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6.1 Le clausole di garanzia nell’ordinamento inglese
In ordine alle clausole relative al trasferimento di partecipazioni societarie, il sistema inglese e quello anglosassone più in generale costituiscono un modello fondamentale per i Paesi di civil law.
Le stesse pattuizioni tipiche nella prassi italiana relative alla compravendita delle partecipazioni suddette sono state mutuate dalla contrattualistica diffusa nei Paesi di
common law, ove le parti, ovvero i consulenti esperti che le assistono, sono solite
predisporre uno schema negoziale tendenzialmente self-regulatory, cioè diretto a disciplinare in maniera minuziosa ogni aspetto dell’operazione.
Ne è la prova la distinzione prospettata anche nella dottrina italiana tra representations e warranties oltre che dai relativi contenuti nel nostro sistema diffusi che rispecchiano l’impostazione di fondo del giurista di common law.
Sotto tale profilo le due tradizioni sono molto vicine, sebbene la realtà giuridica di
civil law, specie contrattualistica e societaria, rimane pur sempre meno flessibile di
quella anglosassone, basti pensare, quanto al diritto societario, all’autonomia statutaria riconosciuta ai soci di società di capitali, che è molto limitata rispetto a quella dei Paesi anglosassoni, o, ancora, quanto alla materia dei contratti, alle norme inderogabili nel nostro codice civile contenute (come nel caso del termine di prescrizione di cui all’art. 1495 c.c.).
La distinzione tra representations e warranties è molto importante nel diritto inglese poiché il Misrepresentation Act del 1967 (Section 3) «proibits reductions in the liabilities of the
representor unless they are reasonable», mentre ciò non vale per le warranties che possono
una circostanza presente o passata con l’intento di indurre la controparte a concludere il contratto.
Si tratta, in sostanza, di dichiarazioni che non rientrano nel regolamento negoziale, ovvero che non sono prestazioni contrattuali, né la loro non rispondenza al vero determina un break of contract223.
Tale non corrispondenza non costituisce, però, un inadempimento secondo il significato che nel nostro sistema si attribuisce a suddetto termine, ma comporta solo l’applicazione delle regole sulla misrepresentation, fermo comunque restando il principio che nell’ordinamento inglese non esiste, fatta eccezione per i contratti
uberrimae fidei224, alcun obbligo generale di informazione nei confronti della controparte (disclosure) sulle circostanze che possono negativamente incidere sulla conclusione del contratto.
Né la misrepresentation può essere equiparata al dolo secondo la nozione del diritto italiano: essa indica una dichiarazione inesatta formulata nel corso delle trattative volta ad indurre alla conclusione del contratto indipendentemente dall’esistenza di raggiri o artifici225.
Tuttavia, le clausole di rappresentazione a volte, per le particolari circostanze in cui sono rese o per la posizione del soggetto che si trova nella situazione di poter più facilmente avere le informazioni cui la clausola si riferisce, vengono a costituire veri e propri impegni contrattuali ossia delle warranties. In tal caso, si è detto, le «representations forming part of contract» e comportano «an engagement that the fact is as
represented»226.
223 LORNE – BRYAN, Acquisition and Mergers: Negotiated and Contested Transaction, vol. 11, Thomson West, 2004; TREITEL, The law of contract, London, 2003, p. 331 ss; DEPAMPHILIS, Merger,
Acquisition and Other Restructuring Activities, Academic Press, London, 2003; SINCLAIR, Warranties and Indemnities on Share and Asset Sales, London, 2001; ALLEN, Misrepresentation, London, 1988, p. 97.
224 Si tratta di accordi ove la rilevanza della controparte e i fiduciary duties tra le parti sono maggiormente accentuati, come nel caso del contratto di assicurazione o di partners-hip; CHITTY, On
contracts.General principles, vol. I, London, 1999, n. 6-145.
225 GIULIANI, Misrepresentation, in Contr. impr. eur., 1998, p. 672 ss.; SINCLAIR, Warranties and
Indemnities on Share and Asset Sales, London, 2001, p. 16 ss.
226 LORNE – BRYAN, Acquisition and Mergers: Negotiated and Contested Transaction, vol. 11, Thomson West, 2004; DEPAMPHILIS, Merger, Acquisition and Other Restructuring Activities, Academic Press, London, 2003; STORNO, Conditions and warranties dans le droit anglais de la vente des origines a nos jours, Geneve, 1963, p. 164, il quale cita una decisione dei giudici inglesi del 1863 (Behn v. Burness) ove per la prima volta tale distinzione (tra representation che costituiscono una vera e propria warranties e
representation che possono comportare una responsabilità di tipo precontrattuale) venne evidenziata. In
Peraltro nel sistema anglosassone si impone anche un’altra distinzione, quella tra dichiarazioni del venditore che possono essere considerate semplice espressione di un’opinione personale (statement of opinion) e che non comportano alcun obbligo e quelle (lo stesso accade nel sistema italiano) che contengono un vero e proprio impegno (warranty) del dichiarante227.
