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Le recenti fasi negoziali: i lavori continuano

Nel corso dei preparativi negoziali entrambe le Parti hanno espresso il desiderio di inquadrare il futuro partenariato in un quadro giuridicamente vincolante, mantenendo in vigore il precedente acquis dell’Accordo di Cotonou e chiedendo in questo modo un maggior impegno politico. Sin dalla risoluzione sui quarant’anni di partenariato pubblicata nel

395 Regolamento (UE) 2017/1601 del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 settembre 2017 che istituisce

il Fondo europeo per lo sviluppo sostenibile (EFSD), la garanzia dell’EFSD e il Fondo di garanzia dell’EFSD, in GUUE L 249, 27 settembre 2017.

120 dicembre 2015, l’Assemblea parlamentare paritetica UE-ACP si è espressa in favore del quadro normativo in materia di cooperazione venutosi a creare, ritenendolo un elemento essenziale per la comprensione reciproca e chiedendone l’adeguamento agli OSS dell’ONU. Nel difendere l’operato del FES, essa ha sottolineato come sia necessario per il futuro accordo attuare una migliore gestione delle risorse pubbliche ed avere a disposizione delle fonti di finanziamento alternative, coinvolgendo in particolar modo il settore privato396.

Numerose ONG, come quelle facenti parte del gruppo CONCORD, hanno chiesto di inserire nella nuova partnership disposizioni specifiche e vincolanti relative alla partecipazione della società civile, ritendendola un elemento essenziale della cooperazione. Riguardo ai partenariati regionali, le ONG hanno ritenuto le indicazioni date dalla Commissione nel corso dei negoziati eccessivamente rigide, sostenendo che il quadro normativo di questa sezione dovrebbe essere definito da entrambe le Parti397. A partire dal

25 gennaio 2019 si è così aperta una nuova tornata di trattative durata tre mesi, nel corso della quale le Parti hanno intensificato i colloqui concentrandosi sull’elaborazione delle componenti istituzionali. Il 20 marzo l’Assemblea paritetica ha approvato una risoluzione sul significato strategico e sulla dimensione del partenariato UE-ACP, con la quale ha fatto il punto della situazione negoziale e ha fissato le linee guida da seguire. Ricordando la scarsa capacità degli Stati del gruppo ACP nella gestione dei flussi migratori e nel garantire il rispetto degli standard umanitari sul territorio, l’Assemblea ha chiesto che l’Agenda 2030 ed i suoi OSS vengano posti al centro del nuovo accordo, spronando attori non statali, società civile e autorità locali a partecipare attivamente con azioni a livello locale e regionale398. In questo settore invita inoltre le Parti ad interrompere la condizionalità degli aiuti legati alla migrazione, in quanto incompatibile con i principi della cooperazione allo sviluppo internazionale. Il principio della sovranità condivisa, necessario per affrontare in modo efficiente le sfide future, dovrà essere il cardine della cooperazione, coadiuvato dai principi di coerenza e complementarità tra le strategie nazionali, regionali e globali. In ambito economico il documento sottolinea l’importanza degli investimenti diretti esteri (IDE) e delle relazioni commerciali reciprocamente vantaggiose, oltre a spronare da un lato gli Stati ACP a diversificare le proprie esportazioni e dall’altro gli Stati membri dell’UE a sostenere la transizione dalla dipendenza economica dalle materie prime importate da questi Paesi, in

396 Parlement européen, Accord internationaux en marche: Le futur partenariat de l’UE avec les pays de

l’Afrique, des Caraibes et du Pacifique («post-Cotonou»), 11 juillet 2019, p. 10.

397 Ivi, p. 11.

398 ACP-EU Joint Parliamentary Assembly, Resolution on the strategic significance and dimension of the ACP-

121 particolare da quelli africani. Al fine di perseguire l’allontanamento dal rapporto donatore- ricevente, l’Assemblea raccomanda di mantenere in essere le passate condizioni commerciali asimmetriche garantite da strumenti come l’SPG, in conformità con la normativa dell’OMC. Infine, il dialogo politico è individuato come elemento fondamentale delle relazioni UE- ACP e, com’è stato per l’Accordo di Cotonou, dovrà rimanere un pilastro centrale del nuovo partenariato, sia a livello generale che a livello regionale, perseguendo l’intensificazione delle discussioni sui diritti umani e la democrazia allo scopo di ampliarne e rafforzarne la dimensione (regolata dagli articoli 8 e 96 dell’attuale accordo).

