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Tra missioni, apostoli e sovrani Gli storici di fronte alla nascita del

Capitolo III. L'eredità della capitale longobarda alla Chiesa

2 Tra missioni, apostoli e sovrani Gli storici di fronte alla nascita del

privilegio pavese

Come abbiamo già evidenziato, la prima e più antica attestazione della particolare condizione del vescovo pavese è costituita dal passo del Liber

Pontificalis che liquidando in maniera così lapidaria l'affaire pavese, do-

112 Cfr. supra pp. 47-51. Si noti però come Bognetti si domandasse, lasciando però la questione insoluta, se invece la prima consacrazione romana non potesse aver coinciso con la riconsacrazione cattolica del vescovo Anastasio, ex presule ariano di Pavia, successivamente convertitosi al Cattolicesimo: cfr. BOGNETTI, Le origini,

vette da subito suscitare le più svariate ipotesi circa le motivazioni (su tutte il riferimento ai 'prisca tempora') che avevano spinto il pontefice a pronunciarsi a favore della sede di Pavia. Le conseguenze della poca chiarezza del compilatore della vita di papa Costantino furono diverse.

Da un lato infatti l'enigmaticità del brano appassionò gli studiosi delle successive epoche, spingendoli a proporre ciascuno la propria ricostru- zione dei processi che avevano condotto alla prima consacrazione roma- na del vescovo pavese, avendo cura di collocare gli eventuali presupposti da loro individuati ad un'altezza cronologica che fosse abbastanza remota rispetto al 710 rendendo così le loro ricostruzioni compatibili con la no- zione di 'prisca tempora'.

D'altro canto però il non aver esplicitato le ragioni del pronunciamen- to papale offriva l'occasione tanto all'ambiente pavese quanto a quello milanese di produrre testi che fossero funzionali al rafforzamento delle rispettive rivendicazioni al di là di qualsivoglia verosimiglianza storica. In tale contesto si giustifica quindi la produzione della Vita Syri - la cui stesura è stata collocata dalla storiografia, non senza qualche dubbio, tra la fine dell'VIII e l'inizio del IX secolo - nella quale la vita del proto-ve- scovo pavese risultava, in maniera totalmente anacronistica, posta in età subapostolica, facendo divenire Siro, discepolo di S. Ermagora di Aqui- leia, a sua volta discepolo dell'evangelista Marco a sua volta discepolo

dell'apostolo Pietro suggerendo quindi che l'esenzione pavese dovesse ri- montare ad una filiazione apostolica del tutto indipendente da Milano113.

Allo stesso modo andrà interpretata la nota allocuzione che Landolfo Seniore (attivo tra XI e XII secolo) o inventandola di sana pianta o acco- gliendola da una falsa tradizione, fa pronunciare all'arcivescovo Benedet- to di Milano in una ipotetica sinodo del papa Costantino, durante la quale il vescovo avrebbe fatto riferimento ad atti dell'apostolo Barnaba e del suo successore Anatalone che determinavano chiaramente la primazia provinciale ambrosiana e la soggezione pavese. Questo ovviamente per poter retrodatare ancor di più i propri diritti e porli in un rapporto di ante- riorità rispetto ai prisca tempora a partire dai quali il loro suffraganeo avrebbe conseguito le prime consacrazioni pontificie114.

Come emerge dal lavoro di Bognetti, le tesi proposte dagli studiosi che si occuparono del tema furono molte e tra loro disparate115. Non è

113 Cfr. ORSELLI, La città altomedievale, p. 5 nota 5. Utile ricordare come il culto di

S. Siro risulti attestato per la prima volta da un testo non pavese - il Martirologio di Floro di Lione - la cui stesura, probabilmente basata, nei passi inerenti il patrono pavese, sulla Vita stessa, sarebbe posteriore ai primi tre decenni del secolo IX. Cfr., Ivi, pp. 12-14 (attestazioni del culto di S. Siro).

