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Il diritto alla salute come diritto finanziariamente condizionato

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Academic year: 2021

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UNIVERSITA’ DI PISA

Dipartimento di Giurisprudenza

Corso di Laurea Magistrale in Giurisprudenza

Tesi di Laurea

IL DIRITTO ALLA SALUTE COME DIRITTO

FINANZIARIAMENTE CONDIZIONATO

Relatore:

Chiar.mo Prof. Alfredo Fioritto

Candidata:

Lorella Leone Correlatore:

Chiar.mo Prof. Luca Righi

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INDICE

Introduzione 5

CAPITOLO PRIMO I DIRITTI SOCIALI 1. Le generazioni dei diritti 9

2. Diritti sociali e diritti di libertà 12

3. I diritti sociali condizionati e incondizionati 15

4. Il costo dei diritti sociali 19

5. I diritti sociali tra pubblico e privato 24

6. Incidenza della crisi sui bilanci 26

7. Spesa pubblica: i provvedimenti adottati in Italia 31

8. Legge costituzionale 20 Aprile 2012, n.1 34

9. Il novellato art.81 Cost. 36

10. Contrasti tra vincoli di bilancio e diritti sociali 39

CAPITOLO SECONDO LA TUTELA DELLA SALUTE 1. Il concetto di salute 47

2. Il diritto alla salute nella Costituzione italiana 49

3. Nascita del Servizio Sanitario Nazionale 56

4. Evoluzione del SSN 62

5. Organi e istituti del SSN 66

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Regioni... 70

6.1 … e dei Comuni 74

7. I LEA 77

8. Le novità introdotte dal DPCM 12 gennaio 2017 81 9. Erogazione dei LEA 84

CAPITOLO TERZO IL FINANZIAMENTO E LA SPESA NEL SETTORE SANITARIO 1. Evoluzione del finanziamento sanitario 87

2. Fonti di finanziamento del SSN 96

3. Finanziamento statale e legge di bilancio 2017 98

4. La diversa organizzazione dei servizi sanitari regionali 100

5. La spesa sanitaria 102

6. L’invecchiamento come fattore di aumento della spesa sanitaria 108

7. Caos e disservizi sono l’autostrada per errori medici e malasanità 109

8. Il nucleo essenziale del diritto alla salute 113

Conclusione 118

Bibliografia e sitografia 124

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INTRODUZIONE

I diritti sociali danno vita a un’idea di Stato attento a predisporre interventi per ridurre le differenze sociali e per l’attuazione delle capacità dei singoli. L’art. 117, II c., lettera m), prevedendo la determinazione statale dei livelli essenziali delle prestazioni che devono essere garantite su tutto il territorio nazionale, fissa chiaramente che il godimento dei diritti sociali non può non essere assicurata almeno in una certa misura, ed è, come i diritti civili, requisito della condizione di appartenenza alla comunità nazionale. L’attenzione rivolta al loro essere finanziariamente condizionati è “esplosa” soprattutto negli ultimi anni,

complice la crisi che attanaglia i vari paesi dal 2008 a questa parte e i vincoli per raggiungere l’equilibrio finanziario sempre più stringenti dovuti alle politiche dell’Unione Europea stabiliti nei trattati che si sono susseguiti nel corso del tempo. Ad esempio in Italia, in attuazione di questi vincoli, è stata caldeggiata una precisa scelta di politica finanziaria delle pubbliche amministrazioni, che, per contenere la spesa pubblica, vieta «il ricorso

all’indebitamento», il quale può essere ammesso solo in funzione anticiclica o al verificarsi di eventi eccezionali. Mentre da una parte questi diritti finanziariamente condizionati rendono effettiva la dimensione dell’uguaglianza, dall’altra evidenziano la continua

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insoddisfazione per l’attuazione degli stessi, causa l’insufficienza delle risorse e l’inadeguatezza

dell’organizzazione dei servizi tramite i quali si esplicano. Infatti, nonostante siano caratterizzati da una varietà di contenuti, il godimento di questi diritti ha come presupposto l’esistenza di una struttura idonea ad erogarne le prestazioni, presupponendo l’intervento legislativo e la realizzazione di un apparato amministrativo. L’attuazione del diritto

scaturisce dalla funzionalità dell’amministrazione adibita alle azioni predisposte per la sua concretizzazione che è

condizionata dai proventi ad essa destinati. Un esempio in questo senso è fornito dal Servizio Sanitario Nazionale istituito con la legge n. 833/1978 che, impostato sui

principi di universalità, uniformità e solidarietà nel garantire l’assistenza sanitaria, è vincolato a quanto fissato

annualmente dalla legge di bilancio, leggeriguardante il prelievo fiscale e l’articolazione della spesa pubblica nei vari settori, tra cui appunto quello sanitario. Se da una parte stabilire ciò è compito del legislatore, dall’altra è compito della Corte valutare il bilanciamento tra le opposte esigenze dell’equilibrio di bilancio e quelle della salvaguardia del nucleo irriducibile (nocciolo duro) del diritto messo in discussione.

Le sentenze più importanti e cospicue per garantire una tutela effettiva ai diritti sociali in prevalenza vertono sul

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7

diritto all’istruzione e alla salute, come ad esempio, riferita a quest’ultima materia, può citarsi la sentenza 509/2000, con cui è stata dichiarata incostituzionale una legge regionale lombarda perché non contemplava deroghe alla possibilità di rimborsare i costi sanitari sostenuti all’estero senza previa autorizzazione, non consentendo di fare salvo il «nucleo irriducibile del diritto alla salute protetto dalla Costituzione come ambito inviolabile della dignità umana».

Dopo una prima disamina sui diritti sociali, in particolare sul loro essere finanziariamente condizionati, e il richiamo

all’equilibrio di bilancio, la cui costituzionalizzazione è avvenuta con la modifica dell’art 81 Cost. nel 2012, oggetto della trattazione nelle seguenti pagine sarà il sistema sanitario, che nel corso del tempo è stato al centro di varie manovre. In particolare, nell’ultimo decennio il servizio sanitario

nazionale è stato oggetto di interventi di riforma che hanno tracciato un sistema di governance attento al miglioramento dell’efficienza del settore, tra i quali rientrano la

sottoscrizione di specifiche Intese tra Stato e Regione per la programmazione e il coordinamento dei rispettivi ambiti di competenza, e misure volte alla verifica degli equilibri

finanziari del settore sanitario e della qualità delle prestazioni erogate. Inoltre attenzione verrà posta alle fonti di

finanziamento del SSN, alla spesa sanitaria sostenuta e alle criticità che riguardano questo settore, senza tralasciare il

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richiamo al nucleo essenziale del diritto alla salute che deve comunque essere garantito.

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CAPITOLO PRIMO

I DIRITTI SOCIALI

Sommario: 1. Le generazioni dei diritti. – 2. Diritti sociali e diritti di libertà. – 3. I diritti sociali condizionati e incondizionati. - 4. Il costo dei diritti sociali. – 5. I diritti sociali tra pubblico e privato. – 6. Incidenza della crisi sui bilanci. – 7. Spesa pubblica: i provvedimenti adottati in Italia. – 8. Legge costituzionale 20 Aprile 2012, n.1. – 9. Il novellato art.81 Cost. – 10. Contrasti tra vincoli di bilancio e diritti sociali.

1.1 Le generazioni dei diritti

Secondo quanto afferma Norberto Bobbio1, i diritti umani

sono diritti storici, nati gradualmente in certe circostanze, caratterizzate da lotte per la difesa di nuove libertà contro antichi poteri. L’elenco di questi diritti va modificandosi mano a mano a seguito di nuovi interessi e bisogni: basti pensare che le dichiarazioni del ‘700 non ricomprendevano i diritti sociali che ormai sono affermati in tutte le dichiarazioni moderne.

