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Le novità introdotte dal DPCM 12 gennaio 2017

inizio 2017. Il nuovo decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 12 gennaio 201771 sostituisce integralmente il

precedente DPCM del 29 novembre 2001, recante “Definizione dei Livelli essenziali di assistenza”. Il provvedimento è stato predisposto in attuazione della legge di stabilità 2016 (articolo 1, commi 553 e 554, legge 28 dicembre 2015, n. 208), che ha stanziato 800 milioni di euro per l’aggiornamento dei LEA72. Le principali novità sono:

• innovazione del nomenclatore della specialistica ambulatoriale, che risaliva al 1996, escludendo prestazioni obsolete e introducendo prestazioni tecnologicamente avanzate. Per esempio: adroterapia, enteroscopia con microcamera ingeribile, tomografia retinica (OTC);

• innovazione del nomenclatore dell’assistenza protesica,

dopo 18 anni, introducendo ausili protesici tecnologicamente avanzati ed escludendo quelli

71Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 65 il 18 marzo 2017.

72 Gli 800 milioni di euro stanziati dalla legge di stabilità vengono,

quindi, allocati nei 3 livelli assistenziali, destinando: - 600 milioni per l’assistenza distrettuale (così suddivisi: specialistica 380 milioni, protesi 153 milioni);

- 220 milioni di euro per la prevenzione sanitaria (vaccini); - I 20 milioni di euro aggiuntivi derivano da un risparmio dovuto al trasferimento di prestazioni dall’assistenza ospedaliera ad altri ambiti assistenziali.

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obsoleti. Per esempio: strumenti e software di comunicazione alternativa ed aumentativa, tastiere adattate per persone con gravissime disabilità, protesi ed ortesi di tecnologie innovative;

• aggiornamento degli gli elenchi di malattie rare,

croniche e invalidanti che danno diritto all’esenzione dal ticket. Inserisce più di 110 entità, tra malattie rare singole e gruppi, e 6 nuove patologie croniche;

• offerta di nuovi vaccini e individuazione di nuovi

destinatari in accordo con il nuovo Piano nazionale di prevenzione vaccinale.

• aggiornamento della lista delle prestazioni che il SSN

offre gratuitamente (senza ticket) a coppie e donne in epoca preconcezionale, e in gravidanza e in puerperio in pieno accordo con le Linee guida sulla gravidanza;

• introduzione dello screening neonatale per sordità

congenita e cataratta congenita. È lo screening neonatale esteso per molte malattie metaboliche ereditarie a tutti i nuovi nati;

• inserimento dell’endometriosi nell’elenco delle

patologie croniche e invalidanti, negli stadi clinici moderato e grave. Di conseguenza, si riconosce alle pazienti il diritto ad usufruire in esenzione di alcune prestazioni specialistiche di controllo;

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• trasferimento della celiachia dall’elenco delle malattie

rare all’elenco delle malattie croniche. Sarà sufficiente una certificazione di malattia redatta da uno specialista del SSN per ottenere il nuovo attestato di esenzione;

• recepimento della legge n. 134 del 2015 sui disturbi

dello spettro autistico, che prevede l'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza per la diagnosi precoce, la cura e il trattamento individualizzato dei disturbi dello spettro autistico;

• inserimento nella specialistica ambulatoriale di tutte le

prestazioni necessarie per la procreazione medicalmente assistita, omologa ed eterologa, fino ad oggi erogate solo in regime di ricovero.

Inoltre, per garantire l’aggiornamento continuo, le valutazioni sull’ eliminazione di prestazioni e servizi che siano obsoleti e sui servizi da erogare a carico del SSN che, col tempo, si dimostrino innovativi o efficaci per la cura dei pazienti, è stata creata la Commissione nazionale per l’aggiornamento dei LEA e la promozione dell’appropriatezza nel Servizio Sanitario Nazionale, presieduta dal Ministro della salute, con la partecipazione delle Regioni e il coinvolgimento dei soggetti con competenze tecnico-scientifiche disponibili a livello centrale e regionale.