114 Cfr. BOGNETTI, Le origini, p. 92. Cfr. LANDULFI, Historia Mediolanensis, (ACURA DI BETHMANN L. C., WATTENBACH W.) in MGH, SS., VIII, Hannover 1848, pp. 2-

100. Per la querimonia di Benedetto vedi pp. 51-52. Su Landolfo seniore e il passo in questione, legato al culto di Barnaba, si veda inoltre TOMEA P.,

Tradizione apostolica e coscienza cittadina a Milano nel medioevo. La leggenda di san Barnaba, Milano 1993, pp. 44-54.

115 Il gruppo composto da chi volle cimentarsi col tema è variegato e annovera nomi illustri: tra essi spiccano Ludovico Antonio Muratori che ritenne la replica pontificia tramandata dal Liber non rispecchiasse le reali motivazioni addotte dal

certamente il caso di riproporre qui la serrata analisi cui tutte le preesi- stenti teorie furono sottoposte dal Bognetti, basterà rammentare come nessuna di esse risultò accettabile tanto che esse vennero una ad una con- futate116. Né sfuggirono al rigore della critica bognettiana la proposta

avanzata nel Settecento dall'Oltrocchi che collegava la consacrazione ro- mana a favore di Pavia all'adesione tricapitolina della sede pavese117

quella che faceva risalire la particolare condizione della Chiesa pavese alla circostanza d'essere cattedra della città capitale del regno: forse per- ché in passato vi aveva aderito lo stesso Bognetti, quest'ultima ipotesi venne respinta attraverso una precisa ed articolata confutazione di tutti i possibili appigli (eventuale volontà sovrana di nobilitare la capitale, pos- sibile convocazione di sinodi e diete nazionali et cetera) che ne avrebbe- ro potuto giustificarne l'accoglimento118.

papa per pronunciarsi in favore di Pavia (vedi l'appendice De antiquo iure

Metropolitae mediolanensis in Episcopum Ticinensem i n MURATORI L. A.,

Anecdota Latina, I, Milano 1697, pp. 221-247) e il curatore dell'edizione del Liber Pontificalis Louis Duchesne che volle connettere la consacrazione non

soltanto allo status di capitale ma anche alla restituzione a favore del papato del patrimonio delle Alpi Cozie operata da Ariperto II (701-712), descrivendo quindi il privilegio pavese come una sorta di ricambio al favore ottenuto in un contesto di complessivo miglioramento delle relazioni tra papato e regno longobardo: cfr.

Liber Pontificalis, I, p. 395 nota n. 27. Quest'ultima ipotesi è stata recentemente

rivalutata da Stefano Gasparri: cfr. ID., Roma e i Longobardi, p. 232 (posizione

ribadita, a distanza di anni, anche in GASPARRI, Italia longobarda, pp. 83-84).

116 Cfr. BOGNETTI, Le origini, pp. 92-95.

117 Per la confutazione di questa tesi BOGNETTI, Le origini, pp. 130-132.

118 Per la dichiarazione circa la passata adesione di Bognetti a questa teoria vedi BOGNETTI, Le origini, p. 100. Per l'analisi di quest'ipotesi cfr. Ivi, pp. 101-130.

Sulla base di queste conclusioni e della convinzione che entro la metà del IX secolo la sottrazione di Pavia dal novero dei suffraganei milanesi fosse compiuta119, Bognetti propose dunque una «nuova» ipotesi, ovvero-

sia la ben nota tesi secondo la quale le cause della consacrazione romana del presule pavese andrebbero ricercate nell'attribuzione papale di com- piti missionari finalizzati alla conversione degli ariani al vescovo di Pa- via Damiano120.