La storia di questi diritti può essere scandita attraverso il tema delle “quattro generazioni”2:

1 N. Bobbio, L’età dei diritti, Einaudi, Torino 1990.

2Tra coloro che ne hanno parlato: N. Bobbio, L’età dei diritti, Einaudi,

Torino 1990; G. Peces-Barba, Teoria dei diritti fondamentali, Milano, A. Giuffrè editore,1993; Mirabella P., L’uomo e i suoi diritti. Una riflessione etica a partire dalla Dichiarazione universale dei diritti

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- Prima generazione: ricomprende i diritti civili e politici che si identificano con quelli affermati dalle Dichiarazioni Americana e Francese del XVIII secolo. Queste stabiliscono le libertà individuali di cui deve godere ogni singola persona, quali il diritto alla vita, alla libertà di pensiero, alla proprietà e alla libertà di coscienza. La funzione di questi diritti, definiti anche come diritti di libertà, è quella di garantire ai cittadini “quegli spazi di libertà che costituiscono la condizione essenziale per una propria affermazione in ambito politico, sociale ed economico”3. Lo Stato si impegna a

garantirli limitando il suo potere (si parla infatti di “stato di diritto”), ma può porre degli obblighi alle libertà dei singoli, quanto basta per potere garantire loro “il massimo spazio di libertà possibile all’interno della convivenza sociale” 4.

- Seconda generazione: ricomprende i diritti economici, sociali e culturali, quali il diritto all’istruzione, all’assistenza medica, al lavoro, che hanno avuto un riconoscimento pieno con le costituzioni della seconda metà del Novecento. Si ha l’affermazione dello “stato

3Mirabella P., L’uomo e i suoi diritti. Una riflessione etica a partire dalla

Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, Effatà editrice, 2009, p.73.

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sociale”, il cui obiettivo è di provvedere a che gli uomini abbiano il necessario per esercitare i propri diritti fondamentali e soddisfare i bisogni essenziali.

- Terza generazione: avviata con le costituzioni degli anni ’70 e anni ’90, ricomprende i diritti di soggetti che, per varie ragioni (quali condizione sociale/culturale o di età), si trovano in uno stato di difficoltà tale da richiedere un’assistenza esterna, dipendendo quindi da servizi pubblici e privati. Tra questi diritti si possono menzionare i diritti del fanciullo, del consumatore5,

dell’utente, dell’ambiente, i diritti alla tutela della privacy, che sono stati consolidati ancora di più da documenti approvati da organismi internazionali, quali la Dichiarazione dei diritti del fanciullo (1959) e la Dichiarazione di Rio sull’ambiente e lo sviluppo (1992). È considerata anche la fase in cui acquistano un ruolo principale i diritti umanitari o di solidarietà, contrapponendo al nuovo ordine economico internazionale, un nuovo ordine umanitario internazionale.

5 In merito ai diritti del consumatore come diritti di terza generazione,

rinvio a “Diritti dell'individuo e diritti del consumatore: atti del

convegno, 14 dicembre 2007”, a cura di Giovanni Cocco, Giuffrè

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- Quarta generazione: ricomprende i “nuovi diritti”, ad esempio il diritto alla pace, proclamato dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nella risoluzione 39/11(1984), il diritto allo sviluppo, oggetto della Dichiarazione sul diritto allo sviluppo (1986) e quelli legati soprattutto all’innovazione scientifica e biologica, al campo delle manipolazioni genetiche (come il diritto di procreare), il diritto all’identità sessuale e il diritto di morire. Si tratta di un catalogo aperto, in continua evoluzione, che va ampliandosi col mutare dei bisogni e degli interessi 6.

1.2 Diritti sociali e diritti di libertà

Distinguere i diritti attraverso le “generazioni” serve soltanto a cogliere la loro dimensione storica e in nessun modo a sostenerne una gerarchizzazione o una priorità di alcuni rispetto ad altri. Tuttavia sono state formulate tesi in cui veniva messo in evidenza come i diritti sociali siano una categoria più debole rispetto ai diritti di libertà, come

6 Sul tema della sfida che rappresentano i diritti di quarta generazione

per la nostra epoca, rimando alla lettura dei libri: Godart L., La libertà

fragile. L’eterna lotta per i diritti umani, Mondadori 2012; Barcellona

P., Il suicidio dell’Europa: dalla coscienza infelice all’edonismo

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riportato da Thomas Casadei7, il quale ha così schematizzato

le varie argomentazioni:

a) Argomento della strumentalità (diritti sociali ridotti a “opportunità condizionata”). I diritti sociali non devono essere considerati come diritti in senso proprio, ma le norme in cui essi sono affermati si riducono a garanzie di istituti o di istituzioni, a imposizioni di obblighi allo Stato, o a enunciazioni di programmi o di direttive per il legislatore. Pertanto il loro carattere strumentale rispetto agli altri diritti (questi sì ritenuti fondamentali) civili e politici, induce a considerare i diritti sociali come condizioni per la partecipazione alla cittadinanza, anziché come elementi costitutivi di essa. Per questo potrebbero essere meglio descritti non come diritti ma come “opportunità condizionali” (Jack M. Barbalet)

b) Argomento della non formalizzabilità (“diritti sociali ridotti a prestazioni variabili”). Al contrario dei diritti civili e politici che sono necessariamente universali e formali, i diritti sociali non lo sono, nel senso che le prestazioni corrispondenti ai diritti sociali sono diversificate in relazione alla situazione fiscale dello Stato e del soggetto. Essi sono quindi prestazioni che rispondono a scelte particolari e selettive.

7 Casadei T., I diritti sociali: un percorso filosofico-giuridico, Firenze

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c) Argomento della ‘minimalità’ (diritti sociali ridotti a prestazioni minime). I diritti sociali si concretano in termini di prestazioni minime: un livello minimo di istruzione, di assistenza sanitaria, ecc. Non modificano le relazioni di potere, poiché influiscono soltanto sui meccanismi di distribuzione delle risorse, non su quelli della loro produzione.

In linea generale i diritti sociali8 si configurano come diritti ‘a’,

consistendo in aspettative positive (di prestazione) e riguardano classi di cittadini bisognosi e accumunati da una stessa condizione, per esempio disoccupazione o invalidità; mentre i diritti individuali si configurano come diritti ‘di’, consistendo in aspettative negative (di non lesione) e spettanti agli uomini in quanto tali. Soggetto obbligato è in entrambi i casi lo Stato, tenuto a: 1) non interferire quando ha di fronte una libertà negativa (personale, di manifestazione del pensiero, religiosa, ecc.), 2) rendere una prestazione quando il privato fa valere un diritto sociale9.

I diritti sociali in realtà completano le tradizionali libertà, garantendo il rispetto della dignità di ogni uomo e il pieno

8 Il primo approccio alla definizione giuridica dei diritti sociali è

avvenuto con la Costituzione tedesca di Weimar (1919).

9 A ben vedere, anche i diritti di libertà si configurano spesso come diritti

a prestazione. Basti pensare alla necessità di predisporre mezzi materiali per garantire la libertà di manifestazione del pensiero, alla necessità di costruire strade per garantire la libertà di circolazione; alla necessità di predisporre un servizio di giustizia per consentire l’esercizio del diritto di difesa.

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godimento delle proclamate libertà. È proprio il principio della dignità dell'uomo a rappresentare il valore di base dei diritti sociali: essi sono dunque diritti costituzionali inviolabili, coperti nella nostra Costituzione dalla tutela dell'art. 3.

1.3 I diritti sociali condizionati e incondizionati

Mentre le libertà civili sono tutelate dal diritto internazionale, i diritti sociali sono tutelati nell’ambito interno di ciascuno Stato, i quali devono provvedere alla predisposizione di strutture e risorse che li rendano fruibili dalla collettività interessata.

La garanzia dei diritti sociali nella Costituzione italiana si basa su due fondamenti: il principio di solidarietà, che persegue finalità di garanzia della vita individuale e sociale delle persone (l’adempimento di doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale, art. 2 Cost.), e il principio di eguaglianza delle opportunità (art. 3, c. 2, Cost.: la rimozione degli ostacoli di ordine economico e sociale [...] che impediscono il pieno sviluppo della persona),che persegue l’obiettivo di un uguale accesso a lavoro, istruzione, salute, cultura e sicurezza sociale.

