazione dell’industria sia di monopolio naturale la funzione di costo deve risultare subaddittiva sull’intero intervallo rilevante dei valori dell’output, che è definito dalla domanda di quel bene; è importante sottolineare che la subaddittivita' continua anche nel primo tratto crescente della curva di costo. Pertanto, la presenza di un monopolio naturale dipende sia dalle caratteristiche della tecnologia, che definisce la funzione di costo, sia dalla dimensione della domanda, che definisce l’intervallo rilevante dei valori dell’output.

Nell’industria monoprodotto, la presenza di rendimenti di scala crescenti è condizione sufficiente ma non necessaria alla subaddittività della funzione di costo.

La presenza di rendimenti di scala crescenti implica costi medi decrescenti, e dunque,       

9 Definizione e dimostrazione matematica generale in: “Liberati P., Enti territoriali e servizi pubblici locali: liberalizzazioni, investimenti, gestione”, Dexia Crediop, 2007. 

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si hanno costi medi decrescenti quando, date due quantità di output, q1 e q2 (con q1<q2) la funzione di costo è tale che:

C(q1)/q1<C(q2)/q2

Considerando una qualsiasi K-upla di vettori di quantità di output (q1,q2,…, qk) tale che ∑k qk = q, con qk < q per ogni k, avremo quindi:

C(qk)/qk> C(q)/q

Per ottenere la condizione di subaddittività sarà sufficiente moltiplicare entrambi i membri della disequazione per qk e sommare:

Σk[C(qk)/qk] qk > Σk[qk/q] C(q)

Σk C(qk) C(q)

In questo caso il costo di un' unica impresa per produrre la quantità richiesta dal mercato è inferiore al costo che una qualsiasi altra combinazione di n imprese dovrebbe sostenere.

In presenza di costi medi decrescenti (economie di scala) la funzione di costo è sempre subaddittiva (e quindi vi è monopolio naturale), ma si può dimostrare che la subaddittività può verificarsi anche in presenza di una funzione di costo medio crescente per qualche livello di output10.

Nell’industria multiprodotto (nel nostro caso multiservizio), la subaddittività della funzione di costo si distacca totalmente dalla presenza di economie di scala, perché non costituiscono più né condizione necessaria né sufficiente alla       

10 Samo D., “L’impresa pubblica tra privatizzazione e regolamentazione, FrancoAngeli, 1994

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subaddittività11. Nell’industria monoprodotto le economie di scala generano l’effetto che la quantità di output cresce più che proporzionalmente alla quantità di input immessa nel processo produttivo. In tale tipologia di industria (multi prodotto) l’aumento della quantità di output può avvenire in molti modi, a seconda di come varia la proporzione tra le componenti del vettore q. La convenienza a tenere unita la produzione scaturisce da:

− presenza di “economies of scope” (economie di diversificazione o di varietà)

− decrescere del costo incrementale all’aumentare della quantità prodotta

In presenza di economie di scopo, la funzione di costo implica che

C(qx, qy, qz, ...) < C(qx,0,0) + C(0,qy,0) + C(0,0,qz) + ...

Dove qx, qy, qz rappresentano, rispettivamente, le quantità di determinati beni (o servizi) X, Y o Z. In questi casi si creano sinergie produttive che generano un abbattimento dei costi complessivi per la produzione di beni diversi. Si tratta di casi che si riscontrano frequentemente nel settore dei SPL, in particolar modo nei servizi a rete. Gli esempi di sinergie che si originano operando congiuntamente in più settori sono moltissimi, primo fra tutti l’erogazione di gas naturale e servizi idrici, binomio consolidato e sfruttato da aziende diverse in gran parte del territorio italiano12. Altri servizi che possono beneficiare della creazione di sinergie sono la telefonia mobile e la distribuzione di energia elettrica (si pensi all’idea da cui nacque la Wind13), o ancora la distribuzione di energia elettrica e l’erogazione di gas naturale.

      

11 Dimostrazione matematica in: Cervigni G., D’Antoni M. Monopolio naturale, concorrenza, regolamentazione, 2001

12 Esempi significativi sono Acea(Roma), Hera(Bologna, Ravenna, Rimini, Forlì-Cesena, Ferrara, Modena e Imola), Acega Aps (Padova, Trieste)

13 Wind Telecomunicazioni nasce alla fine del 1997 grazie all'investimento di ENEL, France Télécom e Deutsche Telekom. Già nel dicembre 1998 con l’avvio dei servizi di telefonia fissa per le aziende conquista il suo primo record: è la più veloce start-up del mercato europeo delle telecomunicazioni. Nel luglio del 2003 Wind Telecomunicazioni è tutta italiana: Enel ne diventa l’unico azionista acquistando il  restante 26,6% da France Télécom. Il primo semestre si chiude con il raggiungimento di 30 milioni di clienti tra telefonia fissa, mobile e internet.

