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Le frontiere: il luogo dello scontro e dell’incontro

Il termine frontiera contiene in sé il sostantivo -fronte-, per questo possiamo affermare che il con- cetto di confine come frontiera si lega al fatto di essere rivolto ver- so/contro qualcosa e qualcuno o di trovarsi di -fronte a- una real- tà diversa. La frontiera è general- mente una costruzione artificiale ed è assimilabile ad una fascia, che può avere diversi spessori secondo queste relazioni che definisce con l’intorno. Essa può accogliere in sé i sistemi di pas- saggio da uno stato ad un altro o può essere dotata di sistemi difensivi per proteggersi o at- taccare l’altro. Come spazio del conflitto, la frontiera esisteva già nei tempi antichi feudali, quando ai margini dell’impero vivevano di particolari privilegi uomini che si occupavano di difenderlo. Il con- cetto di frontiera, quindi, è da in- tendere come una -zona- che as- sume una duplice funzione per i suoi rapporti con l’intorno, in altre parole è un luogo sia di tensione e contrasto sia di relazione e in- contro. ”Il fronte è quindi il luogo dove forze opposte si confronta- no, spesso si scontrano, altre vol- te s’incontrano, comunque en- trano in crisi.”(Zanini). Esempio di spazi di frontiera costruiti contro qualcosa o qualcuno sono quelli nati a livello militare per gli scontri bellici: i conflitti di frontiera infatti sono forme di guerra particolari

che avvenivano in spazi ben deli- mitati posti ad una certa distanza e coinvolgevano un numero de- terminato di soldati. La voce del vocabolario Treccani riporta que- sto significato di frontiera come fascia di difesa e inoltre, riferen- dosi alla storia americana, come regione di attacco e posta ai limiti di territori destinati alla conquista e all’espansione:

- “Frontiera”: s. f. [dal provenz. ant. frontiera, fr. ant. frontiere, der. del lat. frons frontis «fronte»]. - 1. a. Linea di confine o anche, spesso, zona di confine, concepita come una stretta striscia di territorio che sta a ridosso del confine, soprattutto in quanto uffialmente delimitata e riconosciuta, e dotata, in più casi, di opportuni sistemi difensivi: la difesa delle frontiera della nazione; fare la guardia alla frontiera; i paesi di frontiera, o situati lungo la frontiera, presso la frontiera; passare, varcare la frontiera; un incidente di frontiera. b. Nella storiografia americana, il termine (ingl. frontier) aveva assunto, già nel sec. 17°, un significato diverso da quello inglese originario, per indicare non più il confine come linea di demarcazione, ma una regione scarsamente e recentemente colonizzata (con partic. riferimen- to ai territori del West), a diretto contatto con le terre non ancora colonizzate, punto di partenza

sono rigorosamente controllati. La frontiera è una macchina che decompone in singoli elementi catalogabili tutto ciò che la at- traversa, per poi ricomporli alla bell’e meglio in uscita. Vale non solo per gli oggetti, ma anche per le persone”. L’autore capi- sce durante la sua esperienza, interrogandosi su come avverrà il passaggio per sua figlia metà italiana e metà palestinese, come una frontiera di questo tipo, di controllo e di diffidenza nei con- fronti dell’altro, mostri mecca- nismi diversi e quindi abbia un carattere mutevole a seconda di chi l’attraversa. La frontiera diven- ta più o meno porosa a seconda dei rapporti dell’individuo con la nazione. Il passaggio della fron- tiera comporta, in ogni caso, un mutamento nell’individuo che lo effettua, poiché entra in un mon- do in cui si è stranieri e diversi dagli altri. L’analisi di Petti porta a dimostrare come l’ossessione per la sicurezza e per la paura di contagio, dovuta al contatto con l’esterno, crei contesti spaziali d’isolamento e di chiusura, dove la frontiera è il luogo del controllo e lo spazio del limite agli accessi. In generale, comunque, sembra che sulla frontiera lo scontro sia inevitabile, essendo una zona artificiale, voluta dall’uomo per motivazioni sociali e politiche. La creazione di una frontiera ricono- scibile tra gli stati nazionali nasce

