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Le diverse nozioni di efficienza aziendale

3) u, che rappresenta il compenso per il lavoro imprenditoriale eventualmente prestato, e viene normalmente calcolato come il rapporto tra il compenso medio percepito da ch

2.3.2. Le diverse nozioni di efficienza aziendale

Una prima nozione è senz’altro da individuare nell’efficienza tecnico-operativa (o efficienza interna), e deriva il suo apprezzamento dalla maggiore o minore rispondenza delle combinazioni produttive concretamente attuate da una data impresa, stante la disponibilità di un determinato coacervo di risorse, alla migliore integrazione combinatoria teoricamente realizzabile nell’ambito d’impiego delle medesime risorse.

Il livello di efficienza aziendale, secondo tale approccio, risulterà quindi tanto più elevato quanto più si riusciranno a minimizzare i costi associati alla prescelta combinazione produttiva, naturalmente nel rispetto del raggiungimento dei prefissati obiettivi di output (in termini qualitativi e quantitativi), ovvero quanto più si riusciranno a massimizzare i risultati di output conseguibili con la medesima combinazione produttiva.

Si evince pertanto che la prefata nozione di efficienza deve essere riguardata alla luce di un duplice ordine di determinazioni, sia di natura fisico-tecnica, ovvero in termini di quantità di fattori produttivi da impiegare nel processo produttivo, sia di natura più propriamente

economica (c.d. espressione a “valore”), in termini di costi complessivamente sostenuti per la realizzazione di un determinato output.

In altre parole, il livello di efficienza complessiva di una data impresa dipenderà non soltanto dalla capacità dell’istituto di minimizzare la quantità fisica di input impiegati nei processi produttivi, ma anche dalla contemporanea capacità di minimizzare i costi sostenuti per l’acquisizione dei prefati fattori della produzione sui mercati di approvvigionamento.

La prima delle citate condizioni di efficienza, esprimibile in termini di rendimenti fisico-

quantitativi (c.d. fisico-tecnici), può concernere, alternativamente, sia i fattori della produzione che i processi produttivi, e deve sempre essere riguardata con riferimento ad un prefissato intervallo temporale.

In linea generale, tale condizione normalmente trova misura nel rapporto, unitario o percentuale, tra la quantità fisica di prodotto (o servizio) ottenuta in un dato tempo e la quantità consumata o impiegata del fattore produttivo o del processo109.

Posto che detti rapporti esprimono risultati non monetari con riferimento allo svolgimento delle operazioni della produzione, sulla base di quanto sopra è possibile affermare che il rendimento fisico-tecnico di un fattore (o di un processo) è tanto maggiore quanto più elevata risulta essere la quantità di prodotto ottenuta a fronte dell’impiego di una data quantità di fattore (o di processo), ovvero quanto minore è la quantità di fattore (o di processo) impiegata per ottenere una prefissata quantità di prodotto110.

Una variazione positiva del rapporto input/output, appunto rivelatrice di un incremento del livello di efficienza tecnico-produttiva, potrebbe dunque trovare origine in ogni accadimento che, a parità di quantità impiegata di fattore (o di processo), consenta di aumentare il complessivo volume di produzione, e viceversa.

Ai fini di una maggiore completezza dell’analisi, inoltre, si evidenzia come una parte minoritaria della dottrina aziendale consideri la nozione di rendimento fisico-tecnico nei termini di un “…rapporto fra quantità di risultati utili effettivamente ottenuti (ad esempio, la quantità di output) e la quantità di risultati utili, espressi nella stessa unità di misura, che si

sarebbero dovuti ottenere con l’impiego di dati fattori di produzione”, di fatto traducendo la prefata relazione matematica in un rapporto output/output, e parimenti definisca la produttività tecnica come il rapporto “…fra quantità di risultati utili effettivamente ottenuti e

quantità di singoli fattori di produzione impiegati per l’ottenimento dei risultati stessi”111. La nozione di efficienza finora esaminata è quella tecnico-operativa (c.d. interna), che come anticipato costituisce soltanto un aspetto (per quanto di fondamentale rilevanza) del più ampio fenomeno della complessiva efficienza aziendale.

Infatti, posto che la generica definizione di efficienza in precedenza analizzata trova fondamento nel concetto di miglioramento dei costi di produzione, nel senso che un’impresa è tanto più economica quanto più in grado di minimizzare siffatti oneri (ovviamente, a parità di quantità e caratteristiche qualitative dell’output prodotto112), un ulteriore aspetto del fenomeno

109 Il Paoloni all’uopo afferma che “…i rendimenti fisico-tecnici vengono ricavati dal rapporto tra la quantità di

beni e servizi prodotti e la quantità di fattori produttivi utilizzati”. Paoloni M., Appunti di economia aziendale, op. cit., pag. 69. Sul punto si veda anche: Campanili C., Capodaglio G., Introduzione all’economia aziendale, Clueb, Bologna, 1985, pag. 116.

110 Onida P.,Economia d’azienda, op. cit., pag. 70; Troina G., Lezioni di economia aziendale, op. cit., pag. 91. 111 Ippolito T., Determinazioni di produttività, di rendimenti, di inefficienze e di cicli a quantità fisico-tecniche, Abbaco, Palermo, 1967, pag. 7.