Questi diritti sono costituzionalizzati a prescindere dall’intervento regolatore del legislatore ordinario e permettono la realizzazione dei principi di solidarietà e di

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eguaglianza. Quando passa in rassegna i diritti sociali, la Costituzione dà rilevanza anzitutto ai rapporti e relazioni oggetto dei diritti stessi, oltre che ai luoghi dove la vita sociale si svolge, nei quali e mediante i quali l’individuo esprime e spiega la propria personalità. Insieme al principio dell’uguaglianza, è anche il principio pluralistico che regge e potenzia i diritti sociali, che quindi diventano veicoli necessari per compiere il percorso del pieno sviluppo del soggetto10.

Inoltre, il richiamo all’art. 2 Cost. permette al giudice delle leggi di inquadrarlo come valvola di apertura per l’innalzamento a livello di diritti costituzionali non di ogni interesse che lo sviluppo della società indichi come meritevole di tutela, ma solo di quegli interessi che siano in stretto rapporto con altri già costituzionalmente protetti, com’è successo per il diritto alla riservatezza, all’informazione, all’abitazione11.

Il soddisfacimento delle condizioni essenziali per la protezione dei vari diritti (organizzazione delle prestazioni e fornitura di queste) non è lasciata unicamente allo Stato e alle istituzioni dipendenti da esso, ma è affidata alla responsabilità di diversi soggetti che concorrono con le istituzioni nella

10 Campanelli G., Carducci M., Loiodice I., Tondi Della Mura V., (a

cura di) , Lineamenti di diritto costituzionale della regione Puglia, Giappichelli Editore, Torino, 2016.

11Caretti P., Considerazioni conclusive, in La Rivista del Gruppo di Pisa, 2012/03.

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protezione dei diritti, “secondo l’ottica che in questi ambiti vale la libertà della persona piuttosto che l’imposizione di determinate misure”12. Tale modo di procedere è presente

dall’art. 29, che riconosce il ruolo, i compiti e le responsabilità della famiglia nell’ educazione dei figli, e negli articoli successivi che si occupano di salute, di istruzione e di assistenza, che prevedono la libertà dello «Stato di scegliere i modi, le forme, le strutture organizzative ritenute più idonee ed efficienti allo scopo13» e danno al privato la possibilità di

essere organizzatore ed erogatore dei servizi relativi a questi diritti. Per la realizzazione dei fini pubblici non esiste, quindi, un unico modello economico alla base della nostra Costituzione, ma una pluralità di metodi. Ciò permette di poter distinguere, all’interno della categoria dei diritti sociali, i diritti “incondizionati “e quelli “condizionati”.

I primi riguardano prestazioni determinate nel loro genere, che possono essere fatti valere direttamente dai titolari nei confronti della controparte, poiché, per il solo fatto di essere riconosciuti nella Costituzione, accedono automaticamente ai rapporti giuridici cui si riferiscono, lasciando al giudice il compito di determinare il quantum della prestazione dovuta, nel caso di conflitto fra le parti. Vi rientrano il diritto a una

12 Longo E., I diritti sociali nella Costituzione italiana: un percorso di

analisi, Rivista del Diritto della Sicurezza Sociale (ISSN 1720-562X),

Fascicolo 2, giugno 2017, Il Mulino – Rivisteweb.

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retribuzione proporzionata e sufficiente (art.36), al riposo e alle ferie, il diritto delle donne alla parità delle condizioni di lavoro e quello dei minori alla parità delle retribuzioni(art.37), il diritto a ricevere cure mediche (art.32, c. 2°), i diritti, in ambito familiare, alla mutua assistenza, alla coabitazione e alla fedeltà (art. 29), il diritto dei figli all’educazione familiare (art. 30), il diritto a non essere arbitrariamente licenziati (art. 4).

I secondi presuppongono, per il loro effettivo godimento, la presenza di strutture organizzatorie essenziali per l’erogazione delle prestazioni garantite o per il compimento di condotte riguardanti il diritto considerato. Sono ricompresi il diritto all’assistenza e previdenza(art.38), il diritto all’istruzione e all’accesso nelle strutture scolastiche (art. 34), il diritto a prestazioni sanitarie e il diritto a cure gratuite per gli indigenti(art.32), il diritto degli inabili e minorati all’educazione e avviamento professionale (art. 38, c. 3°), il diritto dei lavoratori alla collaborazione alla gestione delle aziende (art. 46), il diritto all’abitazione e il diritto a un ambiente salubre. L’eventuale mancanza dell’organizzazione e delle istituzioni necessarie, e quindi del presupposto condizionante, non tocca la garanzia di quel diritto sotto l’aspetto del se e al quid, essendo già stabilita in Costituzione, ma riguarda soltanto il come e quando assicurare in concreto quei diritti. Ciò il legislatore lo disporrà graduando

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l’attuazione di quei diritti sociali con riferimento agli interessi primari costituzionali e alle esigenze del bilancio dello Stato.

1.4 Il costo dei diritti sociali

I diritti sociali costano, o per lo meno costa ogni forma di organizzazione sociale che pretenda di garantire le molteplici aspettative individuali. Per usare le parole di un fortunato libro «I diritti […] non sono un regalo del cielo, né un frutto della natura; non si impongono da sé e non si possono garantire in modo affidabile se lo Stato è senza soldi o troppo debole; non necessariamente producono egoismo e irresponsabilità; non implicano affatto che ciascuno possa tutelare la propria libertà senza la collaborazione altrui, e non danno luogo a pretese irrefutabili»14. Proprio il loro essere spesso associati alla

finanza pubblica, ha permesso la diffusione del concetto dei diritti sociali come diritti finanziariamente condizionati15.

L’espressione “diritti finanziariamente condizionati” si deve a F. Merusi16, secondo cui «i diritti di prestazione di un servizio

pubblico non sono diritti assoluti, come i diritti politici, bensì

14 Holmes S., Sunstein C.R., Il costo dei diritti. Perché la libertà dipende

dalle tasse, Bologna, Il Mulino, 2000.

15 A ben vedere, il costo dei diritti non è prerogativa dei diritti sociali

ma riguarda più o meno tutti i diritti che richiedono prestazioni: non costa forse assicurare il diritto alla sicurezza o quello alla difesa giurisdizionale? Anche per questi ultimi diritti l’incidenza dei costi pone un problema di bilanciamento, sia con altri diritti da tutelare, sia con altri interessi/valori costituzionali.

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diritti finanziariamente condizionati. Ne deriva che anche i diritti sociali garantiti dalla Costituzione, ai quali corrisponde la prestazione di un servizio, non sono diritti assoluti, ma relativi». Questa nozione ricorre anche in alcune decisioni della Corte Costituzionale17, la quale ha affermato ad esempio

che la tutela del diritto alla salute, il diritto oneroso per eccellenza, “non può non subire i condizionamenti che lo stesso legislatore incontra nel distribuire le risorse finanziarie delle quali dispone”, e che dunque il diritto ai trattamenti sanitari è soggetto alla “determinazione degli strumenti, dei tempi e dei modi di attuazione” della relativa tutela da parte del legislatore ordinario. Il carattere ‘ condizionato ’ del diritto comporta che "l 'attuazione della tutela, costituzionalmente obbligatoria, di un determinato bene (la salute) avvenga gradualmente a seguito di un ragionevole bilanciamento con altri interessi o beni che godono di pari tutela costituzionale e con la possibilità reale e obiettiva di disporre delle risorse necessarie per la medesima attuazione: bilanciamento che è pur sempre soggetto al sindacato di questa Corte nelle forme e nei modi propri all'uso della discrezionalità legislativa"18.

17 In giurisprudenza, si parla per la prima volta di diritto costituzionale

condizionato, in relazione al diritto alla salute, nella sentenza della Corte Cost. n. 455/1990 e successivamente, tra le tante, nelle sentenze n. 247/1992, 218/1994, 304/1994, 416/1995, 267/1998, 309/1999.