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2.9 Erogazione dei LEA

I LEA vengono garantiti dal SSN attraverso l’intervento di:

• soggetti erogatori pubblici: aziende sanitarie e

ospedaliere, le aziende ospedaliero-universitarie, gli IRCCS (Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico) pubblici;

• soggetti privati equiparati: IRCCS privati, ospedali

classificati;

• soggetti privati accreditati: tutte quelle strutture private

con le quali le Regioni stipulano accordi e contratti.

Le tariffe da applicare ai servizi erogati sono stabilite dal D. Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502.

Il sistema è stato sviluppato intorno al costo della singola prestazione fornita, e prevede tre tipologie di tariffe:

• tariffe nazionali, stabilite dal Ministero della Salute

insieme con il Ministero dell’Economia;

• tariffe regionali, stabilite dalle singole regioni;

• tariffe utilizzate per la “compensazione della mobilità

interregionale” (TUC, Tariffa Unica Convenzionale). Queste tariffe si riferiscono soltanto ai ricoveri.

Per di più, con il D. L. n. 95/2012 è stato avviato un processo di razionalizzazione delle spese nell’ambito sanitario,

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introducendo delle “disposizioni urgenti per l’equilibrio del settore sanitario e misure di governo della spesa farmaceutica”, indicate nel Titolo IV, mediante il quale il Governo ha disposto la determinazione di una tariffa massima rimborsabile a carico del Servizio Sanitario Nazionale, al cui superamento la restante parte resterà a carico della Regione che ha applicato una tariffa più elevata.

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CAPITOLO TERZO

IL FINANZIAMENTO E LA SPESA NEL SETTORE SANITARIO

Sommario: 1. Evoluzione del finanziamento sanitario. – 2. Fonti di finanziamento del SSN. – 3. Finanziamento statale e legge di bilancio 2017. – 4. La diversa organizzazione dei servizi sanitari regionali. – 5. La spesa sanitaria. – 6. L’invecchiamento come fattore di aumento della spesa sanitaria. – 7. Caos e disservizi sono l’autostrada per errori medici e malasanità. – 8. Il nucleo essenziale del diritto alla salute.

3.1 Evoluzione del finanziamento sanitario

La prima forma di finanziamento organico dell’assistenza sanitaria si ha con il sistema mutualistico, basato sull’assicurazione obbligatoria contro i rischi di malattia, introdotta alla fine degli anni ‘30 mediante l’istituzione delle casse mutue provinciali per gli operai delle imprese industriali e artigiane, alle quali seguì la nascita di quelli che poi divennero i maggiori enti mutualistici (Enpas e Inam). L’assistenza sanitaria era contraddistinta da due differenti modelli di prestazioni:

1. quello economico, caratterizzato dalla corresponsione all’assicurato di un’indennità in caso di malattia o maternità;

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2. quello prestazionale, al quale l’assicurato accedeva in modo diretto e indiretto, in quest’ultimo caso tramite il rimborso delle somme pagate a fronte delle attività rese in suo favore dalle strutture o dai professionisti sanitari convenzionati73.

Il limite del sistema risiedeva sia nel diritto alle prestazioni assistenziali che nasceva con l’instaurazione del rapporto di lavoro (al termine del quale veniva meno ogni forma di assistenza), sia nell’incapacità di realizzare la parità di trattamento assistenziale anche tra lavoratori, che erano sottoposti a discriminazioni in termini di quantità e qualità delle prestazioni74.

È con il Servizio Sanitario Nazionale che si ha il passaggio da una logica assicurativa/contributiva al trasferimento diretto alla Regione delle risorse finanziarie necessarie per permettere il funzionamento del Servizio sanitario regionale. Perno del funzionamento del sistema è il Fondo sanitario nazionale (Fsn) determinato anno dopo anno tramite la legge di approvazione del bilancio statale e costituito, da un lato, dalla raccolta dei mezzi finanziari ad opera dello Stato, e, dall’altro,

73 Jorio E., Diritto della sanità e dell'assistenza sociale, Maggioli Editore,

2013.

