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“Cella #7”, 1999

della cella le linee architettoniche sono continue e pressoché prive di interruzione. Ciò crea l’immagi- ne di un legame coatto rispetto agli oggetti d’uso più essenziali che garantiscono il minimo del- la sopravvivenza in condizioni di isolamento. Nulla quindi può es- sere spostato o modificato, nien- te può divenire suscettibile di una variazione che preveda una pos- sibilità di scelta da parte dell’in- dividuo che vi è stato introdotto. Nel caso particolare di questo esemplare #7, i quindici endeca- sillabi dell’Infinito di Giacomo Le- opardi percorrono le linee della struttura architettonica, con il pro- posito di rievocare la condizione spazio-temporale dell’individuo.

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4CONFINI

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Quando si parla di confine poli- tico, cioè della linea che separa uno Stato da un altro, si applica proprio il concetto originario della parola. Il confine politico è la linea che separa lo spazio soggetto al potere di uno Stato dallo spazio soggetto al potere di un altro Stato: anziché separare terreni che hanno proprietari differenti, il confine politico separa territori che hanno leggi e organizzazioni differenti. Anche nel caso del- le separazioni fra province, per esempio, o fra comuni, si parla di confine - anche se sarebbe meglio parlare di limite (ammini- strativo), per non fare confusione. I confini politici interstatali spesso sono distinti convenzionalmente in naturali e artificiali. In effetti, però, tutti i confini sono artificiali. Con questa distinzione si vuole solo dire che in certi casi i confini seguono qualche elemento na- turale del paesaggio (per esem- pio un fiume o la riva del mare), e allora vengono detti naturali; in altri casi, invece, seguono una li- nea del tutto arbitraria, come nel caso delle linee rette che sepa- rano gran parte degli Stati dell’A- frica, i cui confini furono decisi a tavolino dalle potenze coloniali (colonialismo), e allora vengono detti artificiali o anche geometrici, perché non tengono conto degli elementi naturali del paesaggio. Ma non bisogna farsi inganna- re da questa convenzione: non

esistono confini davvero naturali e nessun elemento del paesag- gio separa davvero qualcosa da qualcos’altro.Tutti i confini politici sono confini storici perché sono state le vicende storiche - come migrazioni, guerre, trattati - a fis- sare i confini tra due Stati. Gene- ralmente, il confine viene precisa- to o modificato con un trattato fra gli Stati. Attraversare un confine politico può essere un’operazio- ne delicata, e per questo in gene- re i confini sono sottoposti a un controllo: si esce dal territorio in cui ha valore un certo insieme di leggi e si entra in un territorio in cui ne valgono altre.

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4.1 DAL CONFINE ALLA SOGLIA

I confini dell’identità come di ciò che è proprio, inalienabile, tendo- no a perdere il loro confine de- finito, si offrono al contatto con un’alterità quanto mai variegata e molteplice, come dire che la co- munità tende a secolarizzarsi, a perdere la propria coesione per risollevarsi nell’umanità, intesa non come ideale puro ma come una dimensione fortemente con- taminata e tutt’altro che unitaria, al di fuori della compattezza ras- sicurante generata dalla comuni- tà. Integrazione e pluralità nelle forme del nostro tempo. Due sistemi formali posti in adiacen- za o in prossimità generano un forte contrasto. Il punto, la linea o il campo, che rappresentano il luogo notevole in cui questo con- trasto si manifesta, concentrano una forte tensione. Il confine è sede di questa tensione. In esso si innesca il dialogo degli oppo- sti, vengono sottolineate le diver- sità e, contempora neamente, le differenze trovano un motivo di scambio. A ben guardare, la metafora spaziale dell’interiorità non permette di localizzare in un “dove” lo spazio della cosci enza, del pensiero ecc. E, se applichia- mo questa nozione allo spazio fisico: i muri si frantumano, la natura occupa il soffito di una stanza, un giardino si sprofonda nella parete, le finestre non sono divisioni ma aperture, una parete di vetro fa entrare la notte in una

camera dell’interno. « Ainsi les deux espaces du dedans et du dehors échangent leur vertige »: la frase di Gaston Bachelard co- glie bene il senso di questa nuo- va armonia di contrari. In questa ottica del superamento dell’op- posizione ‘interno v/s esterno’ Walter Benjamin contrappone con ostinazione il concetto di soglia al concetto di limite o con- fine. “Bisogna distinguere nel modo più netto soglia e confine. La soglia è una zona. E precisa- mente una zona di passaggio“: un invito a superare la logica bi- naria a favore di una logica con- giuntiva. La soglia è espressione emblematica del limite, non è il punto in cui una cosa finisce ma per i Greci è il punto in cui una cosa inizia la sua essenza. Varco del recinto, sorveglia i dispositivi di inclusione ed esclusione. Implicano thelos urbano e taxis architettonica la soglia delinea un topos nella diffusione dell’in-

sediamento contemporaneo.

Etimologia: dal latino solea, uni- sce la proiezione astratta limen, la fisicità concreta, il terreno dove si imprime il passo, solum. La soglia è appunto tramite con- cettuale dell’ingresso e dell’usci- ta, sipario tra il giorno e la notte, nesso intercorrente tra il cognito e l’ignoto. “E’ al limite del giorno che è possibile affacciarsi verso la notte e sostare nella soglia, ma è proprio da questa che è

possibile guardare e compren- dere notte e giorno” Abitare la soglia, Aceti, E. “Ci si protegge, ci si barrica, le porte bloccano e separano. La porta rompe lo spazio, lo scinde, vieta l’osmosi, impone la compartimentazione da un lato ci sono io e casa mia, il privato, il domestico (lo spazio sovraccarico delle mie proprietà) dall’altro ci sono gli altri, il mondo, il pubblico, il politico.”

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