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Le economie di scopo sono frequenti anche tra SPL e attività tradizionalmente attribuite al settore privato: basti pensare alle sinergie potenziali realizzabili dall’offerta congiunta di servizi postali, bancari e di prodotti di gestione del risparmio alle famiglie.

Per spiegare il secondo punto (decrescere del costo incrementale all’aumentare della quantità prodotta) si consideri il caso specifico della produzione di due soli beni (o servizi), X e Y, il cui output sia rispettivamente qx e qy . La presenza di economie di scopo è tale che:

C(qx, qy) < C(qx, 0) + C (0, qy)

Il costo incrementale del bene (o servizio) X è il costo aggiuntivo che il monopolista deve sostenere per produrre qx quando già produce qy , cioè:

ICx(qx, qy) = C(qx, qy) – C(0, qy)

Se ICx decresce all’aumentare di qy, per cui la produzione del bene (o servizio) X è meno onerosa se già il monopolista produce Y, si parla di complementarietà di costo tra i due beni.

Un caso che si presenta frequentemente, anche negli esempi esposti sopra, è la compresenza economie di scopo in concomitanza con economie di scala: per spiegare questo fenomeno è necessario spiegare un altro concetto pocanzi introdotto, il costo medio incrementale.

Il costo medio incrementale per il bene (o servizio) X è pari a:

ICX(qx,qy) / qx

Se il costo medio incrementale per X è decrescente all’aumentare della quantità prodotta dello stesso bene o servizio, qx, allora sussistono economie di scala specifiche per quel prodotto. La presenza di economie di scala specifiche per il prodotto costituisce infatti una condizione più forte rispetto alla semplice presenza di economie di

scala.

È possibile infatti dimostrare che costi medi incrementali decrescenti per valori inferiori o uguali a q,per ogni prodotto X, ed economie di scopo in q

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costituiscono condizione sufficiente per la subaddittività della funzione di costo in q14.

In conclusione, l’ampliamento dell’analisi delle condizioni di esistenza di monopoli naturali ad industrie multiprodotto rende non esaustivo il riferimento classico alle economie di scala. Si rende pertanto necessario considerare il complesso dei rapporti di complementarietà nella produzione dell’intera gamma di beni e servizi offerti dal monopolista.

Sono state illustrate in precedenza le condizioni di esistenza di un monopolio naturale nelle industrie monoprodotto e multiprodotto. Prima di concludere l’argomento è necessario introdurre a margine un altro concetto che caratterizza la nozione stessa di monopolio naturale, ossia il concetto di “sostenibilità”. Una configurazione di mercato è detta sostenibile quando il sistema dei prezzi vigenti su di esso è in grado rendere non profittevole l’entrata di altri concorrenti. Ciò comporta necessariamente che, qualora l’entrata abbia effettivamente luogo, i prezzi restino invariati.

Per spiegare il concetto di sostenibilità, è necessario introdurre la nozione di configurazione di mercato “ fattibile”. Si consideri il caso di un mercato in cui operano k imprese che utilizzano la stessa tecnologia e quindi sostengono gli stessi costi. In questa ipotetica situazione è possibile considerare anche un monopolio, basti pensare al caso per il quale k = 1; ciascuna delle k imprese produce il vettore q (q1, q2, … , qn) di prodotti che sono venduti sul mercato rispettivamente ai prezzi p1, p2, … , pn

Perché tale configurazione industriale sia fattibile devono essere verificate le seguenti condizioni:

Il mercato deve essere in equilibrio. Pertanto

Σi qi = Q(p) con i=1,2,…k con i = 1,2,…k

La quantità di beni prodotta e offerta complessivamente dalle k imprese deve cioè essere uguale a Q(p), che rappresenta il vettore delle quantità domandate dai consumatori al prezzo p.

      

14 Dimostrazione matematica svolta ad opera di Baumol, Panzer e Willig (1982) 

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Nessuna impresa deve operare in perdita, quindi:

Σi (p*q)i – C (qi) ≥ 0

Una configurazione industriale fattibile è quindi rappresentata da un mercato in equilibrio nel quale ciascuna impresa genera profitti non negativi.

Perché una configurazione industriale fattibile sia anche sostenibile, occorre che sia verificata un’ulteriore condizione; per sottostare a tale requisito si considerano un qualsiasi vettore di prezzi p’ tale che p’ ≤ p e un vettore di quantità q’ tale che q’ ≤ Q(p) deve valere la seguente condizione:

Σi pi’*qi’ – C(q’) ≤ 0

In altri termini, non esistono vettori di prezzi, inferiori a quelli vigenti sul mercato, tali che un’impresa possa offrire un output su quel mercato e ottenere profitti non negativi.