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Se in tale pronuncia si è fatto riferimento al limite rappresentato dalle risorse disponibili che condizionano l'effettiva tutela del diritto, e che sembrano tuttavia restare ancora ai margini del bilanciamento, la successiva tendenza sarà quella di includere all'interno del bilanciamento lo stesso valore dell'equilibrio finanziario o, in senso più generale, l'esigenza del contenimento della spesa sociale. Un esempio può considerarsi la sentenza n. 149/2010, dove la riflessione è ispirata alla necessità di realizzare un bilanciamento tra l'esigenza di eguaglianza connesse al godimento del diritto alla salute, da soddisfare nella "misura più ampia possibile", e quella di riduzione della spesa sanitaria al fine di renderla conciliabile con la citata limitatezza delle disponibilità finanziarie. Ed ancora, con riguardo alla situazione di crisi economica nel frattempo sviluppatasi e attualmente in atto, la sentenza n. 248/2011, dove si afferma che "l'esigenza di assicurare la universalità e la completezza del sistema assistenziale nel nostro Paese" e dunque, in altre parole, la piena effettività del diritto alla salute "si è scontrata, e si scontra ancora attualmente, con la limitatezza delle disponibilità finanziarie che annualmente è possibile destinare, nel quadro di una programmazione generale degli interventi di carattere assistenziale e sociale, al settore sanitario". Qui, "lo scontro avviene direttamente tra l'esigenza dei diritti di trovare pieno inveramento e il dato di mero fatto" e cioè "la

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limitatezza delle risorse finanziarie": uno scontro che sarebbe perciò "irrisolvibile, se fosse davvero così, o meglio, non potrebbe risolversi mediante il bilanciamento, che notoriamente è utilizzabile solo quando si confrontano principi omogenei collocati sul medesimo piano”19.

L'enfasi attribuita alla formula del diritto finanziariamente condizionato può condurre ad un esito rischioso, ossia a ritenere che spetta al bilanciamento finanziario circoscrivere il contenuto delle prestazioni, quindi del diritto, "mentre è vero esattamente il contrario: le prestazioni essenziali sono dovute in quanto tali e insiste sul legislatore il preciso dovere di garantire le risorse finanziarie necessarie20".

Da un lato, al legislatore spetta un ruolo importante in vista del conseguimento dell’effettività dei diritti a prestazione: infatti deve assumere responsabilmente le decisioni di fondo in tema di risorse organizzative, finanziarie ed umane necessarie per assicurare le prestazioni oggetto del diritto. Da tali decisioni compaiono le linee portanti delle politiche sociali e delle politiche fiscali, l’individuazione dei bisogni e delle priorità, la selezione dei parametri di valutazione del benessere e del grado di equità sociale, insomma, la concreta

19 Salazar C., Crisi economica e diritti fondamentali. Relazione al

XXVIII Convegno annuale dell’AIC, in Rivista AIC, n.4/2013.

20 Pezzini B., Diritto alla salute e dimensioni della discrezionalità nella

giurisprudenza costituzionale, in R. Balduzzi (a cura di), Cittadinanza,

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conformazione dello Stato sociale anche e soprattutto sul piano dell’effettività dei molteplici diritti riconosciuti dall’ordinamento costituzionale21. Dall’altro spetta alla Corte

la valutazione sull’uso bilanciato e ragionevole della scelta legislativa e la salvaguardia in ogni caso del nucleo irriducibile o essenziale del diritto, intervenendo pertanto quando, nel bilanciamento dei valori posto in essere dal legislatore, le ragioni di equilibrio della finanza pubblica avessero un peso dominante tale da comprimere il nucleo essenziale del diritto sociale e solo se ci si trovasse al cospetto di un esercizio irragionevole della discrezionalità legislativa 22.

Dal bilanciamento non può che seguire una realizzazione attenuata dei diritti sociali, in quanto destinati a mutare continuamente nel tempo, costituendo l’esito di una valutazione fra interessi solo apparentemente assumibili come paritari, come il diritto ad una prestazione costituzionalmente riconosciuto e le esigenze di bilancio. Difatti, “non si tratta di un bilanciamento tra entità di pari importanza, poiché i diritti costituiscono il fine per realizzare la Repubblica democratica, le esigenze di bilancio rappresentano il mezzo e dunque non

21Morana D. I diritti a prestazione in tempo di crisi: istruzione e salute

al vaglio dell’effettività, Rivista AIC n: 4/2013.

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possono essere messi sullo stesso piano elementi così diversi”23.

1.5 I diritti sociali tra pubblico e privato

Le risorse necessarie per attuare i diritti sociali sono risorse nazionali, ottenute fondamentalmente col prelievo fiscale e solo in parte fornite dai beneficiari (si pensi alle tasse scolastiche e universitarie, ai ticket sanitari, ai contributi previdenziali a carico dei lavoratori).

Il secondo comma dell’art. 3 Cost. indica la Repubblica quale protagonista nella rimozione degli ostacoli che si interpongono all’eguaglianza sostanziale. Se, poi, si interpreta questa previsione alla luce dell’art. 114, allora si comprende che i protagonisti dell’eguaglianza sostanziale sono gli enti che costituiscono la Repubblica, ossia i comuni, le province, le città metropolitane, le regioni e lo Stato. Quindi, l ’unico soggetto in grado di incidere sulle relazioni economiche e sociali, imponendo limitazioni o promuovendo azioni positive in tensione con l’eguaglianza formale, è la Repubblica, intesa come organizzazione pubblica preposta alla cura degli interessi generali attraverso l’esercizio di poteri sovrani. L’intervento pubblico mira altresì a istituzionalizzare forme di sostegno e

23 Luciani M., Sui diritti sociali, in Studi in onore di Manlio Mazziotti

di Celso, Padova, Cedam, 1995; Bifulco D., L’inviolabilità dei diritti

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di promozione sociale che, un tempo, erano affidate a iniziative spontanee di enti caritatevoli, il più delle volte di stampo religioso. Questa istituzionalizzazione apparve indispensabile per l’edificazione di una struttura salda, funzionante, universale, non soggetta alle peripezie negative che avevano determinato il fallimento di alcune iniziative private. Divenne sin da subito pacifico la corrispondenza tra sfera pubblica e diritti sociali, tanto da permettere l’evoluzione del Welfare state in termini di progressivo potenziamento delle strutture pubbliche scelte per l’erogazione dei servizi resi ai soggetti deboli. Successivamente, la messa in discussione del ruolo dello Stato è stata la conseguenza dell’appesantimento dell’apparato pubblico, dell’incapacità delle amministrazioni, dell’influenza degli interessi particolari alla ricerca di rendite e favori. Lo Stato sociale, definito anche come Stato assistenziale, è divenuto spesso luogo di contrattazione politica, smarrendo la propria originaria dimensione funzionale quale struttura preposta all’inveramento dell’eguaglianza sostanziale. Queste diffuse inefficienze, favorite dalla crisi economica, hanno condotto ad una riconsiderazione del ruolo stesso del pubblico rispetto ai diritti sociali. In effetti, non poche delle prestazioni solitamente rese presentano requisiti tali da poter essere attuate da soggetti diversi dall’apparato pubblico: le famiglie, le organizzazioni di volontariato, o altre formazioni sociali che compongono la

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sfera del «privato». Il monopolio pubblico in materia di diritti sociali è stato messo in discussione, pur restando fermo che, come ha spesso affermato la Corte costituzionale, il pubblico non può mai rinunciare del tutto a rivestire un ruolo attivo nella gestione di tali attività24. A sancire la ripresa del privato

in tale ambito ha provveduto la riforma costituzionale del 2001 che, con la modifica all’art. 118, ha consacrato il principio di sussidiarietà orizzontale, legittimando l’azione diretta di soggetti estranei all’apparato pubblico nella erogazione di servizi e prestazioni per l’esercizio effettivo dei diritti sociali. In ciò non si percepisce niente di contraddittorio con la funzione della Repubblica: se l’obiettivo è quello di fornire quei livelli alle condizioni più efficaci e meno onerose possibili, una delega o concessione a fornitori privati è del tutto comprensibile, a condizione che i livelli stessi non siano compromessi.