74 Accadeva che un operaio aveva un trattamento quali-

quantitativamente diverso da quello ottenuto, per la stessa forma patologica, da un agricoltore, iscritto alla Cassa mutua per i coltivatori diretti, o da un dipendente comunale, assistito dall’Inadel.

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dalla distribuzione delle risorse tra le Regioni, che verranno poi assegnate alle singole Unità sanitarie locali. Il Fondo sanitario nazionale prevedeva un’articolazione in due diversi capitoli nei quali confluivano gli importi messi a disposizione annualmente dallo Stato per la parte corrente e per quella in conto capitale75: nel primo venivano indirizzate le risorse

dirette a garantire lo scopo istituzionale (offerta di salute) del Ssn e, quindi, il funzionamento del sistema, mediante l’applicazione della quota capitaria “secca” nella distribuzione delle risorse; nel secondo venivano conferite le somme destinate agli investimenti indispensabili per un perfezionamento del patrimonio funzionale delle Unità sanitarie locali. L’assegnazione delle risorse alle Regioni avveniva sulla base della c.d. “spesa storica”, ossia l’attribuzione di stanziamenti riferibili non tanto ai reali bisogni della comunità e alla domanda di salute, quanto alle esigenze di bilancio delle amministrazioni, e questo non spingeva le Regioni a corrette valutazioni sui modi di utilizzo delle risorse per la sanità.

L’esigenza di razionalizzare la spesa sanitaria ha portato ad avere dal 1992, anno della cd. “riforma bis” avutasi con il decreto legislativo n.502/1992, oltre al Fondo sanitario

75 Vitiello B., La sanità pubblica: specchio della realtà dei rapporti Stato-

Regioni (con riferimenti alla finanziaria 2007), in Le istituzioni del federalismo, n 6/2006, Maggioli Editore.

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nazionale, come strumento di finanziamento anche i contributi sanitari delle Regioni, il prelievo erariale delle Regioni a statuto speciale, le entrate delle Unità sanitarie locali realizzate, per esempio, mediante la compartecipazione e coadiuvate tutte dalla consistente integrazione del bilancio statale nel capitolo riguardante il Fondo sanitario nazionale.

Nella seconda metà degli anni novanta si hanno altre due novità per il sistema di finanziamento della salute: infatti, con la “finanziaria” per l’anno 1997 (legge 23 dicembre 1996, n. 662), cambiava la metodologia distributiva del Fsn a favore delle Regioni, con l’abbandono del criterio di finanziamento della salute fondato sulla spesa storica, che individuava il suo strumento economico nella c.d. “quota capitaria secca ed uniforme”, e l’introduzione di un nuovo modello di determinazione della “unità monetaria”, adattata a soddisfare i bisogni espressi dalla domanda salutare76. Inoltre con il

decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 i contributi per il Servizio sanitario nazionale venivano sostituiti dall’imposta regionale sulle attività produttive (Irap) esercitata nel singolo territorio regionale e individuata applicando al valore della produzione netta l’aliquota del 4,25 %. L’istituzione di questo tributo, a diretta riscossione regionale, si collegava all’allora volontà politica di superare la lettura restrittiva dell’art. 119 Cost. Infatti, era prevista nello stesso decreto la facoltà per le

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Regioni di una maggiorazione dell’aliquota Irap, nonché dell’addizionale Irpef, mentre in rapporto al Fondo sanitario nazionale la sua determinazione doveva far conto sull’intera addizionale Irpef dello 0,5 % e sull’utilizzo del gettito Irap, entro un limite massimo del 90 %, a compensazione dell’abolizione dei contributi sanitari77.

