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Le origini dell'anomalia pavese: la prima attestazione

Capitolo III. L'eredità della capitale longobarda alla Chiesa

1 Le origini dell'anomalia pavese: la prima attestazione

Come si è detto in apertura, il passo del Liber Pontificalis costituisce la prima attestazione di una anomalia giurisdizionale della quale l'alter-

catio dell'arcivescovo di Milano e la risposta pontificia non sono che l'e-

sito dal quale si dovrà per forza di cose partire per andare a ritroso tra le pochissime notizie e la totale assenza di testimonianze documentarie.

101 Si veda ad esempio la querelle tra la sede pavese e quella ambrosiana dell'età del cardinal Carlo Borromeo in merito all'esenzione pavese: cfr. LEZOWSKI M.,

Conflitti di precedenza, uso degli archivi e storiografia locale alla fine del Cinquecento (Pavia, 1592) in «Quaderni storici», CXXXIII (2010), p. 7-39.

Chi erano dunque i protagonisti della contesa?

A tutta prima questi parrebbero due, l'arcivescovo di Milano Benedet- to (685-732)102 e il papa Costantino I (708-715)103. In realtà essi sono tre:

manca infatti all'appello il vescovo pavese la cui mancata consacrazione 'milanese' spinse Benedetto a protestare presso il soglio pontificio. Non sappiamo quali fossero le ragioni che abbiano indotto l'autore delle pagi- ne incentrate su Costantino I ad omettere l'identità del vescovo di Pavia indirettamente chiamato in causa. Certo è che questa, tra le molte lacune delle fonti, è quella più facilmente sanabile attraverso l'uso incrociato dei dati cronologici riferibili al pontificato di Costantino, all'episcopato di Benedetto e, in ultimo, del catalogo vescovile pavese104. Da quest'ultimo

sappiamo che nella seconda metà del VII secolo furono vescovi pavesi Anastasio (noto grazie ad un passo di Paolo Diacono da cui apprendiamo che prima di convertirsi al Cattolicesimo aveva ricoperto la dignità di ve- scovo ariano di Pavia105) e Damiano106 i quali secondo il testimone tra-

102 Cfr. BERTOLINI P., Benedetto, santo in DBI, VIII (1966).

103 Cfr. MILLER D., Costantino I, papa in DBI, XXX (1984).

104 Su questo tema, il punto di partenza in SAVIO F., Gli antichi vescovi d'Italia. La

Lombardia, II/2, Cremona, Lodi, Mantova, Pavia, Bergamo 1932, pp. 317-345 e,

più di recente, LANZANI V., Dalle origini, pp. 20-26. Al duplice catalogo proposto

da Savio alle pp. 338-340 andrà aggiunta la Cronica episcoporum papiensium datata all'inizio del XIV secolo ed inserita nel codice Dal Verme parzialmente edito in MAJOCCHI P., Pavia città regia, pp. 233-307. Per la Cronica pp. 240-245.

105 Cfr. PAOLI DIACONI, Historia, IV, 42 e CORVINO F., Anastasio, santo in DBI, III

(1961).

mandatoci dal 'Registro Beretta', avrebbero pontificato rispettivamente per ventitré e trent'anni107.

Stando al passo su citato del Diacono che pone la conversione durante il regno di Rotari, o poco dopo la sua fine (652), e tenendo presente che ab- biamo attestazioni di Anastasio ancora vivente e partecipante tanto al si- nodo milanese del 679 quanto al sinodo romano del marzo del 680, en- trambi 'preparatori' rispetto al concilio ecumenico costantinopolitano (680-681), pare che il dato inerente i ventitré anni possa accogliersi e quindi sarebbe coerente con la cronologia che la storiografia propone (658ca-680)108. Al greco Damiano, che gli successe e fu autore della let-

tera prodotta dalla sinodo milanese, i tre testimoni attribuiscono concor- demente, come detto, trent'anni, il che quindi porterebbe il suo episcopa- to ad estendersi dal 680 al 710. Va peraltro tenuto presente come questi sia attestato almeno fino al 698, anno nel quale si tenne la sinodo di Pa- via i cui atti furono da lui redatti109. L'anno 710, corrispondente alla mor-

107 Per completezza ad Anastasio il primo dei tre testimoni recanti il catalogo pavese, il 'Registro Beretta', gli attribuisce 23 anni, il secondo (il ms. milanese del Flos

Florum) solamente 12 mentre il terzo - la cronica - lo omette del tutto.

108 I riferimenti in Sacrorum conciliorum nova, et amplissima collectio, (A CURADI

MANSI G. D.), XI, Firenze, 1765. Per la sinodo di Mansueto del 679 cfr. cc. 173-

174. Per la sottoscrizione degli atti del sinodo romano del 680 da parte di Anastasio inserita tra quelle dei suffraganei di Mansueto si veda Ivi, cc. 305-306. Si noti che le sottoscrizioni del sinodo romano tenutosi nel marzo del 680 sono inserite nella actio IV del concilio ecumenico del 680-681. Le sottoscrizioni nella loro interezza sono alle cc. 297-316. Per Anastasio si veda supra nota n. 105. 109 Per la lettera composta a seguito della sinodo milanese vedi Ivi, pp. 203-208. Per

te di Damiano, permette peraltro, sin da ora, di ritornare forse sulla data del 711 che tradizionalmente gli studiosi hanno voluto associare alla que- rimonia di Benedetto. Damiano, stando a Giuseppe Robolini, sarebbe mancato il 12 di aprile, giorno nel quale è commemorata la sua memoria nel calendario pavese. La validità di quest'ipotesi viene peraltro confer- mata da un altro dettaglio che ci permette di segnalare come la data del 711 per la contesa tra Benedetto e la Chiesa pavese sia forse da rivedere; come infatti sappiamo dal Liber Pontificalis, papa Costantino I fu lonta- no dall'Italia - precisamente a Costantinopoli presso Giustiniano II - dal 5 ottobre del 710 sino al 24 ottobre del 711110. Ora appare evidente come la