1.6 Incidenza della crisi sui bilanci

Come accennato in precedenza, i diritti sociali sono condizionati dalla crisi: risentono delle politiche di calo della spesa a carico del bilancio statale che direttamente urtano sulla quantità delle risorse disponibili nei vari ambiti coinvolti (ad esempio sanità o istruzione). La riduzione delle risorse, sotto

24 Cfr., tra le molte, le sentenze n. 103 del 1977 (cure agli infermi) e n.

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forma di tagli alla spesa pubblica, incide non solo sulla prestazione che di volta in volta coincide col bisogno dell’individuo, ma anche sui procedimenti organizzativi diretti all’erogazione delle prestazioni.

Tutte le crisi, sia economiche che non, hanno un principio ed una fine. La crisi economica che ancora oggi tormenta i Paesi dell’Eurozona ha come inizio la dichiarazione di fallimento della società Lehman Brothers. Tale avvenimento, dimostrando la debolezza dei sistemi di pianificazione e controllo del settore bancario e finanziario, ha richiesto l’intervento del soggetto statale per salvare gli istituti creditizi. Da simili operazioni si è evidenziato come i singoli Stati europei non rappresentano dei mondi isolati, ben potendo le situazioni di deficit pubblico estendersi da un soggetto ad un altro. L’Unione Europea ed i singoli Stati si sono mostrati inesperti dinanzi ai vari problemi economici, non riuscendo a dare una risposta unitaria. A tal riguardo, dal 2008, prima gli Stati membri singolarmente, poi il Consiglio europeo, hanno adottato dei piani di rilancio economico che prevedevano sia misure di sostegno alla produzione, sia operazioni di ricapitalizzazione e garanzie sui debiti contratti dagli istituti. Questi interventi mostrarono ben presto i propri effetti sul saldo di bilancio (facendo emergere e incrementare i disavanzi) e, inoltre, sul rapporto tra debito pubblico e PIL. Attraverso tale meccanismo, la crisi dei mercati finanziari si tramutò in

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crisi del debito sovrano, accompagnato dalla sfiducia degli investitori circa la capacità degli Stati, caratterizzati sempre più da alti livelli di debito pubblico e disavanzi crescenti, di pagare i propri debiti. La crisi del debito sovrano in Europa ha avuto il suo culmine nel caso della Grecia, la quale, nel 2009, aveva il rapporto tra deficit e PIL intorno al 12,5%, soglia superiore ai limiti imposti dal Patto di Stabilità e Crescita [che prevedeva un disavanzo statale non superiore al 3% del PIL (rapporto deficit/PIL < 3%)e un debito pubblico al di sotto del 60% del PIL o, comunque, tendente al rientro (rapporto debito/PIL < 60%)]. A fronte del propagarsi della crisi anche in Irlanda, Portogallo e Spagna, le istituzioni europee e gli Stati membri hanno dovuto adottare soluzioni ancora più incisive, che hanno portato nel 2010 alla creazione di un meccanismo di assistenza finanziaria composto da due elementi: il Meccanismo europeo di stabilità finanziaria (MESF)25 ed il

Fondo europeo di stabilità finanziaria (FESF)26. A ciò è

seguito il c.d. Six Pack27 e l’accordo del Consiglio europeo per

25 Istituito con Regolamento n° 407/2010 del Consiglio dell’Unione,

adottato in data 11 maggio 2010 sulla base dell’art. 122 TFUE, dava al Consiglio la possibilità di erogare aiuti finanziari, a carico del bilancio dell’Unione, direttamente in favore degli Stati in difficoltà che fossero impegnati ad attuare adeguate misure di risanamento finanziario e di stabilizzazione.

26 Fondo istituito per salvaguardare la stabilità finanziaria in Europa,

forniva assistenza finanziaria agli Stati membri nell'ambito di un programma macro-economico di aggiustamento.

27 Il nome è dovuto all’adozione di un pacchetto di misure

comprendente cinque regolamenti ed una direttiva europea. Si tratta del: Regolamento n. 1173/2011, riguardante l’effettiva esecuzione della

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stabilire un meccanismo europeo permanente di stabilizzazione finanziaria, istituito con il Trattato sul Meccanismo europeo di stabilità (MES)28 e volto a sostituire,

a partire dal 2013, il MESF ed il FESF. Nonostante tutte queste riforme, la crisi della finanza pubblica in ambito europeo ha richiesto ulteriori strumenti di controllo contro i disavanzi eccessivi: basti pensare all’adozione da parte della Commissione europea del c.d. Two-pack e la sottoscrizione, il 2 Marzo2012, del “Trattato sulla stabilità, coordinamento e governance nell’unione economica e monetaria”, entrato poi in vigore il successivo 1° gennaio 2013. Di grande importanza

sorveglianza di bilancio della zona euro; del Regolamento n. 1174/2011 ,sulle misure esecutive per la correzione degli squilibri macroeconomici eccessivi nella zona euro; del Regolamento n. 1175/2011, per il rafforzamento della sorveglianza delle posizioni di bilancio e della vigilanza e del coordinamento delle politiche economiche; del Regolamento n. 1176/2011, sulla prevenzione e la correzione degli squilibri macroeconomici; del Regolamento n. 1177/2011 per l’accelerazione ed il chiarimento delle modalità di attuazione della procedura per i disavanzi eccessivi; della Direttiva 2011/85/UE del Consiglio relativa ai requisiti per i quadri di bilancio degli Stati membri.

28 Con il MES è venuto a costituirsi un meccanismo di assistenza

finanziaria permanente avente la natura di «istituzione finanziaria permanente» (art 1. Trattato). Gli strumenti a disposizione possono essere vari, ad esempio, ai sensi del Capitolo IV del Trattato, è possibile: concedere il credito in via preventiva, erogare un prestito ai fini della ricapitalizzazione ed intervenire nel mercato primario e secondario dello Stato acquistando titoli di debito sovrano. La concessione dei prestiti si ha solo quando lo Stato beneficiario assume impegni di politica economica per realizzare un risanamento dei conti e, nel caso in cui questi impegni non siano rispettati, verrà cessato il finanziamento. Spetta alla Commissione, insieme alla BCE e al FMI, controllare il rispetto degli impegni assunti.

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appaiono le disposizioni contenute nel Titolo III del Trattato, dedicato al c.d. “Patto di bilancio” (o Fiscal compact). Infatti, in base all’art. 3, i Paesi contraenti si vincolano a mantenere le posizioni di bilancio della pubblica amministrazione «in pareggio o in avanzo», impegno rispettato se il saldo strutturale annuo della pubblica amministrazione è identico all’obiettivo di medio termine specifico per il Paese secondo il Patto di Stabilità e Crescita, con un deficit massimo tollerato dello 0,5% del PIL. Secondo l’art. 3, par. 1, lett. d), tale soglia può estendersi sino al valore dell’1% del PIL, a patto che il rapporto debito pubblico/PIL sia inferiore al 60% e esistano bassi rischi per la sostenibilità a lungo termine delle finanze pubbliche. Deviazioni passeggere sono previste solamente in caso di circostanze eccezionali, definite quali «eventi inconsueti non soggetti al controllo della parte contraente interessata che abbiano rilevanti ripercussioni sulla situazione finanziaria della pubblica amministrazione ovvero periodi di grave recessione economica ai sensi del Patto di stabilità e crescita», purché tale deviazione sia «temporanea» e «non comprometta la sostenibilità del bilancio medio termine»29, in

assenza delle quali gli Stati devono provvedere all’adozione di misure atte a garantire il rientro nei parametri in un termine prefissato.

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Un ruolo primario riveste l’art. 3, par. 2, che assoggetta gli Stati membri a recepire dette regole nel proprio diritto nazionale «al più tardi un anno dopo l’entrata in vigore del presente trattato tramite disposizioni vincolanti e di natura permanente – preferibilmente costituzionale – o il cui rispetto fedele è in altro modo rigorosamente garantito lungo tutto il processo nazionale di bilancio». Per ciò che riguarda il debito pubblico, il Trattato stabilisce, all’art. 4, che gli Stati contraenti debbano attenersi al rispetto del rapporto del 60% del PIL, e qualora questa soglia venga superata, gli Stati si impegnano a ridurre l’eccedenza nella misura di un ventesimo l’anno. In caso di violazione di tale parametro, l’art. 5 prevede che gli Stati dovranno predisporre un programma di partenariato economico e di bilancio con la descrizione delle riforme da attuare per correggere l’eccessivo deficit, da presentare al Consiglio e alla Commissione adibite alla sorveglianza.