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dall’esigenza, dal XIX secolo in poi, di tracciare confini definiti per precisare l’estensione di un territorio e i limiti di governo su di esso. L’istituzione della frontiera avviene attraverso gli accordi tra gli stati in causa e viene traspo- sta in termini cartografici. La fron- tiera allora comincia a essere il luogo dell’incontro e del dialogo tra gli stati, non solo dell’esclu- sione e della distinzione, fino ad arrivare grazie all’istituzione delle comunità di tipo sovrastatale a essere lo spazio dell’apertura e della mescolanza. “E se la difesa fosse un giorno cercata non più in ciò che esclude, nel sacrificio violento del fuori, ma nell’apertu- ra? (...) E se la frontiera non fosse più una linea di difesa e di offesa, ma una linea di transito? Se si cercasse, anzichè difendersi dal mutamento, di dirigerlo, mutando noi stessi con le cose e gli eventi che così veniamo a determina- re?”(Rella).

Come spazio dell’incontro la frontiera apre a rapporti a livello sociale ed economico e permet- te la solidarietà tra paesi vicini, regolandone i rapporti politici, così da assumere una funzione extra-territoriale. Il concetto di frontiera, in questo senso, divie- ne positivo e nasce dall’esigenza degli stati nazionali di regolare i loro scambi, secondo una volon- tà di apertura e d’interazione con l’altro. In questo caso la frontiera

potrebbe anche assumere l’a- spetto non più di una fascia dai bordi netti, ma di una zona per- meabile dai contorni vaghi, dove si crea una mescolanza tra ciò che è interno e ciò che è esterno. Il carattere della frontiera allora è quello di essere la terra di nes- suno, uno spazio cuscinetto tra due mondi differenti, dove non vigono regole e norme e tutto diviene possibile. Un’area dove l’uomo non ha preso possesso del territorio: “Questa situazione anomica è una sorta di ritorno al caos iniziale quando nessun sacerdote, con una cordicella e qualche paletto di legno, aveva ancora pensato di misurare e suddividere la terra, creando si- multaneamente il diritto e la geo- metria.”(Zanini). Spazio dal carat- tere neutrale è frutto di accordi tra paesi, che decidono insieme le sue dimensioni e i rapporti da instaurare. La frontiera diviene così un luogo in pratica senza limiti, dove l’incontro avviene senza diffidenza e astio e dove si possono trovare soluzioni, nono- stante il caos che lo caratterizza. L’istituzione di una terra di nessu- no è importante per evitare che si creino situazioni di conflitto e per introdurre idee di disponibilità al dialogo al compromesso: “Nei giochi dei grandi queste buffer zones a volte sono diventate vere e proprie nazioni. È quanto è accaduto, pe esempio, con le

pressioni esercitate dalla Gran Bretagna affinché Nepal, Sikkim e Bhutan diventassero stati indi- pendenti separando così i due potenti vicini, Cina e India”(Zani- ni). La frontiera, secondo questa lettura, somiglia allo spazio del malinteso descritto per il confine. Anch’essa come spazio dell’in- contro e dell’interazione assume il carattere di soglia per aprirsi al diverso e superare la crisi data dalle chiusure dei confini. La frontiera come soglia non è ele- mento di esclusione, ma è ele- mento di inclusione che supera l’idea di cittadinanza legata solo allo stato nazionale e permette di superare il confine e di ricono- scere i clandestini come cittadini del paese in cui vogliono abitare. “Ma può una nuova forma di cit- tadinanza diventare la frontiera che permetta la coabitazione tra le diverse identità salvaguar- dando il confronto con esse?” (Zanini). La frontiera come soglia richiama il mito della frontiera del- la cultura americana. La frontiera americana s’identifica con i terri- tori selvaggi in opposizione alla città. caratterizza.L’istituzionediu- naterradinessunoèimportantep- er evitare che si creino situazioni di con itto e per introdurre idee di disponibilità al dialogo al com- promesso: “Nei giochi dei grandi queste buffer zones a volte sono diventate vere e proprie nazioni. È quanto è accaduto, pe esem- quindi per l’espansione coloniz-