Le warranties vere e proprie, si è intuito, corrispondono nel sistema inglese, al pari di quello italiano, a veri e propri obblighi.
Le business warranties della contrattualistica inglese presentano in generale le stesse caratteristiche di quelle già esaminate con riferimento al sistema italiano e sono tutte egualmente rivolte alla tutela del compratore228.
Le business warranties nell’ordinamento anglosassone assumono, però, una valenza maggiore poiché sono volte a sopperire la limitata presenza di norme poste a tutela della posizione del cessionario nelle operazione di acquisition.
Anzi, si è detto: «In quegli ordinamenti la tutela contrattuale costituisce spesso l’unica via per sottrarre al rigore delle regole di autoresponsabilità (caveat emptor) la definizione dei conflitti d’interessi tra le parti, in presenza di situazioni di fatto e di diritto non conosciute, o non previste, che possano modificare radicalmente l’assetto negoziale degli interessi ed il risultato economico atteso dall’investimento»229.
Anche in tale sistema i rimedi convenzionali per la mancata conformità alle garanzie (indennizzo o revisione del prezzo) non sono gli unici strumenti concessi alle parti per ottenere l’adeguamento del contratto. È possibile invocare l’annullamento del contratto o il risarcimento per dolo230.
Le parti (in genere il compratore) possono anche invocare la violazione del dovere di buona fede nella formazione dell’accordo e, secondo la dottrina prevalente, anche dopo la conclusione del contratto, mediante l’action for misrepresentation231.
Anche la giurisprudenza ha affermato che l’autonomia privata non può escludere del tutto rimedi, diversi dall’indennizzo, per il caso di violazione delle warranties: e le parti possono chiedere il risarcimento del danno nel caso di violazione della buona fede nelle trattative e per eventuali dichiarazioni dolose.
227 Su tali aspetti ATIYAH, Misrepresentation, Warranty and Estoppel, in Essays on contract, Oxford, 1986, p. 279 ss.; CHARLESWORTH’S, Business law, London, 1997, p. 103; LEWISON, The interpretataion of
contracts, London, 1997, p. 54; TREITEL, The law of contract, London, 2003, p. 330.
228 Per un’elencazione di quelle di uso più frequente v. BEGG, Corporate Acquisitions and Mergers, vol. I, ed. 2ª, London-Dordrecht-Boston, 1990, appendix II, A. 2.8 ss.
Si pensi al caso Thomas Witter Ltd v. TBP Industries Ltd (1996) 2 All. E.R. 85, in cui la Corte ha ritenuto nulla la clausola c.d. di entire agreement, la quale prevede che il contratto rappresenta l’intero accordo tra le parti e che il compratore riconosce di non aver fatto affidamento in dichiarazioni e garanzie diverse da quelle inserite in contratto, nella parte in cui ha escluso il risarcimento per dolo, perché trattasi di clausola in contrasto con il Misrepresentation Act del 1967 già citato232.
Di derivazione anglosassone è altresì il versamento del prezzo in escrow, istituto ormai diffuso sia nella contrattualistica italiana che internazionale, in base al quale una parte del prezzo della compravendita è depositata in un conto presso un soggetto fiduciario, una banca o una società specializzata di servizi, con l’intento di contemperare gli interessi di entrambe le parti contrattuali.
A riguardo è stato affermato: «A solution that somewhat equalizes bargaining strenghts in the
event of a claim for indemnification is to create an escrow by delivering a portion of the purchase price, into escrow, to a third party»233. Il denaro vincolato rimarrà a soddisfare gli obblighi di indennizzo eventualmente nascenti dalla violazione delle clausole di garanzia.
232 Il caso è citato da DAVIS, Obligations in Due Diligence on the Seller to Disclose Information, in due
Diligence & Risk Management, London, 2000, p. 4 e SINCLAIR, Warranties and Indemnities on Share and Asset Sales, London, 2001, p. 17. In maniera simile si è espresssa anche la sentenza App. Bruxelles 17
maggio 2001, in Rev. dir. comm. belge, 2003, p. 859 ss., per la quale «la clausola, in virtù della quale tutte le dichiarazioni false, inesattezze o reticenze contenute nel contratto determinano una riduzione del prezzo delle azioni, non priva il cessionario del diritto di chiedere l’annullamento del contratto per vizi del consenso».
233 Così KLING – SIMON, Negotiated acquisitions of companies, subsidiaries and divisions, New York, 1996, p. 15. Sull’istituto in generale ricordiamo FRANCHIS, voce Escrow, in Diz. giur., cit.; IORIO, Struttura
e funzioni delle clausole di garanzia nella vendita di partecipazioni sociali, Milano, 2006, p. 339 ss.; LUCIANI, Escrow, in Contr. impr., 2005, p. 801 ss.; DEPAMPHILIS, Merger, Acquisition and Other Restructuring