1.7 Spesa pubblica: i provvedimenti adottati in Italia L’Italia, nel corso degli anni, ha adottato varie misure per contenere, ridurre e riallocare la spesa pubblica, come ad esempio:

1. leggi che prevedono la cancellazione o l’accorpamento di enti, agenzie e organismi (art. 26L. 133/2008) o dispongono la riduzione degli organici (come la

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diminuzione degli uffici dirigenziali di livello generale in misura non inferiore al 10 per cento nelle amministrazioni statali, agenzie ed enti pubblici non economici: d.l. n. 138/2011 conv. in L. 148/2011). 2. norme che disciplinano misure di razionalizzazione volte a ridurre le spese di funzionamento, come dell’INPS o dell’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato (L.92/2012, art.4co. 77e78). In questa logica dei tagli vi rientra anche la legge di stabilità 2015 (L. 190/2014) che prevede riduzioni delle spese di funzionamento dei ministeri e per l’acquisto di beni e servizi per un importo di 2,3 miliardi di euro nel 2015 e per importi maggiori negli anni successivi.

3. provvedimenti riguardanti il pubblico impiego, in cui la riduzione della spesa è affidata al blocco del turn over, al congelamento per un periodo (prima di tre poi di quattro anni) degli aumenti retributivi o degli stessi effetti economici degli avanzamenti di carriera (art. 9, co. 2 D.L. 78/2010); oppure al taglio delle retribuzioni o al blocco della rivalutazione monetaria delle pensioni di importo superiore al triplo del trattamento minimo INPS30 .

30 Art. 24, co. 25 d.l. n. 201/2011, dichiarato costituzionalmente

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4. l’uso di sanzioni. La legge di stabilità 2013(L. n. 228/2012) assoggetta gli enti locali, inadempienti al patto di stabilità: ad una diminuzione del fondo sperimentale di riequilibrio o del fondo perequativo in misura pari alla differenza tra il risultato registrato e l’obiettivo programmato; al divieto di investire spese correnti in misura superiore alla media dell’ultimo triennio; al divieto di ricorrere all’indebitamento per investimento.

Di fronte ai problemi di costituzionalità sollevati dalle Regioni sulle varie misure adottate, la Corte Costituzionale ha respinto l’eccezione di incostituzionalità menzionando l’ “ormai consolidato orientamento secondo cui il legislatore statale può, con disciplina di principio, legittimamente imporre alle Regioni e agli enti locali, per ragioni di coordinamento finanziario connesse a obiettivi nazionali, condizionati anche dagli obblighi comunitari, vincoli alle politiche di bilancio, anche se questi si traducono, inevitabilmente, in limitazioni indirette all’autonomia di spesa degli enti territoriali”31. L’importante è che le norme statali si

limitino a porre fini di contenimento senza prevedere esaustivamente strumenti e modalità per realizzarlo, in modo da lasciare spazio all’esercizio dell’autonomia regionale.

31 Sentenza n. 236/2013, che richiama le sentenze n. 182/2011e nn.

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1.8 Legge costituzionale 20 Aprile 2012, n. 1

Inoltre, per adeguare il sistema di finanza pubblica alle norme della governance economica europea, si è provveduto con la legge costituzionale del 20 aprile 2012, n 1, che ha introdotto con l’articolo 81 il principio del pareggio (o meglio equilibrio)32di bilancio e ha modificato gli articoli 117 e 119

Cost., fissando regole in materia finanziaria per Regioni e Enti locali. Il tema principale sul quale si sono soffermati gli interpreti è quello della corretta definizione del termine ‘equilibrio’. In merito, gran parte di loro ha ritenuto che il riferimento all’equilibrio di bilancio faccia riferimento ad un sistema più flessibile rispetto a quello che sarebbe derivato dalla previsione costituzionale del pareggio33. In maniera

critica rispetto a tale pensiero vi è la dottrina34la quale ritiene

che, in assenza di ulteriori specificazioni, sia il riferimento al pareggio che quello all’equilibrio rischiano di non avere una diversa valenza sul piano normativo-prescrittivo. C’è inoltre chi ha evidenziato che il richiamo al pareggio invece

32 Uso l’espressione “equilibrio di bilancio”, piuttosto che” pareggio di

bilancio” in quanto, sebbene la L. cost. n. 1/2012 ha come titolo “Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale”, il testo costituzionale ai novellati artt. 81, cc. 1 e 6, 97, c. 1, e 119, c. 1, compie riferimenti esclusivamente all’equilibrio dei bilanci.

33 Lo Conte G., Equilibrio di bilancio, vincoli sovranazionali e riforma

costituzionale, Torino,2016.

34 Brancasi A., Le modalità di finanziamento della spesa pubblica come

limitazione al ridimensionamento dello Stato sociale, in Dir. pubbl., 1996.

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dell’equilibrio avrebbe potuto comportare degli svantaggi, dovuti all’apparente minor rigore della formulazione scelta dal legislatore della riforma: “il riferimento al pareggio, infatti, non avrebbe permesso di mettere a frutto le fasi favorevoli del ciclo economico, imponendo la realizzazione di avanzi a copertura di eventuali disavanzi imprevisti o straordinari prodottisi negli esercizi precedenti”35.

Come si dirà a breve, tale modifica, per contenere la spesa pubblica, vieta il ricorso all’indebitamento, ammissibile solo al verificarsi di fatti eccezionali, previa approvazione delle camere. Inoltre, con la legge rinforzata 24 dicembre 2012, n 243, sono stati estesi i principi della stessa all’intera area delle Pubbliche Amministrazioni, ricomprendendo anche gli enti non territoriali. L’estensione dei limiti finanziari a Regioni ed Enti locali permette a questi di ricorrere all’indebitamento «con la contestuale definizione di piani di ammortamento e a condizione che per il complesso degli enti di ciascuna Regione sia rispettato l’equilibrio di bilancio» (art 119), restando allo Stato il dovere di concorrere a garantire, in attuazione dell’art. 5, comma 1, lett. g), della legge cost. n. 1 del 2012, i livelli essenziali delle prestazioni e dei diritti fondamentali riguardanti i diritti civili e sociali.

35 Mollica Poeta L., L’art.81 Cost. come parametro nei giudizi di

legittimità costituzionale; Dossier n.551 del Servizio Studi della Camera

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1.9 Il novellato art. 81 Cost. L’articolo 8136, c. I, Cost. recita :

«Lo Stato assicura l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico».

Ciò consente une certa flessibilità della regola di bilancio, permettendo l’adozione di politiche anticicliche «in modo che nelle fasi di recessione, nelle quali il gettito delle entrate fiscali si riduce ed aumentano in maniera automatica le spese dovute agli ammortizzatori sociali, l’equilibrio tra entrate e spese sia costruito rendendo le seconde eccedenti rispetto alle prime, mentre nelle fasi di espansione economica, in cui il gettito fiscale aumenta e gli ammortizzatori sociali generano minore spesa, l’equilibrio sia costruito in maniera esattamente opposta»37.

«Il ricorso all’indebitamento è consentito solo al fine di considerare gli effetti del ciclo economico e, previa

36 Il testo dell’art. 81 Cost. nella versione precedente era il seguente:

“Le Camere approvano ogni anno i bilanci e il rendiconto consuntivo presentati dal Governo.

L'esercizio provvisorio del bilancio non può essere concesso se non per legge e per periodi non superiori complessivamente a quattro mesi. Con la legge di approvazione del bilancio non si possono stabilire nuovi tributi e nuove spese.

Ogni altra legge che importi nuove e maggiori spese deve indicare i mezzi per farvi fronte.”

