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Le questioni aperte e il rinvio alla plenaria

I. INQUADRAMENTO GENERALE E QUESTIONI APERTE

1.7. Le questioni aperte e il rinvio alla plenaria

La maggior parte delle questioni sinteticamente affrontate nel paragrafo che precede sono state rimesse all'esame dell'adunanza plenaria60, che è stata chiamata a pronunciarsi sui seguenti profili:

- se il modello societario, vuoi della società in house, vuoi della società mista, possa essere utilizzato solo nei casi consentiti da norme espresse, o in ogni caso, in virtù della generale capacità di diritto privato della p.a.;

- se, conseguentemente, sia necessaria o meno una puntuale motivazione della scelta di utilizzo del modello societario;

- se nell'ambito del diritto comunitario l'utilizzo del modello societario sia eccezionale, o se invece l'affidamento a terzi, l'in house e il partenariato societario pubblico-privato siano alternative equivalenti;

- quali siano gli esatti presupposti della società in house, quanto, in particolare, al controllo analogo e all'attività prevalentemente dedicata;

- se in caso di società mista sia sufficiente una unica gara per la scelta del socio, e sia poi consentito l'affidamento diretto di contratti alla società, o se invece

occorra una doppia gara, una per la scelta del socio e una per l'affidamento del contratto;

- se sia ammissibile, nella società mista, scegliere un socio privato solo finanziario, e non anche operativo;

- se sia compatibile con il diritto comunitario un affidamento diretto a società mista, quando il socio privato sia stato scelto con gara;

- se sia ammissibile un affidamento diretto a società mista, quando il socio privato è stato scelto con gara, se il socio pubblico che procede all'affidamento diretto abbia fatto ingresso nella compagine societaria in un momento successivo alla sua costituzione, e dunque successivo alla scelta con gara del socio privato.

Chiamata a pronunciarsi su tutte le questioni attuali e controversie sia in materia di in house che di società miste, la plenaria, con la decisione 3 marzo 2008 n. 161, ha scelto di attenersi al caso di specie, per il quale molte delle questioni sollevate non erano rilevanti, sicché ha potuto prescinderne. Nella specie, vi era stato l'affidamento diretto di servizi di carattere socio-sanitario da parte di una pubblica amministrazione ad una società a composizione mista.

Pertanto, la plenaria ha accantonato per difetto di rilevanza tutte le questioni sull'in house, che presuppone una parteciparne pubblica totalitaria. La plenaria si è infatti limitata a ricostruire la giurisprudenza comunitaria sull’in house, concordando sulla necessità della partecipazione pubblica totalitaria e del controllo analogo. La plenaria ha pertanto circoscritto il suo esame a due questioni: (i) l'applicabilità o meno delle procedure comunitarie di evidenza pubblica per l'affidamento dei servizi socio-sanitari; (ii) la necessità o meno di una gara per l'affidamento di tali servizi ad una società mista, quando il socio privato è già stato scelto con gara.

Sulla prima questione, rileva che i servizi socio-sanitari ricadono tra quelli sottratti quasi integralmente al diritto comunitario (allegato II B62 al Codice dei contratti pubblici), e dunque allo stesso Codice dei contratti pubblici. Anche per essi, tuttavia, devono essere osservati i principi del Trattato a tutela della concorrenza come si evince dalla giurisprudenza comunitaria e come specifica l'art. 27 del Codice dei

61 Cons. St., ad. plen., 3 marzo 2008 n. 1, in Dir. e pratica amm., 2008, e. 4, 10, con nota di F.G. SCOCA.

62 L’applicazione del regime integrale degli appalti è previsto per quelle categorie di servizi per le quali il grado avanzato del processo di liberalizzazione ed apertura dei mercati, consente di disciplinare con le regole comunitarie gli appalti ad essi riferiti. Altri servizi (indicati nell’allegato II B) sono invece soggetti ad un regime più attenuato; v. N.D’ANGELO, art. 21, Codice degli appalti pubblici, a cura di R.GAROFOLI e G.FERRARI, p. 121.

contratti pubblici63.