Nonostante questi interventi la spesa sanitaria continuava a crescere unitamente ai disavanzi. Con il d.lgs. n. 229 del 1999 (riforma sanitaria ter) si contempla la possibilità di siglare specifici accordi tra Ministero della salute e singole Regioni, con l’obiettivo di realizzare programmi di riorganizzazione e riqualificazione dei servizi sanitari regionali che siano carenti rispetto ai parametri di efficienza, economicità e funzionalità appositamente predisposti78 .Il metodo pattizio, ancora oggi

utilizzato, non è certamente esente da critiche, poiché esso mostra come lo Stato continua a riservarsi una posizione contrattuale predominante.

Il primo tentativo di realizzare un sistema di fiscalità regionale si è avuto con il D. Lgs. n. 56 del 2000 che ha previsto un aumento di autonomia nel finanziamento della sanità insieme ad un sistema di perequazione utile a garantire il livello essenziale dei servizi. Era prevista la sostituzione del Fondo

77 Vitiello B., op. cit.

78 art. 19 ter: «Federalismo sanitario, patto di stabilità e interventi a

garanzia della Coesione e dell’efficienza del Servizio sanitario nazionale».

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sanitario con l’addizionale Irpef, la compartecipazione all’accisa sulle benzine e una compartecipazione iva: tutte queste imposte, insieme all’Irap, dovevano finanziare il comparto sanitario. Il venir meno dei trasferimenti statali, con il reperimento delle risorse tramite tributi e compartecipazioni, avrebbe causato numerosi squilibri territoriali, per la diversa incidenza sul territorio nazionale delle indicate fonti di entrata. Per questo il decreto menzionato introduceva un fondo perequativo nazionale col fine di ridurre del 90% le differenze interregionali, secondo criteri socio-demografici (popolazione residente, capacità fiscale, fabbisogno)79. Come si vedrà successivamente,

verranno reintrodotti gli stanziamenti statali per il ripiano di parte dei disavanzi di bilancio regionali con trasferimenti erariali e il Fsn farà la sua ricomparsa per assumere i connotati del mai realizzato fondo perequativo80.

Nell’evoluzione del finanziamento, una tappa importante è costituita dal raggiungimento dell’accordo in sede di Conferenza Stato-Regioni l’8 agosto 2001. Conosciuto anche come “Patto di stabilità sanitario”, si propone di garantire, con riferimento al suo periodo triennale di applicazione, “un quadro stabile di evoluzione delle risorse pubbliche destinate

79 Viceconte N., L’evoluzione del sistema di finanziamento del Servizio

Sanitario Nazionale tra federalismo “promesso” ed esigenze di bilancio,

in www.issirfa.cnr.it

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al finanziamento del Servizio sanitario nazionale che, tenendo conto degli impegni assunti con il patto di stabilità e crescita, consenta di migliorarne l’efficienza razionalizzando i costi, attraverso l’assunzione di responsabilità reciproche fra Governo e Regioni, tesa sia ad attivare comportamenti regionali virtuosi, finalizzati al controllo della spesa, sia ad impegnare il Governo a fornire una soluzione definitiva al problema del sottofinanziamento della sanità”. Il decreto legge 18 settembre 2001, n. 34781, recante “Interventiurgenti

in materia di spesa sanitaria”, ha poi recepito quanto stabilito dell’accordo, sia per quanto riguarda l’attuazione del patto di stabilità interno, sia per la razionalizzazione dell’intervento finanziario dello Stato, relativamente al triennio 2002/2004, allo scopo di realizzare la progressiva copertura dei disavanzi consolidati e la responsabilizzazione delle Regioni sui disavanzi sanitari, delegando a queste la copertura attraverso l’imposizione locale e strumenti (quali i ticket) da adottarsi per le prestazioni in favore dell’utenza82.

Con la finanziaria per il 200383 vengono individuate una serie

di adempimenti, che permettono l’accesso da parte delle Regioni a risorse statali aggiuntive, ed è statuita la decadenza

81 Convertito nella legge 16 novembre 2001, n. 405. 82 Vitiello B., op. cit.

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automatica dei direttori generali delle aziende sanitarie che non dovessero raggiungere l’equilibrio economico.