Come però si è precedentemente ricordato questa tesi, a fronte della sua indubbia originalità e dell'intelligenza che la permeava, non è più oggi ritenuta accettabile dagli studiosi in primo luogo a causa del netto ridimensionamento del ruolo attribuito all'arianesimo all'interno della so- cietà longobarda. Già Giovanni Tabacco nel 1970, in un articolo tanto breve quanto fondamentale per il presente tema, ebbe modo di mettere a

119 Cfr. BOGNETTI, Le origini, pp. 96-97. La principale testimonianza che condusse

Bognetti a ritenere già operante l'esenzione pavese fu rinvenuta nel manoscritto metropolitano contenente il testo del Beroldo che riproduceva l'iscrizione originariamente presente in un affresco absidale di S. Ambrogio in Milano. Qui, sotto a diciotto vescovi ed altrettante cattedre poste ai lati della cattedra arcivescovile si sarebbero letti i nomi delle sedi suffraganee fra le quali mancavano Como (separatasi al tempo dello scisma dei Tre Capitoli), Piacenza (dal V secolo posta sotto Ravenna) e Pavia. Queste assenze unite alla presenza di Coira ed Aosta portava quindi lo studioso a collocare il momento storico al quale l'iscrizione si riferiva alla metà del IX secolo ed inoltre, visto che il Beroldo era vissuto nel XII secolo, a verificare come perlomeno tra questi due estremi cronologici l'esenzione pavese dovesse considerarsi operante. L'opera del Beroldo è data al XII secolo mentre il manoscritto in questione sarebbe di un secolo più tardo. Per il Beroldo si veda SCALIA G., Beroldo in DBI, IX (1967).

nudo tutti i limiti che la ricostruzione del Bognetti presentava e che muo- vevano dalla concezione storica che lo stesso Bognetti si era formato del- l'età longobarda. Egli - osservava Tabacco - tendeva infatti a ricercare costantemente tutta una serie di grandi disegni e progetti che i protagoni- sti dell'età longobarda avrebbero delineato e pervicacemente perseguito, tanto in ambito politico quanto in quello religioso121.

Che tale genere di approccio fosse limitante, il Tabacco lo poneva in luce ricordando come Gian Piero Bognetti, che di norma era particolar- mente recettivo verso spunti e stimoli che provenissero da fonti anche molto eterogenee tra loro, talvolta ne scartasse alcuni potenzialmente fe- condi - se sviluppati a dovere - semplicemente perché in deroga ai quadri storiografici che aveva adottato. Esemplare il caso riguardante un passo del Manipulus Florum di Galvano Fiamma che sembrava offrire una pos- sibile pista circa l'origine della prassi 'romana' a favore di Pavia lascian- do intuire come il vescovo pavese, sfruttando la cattività genovese del proprio metropolita, avesse posto in essere l'uso di ottenere la consacra- zione non dall'arcivescovo milanese bensì dal pontefice122. Bognetti non

121 Per i rilievi di Giovanni Tabacco riguardo la funzione missionaria del vescovo pavese quale origine della consacrazione vedi ID., Espedienti politici, pp. 509-

514.

122 Cosi il passo (edito dal Muratori): «Epistolam ad Papam scripsit [scil. Benedetto di Milano], quod de consecratione Episcopi Papiensis sui Suffraganei se non intromitteret. Tamen Archiepiscopus Mediolanensis succubuit, eo quod plures Episcopi Papienses non inveniebant Archiepiscopum Mediolanensem in sua sede existere, sed in Januensi Civitate propter metum Longobardorum residere, et ideo ad papam quasi furtive convolabant». Cfr. MURATORI, Anecdota Latina, I, p. 247.

credette che le parole di Fiamma potessero essere più che un'ingenua for- mulazione limitando il suo commento, non a caso, ad una mera nota123.

Un altro studioso che nel medesimo periodo s'interessava di questa tema- tica, il tedesco Erwin Hoff, mostrò però nel suo studio, come vedremo, una diversa valutazione del Manipulus proponendo cautamente d'inter- pretare la consacrazione romana del vescovo pavese non come esito di un disegno o di una 'volontà' - per dirla col Bognetti - politica o religiosa già definitasi in epoca anteriore bensì come frutto di una serie di circo- stanze legate alla discesa dei Longobardi in Italia e solo successivamente affermatasi per la crescente e spontanea ambizione pavese124. Come avrò