Anche a voler configurare l'affidamento di tali servizi non come appalto, ma come concessione di servizio pubblico64, prosegue la plenaria, devono essere osservati i principi del Trattato suddetti, come si evince dalla giurisprudenza comunitaria e come specifica l'art. 30 del Codice dei contratti pubblici.

Quanto alla seconda questione, la plenaria, nel ricordare il precedente della sez. II del Consiglio di Stato n. 456/2007, che si è mostrato possibilista ponendo tuttavia precisi paletti, ha rilevato che il modello ivi previsto è una delle possibili soluzioni, ma non l'unica.

Tale modello presuppone la fungibilità tra contratto di appalto e contratto sociale, e si fonda sulla necessità che la gestione del servizio venga prevista allorquando si costituisce la società, con una sorta di società di “missione” e con la previsione di un socio “d'opera”. La plenaria ritiene che, allo stato, e in mancanza di indicazioni precise da parte della normativa e della giurisprudenza comunitaria, non sia elaborabile una soluzione univoca o un modello definitivo, diversamente si corre il rischio di dar luogo a interpretazioni praeter legem, che potrebbero non trovare l'avallo della Corte di giustizia.

Nel caso specifico, poi, la plenaria rileva che la fattispecie al suo esame differisce da quella esaminata dal citato parere della II Sezione del Consiglio di Stato. Manca, infatti, un socio d'opera, e l'affidamento del servizio contestualmente alla costituzione della società. Vi è invece una società da tempo costituita, e multiutilities,

63 Anche per i contratti esclusi dal Codice dei contratti pubblici devono trovare applicazione i principi generali sull’azione amministrativa. L’affidamento dei contratti pubblici aventi ad oggetto lavori, servizi forniture, esclusi, in tutto o in parte, dall’applicazione del presente codice, avviene infatti nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità. L’art. 27 del Codice è una disposizione di chiusura che si richiama al principio di concorrenzialità, considerato immanente nell’ordinamento e trova anche uno specifico radicamento di diritto positivo nell’art. 1 l. n. 241/1990 sulla disciplina generale dell’azione amministrativa. tale disposizione richiama oggi anche “i principi dell’ordinamento comunitario” v. N.D’ANGELO, art. 21,

Codice degli appalti pubblici, a cura di R.GAROFOLI e G.FERRARI, p. 121.

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La differenza tra concessione e appalto di servizi sta in ciò: nella concessione, l’impresa concessionaria eroga le proprie prestazioni al pubblico e, pertanto, assume il rischio della gestione del servizio, in quanto si remunera, almeno per una parte significativa, presso gli utenti mediante la riscossione di un prezzo; nell’appalto, invece, le prestazioni vengono erogate non al pubblico, ma all’amministrazione, la quale è tenuta a remunerare l’attività svolta dall’appaltatore per le prestazioni ad essa rese. L’impresa che fornisce il servizio non sopporta, quindi, l’alea connessa alla gestione del servizio, sicché, venendo a mancare l’elemento rischio, la fattispecie non è configurabile come concessione, bensì come appalto di servizi. Per una ricostruzione della giurisprudenza sulla questione v. Conclusioni dell’avvocato generale Ján Mazák presentate il 9 settembre 2010 - Causa C-274/09,

Privater Rettungsdienst und Krankentransport Stadler contro Zweckverband für Rettungsdienst und Feuerwehralarmierung Passau.

a cui è stato affidato senza gara un ulteriore servizio socio-sanitario.

La plenaria ha ritenuto illegittimo tale affidamento senza gara, atteso che per lo stesso andavano rispettati i principi del Trattato e che non vi erano i presupposti, indicati dalla II sez., per affidamento diretto alla società mista.

Va considerato che la pronuncia della plenaria, sebbene pubblicata il 3 marzo 2008, è stata deliberata il 10 dicembre 2007, non ha dunque potuto tener conto della comunicazione della Commissione europea 5 febbraio 2008, che, come visto, ha aggiunto ulteriori tasselli alla tematica della società mista.