37 Brancasi A., Il principio del pareggio di bilancio in Costituzione, in

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autorizzazione delle Camere adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, al verificarsi di eventieccezionali» : su questo la dottrina si è divisa, in quanto c’è chi ritiene che per ricorrere all’indebitamento devono esistere contestualmente entrambe le situazioni citate38,e chi ritiene

che richiedere contestualmente la presenza dei due elementi limiterebbe molto la possibilità di scostamenti tra entrate e uscite, ragion per cui , per ricorrere all’indebitamento, basti la presenza o di valutazioni sul ciclo economico o di eventi eccezionali39. Peraltro, la definizione degli eventi eccezionali è

rimessa all’adozione di una legge rinforzata, atto normativo successivamente adottato con L. n. 243/2012.L’art. 6 della citata legge stabilisce che per eventi eccezionali, adatti a consentire scostamenti temporanei del saldo strutturale dall’obiettivo programmatico, si intendono due tipi di circostanze: 1) «periodi di grave recessione economica relativi anche all’area dell’euro o all’intera Unione europea»; 2) «eventi straordinari, al di fuori del controllo dello Stato, ivi incluse le gravi crisi finanziarie nonché le gravi calamità naturali, con rilevanti ripercussioni sulla situazione finanziaria generale del Paese». La prima categoria racchiude episodi straordinari di natura economica che implicano una grave

38 De Grazia D., L’introduzione del principio del pareggio di bilancio

in Costituzione (tra vincoli europei e zelo del legislatore), in

Giurisprudenza Costituzionale, 2012.

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depressione degli indici di produttività, di occupazione, del tasso di incremento dei prezzi. La connessione e l’integrazione tra i sistemi economici degli stati membri è tale da reputare che ci sia il necessario coinvolgimento dell’intero sistema europeo 40. La seconda categoria, invece, è più vaga della prima

e riguarda fatti straordinari di natura non obbligatoriamente economica ma che comportano effetti indiretti sulla situazione finanziaria del paese.

Continuando con la lettura dell’art. 81, è stabilito, in merito alle leggi che comportano nuovi o maggiori oneri, che esse devono «provvedere ai mezzi per farvi fronte» (co. 3); si fa inoltre riferimento alle “leggi” in senso generale poiché nel nuovo sistema anche la legge di bilancio può prevedere nuove spese. Il quarto e quinto comma dell’articolo in esame, che si riferiscono rispettivamente all’approvazione del bilancio e del rendiconto e all’esercizio provvisorio, ricalcano i primi due commi della versione originaria. Infine, il sesto comma rinvia ad una legge di contabilità c.d. rinforzata la disciplina delle «norme fondamentali e i criteri volti ad assicurare l’equilibrio tra le entrate e le spese dei bilanci e la sostenibilità del debito del complesso delle pubbliche amministrazioni».

Nell’attuare gli obblighi internazionali, la legge costituzionale n. 1 del 2012 ha riscritto non solo l’art. 81 Cost., riguardante

40 Marazzita G., Emergenza costituzionale e crisi economica, il

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l’equilibrio del bilancio statale, ma anche gli artt. 97 e 119 Cost., stabilendo che «le pubbliche amministrazioni, in coerenza con l’ordinamento dell’Unione europea, assicurano l’equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito pubblico» (art. 97, primo comma, Cost.) e che «i Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa nel rispetto dell’equilibrio dei relativi bilanci e concorrono ad assicurare l’osservanza dei vincoli economici e finanziari dovuti all’ordinamento dell’Unione europea» (art. 119, primo comma, Cost.).

Altra modifica ha interessato l’art. 117, secondo comma, lett. e), Cost., in quanto l’ambito dell’armonizzazione dei bilanci pubblici viene fatto rientrare nella potestà legislativa esclusiva dello Stato.

1.10 Contrasti tra vincoli di bilancio e diritti sociali La stretta finanziaria dovuta al crescente debito pubblico si riflette sui diritti sociali (istruzione, salute, previdenza, etc.). Ci sono casi per i quali la Corte di Giustizia è stata adita per decidere controversie in cui, per rispettare i vincoli di bilancio imposti a livello sovranazionale, uno Stato membro incorreva in violazioni della disciplina inerente i diritti sociali. Un esempio può essere la vicenda del Tribunale portoghese, il quale ha sollecitato l’interpretazione da parte della Corte di

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Lussemburgo di alcune disposizioni della Carta di Nizza sulle quale rinviene il proprio fondamento il riconoscimento dei diritti sociali dei lavoratori. Questo rinvio era finalizzato a evidenziare il contrasto tra le disposizioni della Carta di Nizza, come interpretate dalla Corte di Giustizia, e i canoni adottati dal legislatore portoghese per risanare i conti pubblici, introducendo decurtazioni degli stipendi e dei trattamenti pensionistici, nonché imponendo i c.d. «contributi di solidarietà»41. In questo caso siamo in presenza di un contrasto

indiretto, poiché i vincoli al bilancio derivanti da obblighi internazionali costituiscono fonti esterne al diritto dell’Unione, collegate a questo attraverso clausole di salvaguardia. La Corte di Giustizia ha sentenziato per l’inammissibilità in quanto si sarebbe dovuta trattare di una situazione in cui la Carta di Nizza possa trovare applicazione, e in questo caso tale presupposto era assente 42.

41 In particolare, si trattava delle misure disposte dalla L. n. 66-B/2012

con la quale erano stati ridotti a cinque gli scaglioni irpef, in contrapposizione con il principio di progressività delle imposte, e inoltre erano state introdotte decurtazioni delle pensioni e la sospensione dell’indennità per ferie, dopo che nel triennio precedente a tale normativa era già stata disposta la decurtazione degli stipendi lordi superiori all’importo di 1.500 euro.

42 Per quanto riguarda l’Italia, si può richiamare il rinvio pregiudiziale

sollevato dalla Corte costituzionale con l’ordinanza n. 207/2013 in relazione all’interpretazione della Direttiva n. 1999/79/CE, tesa a fissare principi sul ricorso al contratto a tempo determinato da parte degli Stati membri dell’Unione, a fronte della normativa interna sul precariato scolastico che rinviene le sue basi nell’esigenza di contingentamento della spesa pubblica. Per un esame della fattispecie, si richiama Salazar C., Crisi economica e diritti fondamentali.

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In ambito interno, tra gli ultimi interventi della Corte costituzionale in tema di rapporti tra il principio dell’equilibrio finanziario, consacrato dall’art. 81 Cost. e gli incomprimibili diritti alle prestazioni sociali, tra cui rientra anche il diritto allo studio ed al servizio di trasporto scolastico dei disabili, vi è la sentenza n. 275 del 16 dicembre 2016.

Accogliendo la questione promossa in via incidentale dal T.A.R. per l’Abruzzo43, investito della domanda con cui la

Provincia di Pescara aveva chiesto alla Regione Abruzzo il pagamento del contributo44 in misura pari al 50% delle spese

sostenute per lo svolgimento del servizio di trasporto degli studenti disabili (periodo 2006-2012), la Corte costituzionale ha riaffermato la natura fondamentale del diritto allo studio dei disabili e dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art.6, comma 2-bis, della legge regionale n. 78 del 1978, aggiunto dall’art. 88, comma 4, della legge Regione Abruzzo 26 aprile 2004, n. 1590, nella parte in cui contemplava tale contributo solo «nei limiti della disponibilità finanziaria determinata dalle annuali leggi di bilancio e iscritta sul pertinente capitolo di spesa», facendolo così dipendere da situazioni future ed incerte della gestione contabile regionale. Precisamente, il giudice a quo lamentava che il mancato finanziamento del

43 Ordinanza del T.A.R. per l’Abruzzo, sede di Pescara, n.123 del 19

marzo 2014.