Esaminiamo ora le condizioni affinché un monopolio monoprodotto e multiprodotto sia sostenibile.

Nel caso di industrie monoprodotto abbiamo visto come la subaddittività sia condizione necessaria e sufficiente all’esistenza di un monopolio naturale.

Affinché questo sia anche sostenibile occorre poi che siano verificate due ulteriori condizioni:

− La curva di domanda del servizio deve intersecare la funzione di costo in un tratto decrescente o costante

− Il monopolista deve praticare un prezzo non superiore al costo medio

Se queste due condizioni non sono rispettate vi è la possibilità che un concorrente entri sul mercato e produca ad un prezzo inferiore a quello del monopolista ma superiore ai costi medi, appropriandosi di un segmento più o meno ampio della domanda. In questo caso può generarsi il fenomeno della cosiddetta

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concorrenza “hit and run15” (queste considerazioni verranno riprese successivamente, nel corso del II capitolo, in cui si introdurrà la teoria dei mercati contendibili).

Nel caso multiprodotto un monopolio è sostenibile quando, oltre alle condizioni viste in precedenza, sono verificate anche le seguenti:

Le quantità prodotte dal monopolista siano pari a quelle domandate per tutti i beni o servizi prodotti

I prezzi praticati siano tali da non generare profitti (in caso contrario il settore sarebbe appetibile per nuovi concorrenti)

Il processo di determinazione dei prezzi escluda la formazione di sussidi incrociati.

I sussidi incrociati si generano ogniqualvolta il prezzo di un servizio non ne riflette il vero costo di produzione, perché gli utenti di un servizio finanziano in parte i costi comuni non attribuibili ad un particolare servizio16. In presenza di sussidi incrociati la configurazione del mercato non può mai essere sostenibile perché il monopolista, per sussidiare la fornitura di un prodotto, deve ottenere dalla fornitura di un altro prodotto ricavi in eccesso sui costi. Questo comporta necessariamente che vi sia un sottoinsieme dei mercati serviti (quelli per cui i ricavi eccedono i costi e i profitti sono quindi positivi) in cui un competitore possa trovare conveniente l’entrata, avendo la possibilità di appropriarsi di una parte del mercato e conseguire profitti positivi.

Prima di concludere la trattazione dell’argomento è necessario riportare almeno le conseguenze principali della condizione di sostenibilità. Innanzitutto va ricordato che un monopolio rappresenta una configurazione industriale sostenibile solo       

15 La concorrenza hit and run è un caso particolare che si verifica quando uno o più concorrenti entrano sul mercato, applicando un prezzo inferiore a quello del monopolista ed escono prima che quest’ultimo possa reagire incorrendo cosi in una perdita. Affinché questo tipo di concorrenza possa verificarsi non è sufficiente che il monopolista applichi un costo superiore al costo medio, ma occorre altresì che altre condizioni siano rispettate: l’assenza di sunk cost (costi irrecuperabili) per il monopolista, parità di accesso per tutti i potenziali entranti alla conoscenze tecnologiche, impossibilità di reazione immediata  del monopolista ai nuovi entranti e razionalità dei consumatori (reazione simultanea o quasi della domanda a variazioni di prezzo)

16 Il problema dei sussidi incrociati non è specifico delle multi utility. I rimedi storici adottati fin dal 1970 sono sostanzialmente quattro ed il loro obiettivo e di “distribuire” i costi comuni su tutti i servizi offerti dalla multi utility e non su un solo servizio. Si tratta di: “Divieto di ingresso, Separation Standards, Cost Allocation, Price Cap Rgulation“

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se si tratta di un monopolio naturale, ossia quando l’esistenza del monopolio è riconducibile a particolari condizioni della tecnologia produttiva. Pertanto, un monopolio legale, cioè un mercato nel quale la presenza di competitori è esclusa per legge, è sostenibile se e solo se la presenza di competitori è impossibile anche per ragioni strutturali (nel caso in cui, quindi, quando il monopolio legale è sovrapposto a un monopolio naturale). Vi è inoltre un’incompatibilità sostanziale tra sostenibilità e

se si tratta di un monopolio naturale, ossia quando l’esistenza del monopolio è riconducibile a particolari condizioni della tecnologia produttiva. Pertanto, un monopolio legale, cioè un mercato nel quale la presenza di competitori è esclusa per legge, è sostenibile se e solo se la presenza di competitori è impossibile anche per ragioni strutturali (nel caso in cui, quindi, quando il monopolio legale è sovrapposto a un monopolio naturale). Vi è inoltre un’incompatibilità sostanziale tra sostenibilità e