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Ritornando al significato del re- cintare inteso come il definire un interno con proprie ragioni rispetto a un esterno, si può dire che l’atto di fondazione del rinchiudersi dietro a un recinto è ancora oggi un modo per costi- tuire interni dai valori particolari e differenti rispetto al fuori. “Re- cingere è quindi l’atto costitutivo dello spazio interno, del rifugio, della casa, della territorialità pro- pria del privato e del gruppo”. Gli spazi interni, alle diverse scale e di differenti dimensioni, sono definiti dal loro recinto, che ne regola i rapporti con l’esterno e sono a loro volta definiti da altri recinti che ne stabiliscono le rela- zioni interne. Questi sistemi sono tuttora presenti nello scenario urbano contemporaneo e sono rappresentati dalla proliferazione di spazi monofunzionali isolati, chiusi da recinti in spazi conclusi, totalmente estranei verso l’ester- no. All’interno di questi recinti si svolgono i riti di vite separate, so- litarie, senza alcuna relazione so- ciale con l’esterno. Sono i luoghi che contribuiscono a rendere il paesaggio contemporaneo ur- bano caratterizzato da molteplici frammenti insulari. Il desiderio di chiudersi all’interno di un recinto è originato dal desiderio di non instaurare contatti con l’altro: “la creazione di recinti, reali o sim- bolici, è una risposta difensiva da parte di stili di vita che non accet-

tano di coabitare con altri entro un insediamento circoscritto, pur coabitando il territorio”(Boeri, Lanzani, Marini). Una delle imma- gini della città contemporanea è proprio l’essere la somma di luoghi individuali, spazi chiusi e rigidi, poco flessibili e disponibili ai contatti sociali reali. Tra le ra- gioni di questo fenomeno d’intro- versione urbana vi è la crescente offerta di servizi raccolti in grandi recinti monofunzionali, diffusi nel territorio e, quindi, partecipi della frammentazione delle periferie. Le isole urbane ai loro bordi pre- sentano il conflitto con l’esterno, dovuto al fatto che all’interno sono regolate da norme com- portamentali proprie, non appar- tenenti a tutta la popolazione del- la città. Lo spazio urbano, così, è vissuto per punti, percepito per elementi singoli e non ricono- sciuto nella sua totalità: “singole residenze, interi edifici, poli spe- cialistici, sezioni stradali, campus tematici, interi quartieri e cittadel- le, compongono la città e sono tutti accomunati dall’attenta deli- mitazione, protetti e rigidamente sorvegliati, spazi avvolti da manti di sistemi di sicurezza sempre più sofisticati”(Zanirato). Il luogo comune dello spazio pubblico diventa chiuso, recintato, protet- to da barriere elettroniche che ne regolano gli accessi. È l’effetto della crescente paura sociale, che porta al desiderio d’isolar-

si in spazi personalizzati con la costruzione di recinti sempre più chiusi e impermeabili. “Da- vanti al pericolo del disordine, la più chiara risposta spaziale la troviamo nella richiesta avanza- ta da molti, sia negli Stati Uniti sia in Europa, di in una sorta di diritto di recinzione. Tale diritto vorrebbe vedere riconosciuta legislativamente la possibilità per chiunque di tirarsi fuori da un territorio, di isolarsi rispetto a un tutto, segregandosi in un proprio spazio idealizzato. (...) In altre pa- role, tirarsi fuori da una comunità, intesa come unità, sia essa la na- zione, la città, o altro, per costru- ire un’altra comunità che la so- stituisca, rimanendo però come sospesa dentro la regola; (...) Per chi appartiene a questo spazio eccezionale, la realtà quotidiana diventa quella interno al campo, dietro il suo confine. Tutto il re- sto, quello che rimane al di fuori, oltre la recinzione, la realtà degli altri, si trasforma in qualcosa di sempre più distante e indifferen- te”(Zanini). In pratica il fenomeno d’isolamento, dapprima preroga- tiva di una classe sociale agiata, ora è diffuso a chiunque senta la necessità di vivere in ambienti controllati, attraverso la costru- zione di un ordine spaziale in op- posizione al caos territoriale. Dai casi particolari delle gated com- munities americane si passa a un fenomeno dilagante di entità ur-

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bane sempre più autosufficienti e indipendenti rispetto all’intorno, ma collegate con parti lontane grazie a una fitta rete d’infrastrut- ture veloci. A difesa della privacy si costruiscono quartieri residen- ziali recintati, che come piccole città, cercano di ricreare al loro interno i modi di vita urbani, se- condo un ordine abitativo che è in contrapposizione al disordine urbano generale. Opponendosi al caos urbano, le isole identi fi- cano un luogo riconoscibile e se- parato dal territorio, espressione dell’architettura delle minoranze, volta non solo a formare comu- nità ma soprattutto a segregare spazi che sopprimono l’apertura alla diversità.

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Marcel Broodthaers è stato un artista e un poeta belga. È uno dei maggiori rappresentanti dell’arte concettuale in quanto unisce la cultura surrealista alle nuove tendenze artistiche degli anni sessanta e settanta. L' arte concettuale diventa nella sua opera un' analisi critica ed ironi- ca sul sistema dell' arte, il ruolo politico dell' artista, le oscillazio- ni tra significante e significato, verità ed inganno. Crea un vero e proprio spazio gnomico, luo- go di transito per lo spettatore spinto verso un' esplorazione sul filo dell' indeterminazione, dell' impossibilità di una conoscenza univoca e definitiva. Se l' arte concettuale di stampo anglo- sassone si esprime attraverso la tautologia e la pedagogia di un' opera didattica, quella di Broo- dthaers conserva una sua aura. Quello che l' artista porta dalla letteratura alle arti visive è la co- scienza dello scrivere nello spa- zio attraverso oggetti, forme ed immagini. "Scrivere, egli dice, si-

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