I dialoghi ad alto livello che si sono susseguiti tra l'UE ed il gruppo ACP hanno identificato le priorità per ciascuna delle tre regioni ed il 4 aprile 2019 si è conclusa la seconda tornata negoziale. I due capi negoziatori si sono dichiarati soddisfatti per il lavoro svolto nella stesura dell’accordo generale e hanno contemporaneamente avviato ufficialmente i negoziati sui tre partenariati regionali. Come emerso dal dialogo ad alto livello svoltosi con i leader del Pacifico del 26 febbraio, gli Stati membri dell’UE e del gruppo ACP avvieranno le consultazioni sui pilastri regionali con ciascuna delle tre aree geografiche al fine di individuare le esigenze e le priorità specifiche per ciascun blocco399.

Le prime due fasi di negoziati si sono concentrate sull’individuazione di principi e valori comuni che uniscono Unione europea e Paesi del gruppo ACP, individuando inoltre le aree strategiche precipue su cui intervenire. Con l’apertura del round dedicato agli accordi regionali le trattative dovranno entrare nel vivo, toccando la parte più delicata del nuovo partenariato. La definizione delle priorità settoriali per ogni area geografica è infatti un passaggio cruciale per i negoziatori, i quali dovranno prendere spunto dagli errori della precedente convenzione per far sì che le nuove disposizioni rispecchino le necessità delle Parti e la cooperazione ne esca rafforzata. Nei vari incontri regionali che si sono susseguiti da febbraio a maggio 2019, Mimica e Dussey hanno cercato di individuare le esigenze di ognuna delle tre zone e contemporaneamente di trovare il modo di affrontarle al meglio nel futuro accordo. Al termine del primo round di consultazioni sui pilastri regionali, durante l’incontro svoltosi a Bruxelles il 23 maggio, il capo negoziatore europeo Mimica si è detto soddisfatto del lavoro svolto, affermando che «the agreement is taking shape»400. I due team

399 European Commission Press Release, European, African, Caribbean and Pacific countries conclude second

round of talks on a new ambitious partnership, Brussels, 4 April 2019.

https://europa.eu/rapid/press-release_IP-19-1931_en.htm .

400 European Commission Press Release, New ACP-EU Partnership: Chief negotiators assess progress made

and move talks on to next stage, Brussels, 23 May 2019.

122 negoziali hanno inoltre previsto la possibilità di attuare misure transitorie qualora il nuovo accordo non verrà concluso e ratificato entro la fine del febbraio 2020, stabilendo l’entrata in vigore di disposizioni transitorie per consentire l’estensione del precedente Accordo di Cotonou. I lavori proseguiranno ora nella definizione degli obiettivi specifici e dell’assetto istituzionale del nuovo partenariato, che si prospetta come uno degli accordi più estesi ed ambiziosi conclusi nella storia della Comunità europea.

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Conclusioni

Ad oggi l’Unione europea rimane il principale finanziatore della cooperazione allo sviluppo a livello globale, fornendo a quei Paesi che necessitano di aiuti il sostegno necessario attraverso lo stanziamento di fondi e programmi mirati al soddisfacimento dei singoli bisogni. Seppur con alti e bassi, per più di quarant’anni il rapporto di cooperazione con gli Stati del gruppo ACP è stato uno dei principali canali di dialogo per l’Unione europea, sia a livello commerciale che diplomatico. Le istituzioni europee si sono adoperate nel corso degli anni per sviluppare una dottrina che consentisse a questo settore dell’azione esterna dell’UE di istituzionalizzarsi all’interno dei Trattati, in modo da conferirle gli strumenti necessari per operare a tutti gli effetti all’interno della legislazione comunitaria. Lo sviluppo della materia ha poi portato al centro del dibattito lo sviluppo umano: con il tempo le Parti hanno infatti preso consapevolezza del fatto che lo sviluppo di uno Stato sia il frutto di un processo più complesso, all’interno del quale la dimensione economica, inizialmente unico fattore preso in considerazione, si interconnette con quelle politica, sociale e culturale, con l’obiettivo di garantire ad ogni individuo la fruizione dei propri diritti umani e fondamentali. I principi democratici contenuti nella Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali hanno così iniziato ad influenzare le relazioni esterne dell’UE, in particolar modo quelle con i Paesi in via di sviluppo. L’applicazione della politica di condizionalità è stata la conseguenza più importante della stretta connessione tra sviluppo e diritti umani, permettendo l’introduzione all’interno delle convenzioni con questi Stati di clausole che hanno legittimato un intervento europeo in caso di gravi violazioni. Oggi la principale minaccia a questo approccio europeo alla cooperazione allo sviluppo pare provenire da Stati come la Cina, la quale commercia con i Paesi in via di sviluppo utilizzando una politica fondata su principi opposti a quelli dell’Unione europea, erogando cioè aiuti in modo rapido e senza imporre condizioni che richiedano il rispetto degli standard democratici.