44Contributo previsto dalla legge della Regione Abruzzo 15 dicembre

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50% da parte della Regione delle spese indicate dalla Provincia «avrebbe determinato nel tempo un indebitamento tale da comportare una drastica riduzione dei servizi per gli studenti disabili, compromettendo l’erogazione dell’assistenza specialistica e dei servizi di trasporto». La Regione Abruzzo, pur non contestando la cifra delle spese sostenute dall’amministrazione provinciale, ribatteva che, a causa della norma della legge regionale censurata, l’obbligo di corrispondere il 50% di tali spese avrebbe trovato un limite nelle disponibilità finanziarie di bilancio. Con tale disposizione, la Corte Costituzionale rinviene nella norma censurata la violazione del terzo e quarto comma dell’art. 38 Cost., che tutelano il diritto allo studio delle persone disabili, in quanto «l’indeterminatezza del finanziamento determina un vulnus all’effettività del servizio di assistenza e trasporto, come conformato dal legislatore regionale. […] Tale effettività non può che derivare dalla certezza delle disponibilità finanziarie per il soddisfacimento del medesimo diritto», non potendo condividere quanto affermato dalla Regione, secondo cui ogni diritto, «anche quelli incomprimibili della fattispecie in esame, debbono essere sempre e comunque assoggettati ad un vaglio di sostenibilità nel quadro complessivo delle risorse disponibili». La Corte, nel bilanciamento tra il principio dell’equilibrio finanziario e la tutela costituzionale dei diritti incomprimibili, privilegia questi ultimi, stabilendo che «il

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rilievo costituzionale del diritto in oggetto costituisce un limite invalicabile all’intervento discrezionale del legislatore, così che il nucleo di garanzie minime per renderlo effettivo dovrebbe essere assicurato al di là di ogni esigenza di bilancio». Sebbene il legislatore goda di discrezionalità nell’individuare le misure per la tutela dei diritti delle persone disabili, tale potere discrezionale non è illimitato, ma «trova un limite invalicabile nella necessità di coerenza intrinseca della stessa legge regionale contenente la disposizione impugnata, con la quale viene specificato il nucleo indefettibile di garanzie per gli interessati». Ed è proprio il livello essenziale delle prestazioni dovute che, se da una parte risulta salvaguardato dalla legge regionale, stanziando risorse nel bilancio per tale diritto, dall’altra parte, risulta in concreto «vanificato dalla prescrizione contraddittoria che subordina il finanziamento (da parte regionale) degli interventi alle politiche ed alle gestioni ordinarie del bilancio dell’ente». Né può avvalorarsi la tesi, secondo cui, ove la disposizione censurata «non contenesse il limite delle somme iscritte in bilancio, la norma violerebbe l’art. 81 Cost. per carenza di copertura finanziaria». Continua la Corte che «una volta normativamente identificato, il nucleo invalicabile di garanzie minime per rendere effettivo il diritto allo studio e all’educazione degli alunni disabili non può essere finanziariamente condizionato in termini assoluti e generali», risultando «di tutta evidenza che la pretesa

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violazione dell’art. 81 Cost. è frutto di una visione non corretta del concetto di equilibrio del bilancio, sia con riguardo alla Regione che alla Provincia co-finanziatrice», in quanto devono essere i diritti sociali di prestazione a prevalere sulle esigenze di bilancio e non viceversa. Questo tralasciando nel caso in esame la «genericità della posta finanziaria del bilancio di previsione, nella quale convivono in modo indifferenziato diverse tipologie di oneri», in modo da lasciare la garanzia dei diritti fondamentali «al mero arbitrio del compilatore del bilancio e delle autorizzazioni in corso d’anno».

Dalla motivazione della decisione si evince il riconoscimento di un livello minimo ed essenziale del diritto a prestazioni riconducibili ai diritti sociali, insensibile ai bisogni di bilancio e non finanziariamente condizionato, con l’affermazione, quanto all’art. 81 Cost., che «è la garanzia dei diritti incomprimibili ad incidere sul bilancio, e non l’equilibrio di questo a condizionarne la doverosa erogazione». La tutela del diritto di trasporto scolastico per i disabili rappresenta infatti uno strumento necessario per il godimento di un diritto fondamentale essenziale e deve essere pertanto perseguito ad ogni costo dal legislatore, con il risultato che sono le scelte in

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materia economica a dover essere strutturate e condizionate alla sua effettiva realizzazione45.

Se quanto stabilito dalla Corte lo si interpreta come la scelta di un ordine di precedenza in favore dei diritti sociali, lo scaturente primato non può che imporsi anche agli organi dell’amministrazione ed al legislatore, che devono tenerne conto. Così facendo, la Corte tende a divenire essa stessa «un attore che produce norme di diritto per via interpretativa, norme che vincolano i membri della comunità politica, cittadini ed organi dello Stato, altrettanto quanto le leggi, e che si impongono in linea di principio allo stesso organo legislativo»46.

45 Il rapporto tra il principio dell’equilibrio del bilancio e la tutela dei

diritti sociali secondo la sentenza della Corte Costituzionale 275 del 2016, in www.osservatoriosullefonti.it

46 Lieto S., Pasquino P., Metamorfosi della giustizia costituzionale in

Italia, in Quaderni costituzionali, fascicolo 2 ,giugno 2015, il

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CAPITOLO SECONDO

LA TUTELA DELLA SALUTE

Sommario: 1. Il concetto di salute. – 2. Il diritto alla salute nella Costituzione italiana. – 3. Nascita del Servizio Sanitario Nazionale. – 4. Evoluzione del SSN. – 5. Organi e istituti del SSN. – 6. Le competenze, in materia sanitaria, Stato-Regioni... – 6.1. …e dei Comuni. – 7. I LEA – 8. Le novità introdotte dal DPCM 12 gennaio 2017. – 9. Erogazione dei LEA.

2.1 Il concetto di salute

In linea generale, i diritti sociali sono quei diritti che garantiscono ai cittadini quelle prestazioni pubbliche importanti per conseguire i livelli minimi di esistenza civile. Tra questi spicca il diritto alla salute, sancito dall’art.32 della Carta Costituzionale.

Il concetto di salute ha risentito dei vari cambiamenti della società, dell’ambiente circostante, e, in particolare, dello sviluppo delle tecniche mediche. Tradizionalmente per salute si intende lo stato di non-malattia, quindi l’assenza di malessere, di menomazioni o di processi patologici.

Secondo l’interpretazione previdenziale, la malattia è qualsiasi alterazione dello stato di salute, di durata superiore a tre giorni

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che richieda l’assistenza medica o chirurgica o la somministrazione di mezzi terapeutici 47.

La nozione di salute deve però essere intesa non solo nella sua accezione negativa (come assenza di malattia), ma anche nel senso positivo di benessere biologico e psichico della persona da preservare e da sostenere.

Il presupposto da cui partire è quello per cui ognuno ha il diritto a raggiungere la migliore condizione di salute che sia possibile 48. Da qui il valore della salute risulterà idoneo a

ricomprendere una varietà di condizioni, perfino affettive, relazionali, sociali, che sono importanti in funzione della qualità della vita, e di conseguenza la sua tutela giuridica si traduce, ad esempio, nel diritto all'assistenza sanitaria, nel diritto alla salubrità e sicurezza dell’ambiente.

In questo senso, l’art. 1 dello Statuto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (1948) definisce la salute come uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non soltanto una mera assenza di malattia o infermità, per conseguire il quale l’individuo deve essere in grado di identificare e realizzare le proprie aspirazioni, soddisfare i propri bisogni, modificare o adattarsi all’ambiente. Uno dei

47 Cinelli M., Diritto della previdenza sociale: Dodicesima edizione

interamente rivista e aggiornata, Giappichelli editore, 2015.

48Bobbio G., Morino M. (a cura di), Lineamenti di Diritto Sanitario,

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momenti importanti nell’evoluzione del concetto di salute è rappresentato dalla Carta di Ottawa49, perché sottolinea come

la promozione della salute è un processo sociale e politico che comprende non solo i comportamenti idonei a rafforzare e sviluppare le capacità degli individui di affrontare la vita, ma anche i comportamenti diretti a mutare le condizioni ambientali, sociali ed economiche, tale che risultino favorevoli al miglioramento della salute pubblica e individuale. Il diritto alla salute mira a garantire non solo l'essere, ovvero l'esistenza del soggetto, ma anche il “benessere”: l’uomo, insomma, è molto di più dell’insieme dei suoi organi fisici e del suo sistema nervoso, è persona proprio perché l’aspetto biologico si fonde con quello psicologico e sociale.

2.2 Il diritto alla salute nella Costituzione italiana L’articolo 32 della Costituzione dispone che:

“La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure

gratuite agli indigenti.

Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può

49 Documento redatto nel 1986 durante la prima “Conferenza

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 è
 un
 bene
 Sociale
 meritevole
 di
 tutela,
 perciò
 necessita
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 dello


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