112 È infatti evidente come le variazioni del rendimento di dati fattori o processi produttivi possano presentare un diverso significato economico a seconda che ad esse si accompagnino o meno dei mutamenti, ad esempio, nella qualità dei beni o servizi prodotti: un accresciuto rendimento, infatti, potrebbe avere un significato economico

in esame è costituito dall’efficienza di “mercato” (o esterna), concernente la capacità dell’impresa di operare economicamente sui mercati di riferimento, da quelli di approvvigionamento dei fattori a quelli di sbocco dei beni e servizi prodotti.

Nelle parole del Ferrero, pertanto, l’efficienza esterna “…definisce l’operatività aziendale

sotto il profilo della competitività dell’azienda nei mercati in cui essa opera, da un lato, per acquisire i capitali e gli altri fattori di cui essa necessita, dall’altro, per collocare i beni od i servizi prodotti: competitività che esprime l’attitudine dell’azienda a stare sul mercato, tenuto conto delle condizioni di disponibilità dei fattori e della concorrenza all’acquisto, nel primo caso, e delle circostanze che condizionano il mercato di consumo e la relativa competizione economica nel secondo”113.

Acclarato quindi che la nozione di efficienza in esame trova in parte definizione nelle modalità di approvvigionamento dei fattori della produzione (oltre che in quelli di sbocco dei beni e servizi prodotti), è del tutto evidente la sussistenza di una stretta contiguità tra tale aspetto dell’efficienza esterna e l’efficienza interna nella sua espressione a valore, quest’ultima appunto afferendo la capacità dell’impresa di minimizzare i costi sostenuti per l’acquisizione delle risorse impiegate nei propri processi produttivi.

Peraltro, è appena il caso di sottolineare come la complessiva economia d’impresa, nella sua accezione di azienda di produzione per il mercato, non si sostanzia in un’economia di soli costi ma piuttosto concerne anche i ricavi.

La condotta aziendale deve quindi venire riguardata nella sua interezza alla luce di una nozione allargata ed onnicomprensiva di efficienza, facendo quindi riferimento ai comportamenti competitivi posti in essere tanto sui mercati di approvvigionamento dei fattori (appunto al fine, come poc’anzi rilevato, di minimizzarne i costi di acquisizione) che su quelli di sbocco dei prodotti/servizi (al fine di massimizzare i ricavi di vendita attraverso adeguate strategie commerciali).

Un’impresa può pertanto dirsi efficiente, e quindi economica (almeno con riguardo al suddetto parametro dell’efficienza), nella misura in cui sia in grado di razionalizzare ed ottimizzare le proprie modalità d’azione, sia con riferimento ai processi della produzione, minimizzando la quantità di risorse impiegate con parità quantitativa-qualitativa di output realizzato, sia con riferimento ai mercati di approvvigionamento e di sbocco, minimizzando i costi di acquisizione dei fattori e massimizzando (ove possibile) i ricavi di vendita.

vieppiù negativo per l’impresa qualora fosse ottenuto declassando oltre certi limiti i prodotti o i servizi resi. In: Onida P., Economia d’azienda, op. cit., pag. 74.

Conclusivamente, è interessante evidenziare come un’ulteriore aspetto dell’efficienza aziendale viene dalla dottrina individuato nella nozione di efficienza economica, che peraltro è già stata oggetto di disamina nelle precedenti pagine sotto l’equipollente denominazione di equilibrio economico (o autosufficienza economica).

Nelle parole del Lambertini, l’efficienza economica “…si distingue dall’efficienza tecnica

o tecnologica, in base alla quale l’obiettivo di ottimizzare l’impiego dei fattori produttivi è visto unicamente considerando le quantità fisico-tecniche. Essa, inoltre, riguarda non singole operazioni o complessi di operazioni, ma la complessiva attività aziendale. L’efficienza economica, propriamente detta, va intesa come attitudine o capacità dell’impresa a realizzare economicamente le combinazioni operative, coniugando in modo adeguato ricavi e costi di gestione e perseguendo quindi la produzione di un reddito”114.

Alla luce di quanto sopra, si rivelano ancora più chiare le contiguità di contenuto e le sovrapposizioni sussistenti tra l’equilibrio economico e la complessiva efficienza aziendale, quest’ultima riguardata tanto nell’aspetto interno che esterno: l’autosufficienza di un’impresa, infatti, dipenderà sia dall’attitudine a realizzare efficienti combinazioni di fattori produttivi da un punto di vista tecnico e tecnologico (in guisa di maggiori rendimenti fisico-tecnici dei diversi fattori e dei vari processi attuati – c.d. efficienza interna), sia dalla capacità di elaborare adeguate politiche commerciali sui mercati di approvvigionamento e di sbocco (finalizzate, come poc’anzi anticipato, alla minimizzazione dei costi di acquisizione dei fattori della produzione nonché alla massimizzazione dei ricavi provenienti dalla vendita dei beni e servizi prodotti – c.d. efficienza esterna).