modo di dimostrare (e come rimarcò anche Giovanni Tabacco), Bognetti

Si noti come la lezione del passo di Galvano Fiamma presente in RIS, XI, Milano 1727, col. 595 (parimenti a cura del Muratori) sia leggermente differente ma non ne muti il significato: «Hic ad Papam Romanum scripsit, quod de consecratione Episcopi Papiensis Suffraganei sui se non intromitteret, alias tam dantis, quam recipientis immerita habebitur consecratio. Tamen Archiepiscopus Mediolanensis succubuit, eo quod plures Episcopi Papienses non inveniebant Archiepiscopum Mediolanensem in sua sede existere, sed in Januensi Civitate propter metum Longobardorum residere, ad quam furtive convolabant».

123 Cfr. BOGNETTI, Le origini, p. 132 nota n. 175.

124 Cosi Hoff: «So spricht alles dafür, dass der Ausgangspunkt für die spätere exemte Stellung des Bistum Pavia in der von Wirren erfüllen Zeit nach dem Langobardeneinfäll zu suchen ist - eine wahrscheinlich unbeabsichtigte Auswirkung politischer zustände- während die sehr beabsichtigte Weiterentwicklung der erlangten Sonderrechts der Bischöfe von Ticinum, sich Papst selbst weihen zu lassen, zur vollen Exemption in ersten Linie auch wieder nur politischen Umständen zu verdanken sein wird, wie noch zu zeigen bleibt». Cfr. HOFF E., Pavia und seine Bischöfe in Mittelalter, Pavia 1943, pp. 63-64; per

il riferimento al Manipulus cfr. Ivi., p. 69 nota n.1. Sul tema vedi TABACCO,

non riuscì a cogliere tutte le potenzialità insite tanto nel passo del Liber che nella narrazione del Fiamma125.

Chiude il nostro breve excursus storiografico monsignor Vittorio Lan- zani che nel suo contributo confluito nel secondo volume della Storia di

Pavia aveva modo di proporre a sua volta una propria ipotesi circa la ge-

nesi del privilegio ecclesiastico pavese126.

Presupposto della proposta del prelato pavese sono i lavori di Bognetti ed Hoff dai quali però Lanzani prende le distanze, facendo proprie le ri- cordate riflessioni del Tabacco sul lavoro di Bognetti mentre dell'Hoff accoglie l'impostazione di base del problema rifiutandone però il giudizio sul valore del brano del Manipulus127. L'ipotesi di Monsignor Lanzani

prevede che l'origine della consacrazione romana del vescovo di Pavia vada fatta risalire ad un periodo non anteriore al regno di Ariperto I ad- ducendo come prova l'assenza dei suffraganei milanesi (tolta Tortona) tra le sottoscrizioni del Concilio Lateranense del 649128 il che, a suo parere,

indicherebbe il permanere della separazione tra Milano e i provinciali originatasi sul finire del VI secolo.

125 Ibid.

126 Cfr. LANZANI V., La Chiesa pavese nell'alto medioevo: da Ennodio alla caduta

del regno longobardo i n Storia di Pavia, II, Pavia 1987, pp. 407- 486 (per la

consacrazione pp. 448-460). 127 Ivi, pp. 448-454.

128 Cfr. Sacrorum conciliorum nova, et amplissima collectio, (A CURA DI MANSI G.

Il Lanzani propone pertanto quale prima possibile consacrazione ro- mana quella che, a suo dire, avrebbe visto protagonista il vescovo Ana- stasio nel momento in cui, da vescovo ariano, abbracciando la fede catto- lica, ebbe modo di continuare la sua esperienza pastorale sotto rinnovate vesti religiose. In tale vicenda, sempre secondo il prelato, avrebbero dun- que rivestito un ruolo decisivo le convergenti volontà dei pontefici roma- ni e dei sovrani longobardi di porre fine all'eresia ariana da cui scaturì la speciale condizione della Chiesa di Pavia che però, ai suoi inizi, non do- vette corrispondere immediatamente ad un'esenzione ma solo ad un parti- colare privilegio o protezione per la sede pavese; tale nuova prassi avreb- be poi trovato successiva conferma con una seconda consacrazione 'ro- mana' ossia quella di Damiano, successore di Anastasio129.

