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La regolamentazione dei prezzi

II. Requisiti e strumenti per l’introduzione della concorrenza: le

II.3 La regolamentazione in generale

II.3.1 La regolamentazione dei prezzi

domanda rigida, sono i contratti estrattivi delle rendite del monopolista, che si basano sull'erogazione, da parte del regolatore, di sussidi che rimborsino esclusivamente i costi di produzione. L'aspetto negativo di questo metodo consiste nell'inconveniente che si viene a creare in seguito alla scarsa stimolazione dell'effort del produttore. Infatti, se il regolatore è scarsamente informato sulla funzione di costo del regolato e non dispone di strumenti che permettano un adeguato controllo, quest'ultimo non solo non sarà incentivato a perseguire l'efficienza, ma al contrario troverà conveniente denunciare costi maggiori di quelli sostenuti in quanto gli è garantito l’intero rimborso.

Si verifica pertanto un trade-off tra efficienza produttiva e efficienza allocativa, che richiede in generale che vi sia una certa reattività della tariffa e/o del sussidio alle variazioni del costo, meccanismo conosciuto come “pass through”.

Reattività e corrispondenza alle variazioni deve necessariamente verificarsi, in modo da incentivare le imprese ad incrementare la produttività.

Nella ricerca di un sistema di regolamentazione ottimale altri contributi significativi provengono da Baron e Myerson (1982), Laffont e Tirole (1986, 1994), ma, il notevole lavoro teorico di questi anni non sembra ancora giunto a soluzioni semplici e univoche, ma soprattutto applicabili nella realtà. Pertanto, nella regolamentazione tariffaria, si prediligono metodi più facilmente applicabili all'intero contesto dei SPL; nel paragrafo successivo verrà trattata la regolamentazione dei prezzi.

II. 3. 1 .La regolamentazione dei prezzi

I meccanismi di regolamentazione dei prezzi più conosciuti e più frequentemente applicati sono la “ROR regulation” e la “price-cap regulation”. Il primo è il metodo applicato prevalentemente negli Stati Uniti, mentre il secondo ha riscosso un notevole successo in Europa, soprattutto dopo le privatizzazioni, e specialmente in Italia dove è stato promosso da gran parte delle normative specifiche dei settori dei SPL.

Il metodo ROR consiste in una forma di regolamentazione usata a partire dal dopoguerra, e' stato approfondito da due noti studiosi americani, Averch e Johnson. Il principio base è che l’impresa sia lasciata libera di prendere qualsiasi decisione riguardo il livello di produzione e il livello dei prezzi, purché il tasso di rendimento del capitale che ne derivi non ecceda quello stabilito dal regolatore. Questo stabilisce un

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tasso soglia, j, di solito il più possibile in linea con i rendimenti del mercato, per non rischiare che l’impresa non riesca a generare profitti e dunque rischi il fallimento.

Esaminando la funzione di profitto dell’impresa, data dai ricavi di vendita al netto dei costi, si ha che:

π = PQ – rK – wL

dove, r è il prezzo dei servizi del capitale e w il saggio di salario.

Il vincolo imposto dal regolatore, come precisato in precedenza è j; e la disuguaglianza che deve valere e' la seguente: j ≥ (PQ – wL)/K. Questo vincolo impone una limitazione ai profitti che l’impresa può generare. Il meccanismo di regolamentazione basato sul metodo ROR è piuttosto semplice, ma come indicano gli stessi autori, ha anche un importante limite: questo metodo conduce l’impresa a utilizzare una combinazione inefficiente dei fattori produttivi. In particolare, l’utilizzo del capitale sarà maggiore rispetto alla combinazione efficiente. La spiegazione sta nel fatto che, assicurando un rendimento garantito del capitale, ossia il tasso prestabilito j, si provoca una distorsione del costo-opportunità del capitale nella funzione di produzione dell’impresa. Com’è noto, il tasso di rendimento di un investimento è decrescente al crescere degli investimenti effettuati, pertanto “r” decresce quando il livello globale degli investimenti aumenta oltre un certo limite. Ma se “r” è fissato dal regolatore e garantisce il rendimento, l’impresa continuerà a investire oltre il livello economicamente ottimale.

Con questo metodo l'incremento dell'efficienza produttiva e allocativa non viene conseguito al livello desiderato, e dunque si fa affidamento ad un secondo meccanismo di regolamentazione: il price-cap regulation.

Il price-cap è un meccanismo che prevede la fissazione da parte del regolatore di un livello massimo di prezzo per il prodotto dell’impresa, introducendo allo stesso tempo dei parametri correttivi per migliorare l’equità. Questa metodologia ha preso campo negli ultimi decenni, in quanto si e' dimostrata una soluzione piu efficiente per imprese produttrici di servizi pubblici locali dal punto di vista della riduzione dei costi, dell'incremento dell'efficientza produttiva e allo sviluppo dell'innovazione.