L’Accordo di Cotonou concluso nel 2000 ha avuto il merito di bilanciare i vantaggi della cooperazione commerciale in favore degli Stati ACP, ma i problemi da risolvere sono ancora numerosi. L’entrata in vigore del Trattato di Lisbona ha dato il via ad una serie di riforme che avevano l’obiettivo di rafforzare la coerenza dell’azione esterna, tra le quali l’ampliamento dei poteri della figura dell’Alto Rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza. Nonostante il vasto quadro giuridico prodotto nel corso degli anni, uno

124 dei principali nodi da sciogliere rimane quello legato agli accordi di partenariato economico. In particolar modo nel continente africano, gli APE sono ancora considerevolmente lontani dal raggiungimento degli obiettivi preposti, ovvero la riduzione della povertà e l’integrazione dei Paesi ACP all’interno dell’economia mondiale. Ciò è in parte dovuto all’incapacità degli Stati africani di operare come un’unica entità: la loro scarsa preparazione diplomatica ha prodotto in fase di negoziato situazioni in cui alcuni Paesi hanno abbandonato i propri blocchi regionali per costituirsi come gruppo negoziale autonomo. Più che un’opportunità di sviluppo oggi gli APE sono percepiti dagli Stati ACP come una minaccia ai propri interessi nazionali e sono oggetto di dure critiche da parte dell’opinione pubblica internazionale e di molte ONG.

Dopo aver analizzato in modo approfondito tutte le convenzioni UE-ACP, il capitolo conclusivo del mio elaborato non poteva che essere dedicato all’analisi del contesto che verrà a crearsi allo scadere dell’Accordo di Cotonou nel febbraio 2020. Da quasi due anni i capi negoziatori di entrambe le Parti hanno lavorato incessantemente con l’obiettivo di rinsaldare i rapporti di cooperazione. Le carenze rilevate nella prassi hanno infatti reso necessaria una riforma strutturale del precedente accordo. Tra le possibili alternative percorribili per il futuro del partenariato l’opzione scelta dalle Parti è stata la conclusione di una sorta di “accordo ombrello”, che includa al suo interno tre accordi regionali vincolanti con Africa, Caraibi e Pacifico, che risponda al bisogno di una maggior regionalizzazione all’interno del vecchio Accordo di Cotonou e che divida i compiti secondo i principi di sussidiarietà e complementarità. Il futuro partenariato dovrà dunque concentrarsi maggiormente sulle necessità di sviluppo delle popolazioni coinvolte, bilanciando le relazioni in essere tra le Parti e diminuendo la centralità delle transazioni di mercato in favore dello sviluppo umano. In più di mezzo secolo la cooperazione allo sviluppo dell’Unione europea ha fatto molta strada, evolvendosi da semplice rapporto di liberalizzazione degli scambi commerciali con le dipendenze degli Stati membri della CEE a vera e propria collaborazione multisettoriale incentrata sul dialogo politico e sullo sviluppo umano. Nonostante ciò, nuove sfide continuano a prospettarsi all’orizzonte di questa partnership e l’UE dovrà dimostrarsi pronta a raccoglierle e ad affrontarle: è in gioco non solo il partenariato con l’Africa, ma, ancor più importante, il ruolo dell’Unione europea stessa nel mondo.

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- Accordo che modifica per la seconda volta l’accordo di partenariato tra i membri del gruppo degli Stati dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico, da un lato, e la Comunità europea e i suoi Stati membri dall’altro, firmato a Cotonou il 23 giugno 2000, modificato per la prima volta a Lussemburgo il 25 giugno 2005.

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- Accordo di partenariato economico tra gli Stati del CARIFORUM, da una parte, e la Comunità europea e i suoi membri, dall’altra.

- Accordo di partenariato tra i membri del gruppo degli stati dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico, da un lato, e la Comunità europea e i suoi Stati membri, dall’altro, firmato a Cotonou il 23 giugno 2000.

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129 istituiscono, o portano a istituire, accordi di partenariato economico, in GUUE L 348, 31 dicembre 2007.

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