La storiografia al vaglio della critica attuale

Cosa resta dunque delle diverse ipotesi che abbiamo appena enumera- to e presentato? Anzitutto la sensazione che, stante l'attuale disponibilità documentaria, questa fase della storia della Chiesa di Pavia sia destinata rimanere per ampi tratti avvolta in una densa nebbia. Fatta questa dove- rosa premessa, a mio parere, le ipotesi precedentemente ricostruite appa- iano tutte rigettabili, seppur in misura diversa.

129 LANZANI, La Chiesa pavese, pp. 457-459. Ometto di soffermarmi ad analizzare la

ricostruzione del Lanzani riguardo la consacrazione romana di Damiano. Per questi aspetti si rimanda perciò al testo. Vedi Ivi, pp. 438-439.

Tralascio di concentrarmi sulla proposta del Bognetti, tesi che già nel- le precedenti pagine abbiamo mostrato chiaramente essere oggi non più accettabile, avendo la moderna storiografia evidenziato tutti i limiti che essa denuncia e che derivano dal fatto che Bognetti, nell'elaborarla, partì dal presupposto che il regno longobardo fosse un'entità politica percorsa da forti scontri originati da differenze confessionali.

Per quanto concerne la tesi di monsignor Lanzani credo che essa tradi- sca, al netto delle interessanti intuizioni che la percorrono, una concezio- ne storiografica circa l'età longobarda che, se pure a parole voglia pren- dere le distanze dall'impostazione del Bognetti, pare in tutta sincerità ne sia ancora profondamente pervasa. Il Lanzani infatti, facendo sue le pre- ziose note di Giovanni Tabacco, ha ben presenti i limiti interpretativi del Bognetti130 tuttavia, nel formulare la propria ipotesi, pare cada nel mede-

simo errore: la sua tesi prospetta infatti che alla base della consacrazione romana del vescovo di Pavia stiano precisi accordi politici tra pontefici e sovrani e inoltre attribuisce al decisionismo di Ariperto I un ruolo decisi- vo nella conversione del vescovo Anastasio (posta significativamente tra 'virgolette' dal Lanzani nella sua trattazione131). Insomma: l'analisi di tale

schema interpretativo non può che condurre ad esprimere un giudizio

130 Questi limiti a parere del Tabacco si palesavano nella tendenza da parte del Bognetti di voler rintracciare all'origine dei grandi fatti o mutamenti «singoli atti di volontà politica»: cfr. TABACCO, Espedienti politici, p. 512.

che, per forza di cose, non sarà dissimile da quello formulato per il Bo- gnetti.

Se dunque in definitiva sul piano generale non si possono oggi più ac- cettare ricostruzioni che ancora propongano sfasature nell'età longobarda sulla base delle scelte confessionali dei diversi sovrani (spesso solo pre- sumibili e in pochissimi casi documentabili), nel caso specifico dello stu- dio di monsignor Lanzani, pur riconoscendone l'intelligenza delle formu- lazioni, non mi trovo concorde rispetto alle conclusioni e al percorso che ad esse conduce. Ritengo infatti che l'unica via percorribile per tentare di penetrare più a fondo nella questione passi necessariamente dal ritorno alle fonti, ponendo attenzione non solo a quello che esse ci dicono espli- citamente ma soprattuto riflettendo su ciò che apparentemente sembra ignorino. Sbaglieremmo infatti a ritenere il silenzio delle fonti quale frut- to dell'ignoranza degli autori. Credo invece che i 'silenzi' delle nostre fonti possano per assurdo dirci più di quanto gli autori stessi desiderasse- ro al momento della loro scrittura poiché sospetto esse siano state scritte in maniera funzionale ad un discorso che sino ad oggi è rimasto in pe- nombra.

Forti di queste riflessioni, possiamo dunque ora tentare di proporre una nuova proposta interpretativa che tenga conto dei molti elementi che nelle diverse passate ricostruzioni sono stati posti in rilievo.