Come anticipato brevemente la price-cap regulation consiste nella fissazione di un

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prezzo massimo da non superare per l’impresa monoprodotto, o di un indice di riferimento, che solitamente consiste nella media ponderata di tutti i prezzi dell’impresa multiprodotto. Una volta stabilito il prezzo non e' possibile modificarlo per tutta la durata del contratto, in tal modo se da un lato il produttore aumentando l'efficienza si garantisce maggiori profitti fino al momento della rinegoziazione, allo stesso modo ogni incremento dei costi dovrà essere affrontato dal regolato.

Il meccanismo del price-cap non conduce ad un utilizzo distorsivo dei fattori di produzione in quanto i risultati economici positivi raggiunti dall'impresa sono totalmente fruiti dall'azienda stessa.

Un punto fondamentale nell’istituzione di un sistema di regolamentazione dei prezzi, sia che venga scelto un metodo basato sul price-cap regulation sia che venga scelto il metodo ROR, e' la fissazione del regulatory lag: ossia l'intervallo temporale tra le revisioni dei prezzi e dei termini contrattuali.

La durata del contratto incide profondamente sulle decisioni di investimento delle imprese: questo e' dovuto essenzialmente al fatto che potrebbero verificarsi comportamenti non corretti da parte delle imprese. Se infatti il produttore percepisce che gli incrementi di efficienza conseguenti all’investimento saranno interamente catturati dal regolatore entro breve, potrebbe trovare più conveniente non effettuare alcun investimento. Al contrario, quanto più ampio è il regulatory lag, tanto più incentivante sarà lo sforzo dell’impresa per aumentare l'efficienza, ma questo comunque potrebbe rivelarsi controproducente in quanto i benefici dell'investimento eseguito verrebbero internalizzati dall’impresa e di conseguenza non verrebbero estesi all’intera collettività. Un' altra considerazione da inserire, la cui importanza non e' da trascurare, e' che contratti più brevi aumentano le probabilità che i prezzi finali ricalchino gli effettivi costi di produzione.

Per evitare che il produttore sia disincentivato ad effettuare gli investimenti senza per ciò dover predisporre contratti troppo lunghi si possono adottare alcuni correttivi. Tra i rimedi indicati esistono gli accordi tra impresa e regolatore sui piani di investimento, da attuare e remunerare entro un dato orizzonte temporale. La formula del price-cap può in sostanza essere modificata aggiungendo un termine alla formula del prezzo, che si riferisce appunto alla remunerazione degli investimenti.

Infine per ottenere un efficiente sistema di regolamentazione e' necessario

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stabilire degli standard qualitativi del servizio. La regolamentazione basata sull’equo tasso di rendimento del capitale nella maggior parte dei casi ha l’effetto di migliorare la qualità dei servizi. Questo effetto è possibile notarlo quando accade negli investimenti, se l’impresa affronta costi maggiori per migliorare la qualità, può richiedere al regolatore un rendimento più adeguato per remunerare la nuova condizione. Al contrario, e' opinione di diversi studiosi che hanno osservato la regolamentazione basata sul price-cap che quest'ultima non incentiva il produttore all’offerta di standard qualitativi adeguati, e in molti casi conduce a un peggioramento degli standard medesimi.

Un sistema di prezzi fissi, o indicizzati secondo parametri che non tengano conto della qualità del servizio, inducono l’impresa a ridurre i costi: ciò potrebbe anche incrementare l’efficienza ma a scapito della qualità, poiché generalmente garantire elevati standard comporta quasi sempre costi più elevati.

Qualora il metodo del price-cap fosse adottato è necessario valutarne gli effetti sulla qualità del servizio offerto e il settore in quale si trova ad operare l’impresa;

bisogna analizzare le reazioni della domanda ai mutamenti qualitativi. Infatti è emerso da alcuni studi che non sempre i miglioramenti qualitativi trovano riscontro nella collettività23.

Uno strumento alternativo per garantire determinati standard è far emanare all’impresa una carta dei servizi, in cui siano specificate le caratteristiche qualitative che il servizio deve necessariamente possedere. L’istituzione di questo strumento permette una maggiore tutela dell’utenza, in quanto è previsto il diritto di risarcimento in caso di violazione, a fronte di minori costi di monitoraggio per il regolatore.

      

23 Gli studi ai quali si fa riferimento sono quelli condotti da Posner sul trasporto aereo. Si rileva come gli incentivi al miglioramento qualitativo non rispecchiano sempre le preferenze dell’utenza. La regolamentazione può avere infatti effetti contrastanti nei mercati contendibili. Prima della deregulation le compagnie aeree offrivano tariffe molto elevate puntando sugli aspetti qualitativi (confort del viaggio, accoglienza a bordo, qualità della ristorazione, ecc). In seguito alla liberalizzazione sono nate diverse compagnie aeree low cost la cui strategia puntava minimizzare i costi, dunque eliminando questo tipo di servizi.

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II. 3. 2. La regolamentazione nei servizi a rete: determinazione dei prezzi