zatrice; presso gli storici, la locu- zione spirito di frontiera è stata adottata con significato anche più ampio, per simboleggiare il ritmo espansivo della storia eu- ropea e mondiale nell’età moder- na. Per capire le dinamiche della frontiera come luogo dello scon- tro e della diffidenza, molto inte- ressante è l’indagine di Alessan- dro Petti svolta in prima persona sui territori di occupazione israe- liana, dove la sua esperienza ri- sulta il punto di partenza per una lettura critica della dimensione territoriale e politica definita da nuove logiche spaziali, date da dispositivi di sicurezza e di con- trollo posti sui luoghi di frontiera. L’autore all’inizio del suo raccon- to, Arcipelaghi e enclave. Archi- tettura dell’ordinamento spaziale contemporaneo, quando de- scrive il momento dell’attraver- samento dalle terre di Giordania alla Palestina, definisce il con- fine-frontiera come una fascia controllata, che passa al vaglio qualsiasi cosa e chiunque la vo- glia attraversare: “Il confine non è una linea. È uno spazio dotato di spessore. I materiali di cui è fatto sono gli stessi che si usano nelle città, ma il loro impiego è diverso. Ad esempio, qui un muro di so- stegno in cemento armato serve da sbarramento. All’interno del confine le regole sono poche, ma fondamentali. Tutti i flussi

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pio, con le pressioni esercitate dalla Gran Bretagna af nché Ne- pal, Sikkim e Bhutan diventasse- ro stati indipendenti separando così i due potenti vicini, Cina e India” (Zanini). I territori di fron- tiera, nella storia della conquista del West, si presentavano come luoghi dalle grandi opportunità, poiché erano spazi liberi da po- ter sfruttare, dove i coloni ameri- cani si sentivano autosufficienti e potevano creare comunità senza regole e norme provenienti dalla tradizione e dal passato. Nella storia americana la frontiera rap- presentava lo spazio delle possi- bilità, dove poter puntare al futuro e realizzare e plasmare a proprio piacimento un habitat composto da tante opportunità. Mentre la frontiera europea era assimilabile allo spazio di confine, dove avve- niva lo scontro, quella Americana collocata ai margini dei territori liberi non era un luogo di fronte al quale doversi fermare, ma era un’area non abitata e non ancora colonizzata, che invitava a esse- re conquistata. “La frontiera è la linea dell’americanizzazione più rapida ed effettiva. La grande distesa solitaria domina il co- lono, s’impadronisce del suo animo. Egli è vestito all’europea, ha strumenti europei, viaggia e pensa all’europea. La grande distesa solitaria lo tira giù dalla carrozza ferroviaria e lo mette su una canoa di betulla. Lo spoglia

dei vestiti della civiltà, lo veste con la casacca del cacciatore e gli mette ai piedi i mocassini di daino. Lo spinge nella capanna di tronchi d’albero del Ciroki e dell’Irochese e lo circonda di una palizzata indiana. Il colono ha già seminato mais e lo ha arato con un legno appuntito; ora lancia grida di guerra e scotenna nel più puro e ortodosso stile india- no. Per dirla in breve, alla frontiera l’ambiente è, agli inizi, troppo vio- lento per l’uomo bianco. Questi deve accettare le condizioni che trova o perire, e così si adatta alla radura e segue le piste degli In- diani. A poco a poco trasforma le solitudini deserte, ma il risul- tato non è la vecchia Europa, lo sviluppo dell’originario germe sassone, il ritorno all’antichissimo ceppo germanico. Nasce con lui un prodotto nuovo e genuino: l’Americano”(Turner). Questo scenario ipotizzato dallo storico Turner, sebbene sia solo una tesi divenuta un mito nella sto- ria americana, delinea un’idea di frontiera nuova che può riverbe- rarsi in processi contemporanei. Da spazio d’incontro il confine come frontiera può diventare il luogo della diversità, dove grup- pi sociali diversi e etnie differenti s’incontrano e cercano di trova- re un modus vivendi comune, accettandosi reciprocamente (i pionieri d’America si adattarono alle popolazioni indigene). La

frontiera come spazio tra due spazi assume allora caratteri e significati positivi e propositivi, poiché si offre come il luogo del- le opportunità per intraprendere nuove esperienze e nuove attività oltre i confini della tradizione.

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