Con la legge finanziaria per il 2005, che ha introdotto i c.d. “piani di rientro” (ossia accordi tra lo Stato e le amministrazioni regionali in cui si formalizzano gli oneri in capo a queste ultime e le correlative misure di verifica e monitoraggio dello Stato), furono introdotti nuovi interventi riguardanti il sistema premiale e sanzionatorio.

Il regime premiale stabiliva l’accesso ad ulteriori risorse statali rispetto a quelle concordate fra Stato e Regioni; invece i meccanismi sanzionatori riguardavano casi in cui le Regioni non procedevano al necessario controllo della spesa sanitaria e quindi si collegava a tutte quelle eventualità in cui fosse accertato un disavanzo di gestione. Proprio l’accertamento del disavanzo avrebbe comportato l’applicazione della disciplina della sostituzione, il cui fondamento si rinviene nell’ art. 120, co. 2, Cost. In particolare, nel caso dell’inadempimento degli obblighi sanciti ex lege per il monitoraggio della spesa, veniva conferita al Presidente della Regione la qualifica di commissario ad acta per l’adozione degli accorgimenti ritenuti necessari. Questa disciplina ha subito critiche a causa dei vari poteri che sono attribuiti al Presidente della Regione in qualità di commissario ad acta o commissario governativo. La dottrina maggioritaria ha negato il carattere normativo dei poteri sostitutivi ex art. 120 Costituzione; altra dottrina ha

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considerato ammissibile una sostituzione normativa, richiamando il principio di sussidiarietà come criterio rappresentante il perno della Riforma e arrivando così ad ammettere anche una sostituzione negli inadempimenti normativi delle Regioni. Per quanto riguarda la giurisprudenza84,la Corte Costituzionale ha affermato che la

disciplina contenuta nell’art. 120,2 co non può essere intesa in termini riduttivi, come disciplina legittimante l’attribuzione di poteri di natura legislativa ad un soggetto nominato commissario governativo, perché ciò creerebbe una violazione del principio di tipicità degli atti normativi primari.

Il meccanismo premiale e sanzionatorio è stato ripreso con la legge n. 296/2006, che ha predisposto un fondo transitorio per il biennio 2007-2009 da dividere tra regioni con notevoli disavanzi. Ciò ha portato all’ attivazione dei meccanismi dei piani di rientro, cui aderirono molte Regioni. Ma è nel 2011 che inizia il processo di attuazione delle disposizioni concernenti il federalismo fiscale nel settore sanitario, contenute nella legge delega n. 42 del 2009. Il D. Lgs. n. 68 del 2011 delinea il quadro normativo dei rapporti fra Stato e Regioni per l’erogazione dei LEA. All’art. 25, comma secondo, è disposto che l’individuazione del fabbisogno nazionale standard debba avvenire in modo da assicurare la compatibilità di tale scelta con i vincoli di finanza

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pubblica e gli obblighi assunti dall’Italia in sede comunitaria, mentre l’art. 26 stabilisce che dal 2013 la determinazione del fabbisogno nazionale standard deve avvenire tramite intesa, coerentemente con il fabbisogno derivante dalla determinazione dei livelli essenziali di assistenza erogati in condizioni di efficienza ed appropriatezza. Questo sistema è stato oggetto di critiche in quanto ritenuto non capace di eliminare le inefficienze prodotte dai diversi sistemi sanitari regionali già in deficit e inoltre le modalità di calcolo del costo standard neutralizzerebbero la scelta delle Regioni di riferimento non permettendo di influire sull’accesso al fabbisogno nazionale standard.

La legge n. 135/2012 individua quale obiettivo da perseguire la c.d. spending review, cioè la riduzione/eliminazione degli sprechi e delle inefficienze nella spesa pubblica, per una maggiore crescita economica. In questo senso, l’art. 15 introduce disposizioni urgenti volte a garantire l’equilibrio del settore sanitario.

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