consacrazione pontificia, venendo a mancare Damiano nel maggio del 710, si dovesse avere, per forza di cose, entro ottobre del 710 quando il pontefice partì per l'Oriente. Se infatti volessimo accogliere la data del 711, questa ci porterebbe a pensare che il nuovo vescovo pavese riceves- se la consacrazione solo tra l'ottobre e il dicembre dello stesso anno (e che, peraltro, nello stesso periodo o poco dopo, Benedetto si recasse a Roma) con una vacanza episcopale di oltre un anno durante il quale il metropolita di Milano avrebbe potuto giustamente far valere il proprio diritto e la sede pavese non aver alcuna verosimile possibilità di ricevere

ticinensi, p. 191: «Sedenti pape ante ora omnium scedula datur continens

praeterita, quae acta erant praedicto de scismate; quam vir excellens Dammianus pontifex pio direxit dictata effamine»

110 Cfr. ROBOLINI G., Notizie appartenenti alla storia della sua patria, I, Pavia 1823,

la consacrazione episcopale da Roma, per via dell'assenza papale. La cat- tedra di Milano come pare intuirsi dal Liber non ebbe invece possibilità di poter intervenire in maniera preventiva e pertanto la protesta di Bene- detto andrà interpretata come fatta a posteriori dell'avvenuta consacrazio- ne. E quindi, d'ora innanzi, sulla scorta di queste considerazioni, assume- remo che il fatto narrato dal Liber sia accaduto nel 710 e non nel 711. Alla luce di queste stesse considerazioni appare evidente come Benedetto di Milano abbia logicamente mosso le proprie obiezioni sulla scia di una 'nuova' elezione pavese a cui dovette seguire, in contrasto con la norma, la consacrazione romana. Tutti gli indizi pertanto ci portano al successo- re di Damiano, il vescovo Armentario, l'unico vescovo a cui il catalogo attribuisca un episcopato compatibile con quelli di Benedetto di Milano e papa Costantino I.

Resta da chiedersi come mai solo sotto questo vescovo, la sede mila- nese si sia lamentata di quella che era, in effetti, una vera e propria dero- ga al vincolo metropolitico che tradizionalmente legava Pavia a Milano.

Se guardiamo infatti ai secoli precedenti, troviamo tutta una serie di testimonianze che, in modo tra loro concorde, attestano la soggezione pa- vese nei confronti della cattedra milanese. Nella vita di Ambrogio si ram- menta che questi, poco prima di morire, si recò a Pavia per consacrarne il vescovo mentre Ennodio, narrando dell'elezione di Epifanio, racconta come questi venne portato a Milano perché vi ricevesse la consacrazione

episcopale111. Essendo queste testimonianze assolutamente degne di fede

possiamo certamente affermare che sino a tutto il V secolo il vescovo di Pavia soggiacesse ancora alla supremazia ambrosiana.

Queste poche riflessioni che si sono ora presentate sono molto proba- bilmente le medesime a cui giunsero i diversi studiosi che ebbero occa- sione di trattare questo tema in tempi precedenti al nostro. Restava, allora come adesso, la quasi totale impossibilità a determinare i modi e i tempi che avevano condotto la sede pavese ad ottenere un privilegio così insoli- to e gravido di conseguenze.

Tra tutti gli studiosi che nel corso del tempo hanno avuto modo di trat- tare di questo argomento emerge chiaramente l'opera di Gian Piero Bo- gnetti. Il suo 'Le origini della consacrazione del vescovo di Pavia', ben- ché superato e frutto di una volontà di ricondurre, al di là della scarsa aderenza alle fonti, la consacrazione pavese al tema delle missioni papali in terra longobarda, rimane comunque fondamentale punto di partenza per chi volesse occuparsi di questo argomento. In esso sono infatti ricor-

111 Per il riferimento alla consacrazione pavese operata da S. Ambrogio cfr. PAOLINO DI MILANO, Vita di S. Ambrogio, pp. 116-117: «Sed post dies hos, ordinato

sacerdote ecclesiae Ticinensi [...]»; per quello circa la consacrazione di Epifanio: MAGNI FELICIS ENNODI, Vita beatissimi viri Epifani, cap. 41 p. 89: «Nunc quid

pluribus utar, qui omnia explicare non valeo? Finitimarum civitatum iunguntur studia et adtrahitur tanta collectio, ac si initiandus esset totius orbis episcopus. Ducitur Mediolanum adhuc reluctans et magna si dimitteretur munera promittens, qui ut fieret, noluit spondere vel minima. Consecratur cum omni celebritate cunctorum».

date ed analizzate tutte le ipotesi che l'erudizione e la storiografia a lui precedenti avevano prodotto inerenti l'origine della consacrazione che il Bognetti, con acribia e precisione, confutò proponendo come verosimile causa della Sonderstellung di Pavia la funzione missionaria attribuita al vescovo Damiano112.

Non è certamente utile riproporre in questa sede in toto la trattazione bognettiana; basterà ripercorrerne il percorso analitico condotto tra le va- rie ipotesi che sino a quel momento si erano avanzate per giustificare la consacrazione romana del vescovo di Pavia e, alla fine di questa breve rassegna, verificare se sulla base di questo ed altri studi a lui posteriori, sia possibile proporre una nuova chiave interpretativa.